mercoledì 15 aprile 2015

Donne e conflitti. Non protagonismo ma protagoniste



Le donne hanno un ruolo decisivo nel costruire ponti tra le parti in conflitto. Ma anche nell’alleviare la sofferenza senza discriminazioni, nell’educare i belligeranti a dire no alla violenza e nel promuovere la pace. Lo ha detto il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, intervenendo alla conferenza sul tema «Leadership delle donne nella risoluzione dei conflitti: prospettive di fede». L’incontro, promosso dall’ambasciata degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede, dalla Russell Berrie Foundation e dal Centro Giovanni Paolo II per il dialogo interreligioso, si è svolto, martedì 14 aprile, a Roma, presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino.
Per ricostruire la società, specialmente nei Paesi emergenti, ha affermato il porporato, è cruciale il ruolo delle donne nel tracciare il percorso di una pace sostenibile. Una grande sfida per la quale le donne hanno la particolare capacità di riallacciare relazioni tra nemici in tempo di guerra e favorire la ricostruzione del tessuto sociale nei luoghi di conflitto. Il cardinale ha poi sottolineato come questa capacità derivi dal fatto che «nel piano di Dio sono state create per accogliere una nuova vita ed essere l’eco creativa dell’amore che dà tutto».

Le donne, ha aggiunto il porporato, dovrebbero svolgere il ruolo di mediatrici di pace nel quotidiano vivere all’interno delle loro famiglie e nei luoghi di lavoro. Anche in tempo di pace, ha osservato, c’è sempre da impegnarsi contro la violenza e l’ingiustizia, la fame, la sete e lo sfruttamento sul posto di lavoro. In questa missione, ha aggiunto il cardinale, le donne dovrebbero avere come obiettivo un miglior ordine mondiale. Infatti la pace è un bene comune il cui perseguimento è trasversale alle culture, alla fede e alle idee politiche e sociali. È necessario, pertanto, che in situazioni di conflitto esse lavorino insieme, in spirito di solidarietà, al di là di ogni differenza etnica, culturale o religiosa.
È fondamentale dunque, ha evidenziato il porporato, che si instauri uno spirito di collaborazione e di solidarietà. A questo proposito, il cardinale Turkson ha citato una frase di Teresa di Calcutta: «Io posso fare cose che non puoi, tu puoi fare cose che io non posso, insieme possiamo fare grandi cose». Il 2015, ha proseguito, è un anno importante in questo senso, perché le Nazioni Unite stanno elaborando un programma che sarà realizzato attraverso una nuova serie di obiettivi di sviluppo sostenibile. Le donne cattoliche, ha detto, desiderano partecipare a questo processo e discutere attentamente le sfide degli obiettivi di sviluppo sostenibile proposti in fase di programmazione con donne di altre confessioni e religioni, presentando osservazioni e suggerimenti sulle più importanti questioni sociali che riguardano il mondo femminile e la vita. A sostegno di questa iniziativa, il Pontificio Consiglio organizzerà una conferenza internazionale a maggio sul tema «Le donne e l’agenda per lo sviluppo dopo il 2015: le sfide degli obiettivi di sviluppo sostenibile».
A conclusione il cardinale, richiamando l’episodio evangelico di Marta e Maria, ha invitato a superare la vecchia mentalità che relega le donne a un ruolo marginale e ha ricordato in particolare l’Angelus dell’8 marzo scorso, quando Papa Francesco ha ribadito l’importanza e la necessità della presenza delle donne nella vita sociale ed ecclesiale. Per questo, ha detto, occorre guardare la realtà con occhi diversi, perché gli uomini riconoscano le capacità specifiche delle donne e collaborino con loro.
Gli ha fatto eco l’ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede, Francis Hackett Kenneth, il quale ha affermato che le donne non sono solo vittime della guerra ma sono anche potenti forze di pace. Infatti la loro partecipazione alla risoluzione dei conflitti è in grado di fornire una comprensione più completa delle cause e delle soluzioni alternative, trasformando poi questa comprensione in azione comunitaria. Inoltre, la mancanza di partecipazione delle donne al processo di pace comporta spesso che i crimini perpetrati contro di esse vengano dimenticati e che gli accordi di pace non riflettano in ultima analisi le esigenze di tutta la popolazione coinvolta.
All’incontro sono intervenuti anche Irene Kajon, dell’Università La Sapienza di Roma, Ilham Allah Chiara Ferrero, segretario generale dell’Italian Islamic Religious Community (Coreis), e Donna Orsuto, della Pontificia università Gregoriana e della Pontificia università di San Tommaso d’Aquino. Il successivo dibattito è stato moderato dal rabbino Jack Bemporad, direttore del Centro Giovanni Paolo II per il dialogo interreligioso.
L'Osservatore Romano