giovedì 16 aprile 2015

Get up, stand up

MANIFESTATION DES OPPOSANTS AU MARIAGE GAY
di Costanza Miriano
Avendo anni di esperienza come mediatrice culturale, ossia come madre posso dire che le liti sul nulla, le discussioni estenuanti su espedienti surreali, le contese di oggetti inutili che appena conquistati vengono abbandonati, non mi stupiscono. Quando i figli cominciano io e mio marito diciamo che giocano all’Onu, ma noi siamo i più forti, siamo gli Stati Uniti, e finché non vediamo scorrere del petrolio, cioè volevo dire del sangue, non interveniamo. Lo sappiamo che è la natura umana, sappiamo che è questione di territorio, di identità, di misurare le forze. Insomma, le liti non mi scandalizzano.
Però, però come siamo bravi noi cattolici a dividerci, questa è una cosa che va al di là della mia comprensione. Per esempio, sui temi della famiglia. In linea di principio siamo tutti d’accordo: la famiglia è sotto attacco, in Italia e nel mondo. Lo ha detto il Papa, lo sappiamo tutti. Nessuna politica a sostegno, leggi che la rendono sempre meno aiutata, equiparazione a unioni tra persone dello stesso sesso, tentativi di spianare la strada alla compravendita delle vite umane, attraverso l’utero in affitto e altre pratiche.
Cosa fare? Opporsi, evidentemente. Alzarsi in piedi e dire che questo non è un bene, suggerire all’uomo la strada che la Chiesa, esperta in umanità, indica per la felicità di ciascuno. Impedire con tutte le forze che a rimetterci siano i più deboli, i più piccoli, gli indifesi. Fare tutto quanto è in nostro potere per dire la verità con carità.
Non mi pare che ci sia da discutere su questo. Eppure riusciamo a dividerci anche su questo. Non è un segreto per nessuno se dico che nella Chiesa oggi, tra i più consapevoli, e anche tra le alte sfere, ci sono due atteggiamenti di fondo in risposta all’emergenza.
Una parte dice: facciamo vedere la bellezza della proposta cristiana, senza opporci al mondo, perché dobbiamo convincere solo con la forza convincente della nostra felicità, con l’allegria, con quella che Papa Francesco chiama l’evangelizzazione per inseguimento, non mettiamoci in contrapposizione. Non usiamo termini come contro, battaglia, guerra, perché noi non siamo contro nessuno. Facciamo apostolato col vicino di casa, col condomino, in ascensore e sul tram.
Gli altri invece ritengono di essere in un combattimento per la difesa di alcuni caposaldi della civiltà, e siccome in questo momento in Italia e altrove si stanno varando leggi che spianeranno la strada – se non nell’impianto iniziale di certo negli esiti successivi come è successo a colpi di sentenze per la legge 40 – al principio che ogni desiderio avrà diritto di cittadinanza, è necessario alzare la voce, smascherare le bugie, diffondere consapevolezza, e far emergere la verità, sulla quale a dispetto della propaganda c’è un sentire comune molto diffuso. È necessario difendere quelli che non possono farlo da soli, i bambini, le donne povere.
Si sarà capito che io sto con i secondi. Credo che alzare la voce, sgolarsi, gridare sui principi sia un dovere morale. Lo dice la dottrina sociale della Chiesa, che addirittura in un passaggio, mi è stato fatto notare, sottolinea come il ricorso alle armi si renderà necessario solo quando tutti gli altri mezzi sono stati tentati. La dottrina sociale della Chiesa parla di armi! Altro che irenismo. Se sotto i nostri occhi stanno cercando di far approvare leggi che permetteranno la compravendita di bambini, se permetteranno che ci saranno altri bambini come una che ho sentito da poco dire mi manca la mamma ma io ho solo due papà, se permetteranno che nostri concittadini vadano legalmente a sfruttare donne in giro per il pianeta, non è una possibilità ma una scelta obbligata quella di gridare, di alzare la voce, di riempire palazzetti teatri sale parrocchiali, di fare ciascuno ciò che è in proprio potere per difendere i piccoli, perché risponderemo di quello che non avremo fatto.
Pur essendo mamma di due maschi che riescono a litigare sul fuorigioco anche quando giocano in due, e di due femmine che riescono a offendersi se il tuo sorriso è durato un secondo di meno di quello per la sorella, non capisco come queste due anime cattoliche possano dividersi. Cosa c’entra la necessità di testimoniare sorridendo la bellezza, e di non essere mai contro nessuna persona, con la necessità altrettanto stringente e sacrosanta di essere contro delle leggi che faranno tanto male a tante persone? Come possono le due cose essere in contrapposizione? Come possiamo confondere i due piani, quello dell’apostolato, dell’azione spirituale e quello della politica? Perché allora non legalizziamo l’omicidio, sperando che basti testimoniare quanto sia bello volersi bene? Perché non rendiamo lecito prendere la macchina di un altro se la tua è scassata, dicendo che comunque è bello avere uno stile di vita sobrio e misurato? È chiaro che è bello volersi bene ed essere sobri, è chiaro che ognuno di noi deve cercare di viverlo, e accogliere chi non lo fa perché ogni persona è da amare come ci ha detto Gesù.
Ma quello della legge è un altro piano, e noi cattolici da troppo abbiamo smesso di essere rilevanti a livello pubblico, ripiegandoci nel privato e nell’intimistico. Siamo o no convinti della necessità di costruire la città di Dio anche qui? Adesso che il Papa ci ha invitati a non disertare il tema della famiglia come se non fosse fondamentale per il raggiungimento di una società più libera e più giusta ci muoveremo? Che altro deve fare? Lanciare una bomba per svegliarci?