giovedì 16 aprile 2015

Lo specchio della misericordia



Verso il giubileo indetto da Papa Francesco. 

(Michele Giulio Masciarelli) La “primalità” della misericordia. Papa Francesco pone la misericordia nell’“ordine del principio”. Da tutta la bolla che indice il giubileo straordinario emerge l’esigenza oggettiva di porre la misericordia al vertice del piano salvifico poiché «il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi» (Misericordiae vultus, n. 1). 
Oggettivamente completa per indicare l’intero mistero cristiano, la misericordia è di conseguenza una necessità e un bisogno anche per la vita dei discepoli di Gesù: «Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza» (ivi, n. 2). Non è perciò un’affermazione teologicamente astratta quella che consiglia a Papa Francesco di porre la misericordia come “primo principio” del cristianesimo. Egli parte dal concreto: è la storia della salvezza a far conoscere la posizione apicale spettante alla misericordia perché Dio, dall’inizio, s’è sempre mostrato un Dio di misericordia e di perdono, davvero un Dio di cuore. La misericordia, tuttavia, non sta solo all’inizio ma anche al centro perché è Gesù stesso che ve la pone. Nel suo entrare nella storia umana ponendosi in essa come centro, nel suo piantarvi l’asse misterico che di fatto connota come salvifico l’intero tempo degli uomini, egli rende centrale la misericordia. Gesù Cristo, insomma, lega la misericordia alla centralità che egli ha nella storia di grazia ideata dal Dio trinitario.
Gesù lega la misericordia alla centralità spaziale della sua esistenza messianica: egli libera la misericordia dall’astrattezza concettuale e dalla vacuità delle parole legandola ai suoi luoghi. Ebbene Gesù vivendo a Nazaret, in un modo misterioso l’ha resa il centro del mondo e la stessa cosa possiamo dire per Betlemme, per Gerusalemme. Nazaret — luogo emblematico dell’esistenza di Gesù — è centrale perché, afferma Papa Francesco, la misericordia «è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth» (ivi, n. 1). Di più ancora. Gesù coinvolge la misericordia nel tempo, di cui è il centro, qualificandola, come centrale: in altri termini, oltre a una geografia, Gesù procura alla misericordia del Padre una storia: «Nella “pienezza del tempo” (Galati, 4, 4) — scrive papa Bergoglio — quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore» (ivi, n. 1). Anzitutto, però, la misericordia è un segno di Gesù che visibilizza l’infinita carità del Padre nel suo «volto». Papa Francesco apre la bolla del giubileo con le parole più centrate, per restare in tema: «Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre» (ivi, n. 1). La misericordia ha dunque un volto visibile, espressivo, invitante, ammonitore: è il volto del Padre che si riverbera, in tutta la sua luminosità, sulla persona, sulle parole e sui gesti messianici di Gesù. La misericordia è centrale, perciò si esprime nel volto che ha la capacità di evocare l’intera persona, come i neoebraici (soprattutto Buber e Lévinas) hanno a lungo insegnato.
La misericordia, afferma poi Papa Bergoglio (ivi, n. 3), è anche «l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro». Per comprendere bene questo carattere di “ultimità” della misericordia, che il volto di Cristo rivela e insegna, occorre riferirci a un altro nome che ne parla: è il suo cuore pasquale, per sempre segno estremo e ultimo del suo amore, così ultimo da durare anche in Cielo. Il colpo di lancia ricevuto da Gesù sulla croce è il segno del dono totale che egli ha fatto di se stesso, manifestazione simbolica dell’amore col quale Gesù continuerà a offrirsi a tutta l’umanità. Il cuore squarciato di Cristo è un segno che durerà per l’eternità: Giovanni, il solo tra gli evangelisti, insegna che le piaghe del crocifisso, fra le quali c’è quella del suo cuore aperto dalla lancia, ci saranno anche in cielo: saranno le ferite dell’«Agnello sgozzato e ritto in piedi» (Apocalisse, 1, 7; 5, 6).
Tutto questo porta a concludere che l’“ultimità” della misericordia del volto si lega a quella del cuore e viceversa. Questo vale anche per l’uomo che deve esprimere così, fino alla fine, la sua misericordia col volto e col cuore. Infatti il cuore e il volto sono posti, nell’uomo, in un forte collegamento spirituale. Il cuore è nascosto e il volto è visibile ed esposto, ed è proprio per queste due qualità opposte che il loro legame risulta necessario. La Bibbia, da cima a fondo, considera il volto come lo specchio del cuore; anzi il cuore fa il volto, poiché lo forma: «Il cuore dell’uomo modella il suo volto, in bene e in male» (Siracide, 13, 25). Sul volto arrivano i sentimenti più riposti del cuore come onde sulla sponda di un lago. Alla misericordia occorrono occhi adatti, che non sono affatto gli occhi che “vedono” (questi ammettono anche distrazione, superficialità, colpevoli parzialità) ma le occorrono gli occhi che “guardano”.
In altri termini, solo un cuore convertito e credente può darci occhi di misericordia.
L'Osservatore Romano