Il teologo Lintner: «La Chiesa deve svelenire l’eros»
Intervista con l'autore di un nuovo testo sul tema del rapporto tra l’istituzione ecclesiastica e l’amore umano. «La morale sessuale della Chiesa per troppo tempo è stata presentata in un’ottica negativa»
MARIA TERESA PONTARA PEDERIVATRENTO
Nell’Instrumentum Laboris del prossimo Sinodo sulla famiglia si ribadisce la necessità di «non fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone» (76): una conversione missionaria e di linguaggio perché «non si tratta solo di presentare una normativa, ma proporre valori» (77), la prospettiva portata avanti in questi ultimi anni.
Sul tema della morale sessuale e familiare abbiamo incontrato Martin M. Lintner, 43 anni, sudtirolese religioso dei Servi di Maria, docente di teologia morale presso lo Studio Teologico Accademico di Bressanone e presidente INSeCT (International Network of Societies for Catholic Theology), di ritorno dal Seminario ATISM di Catanzaro (dove ha tenuto una relazione sullo «status quaestionis dei divorziati-risposati») e autore del testo fresco di stampa «La riscoperta dell’eros. Chiesa, sessualità e relazioni umane», prefazione di Karl Golser, vescovo emerito di Bolzano-Bressanone, e postfazione di Sigrid Müller, docente a Vienna (EDB 2015).
Il suo l’intento è quello di presentare una morale sessuale come un «aiuto per vivere meglio»: non un’etica della proibizione, come è ancora vista oggi la posizione della Chiesa (alcuni parlano di «durezza»), bensì un «svelenire l’eros». Come è possibile che dopo 50 anni dal Concilio non si sia ancora riusciti a farsi capire? O forse c’è davvero qualcosa da cambiare come chiedono in tanti?
“La morale sessuale della chiesa per troppo tempo è stata presentata in un’ottica negativa, causata da un profondo e duraturo pessimismo nei confronti della sessualità, vista come peccaminosa e da dominare. Negli ultimi decenni nella società si è avuta una svolta profonda caratterizzata dalla de-tabuizzazione, ma purtroppo anche da tendenze di una – per dirla con Benedetto XVI – banalizzazione della sessualità. La Chiesa con il Concilio ha compiuto anch’essa una svolta positiva nella sua interpretazione: non più vista solo in funzione della procreazione, ma della vita coniugale, espressione di amore e aspetto importante per la fedeltà e la stabilità di una coppia. Ciò ha permesso di valutare la sessualità e il piacere fisico in modo positivo: qualcosa di buono e bello. Si può dire che si è sviluppata una nuova morale sessuale a cominciare da san Giovanni Paolo II con la sua teologia del corpo: la sessualità intesa come «linguaggio del corpo» o il Catechismo dei giovani YOUCAT che parla di un «personale lirismo dell’amore». In sintesi: la Chiesa non è più sessuofoba, ma questo non è ancora diventato consapevolezza comune. Le ragioni sono varie: da una parte non è facile uscire da ombre secolari, dall’altra spesso nelle discussioni ci si limita a poche problematiche e non si riesce a trasmettere la visione integrale della Chiesa su sessualità e vita di coppia. A livello ecclesiale talvolta si è registrato un atteggiamento troppo difensivo, quasi proteggere la dottrina da alcuni sviluppi sociali che venivano valutati solo negativamente, non riuscendone però a coglierne gli aspetti positivi, ad avere un rapporto più rilassato con la tematica, valorizzare la responsabilità personale della singola persona e riconoscere la crescente diffusa sensibilità nei confronti della violenza o degli abusi sessuali”.
Lei auspica il passaggio da un’etica dell’obbedienza ad un’etica della responsabilità, nell’ottica del carattere itinerante della maturazione morale dei singoli e della coppia: come si concilia questo con l’Humanae Vitae che considera «cattiva in sé» la contraccezione artificiale? Non è forse limitare la responsabilità della coppia?
“Le discussioni attorno Humanae Vitae purtroppo si sono quasi sempre limitate alla contraccezione, lasciandone in ombra il messaggio integrale. Nella prima parte Paolo VI spiega la visione della sessualità e dell’amore coniugale a partire dallaGaudium et spes. Il retroscena dell’enciclica è molto complesso e pure la sua genesi. Alla pubblicazione sono sorte subito molte discussioni: se l’argomento giusnaturalistico contro la contraccezione artificiale non sia un retro passo nei confronti della visione personalistica del matrimonio, se l’enciclica fosse veramente riuscita a superare una visione biologico-generativa della sessualità, se l’apertura alla vita sia intrinseca al matrimonio come tale o ad ogni singolo rapporto. Perfino l’allora card. Wojtyla, che ne condivideva con fermezza la posizione normativa, in un commento del gennaio 1969 sull’Osservatore Romano ha fatto capire che avrebbe preferito un’argomentazione personalistica anziché giusnaturalistica. Le obiezioni più forti – anche da parte di molte conferenze episcopali – riguardavano però la questione della coscienza della coppia nell’ambito della procreazione responsabile. Il magistero ha affermato varie volte la sua posizione, tuttavia fino ad oggi non è riuscito a convincere né la totalità dei vescovi e men che meno la maggioranza dei fedeli. Nell’Instrumentum laboris si legge: «Tenendo presente la ricchezza di sapienza contenuta nella Humanae Vitae, in relazione alle questioni da essa trattate emergono due poli da coniugare costantemente. Da una parte, il ruolo della coscienza intesa come voce di Dio che risuona nel cuore umano educato ad ascoltarla; dall’altra, l’indicazione morale oggettiva, che impedisce di considerare la generatività una realtà su cui decidere arbitrariamente, prescindendo dal disegno divino sulla procreazione umana» (137). Si dovrebbero discutere ulteriori aspetti come la tutela della libertà e soprattutto della salute fisica dei partner, soprattutto della donna, e la responsabilità di entrambi per la procreazione e la contraccezione. La Chiesa deve poi dare una risposta anche a quelle coppie per le quali i metodi naturali non risultano efficaci o realisticamente applicabili, a causa di un ciclo irregolare o del ritmo di vita”.
Il testo non si sottrae alle questioni oggi più «scottanti», come l’omosessualità. Sembra di capire che la Chiesa non avrebbe elementi per opporsi alle unioni civili, tuttavia permane l’esigenza dell’astinenza sessuale: come giustificarla nel contesto attuale?
“Ho avuto vari colloqui con persone omosessuali, anche persone molto credenti. È veramente difficile far loro comprendere questa distinzione: la Chiesa non valuta come moralmente negativa la tendenza omosessuale, ma richiede l’astinenza sessuale ossia valuta moralmente negativa una relazione omosessuale. Anche loro affermano di essere capaci di vivere quei valori personali che sono importanti per la qualità etica di una relazione: l’amore, il rispetto, la responsabilità reciproca, la fedeltà e chiedono di essere sostenute da parte della Chiesa nel vivere e testimoniare questi valori. A mio avviso papa Benedetto XVI nell’intervista «Luce del mondo» ha detto una cosa importante, parlando dell’uso di un profilattico nell’ambito della prostituzione maschile, cioè omosessuale: un «primo passo verso una moralizzazione, verso una maggiore umanizzazione della sessualità, un primo atto di responsabilità per sviluppare una nuova consapevolezza che non tutto è permesso». Il papa non ha certamente giustificato l’omosessualità vissuta, tuttavia ci pone di fronte alla sfida: come possiamo aiutare le persone omosessuali a crescere nel loro cammino di moralizzazione, umanizzazione, responsabilità e consapevolezza? Come Chiesa dobbiamo prendere molto sul serio il fatto che non poche persone omosessuali ci dicono che la pretesa dell’astinenza sessuale non le aiuta in questo processo. Una riflessione chiaramente distinta dalla promozione di un cosiddetto «stile di vita gay» nel quale la dimensione personale ed integrale della sessualità non viene rispettata”.
Per i giovani di oggi l’esercizio della sessualità è una componente importante della relazione: come far passare una morale sessuale che non appaia loro come avulsa dalla realtà?
“E’ importante partire dai loro desideri: la maggior parte desidera una relazione duratura e fedele. Per un giovane che scopre la sua identità – anche quella sessuale – l’esercizio della sessualità ha certamente un ruolo importante e nella cultura odierna, che tende verso un’enfatizzazione del fisico sia riguardo all’autostima che alla percezione sociale di una persona, il comportamento sessuale diventa significativo. Secondo me non si deve partire dalle norme, ma da una pedagogia integrale che riconosca il processo di maturazione fisica e psichica, valuti positivamente il ruolo della sessualità, sensibilizzi alla vulnerabilità della persona umana e della sua integrità psicofisica, per la quale la sessualità è un’espressione particolare, e che sensibilizzi pure alle questioni etiche in maniera responsabilizzante. L’educazione sessuale non può limitarsi ad aspetti biologico-fisiologici. L’amore sessuale non è solo l’incontro di due corpi, ma di due persone. Occorre ascoltare le domande dei giovani e confrontarsi con le loro esperienze, come il contatto con la pornografia attraverso l’internet oppure il sexting, lo scambio molto frequente di fotografie intime attraverso i mezzi digitali.
Quali le motivazioni del libro oggi?
“Sono convinto che la morale sessuale della Chiesa e la visione integrale della sessualità e della vita coniugale siano un grande tesoro e abbiano molto da offrire oggi, nonostante le critiche, e che comunque meritano di essere considerate seriamente. Questo mi ha motivato a scrivere senza sottrarmi alle domande difficili. Non intendo rispondere a tutto, solo offrire un modesto contributo”.