(di Alfredo De Matteo) La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare di tre coppie omosessuali, che da anni vivono insieme in una relazione stabile. Come forma di risarcimento lo Stato italiano dovrà versare la somma di 5.000€ a ciascuna delle tre coppie gay che hanno presentato e vinto il ricorso.
Per la Corte di Strasburgo l’Italia deve introdurre una qualche forma di riconoscimento legale per le unioni omosex in quanto «la protezione legale disponibile attualmente a coppie dello stesso sesso non solo non garantisce i bisogni fondamentali per una coppia che sia in una relazione stabile, ma non dà neanche sufficienti certezze».
La sentenza della Corte europea diverrà definitiva tra 3 mesi se i ricorrenti o il Governo non chiederanno e otterranno un rinvio alla Grande Chambre per un nuovo esame della questione. C’è da considerare che sulla testa dell’Italia pendono altri quattro ricorsi riguardanti la registrazione di matrimoni contratti all’estero e uno concernente un mancato ricongiungimento familiare di un cittadino italiano col suo compagno neozelandese.
Non avendo ottenuto dalle autorità italiane quanto richiesto anche queste pseudo coppie si sono rivolte alla Corte di Strasburgo, sostenendo che l’Italia sta violando il loro diritto al rispetto della vita privata e familiare, a non essere discriminati e a contrarre matrimonio, perché nella nostra legislazione non è prevista alcuna forma di riconoscimento legale della loro unione. In pratica, gli stessi argomenti sostenuti dai ricorrenti a cui Strasburgo ha dato ragione.
Si tratta dell’ennesima ingerenza dell’Europa nella sovranità dei singoli stati membri e nelle questioni etiche: niente di nuovo sotto il sole. Il pericolo maggiore è forse rappresentato da chi tende a gettare acqua sul fuoco: il senatore di Ap Carlo Giovanardi, tramite un comunicato Ansa, si è affrettato a puntualizzare quanto segue: «Premesso che la Corte Europea dei diritti dell’uomo non è un organo della UE ma del Consiglio d’Europa, le cui decisioni possono essere appellate dal Governo italiano, è il contenuto della sentenza, che sicuramente raffredderà gli entusiasmi di chi evidentemente non l’ha letta. La sentenza infatti rileva come l’Italia, fermo restando il rispetto dei suoi principi costituzionali sia obbligata a riconoscere i diritti fondamentali delle coppie omosessuali fra cui la Corte esclude esplicitamente le adozioni e non prende in considerazione né le pratiche dell’utero in affitto e neppure la reversibilità. Pertanto, nulla cambia nella nostra posizione che concorda nel riconoscere i diritti dei singoli nell’ambito delle formazioni sociali, di cui all’art. 2 della Costituzione, come indicato nella sentenza della Corte Costituzionale, senza aprire surrettiziamente la porta a quello che l’Europa non ci chiede affatto di riconoscere».
Tuttavia, pare oltremodo evidente come la strategia delle lobby europeiste anticristiane si fondi soprattutto sulla gradualità nella consapevolezza, del fatto che sia a livello politico che culturale molti Stati membri non sono ancora pronti ad accettare le unioni contro natura. Dunque, il piano è quello di procedere per tappe, cominciando ad imporre ai governi ancora recalcitranti le basi filosofiche e giuridiche necessarie e sufficienti affinché si giunga, infine, al completo smantellamento dell’ordine naturale.
L’illusione dello scampato pericolo in merito ai matrimoni gay potrebbe così indurre gli intellettuali, i politici e alcuni uomini di Chiesa a puntare su una qualche forma di riconoscimento delle unioni omosessuali, ossia su di una soluzione di compromesso tra la difesa dei principi fondamentali del diritto naturale e cristiano e le pressioni delle lobby europeiste ed omosessualiste. Tuttavia, se i danni sarebbero apparentemente limitati nel breve periodo è altrettanto vero che si accetterebbe un rovinoso compromesso e si andrebbe a creare una falla nella diga, che prima o poi collasserà.
Altre alternative non ci sono: o farsi complici del cosiddetto male minore, col pretesto della sua irreversibilità, od opporre una ferma resistenza ad ogni forma di negazione dell’ordine naturale e cristiano, comunque espressa. Con la consapevolezza che nel primo caso saremmo corresponsabili dell’inevitabile sconfitta morale, mentre nell’altro caso riaffermeremo pubblicamente la verità e il bene. (Alfredo De Matteo)