venerdì 31 luglio 2015

Se pure i notai ci mettono il dito..

I notai all'attacco sulle unioni gay
Unioni omosex: se pure i notai ci mettono il dito
di Tommaso Scandroglio

Ci si mettono pure i notai. Anche loro sono scesi in campo per chiedere il “matrimonio” omosessuale. Il Consiglio Nazionale del Notariato ha reso noto le conclusioni di uno studio (n. 1-2015/E2002 approvato il 6 maggio scorso ma reso pubblico solo ieri) in cui si metterebbe in evidenza una contraddizione del nostro ordinamento. Secondo il Consiglio Nazionale due persone omosessuali potrebbero lecitamente contrarre “matrimonio” nel nostro Paese a patto che tale “matrimonio” sia legittimo per l’ordinamento giuridico in cui i due “sposini” hanno cittadinanza. Questo perché la legge 218 del 1995 all’art. 27 così recita: «La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio». Idem per la forma della celebrazione: fa sempre testo lo stato di appartenenza dei futuri coniugi. 
Se invece un solo nubendo è italiano questa legge non si può applicare e dunque il matrimonio nonsi può celebrare perché si deve applicare la normativa italiana che prevede la diversità dei sessi perché il vincolo di coniugio venga ad esistenza. I notai fanno due più due e si domandano sbigottiti perché due stranieri gay possono sposarsi sul nostro italico suolo ed invece un italiano e un inglese, anche loro gay, no. É discriminatorio, gridano i notai ed invitano il Parlamento a porre rimedio. Le menzogne a volte sono tali perché non si dice tutta la verità. Infatti, la stessa legge del ’95 prima richiamata all’art. 16 così recita: «la legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico». Quindi due persone omosessuali possono contrarre valido “matrimonio” giuridico, ad esempio, in Inghilterra, ma se vogliono celebrare queste “nozze” qui da noi non possono farlo proprio perché tale vincolo è contrario all’ordine pubblico, espressione che rimanda ai fondamenti del viver civile di una nazione espressi dalla Costituzione. E per la nostra Costituzione l’unico matrimonio esistente è quello tra uomo e donna (art. 29). 
I notai sono ben consapevoli di questo inciampo e richiamano una recente sentenza della Cassazione (2400/2015) in cui la stessa «ha escluso la contrarietà all'ordine pubblico del titolo matrimoniale estero pur riconoscendone l'inidoneità a produrre nel nostro ordinamento gli effetti del vincolo matrimoniale» (ma l’orientamento della giurisprudenza è ben diverso). Detto in soldoni: non è vero che un “matrimonio” gay contratto all’estero è contrario all’ordine pubblico. Ergo nemmeno uno contratto da stranieri gay sul nostro suolo. 
Ma la Cassazione, come i notai, si sbaglia e ce lo dice lei stessa allorquando ammette che questo“matrimonio” non può produrre effetti giuridici per il nostro ordinamento. E perché non può produrli? Proprio perché è contrario all’ordine pubblico. Insomma, in una sola frase i giudici di Cassazione ci hanno regalato un bell’ossimoro giuridico. La morale è sempre quella. Poco importa cosa dica la Costituzione, le leggi e le sentenze (figuriamoci l’etica e ancor prima il buon senso). Importa solo l’obiettivo. Tutto il resto si deve piegare a questo.