Gli oneri delle unioni civili per le finanze pubbliche italiane sono di "3,5 milioni nel 2016 e 6 milioni nel 2017”. E' quanto comunicato oggi dal Ministero dell'Economia e delle Finanze. Un dato che si inserisce nell’acceso dibattito parlamentare sull’approvazione delle unioni gay. Dal canto suo, il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha affermato che il governo non deve fare “dei bisogni dei singoli la misura per regolare il bene comune”. Il giurista Carlo Cardia si sofferma sul dibattito in corso, a partire dalla sentenza della Corte di Strasburgo che ha contestato la legislazione italiana per mancanze in materia di unioni civili:
R. – Il primo punto è che la sentenza della Corte di Strasburgo censura l’Italia per una carenza, non impone affatto il matrimonio gay, anzi ricorda che lei non è abilitata a imporre alcunché in materia familiare. Il matrimonio per gli omosessuali si può introdurre, dipende dallo Stato, dalla volontà del legislatore nazionale. Questo chiarisce che metà del dibattito è falsato perché se io esco con un articolo di giornale con commenti del tipo: “Quindi a questo punto dobbiamo introdurre il matrimonio gay”, questo non c’entra niente con la sentenza. Se non partiamo da questo noi impostiamo un dibattito, un discorso, ideologico. Nessun Paese d’Europa è obbligato a introdurre il matrimonio gay.
D. – Lei su “Avvenire” ha scritto proprio questo: “Quando si parla di unioni gay bisogna innanzitutto pensare al bene decisivo che è quello dei figli” …
R. – Certamente perché noi ci troviamo di fronte agli esseri più deboli che esistono sulla faccia della terra, bambini che nascono e non hanno nulla! Che cosa ha il bambino quando nasce? Ha un babbo e una mamma! Voler negare, attraverso la soddisfazione delle esigenze del matrimonio gay, questo diritto fondamentale a chi non ha ancora nulla, perché il bambino appena nato non ha nessuna forza, né di farsi sentire né di agire: deve essere protetto. Negare questo diritto fondamentale è questo: è un elemento che non può essere aggirato attraverso legislazioni più o meno melliflue, più o meno insincere.
D. – Quando da parte di alcuni che vogliono un’approvazione del cosiddetto matrimonio gay aggiungono che però non si arriverà al passo dell’adozione, lei dice: in realtà c’è già nel fatto stesso, il matrimonio presuppone che poi sia possibile. Quindi è solo una questione di tempo e di passaggio ulteriori?
R. – Su questo bisogna essere molto chiari: è una finzione, è una bugia. Perché se io dichiaro che due persone sono sposate per logica indefettibile, anzitutto logica lessicale, e per logica giuridica, io posso adottare dei bambini. Su questo bisogna, se posso usare questo termine, non ingannarci. E infatti lo scontro è sempre su questo. Il dibattito non va impostato sulla questione della sentenza che chiede una tutela, va fatta, questa tutela effettivamente va riconosciuta, va estesa alle coppie conviventi. Ma c’è il problema di tutelare il bambino perché abbia come tutti i bambini del mondo un babbo e una mamma. E sa perché non lo vogliono affrontare spesso? Perché questo è un qualcosa che convince tutti noi, ci tocca da vicino, no? Qui non c’è bisogno di una grande spiegazione: perché ha bisogno del babbo e della mamma? Siamo ai livelli di quelle verità elementari che non hanno bisogno di grandi dimostrazioni perché sono ovvie, immediatamente percepite.
D. – Il segretario generale della Cei mons. Galantino, ha affermato che non bisogna fare dei bisogni dei singoli la misura per regolare il bene comune. Questo è un altro punto, anche, che anche un non credente può accettare, qui la questione è molto “laica”…
R. – Se lei ha fatto caso, tutto quello che io ho detto è profondamente laico, perché è percepibile da chiunque, da qualsiasi persona, che sia figlio, che sia padre, che sia zio, che abbia avuto, abbia contatti con un bambino piccolo, questo lo percepisce chiunque. E’ un elemento profondamente laico che non vuol dire che non sia anche religioso... Quello che ha detto mons. Galantino è molto giusto ma io aggiungerei una cosa: non si può fare della soddisfazione dell’esigenza del singolo la misura di tutte le cose. Sa perché? Perché si violano i diritti di altri singoli, di altre persone! Io non posso assolutizzare il mio bisogno, il mio desiderio di avere un figlio costringendo delle persone a non avere il babbo o a non avere la mamma perché io sono omosessuale e non glielo voglio dare, gli voglio dare due padri o due madri. Se io erigo il singolo a misura della disciplina per tutti, io colpisco altri e colpisco i più deboli. Quindi noi avremmo un conflitto tra diritti, dove però è il debole che cede. RV