Indulgenza plenaria a chi percorre il Cammino Ignaziano
Lo ha deciso il Papa, nel giorno in cui la Chiesa ricorda Sant'Ignazio di Loyola
Inaugurato nel 2012, il Cammino Ignaziano percorre quasi 700 chilometri lungo l'itinerario geografico e spirituale del fondatore dei gesuiti: Paesi Baschi, Navarra, La Rioja, Aragona e Catalogna. Inizia oggi 31 luglio, memoria liturgica di Sant'Ignazio di Loyola, una nuova tappa del Cammino che si concluderà esattamente tra un anno, il 31 luglio 2016.
L'invito a mettersi in cammino sulle orme di Sant'Ignazio di Loyola per incontrare Gesù misericordioso giunge direttamente da papa Francesco, il quale ha concesso a quanti vi parteciperanno un'indulgenza plenaria. Il Pontefice ricorda che il cammino cristiano è un cammino non facile, ma che viene ripagato dall'incontro con Gesù. “Ci sono giornate di buio - afferma il Papa -, anche giornate di fallimento, anche qualche giornata di caduta”. Ma “nell’arte di camminare quello che importa non è di non cadere, ma non rimanere caduti”: dunque “rialzarsi presto” e “andare avanti con forza e con fiducia nel Signore”, perché con Gesù “tutto si può”.
Ricordando che il cristiano non è una persona isolata e che non si può seguire Cristo "se non nella Chiesa e con la Chiesa", il Vescovo di Roma spinge a "camminare in comunità, con gli amici". Un cammino gioioso dunque, ma anche inquieto, quello di Sant'Ignazio, perché guarda “l’orizzonte che è la gloria di Dio”. Si tratta - ha concluso il Papa - di un cammino che compiono persone deboli, peccatori, capaci però di “lasciarsi conquistare da Cristo”.
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Cinquecento anni di cammino ignaziano. All’origine degli Esercizi spirituali
(Carlos Coupeau Dorronsoro) Tra breve si commemoreranno i 500 anni dalla trasformazione di Íñigo de Loyola in pellegrino. Quel pellegrino che inseguiva la volontà di Dio, esposto all’azione della grazia, un giorno sarebbe stato venerato come sant’Ignazio di Loyola. Al suo percorso, spirituale e fisico, si sono ispirati alcuni volontari per “attivare” un itinerario che può essere seguito anche dai pellegrini del nostro secolo. Il camino ignaciano coincide con quello che Íñigo fece tra Loyola e Manresa e viene proposto come occasione di riflessione spirituale in grado di trasformare le persone. L’origine dell’esperienza va ricercata negli Esercizi spirituali che, una volta giunto a Malresa, Ignazio cominciò a mettere per iscritto.
Sconfitto in battaglia, prima ferito gravemente, poi convalescente, Ignazio decise di recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme. Iniziò il cammino nell’inverno del 1522. Lasciò dietro di sé la famiglia, gli amici, la casa natale e la patria, per recarsi al Santuario mariano di Montserrat, dove giunse in primavera. Nell’anno che trascorse prima di imbarcarsi per Roma e Gerusalemme, provò dentro di sé profondi moti spirituali. Ricevette grazie legate alla conoscenza di se stesso e del Dio compassionevole con le sue creature.
Comprese che l’analisi di quei moti avrebbe potuto essere di aiuto anche per gli altri. Per questo si ritirò in un paese distante dal cammino che stava seguendo, Manresa. La tradizione racconta che iniziò a frequentare una grotta appartata, dove avrebbe scritto le sue osservazioni su ciò che Dio gli stava mostrando. Quelle note furono il primo abbozzo di qualcosa che con il tempo si sarebbe trasformato negli Esercizi spirituali.
I quasi settecento chilometri di cammino che separano la casa natale del gentiluomo dalla grotta del pellegrino divenuto eremita, sono stati presentati di recente da Chris Lowney e dal gesuita José Luis Iriberri in una duplice guida tecnico-spirituale: Guía del camino ignaciano (Bilbao, 2014) e El camino ignaciano. Un camino de sanación hacia la libertad (Bilbao, 2014).
I volumi illustrano l’esperienza di cinquecento persone che già lo scorso anno si sono recate in pellegrinaggio seguendo il cammino ignaziano. I testi hanno il loro complemento nel sito www.caminoignaciano.org, pubblicato in sette lingue.
La prima guida mette a disposizione del pellegrino informazioni precise sui dispensari, le rotte alternative, gli ostelli e l’accessibilità di ogni zona, fornendo a ognuno le notizie di cui ha bisogno per sentirsi al sicuro lungo il percorso. La seconda approfondisce invece il significato spirituale del cammino. Si presenta come una “guida di guarigione”, ma non prescrive una stessa esperienza per tutti. Sfrutta invece l’analogia tra la geografia e le vie della vita ascetica. Offre la saggezza dell’accompagnamento, già familiare a quanti conoscono gli Esercizi ignaziani. Sull’esempio del cammino del XVI secolo, invita ogni persona a seguire il proprio percorso, l’aiuta con orientamenti e narrazioni per contribuire alla sua trasformazione come credente.
In sintonia con l’intento di queste due guide, il cammino si articola in tappe geografiche e in tappe spirituali. Suggerisce ventisette fermate in cinque territori storici. Al tempo stesso prevede il percorso di quattro “stati dell’anima”, da ricercare attraverso le tre vie spirituali previste per le quattro settimane di cammino.
Lungo il percorso che fu di Ignazio, oggi si dispiega un cammino inatteso. Non si tratta di assimilare valori o di proporre progetti di miglioramento di questo mondo. Ignazio che cercava Gesù, si sentì invitato a seguirlo e, allo stesso tempo, ad accrescere la conoscenza di sé. Sentì che il Signore lo invitava a un rapporto più libero e più stretto con Lui, a confermargli la sua adesione.
È questo il nucleo dell’esperienza spirituale che viene proposta: prendere coscienza e rispondere, lasciarsi coinvolgere da Cristo e ascoltare come fosse nuovo per ognuno quell’invito già bimillenario a “credere nel Regno”, a “lavorare nella vigna”, alleggerendosi delle zavorre che ci trattengono nel nostro servizio a Dio.
L'Osservatore Romano
Comprese che l’analisi di quei moti avrebbe potuto essere di aiuto anche per gli altri. Per questo si ritirò in un paese distante dal cammino che stava seguendo, Manresa. La tradizione racconta che iniziò a frequentare una grotta appartata, dove avrebbe scritto le sue osservazioni su ciò che Dio gli stava mostrando. Quelle note furono il primo abbozzo di qualcosa che con il tempo si sarebbe trasformato negli Esercizi spirituali.
I quasi settecento chilometri di cammino che separano la casa natale del gentiluomo dalla grotta del pellegrino divenuto eremita, sono stati presentati di recente da Chris Lowney e dal gesuita José Luis Iriberri in una duplice guida tecnico-spirituale: Guía del camino ignaciano (Bilbao, 2014) e El camino ignaciano. Un camino de sanación hacia la libertad (Bilbao, 2014).
I volumi illustrano l’esperienza di cinquecento persone che già lo scorso anno si sono recate in pellegrinaggio seguendo il cammino ignaziano. I testi hanno il loro complemento nel sito www.caminoignaciano.org, pubblicato in sette lingue.
La prima guida mette a disposizione del pellegrino informazioni precise sui dispensari, le rotte alternative, gli ostelli e l’accessibilità di ogni zona, fornendo a ognuno le notizie di cui ha bisogno per sentirsi al sicuro lungo il percorso. La seconda approfondisce invece il significato spirituale del cammino. Si presenta come una “guida di guarigione”, ma non prescrive una stessa esperienza per tutti. Sfrutta invece l’analogia tra la geografia e le vie della vita ascetica. Offre la saggezza dell’accompagnamento, già familiare a quanti conoscono gli Esercizi ignaziani. Sull’esempio del cammino del XVI secolo, invita ogni persona a seguire il proprio percorso, l’aiuta con orientamenti e narrazioni per contribuire alla sua trasformazione come credente.
In sintonia con l’intento di queste due guide, il cammino si articola in tappe geografiche e in tappe spirituali. Suggerisce ventisette fermate in cinque territori storici. Al tempo stesso prevede il percorso di quattro “stati dell’anima”, da ricercare attraverso le tre vie spirituali previste per le quattro settimane di cammino.
Lungo il percorso che fu di Ignazio, oggi si dispiega un cammino inatteso. Non si tratta di assimilare valori o di proporre progetti di miglioramento di questo mondo. Ignazio che cercava Gesù, si sentì invitato a seguirlo e, allo stesso tempo, ad accrescere la conoscenza di sé. Sentì che il Signore lo invitava a un rapporto più libero e più stretto con Lui, a confermargli la sua adesione.
È questo il nucleo dell’esperienza spirituale che viene proposta: prendere coscienza e rispondere, lasciarsi coinvolgere da Cristo e ascoltare come fosse nuovo per ognuno quell’invito già bimillenario a “credere nel Regno”, a “lavorare nella vigna”, alleggerendosi delle zavorre che ci trattengono nel nostro servizio a Dio.
L'Osservatore Romano
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Il metodo ignaziano. Per mettere ordine nella propria vita(Sir)
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www.francescoocchetta.it
Papa Francesco, il card. Martini… fino a risalire a Matteo Ricci e a Francesco Saverio… tutti “figli di sant’Ignazio”.
Eppure lui continua ad essere uno sconosciuto. Era schivo, si era “ritratto” per fare spazio ad un Altro, più che all’apparire ha scelto di vivere in penombra per accompagnare vite e processi storici.
Eppure lui continua ad essere uno sconosciuto. Era schivo, si era “ritratto” per fare spazio ad un Altro, più che all’apparire ha scelto di vivere in penombra per accompagnare vite e processi storici.
Riporto qui l’introduzione a un breve volume Ignazio di Loyola
Il pellegrino fondatore della Compagnia di Gesù che ho scritto qualche anno fa e che aiuta a chiarire il suo profilo grazie alle fonti che ho raccolto.
Il pellegrino fondatore della Compagnia di Gesù che ho scritto qualche anno fa e che aiuta a chiarire il suo profilo grazie alle fonti che ho raccolto.
Nella prefazione GianPaolo Salvini, già direttore della Civiltà Cattolica scrive: “Lo spagnolo sant’Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti, non è un santo popolare, forse per la fama di austerità che lo circonda. Eppure è uno dei santi che hanno lasciato un’impronta nella storia della Chiesa e dell’Europa.
L’Ordine religioso da lui fondato, la Compagnia di Gesù, apparve in un momento cruciale per la Chiesa devastata dalla lacerazione luterana e dalla decadenza interna alla stessa Chiesa del Cinquecento.
Per contribuire a ridarle vitalità, in un’epoca in cui molti ecclesiastici erano più preoccupati della carriera che del servizio apostolico, Ignazio ricorse alle armi della preghiera, dello studio, della testimonianza personale e del servizio. Suo strumento privilegiato furono gli Esercizi Spirituali, con i quali aiutare a “discernere” cioè a scegliere liberamente ciò che è utile alla propria crescita.
L’Ordine religioso da lui fondato, la Compagnia di Gesù, apparve in un momento cruciale per la Chiesa devastata dalla lacerazione luterana e dalla decadenza interna alla stessa Chiesa del Cinquecento.
Per contribuire a ridarle vitalità, in un’epoca in cui molti ecclesiastici erano più preoccupati della carriera che del servizio apostolico, Ignazio ricorse alle armi della preghiera, dello studio, della testimonianza personale e del servizio. Suo strumento privilegiato furono gli Esercizi Spirituali, con i quali aiutare a “discernere” cioè a scegliere liberamente ciò che è utile alla propria crescita.
La completa disponibilità ai desideri del Papa ne ha fatto nei secoli una “task force” che ha attirato non poche inimicizie ai gesuiti, ma ne ha fatto anche una forza di riferimento di cui il Signore si è largamente servito.
La presenza nelle missioni e la capacità di spostarsi sempre alle “frontiere”, geografiche e intellettuali, in un costante dinamismo, sono state e rimangono le caratteristiche dei gesuiti.
Il motto dell’Ordine: “Ad maiorem Dei gloriam”, non significa infatti “Per la massima gloria di Dio”, ma “Per una gloria di Dio sempre più grande” con una tensione verso il meglio che è forse l’eredità più preziosa che sant’Ignazio ha lasciato ai suoi figli e a quanti ne conoscono lo spirito”.
Il motto dell’Ordine: “Ad maiorem Dei gloriam”, non significa infatti “Per la massima gloria di Dio”, ma “Per una gloria di Dio sempre più grande” con una tensione verso il meglio che è forse l’eredità più preziosa che sant’Ignazio ha lasciato ai suoi figli e a quanti ne conoscono lo spirito”.
Vive da monaco nel cuore della città
Ignazio è definito un “contemplativo nell’azione”, vive i ritmi della città da monaco, per questo prevede che i gesuiti possano passare dalla Compagnia alla Certosa con facilità.
Le sue abitudini sono regolari, si alza con le prime luci dell’alba, rimane a letto a pregare a causa dei dolori alla gamba, celebra la Messa da solo in una stanzetta vicino alla sua camera, poi riprende a pregare per un paio d’ore.
Gli ultimi 15 anni della sua vita è costretto a vivere in una cameretta l’itineranza del pellegrino per governare i primi gesuiti che, sparsi nel mondo, iniziavano a fondare residenze, scuole, istituti, collegi e seminari. Lo fa con sobrietà e nella povertà che lo contraddistingue. Scrive quasi 7.000 lettere; i libri che tiene in camera si limitano al Vangelo e all’Imitazione di Cristo. Mangia da solo e come superiore di comunità sappiamo che perdonava qualsiasi peccato grave dei gesuiti eccetto quelli che favoriscono la sfiducia e il pettegolezzo e che dividevano la comunità.
Nei primi anni romani guida personalmente i primi novizi della Compagnia. Ancora oggi il noviziato per coloro che vogliono diventare gesuiti è di due anni e si basa su cinque grandi prove, le stesse che il Signore ha fatto sperimentare a Ignazio. Queste sono: il mese di Esercizi Spirituali; un mese di servizio in un ospedale; un pellegrinaggio da una città ad un’altra a piedi e senza soldi; insegnare il catechismo ai bambini; fare servizi umili come imparare a cucinare, pulire e cucire.
Nel 1548 vengono stampati per la prima volta gli Esercizi Spirituali e viene fondato a Messina il primo Collegio dei gesuiti.
La città dunque è il suo monastero. Nella Roma del Cinquecento che aveva circa 50.000 abitanti, Ignazio sceglie di collocare strategicamente le sue residenze nel cuore della città. Nella piazza del Collegio Romano a Roma si può capire cosa sia la missione per Ignazio. Lì si trovano l’antico Collegio romano in cui si preparava il clero nel mondo e una piccola casa, chiamata Santa Marta, in cui accoglieva e recuperava le prostitute. Cultura e azione sociale per Ignazio vanno insieme.
Orizzonti universali, eccellenza negli studi, formazione integrale della persona, legame con il mondo moderno sono, fin dall’inizio, le principali caratteristiche della missione educativa del Collegio romano, che è diventato poi l’Università Gregoriana.
Ma la sua missione aveva anche una valenza sociale importante, in una Roma che, secondo una fonte dell’epoca, contava quasi tredicimila prostitute, Ignazio decide di recuperarle, aiutato economicamente da Leonor Osorio moglie dell’ambasciatore di Carlo V.
Per vivere la missione nelle città, Ignazio non prevede per i gesuiti un abito proprio, vuole che “vestano come gli onesti sacerdoti del luogo”, in più li invita a farsi chiamare per nome senza i loro titoli e firmarsi con la sigla S.I. (Societatis Iesu) che significa della Compagnia di Gesù.
Per le case professe ha previsto che non abbiano rendite, mentre per favorire l’itineranza dei gesuiti, non prevede preghiere in comune. Per evitare carriere prevede un voto speciale che si emette durante la professione solenne in cui i gesuiti non accettino di diventare vescovi e cardinali. Se questo capita è per luoghi difficili come nelle missioni in cui esser vescovo è un pericolo più che un onore.
Muore da solo verso le 7,00 del mattino del 31 luglio 1556. Poche ore prima Polanco, il suo segretario, gli chiede “State veramente male?”. Ignazio gli risponde “Mi sento che mi manca solo di morire”. Alla sua morte la Compagnia di Gesù ha più di 1.500 gesuiti sparsi in tutto il mondo. Venne canonizzato il 12 marzo 1622.
Oggi la Compagnia ha circa 18.500 gesuiti sparsi in 112 Paesi diversi che lavorano nel campo dell’apostolato culturale, sociale e giovanile. Durante l’ultima Congregazione Generale, il 21 febbraio Benedetto XVI ha rinnovato alla Compagnia di Gesù la stima e la fiducia della Chiesa per il difficile compito a cui i gesuiti sono chiamati.
La sua vita può essere sintetizzata dal significato di due frasi molto note: Ad maiorem Dei gloriam (alla maggior gloria di Dio) e Non coerceri a maximo, contineri antem a minimo divinum est. La prima ricorda di diventare e formare persone responsabili senza aver paura dei cambiamenti e di fare non sempre più cose ma farle sempre meglio. La seconda ci insegna che è “divino non essere ristretti neanche dallo spazio più ampio possibile ed essere capaci di essere contenuti dallo spazio più ristretto possibile”.
Ecco le tappe importanti della sua vita.
1491 Iñigo di Loyola nasce ad Azpeitia, ultimo di tredici figli.
1506 Rimane orfano e viene affidato a Giovanni Velázquez de Cuéllar, amministratore della finanze del regno di Castiglia ad Arévalo.
1521 Il 20 maggio è ferito ad una gamba durante una battaglia a Pamplona. La sua conversione inizia durante la convalescenza leggendo la Vita di Cristo e la Leggenda aurea (vite di santi).
1522 Nel febbraio si reca nel monastero benedettino di Montserrat. Il 25 marzo va a Manresa, dove, dopo l’esperienza mistica sulle rive del fiume Cardoner, inizia a scrivere gli Esercizi Spirituali.
1523 Incontra il papa Adriano VI. Il 24 luglio si imbarca a Venezia diretto verso la Terra Santa dove rimane fino al 3 ottobre.
1524 A Barcellona comincia a studiare la grammatica latina.
1526 Studia filosofia e teologia prima ad Alcalá e l’anno dopo a Salamanca.
1528 Si trasferisce a Parigi dove ottiene il grado di maestro in artibus.
1534 Il 15 agosto, insieme a sei compagni, fa voto a Montmartre di vivere in castità e povertà e di recarsi a Gerusalemme.
1537 Il 24 giugno è ordinato sacerdote a Venezia. A metà novembre a La Storta, presso Roma, ha una visione che lo conferma nel desiderio di fondare una “Compagnia” che porti il nome di Gesù.
1538 Celebra la sua prima Messa la notte di Natale nella cappella della Natività della Basilica di Santa Maria Maggiore.
1540 Il 27 settembre Paolo III approva la Compagnia di Gesù con la bolla Regimini militantis Ecclesiae.
1541 L’8 aprile Ignazio è eletto Preposito generale della Compagnia. Il 22 aprile fa la professione solenne nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma.
1550 Il 21 luglio Giulio III con la bolla Exposcit debitum conferma la Compagnia di Gesù.
1556 Muore a Roma il 31 luglio.
1609 Il 3 dicembre è proclamato beato da Paolo V.
1622 Il 12 marzo è canonizzato da Gregorio XV.
1506 Rimane orfano e viene affidato a Giovanni Velázquez de Cuéllar, amministratore della finanze del regno di Castiglia ad Arévalo.
1521 Il 20 maggio è ferito ad una gamba durante una battaglia a Pamplona. La sua conversione inizia durante la convalescenza leggendo la Vita di Cristo e la Leggenda aurea (vite di santi).
1522 Nel febbraio si reca nel monastero benedettino di Montserrat. Il 25 marzo va a Manresa, dove, dopo l’esperienza mistica sulle rive del fiume Cardoner, inizia a scrivere gli Esercizi Spirituali.
1523 Incontra il papa Adriano VI. Il 24 luglio si imbarca a Venezia diretto verso la Terra Santa dove rimane fino al 3 ottobre.
1524 A Barcellona comincia a studiare la grammatica latina.
1526 Studia filosofia e teologia prima ad Alcalá e l’anno dopo a Salamanca.
1528 Si trasferisce a Parigi dove ottiene il grado di maestro in artibus.
1534 Il 15 agosto, insieme a sei compagni, fa voto a Montmartre di vivere in castità e povertà e di recarsi a Gerusalemme.
1537 Il 24 giugno è ordinato sacerdote a Venezia. A metà novembre a La Storta, presso Roma, ha una visione che lo conferma nel desiderio di fondare una “Compagnia” che porti il nome di Gesù.
1538 Celebra la sua prima Messa la notte di Natale nella cappella della Natività della Basilica di Santa Maria Maggiore.
1540 Il 27 settembre Paolo III approva la Compagnia di Gesù con la bolla Regimini militantis Ecclesiae.
1541 L’8 aprile Ignazio è eletto Preposito generale della Compagnia. Il 22 aprile fa la professione solenne nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma.
1550 Il 21 luglio Giulio III con la bolla Exposcit debitum conferma la Compagnia di Gesù.
1556 Muore a Roma il 31 luglio.
1609 Il 3 dicembre è proclamato beato da Paolo V.
1622 Il 12 marzo è canonizzato da Gregorio XV.