Il gran discorso dell'imam di Nimes
di Matteo Matzuzzi
Roma. “Nel mondo i cristiani sono perseguitati, braccati, privati del lavoro, imprigionati, torturati, assassinati. Tutti i mezzi sono usati per costringerli a rinnegare la loro fede, compreso il rituale dello stupro collettivo, considerato in certi stati come una forma di sanzione penale. Possedere una Bibbia è diventato un crimine, proibita è la celebrazione del culto, si è tornati ai tempi delle messe nelle caverne e dei primi martiri”. A pronunciare queste parole, lo scorso 1° luglio in un incontro sui cristiani perseguitati organizzato dal Parlamento europeo, a Bruxelles, è stato l’imam di Nimes, Hocine Drouiche. Un lungo e lucido j’accuse contro l’islam politico che sui grandi media internazionali è passato inosservato, e che in Italia è stato tradotto e riportato integralmente dal portale AsiaNews, del Pontificio istituto missioni estere (qui la traduzione integrale). L’imam francese ha osservato che tra i principali fattori che spiegano la persecuzione anti cristiana – “aumentata in tutto il mondo e, in particolare, nel mondo musulmano” – vi è “un islam politico secondo cui la presenza dei cristiani nel mondo musulmano non è mai una possibilità. Essa costituisce piuttosto una minaccia”. Guardandosi bene dal minimizzare o giustificare la posizione delle grandi autorità spirituali islamiche che è apparsa fin troppo morbida riguardo l’escalation jihadista nel vicino e medio oriente – per farsene un’idea è sufficiente ricordare che il Grande Ayatollah iracheno al Sistani, chiamato in causa dal patriarca caldeo di Baghdad dopo la cacciata dei cristiani dalla piana di Ninive, disse di non poter far nulla perché “non mi ascolteranno, come i cristiani non ascoltano il Papa” – Drouiche osserva che “la pratica dell’islam contemporaneo è molto più vicina al settarismo, piuttosto che a una religione universale e aperta”. La colpa dello sfacelo, ha sottolineato, è di “un islam interpretato alla lettera, chiuso in se stesso, che divide il mondo in bianco e nero, musulmani e miscredenti, fedeli e infedeli, amici di Dio e nemici di Dio. La nascita del fanatismo in un simile contesto è inevitabile”. E i cristiani d’oriente – ha aggiunto l’imam di Nimes – “sono stati le prime vittime di questo arretramento culturale e civile in seno al mondo musulmano”.
A livello globale, ha insistito Drouiche, “il discorso islamico si distingue per una ambiguità di fondo e, in alcuni casi, per un doppio senso. Si è per la libertà religiosa ma non si fa nulla per impedire che un apostata venga giustiziato o per condannare in modo fermo la persecuzione dei cristiani nel mondo arabo-musulmano”. Si tratta, ha aggiunto, “di un discorso che spinge in direzione di una libertà di espressione integrale, deplorando al contempo l’uso a geometria variabile”. Non poteva mancare un accenno alla strage del gennaio scorso nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, e anche in questo caso “non abbiamo visto degli imam o dei rappresentanti della comunità musulmana davanti al luogo del crimine per rendere omaggio alla sede di Charlie Hebdo o al supermercato kosher”. Una constatazione che porta a dire che “l’islam è privato della sua umanità dal panorama religioso corrente”. Gli attentati contro il periodico che aveva sede in rue Nicolas Appert “hanno mostrato in modo chiaro l’assenza di un discorso religioso che dichiara in modo netto il suo attaccamento ai valori umani e pacifici che vigono in Francia e in Europa”. Valori che, ha proseguito Drouiche, “non sono affatto in contraddizione con l’essenza stessa dell’islam. E come sempre accade, questo contesto islamico negativo ha trascinato tutti i musulmani francesi nell’ambiguità”.
Una ambiguità che s’è protratta anche nei giorni successivi, quando il mondo sfilava a Parigi sotto le insegne della Marianna e i capi di stato e governo si tenevano per mano lungo i boulevard cittadini: “L’islam politico ha considerato la marcia repubblicana come un’onta e resta ancora oggi aperta una domanda posta dai francesi agli attori dell’islam politico, perché portino dei chiarimenti sulle ragioni di questa vergogna”. Si pone interrogativi, Hocine Drouiche: “Perché gli imam nelle moschee non hanno invitato la comunità musulmana a partecipare alla marcia? Essi potevano anche essere contrari in toto alle caricature di Charlie Hebdo e, al tempo stesso, anche contro gli assassini dei giornalisti. Questo è uno dei vantaggi del vivere in un paese democratico”. E ancora, “come si spiega che l’islam europeo sia rimasto muto e silenzioso davanti al massacro degli ebrei a Parigi e a Tolosa, sul suolo europeo? Nel luglio 2014 si è tenuta una manifestazione pro-palestinese durante la quale si è sentito gridare ‘morte agli ebrei’. E nessun rappresentante dell’islam in Francia si è per questo indignato”. Il problema, ha avvertito Drouiche, è che l’islam politico si sta allontanando sempre di più “dall’islam dell’umanesimo, dell’apertura e della tolleranza. Esso è trasformato in una ideologia che strumentalizza la religione per fini che sono contrari ai precetti stessi della religione”. Il discorso religioso – ha aggiunto – “si compiace nel condannare il dibattito sull’identità in atto in Francia e, al tempo stesso, si definisce lui stesso attraverso la sua identità religiosa e rifiuta di integrarsi nell’unità nazionale dei paesi europei”. E non giova il fatto che “la maggioranza degli imam che esercitano in Europa sono stati formati in larga parte nei paesi musulmani, dove hanno ascoltato i loro insegnanti ripetere a più riprese che l’Europa e la laicità sono i primi nemici dell’islam”. Ecco perché è fondamentale avviare quella rivoluzione nell’islam i cui contorni erano stati delineati dal presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, nel discorso tenuto lo scorso dicembre all’università di al Azhar, al Cairo. Solo partendo dall’educazione delle nuove generazioni – e prima ancora, degli imam – si potrà invertire una tendenza che oggi appare consolidata: “A livello globale, gli islamisti dell’islam politico credono di possedere la sola verità. Essi l’hanno monopolizzata. Questa è la via breve verso l’arroganza e il fanatismo. Non si accetta né l’idea, né il discorso altrui”.
Il Foglio