lunedì 27 luglio 2015

Quel padre che non cerca vendetta


di ELENA LOEWENTHAL

Secondo un antico e bellissimo mito, quando Iddio creò l’uomo gli angeli se la presero, quasi si arrabbiarono. Forse per invidia forse per paura, Gli domandarono: «Che cosa mai è l’uomo, che Tu ti ricordi di lui?», come sta scritto in Salmi 8, 5. 

Anche questo è l’uomo, nonostante tutto il male che si dice di lui: un padre orbato della figlia nel modo più terribile, che invece di covare rancore, invece di coprire il dolore con la nebbia opaca del desiderio di vendetta si dichiara pronto ad aiutare la figlia dell’assassino, bisognosa di cure. 



Un padre che tramuta lo strazio in una generosità distillata, in quella specie di amore che viene prima d’ogni regola, d’ogni fede religiosa, d’ogni convenzione. E lo fa sottovoce invece di sgolarsi, e lo fa come se fosse una cosa normale, aiutare la figlia di chi ti ha assassinato la figlia, perché ha bisogno di cure e quel padre sciagurato che ha ucciso non può più farlo e non ne è stato mai capace. Perché lei non ha colpa, spiega, così come colpe non aveva la figlia uccisa. 

Anche questo è l’uomo, che in cielo ci si debba ricordare di lui e non pentirsi di averlo messo al mondo, come in fondo vorrebbero gli angeli invidiosi. Un creatura capace di esprimere tutta la bassezza di questo mondo, ma anche di sorprenderlo con un bene che è gratuito nel senso più alto del termine. Anzi di più: è un bene che va al di là di ogni logica, che attraversa lo sconfinato territorio dell’odio e viola quella giustizia che impone di punire il male. 

Anche questo è l’uomo: un uomo che al colmo del dolore, di fronte alla perdita più insanabile, non si domanda quando finirà di precipitare giù nell’abisso del lutto e del dolore della perdita in un viaggio verso il basso che quando ci sei dentro sembra che non finirà mai, e invece di lasciarsi comandare da tutto questo si mette nei panni di una figlia bisognosa di cure e pensa che è giusto aiutarla, anche se il padre di lei ha fatto quel che ha fatto. E poi lo dice, ma senza proclami, senza voler impartire lezioni, con una spontaneità quasi stupita del fatto che le sue parole siano capaci di stupire chi le ascolta, come se stesse facendo una cosa normale. Quasi ovvia. 

Ovvio che non è tale: se gli angeli avessero sentito le parole di Piero Fassi avrebbero fatto a meno di chiedere a Dio come mai gli era venuto in mente di creare l’uomo (questo è il senso del versetto biblico), perché l’avrebbero capito da soli. No, «Noi siamo qui. Se la figlia dell’uomo che ha ucciso la nostra avrà bisogno, noi ci saremo» non è affatto una frase ovvia. Sono invece parole che vanno contro ogni comune sentire, che contraddicono tanto l’istinto quanto la storia dell’umanità e non appartengono a nessuna etica, a nessuna religione. Verrebbe da dire che vengono dal cuore; ma forse no, forse vengono da quella parte assai più complessa e misteriosa di noi che sta nel cervello ed esprime l’empatia assoluta, che quando è così vince su tutto e prima di tutto sull’odio. Anche questo è l’uomo, cari angeli.  

loewenthal@tin.it  
La Stampa