Attento Matteo: ascolta quello che dice il Paese, la gente che lavora, le famiglie (quelle vere) che faticano ad arrivare alla fine del mese, i padri di famiglia che hanno perso il lavoro, le madri meravigliose che fanno sacrifici grandissimi per educare i bambini "come Dio comanda!" (avrebbe detto il tuo illustre concittadino Filippo Neri...). Ascolta loro e vedrai che questo Paese riparte sul serio. Degli altri semplicemente "non ti curar, ma guarda e passa...".
admin
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"Difendiamo i nostri figli": mobilitazione davanti al Senato
L'annuncio da parte del presidente del Comitato, Massimo Gandolfini, il quale esprime il suo disappunto per il rifiuto del ministro Boschi di incontrarlo
“Ben strana concezione della democrazia deve avere il ministro Boschi” esordisce Massimo Gandolfini, presidente del comitato “Difendiamo i nostri figli”: “Da una parte rifiuta di incontrare i rappresentanti del milione e passa di persone che lo scorso 20 giugno hanno affollato piazza San Giovanni. Dall’altra invece non esita a scattare sull’attenti quando la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con tempismo assai sospetto, entra a gamba tesa nel dibattito interno al nostro Paese".
Secondo Gandolfini, "una visione democratica e di sinistra dovrebbe mettere i diritti dei più deboli al primo posto, ma se - come auspica il ministro - la proposta di legge Cirinnà sarà approvata entro l’anno senza modifiche, i bambini vedranno sacrificato il loro diritto a nascere e a vivere con la loro mamma e il loro papà per favorire invece il capriccio di ricchi omosessuali che potranno acquistare i figli sul mercato degli uteri in affitto".
Ciò che Gandolfini sottolinea nell'atteggiamento del ministro per le Riforme Costituzionali è che "anziché stare con la gente e arginare la colonizzazione ideologica" preferisce "dare ascolto alle burocrazie europee che vogliono aprire le porte del nostro Paese a ideologie antiumane".
“Noi del Comitato continueremo a difendere i diritti dei bambini - conclude Gandolfini - e mercoledì prossimo, con un gazebo davanti al Senato, cominceremo a raccogliere le firme per una grande petizione nazionale”.
Sul ddl Cirinnà è intervenuto in queste ore anche Filippo Savarese, portavoce dell'associazione La Manif Pour Tous Italia. Secondo lui "si tratta di un contentino politico che la senatrice Cirinnà doveva al movimento gay, imbestialito per il rinvio delle unioni civili a ottobre da parte di Renzi” il fatto che il testo sulle unioni civili sia stato calendarizzato in Aula al Senato per la prima settimana di agosto. “L’eventuale passaggio in Aula del ddl - continua Savarese - è subordinato alla discussione in Commissione Giustizia dei 1500 emendamenti ancora pendenti, e dato che per iniziare l’esame mancano ancora le relazioni tecniche sulle coperture economiche e il relativo voto in Commissione Bilancio, la mossa del Pd si riduce a un ridicolo spot mediatico”.
Zenit
*La finta calendarizzazione in Senato per offrire una finta risposta a chi nel mondo Lgbt era infuriato per il rinvio del ddl Cirinnà è la prova di come la politica prenda in giro tutto e tutti
Mario Adinolfi
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Cara Presidente Boldrini, cari ministri e cari parlamentari che dite che adesso bisogna accelerare sulle unioni civili perché "l'Europa condanna l'Italia", sappiate che la Corte di Strasburgo non ha alcun potere di sostituirsi al nostro Parlamento (Article 12 did not impose an obligation on States to grant a same-sex couple like the applicants access to marriage). Se la pensate diversamente, chiudete Camera e Senato, visto che servirebbero solo a eseguire ordini.
Costanza Miriano
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Unioni omosessuali: cosa ha detto veramente la Corte Europea per i diritti dell'uomo
da: www.documentazione.info/
"La Corte Europea di Strasburgo condanna l’Italia per il mancato riconoscimento delle famiglie formate da persone dello stesso sesso". Quanti giornali stanno titolando così in questi giorni? Praitcamente tutti. Per capire cosa ha detto veramente la Corte Europea per i diritti dell'uomo noi ci siamo letti integralmentecosa ha veramente indicato la Corte e quali pareri ha dato.
Innanzitutto stiamo parlando del caso "Oliari and others v. Italy" per una violazione dell'articolo 8 della convezione europea dei diritti umani che riguarda i "diritti del singolo cittadino e della vita di famiglia". In sostanza, esprimendosi sul caso di tre coppie formate da uomini, tutti italiani, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo ha accolto i ricorsi chiedendo all’Italia di adottare qualche forma di riconoscimento legale per questo genere di convivenze, ma negando che debba trattarsi di matrimonio.
Questo il passaggio esatto:
A civil union or registered partnership would be the most appropriate way for same-sex couples like the applicants to have their relationship legally recognised
La CEDU ha innanzitutto ribadito che non esiste il diritto umano al matrimonio e nemmeno all'adozione, e che gli Stati restano liberi di disciplinare la materia come meglio credono. (Article 12 did not impose an obligation on States to grant a same-sex couple like the applicants access to marriage).
La Corte individua nell'ordinamento italiano un deficit di tutela dei diritti dei conviventi dello stesso sesso, e si limita a suggerire che la forma delle unioni civili potrebbe essere quella adeguata. In effetti in Italia manca una regolarizzazione non solo per le coppie omossessuali ma anche di quelle eterosessuali che decidono di non sposarsi ma che optano per la convivenza (le coppie di fatto). Rimane quindi assolutamente aperta la possibilità cioè di riconoscere ed armonizzare anche ulteriormente i diritti individuali legati ad una situazione di convivenza piuttosto che dotare l'unione in sé di rilevanza giuridica pubblica.
Questo procedimento si protraeva già da alcuni anni con due sentenze del Tribunale di Trento avverse alla richiesta di potersi sposare, che avevano dato luogo al verdetto più noto e autorevole in materia, quello che nel 2010 negò l’accesso al matrimonio invitando però il Parlamento a intervenire con riferimento alla coppia come formazione sociale e non solo agli individui.
La Consulta, ricorda il collegio europeo (presieduto da un magistrato finlandese e composto da 7 giudici, uno dei quali italiano, Guido Raimondi) dichiarò «inammissibile» la loro richiesta ricordando che «toccava al Parlamento regolare, nei tempi, con i mezzi e i limiti fissati dalla legge, il riconoscimento giuridico dei diritti e dei relativi doveri» (At the same time, the court pointed out that it was for Parliament to regulate, in time and by the means and limits set by law, the juridical recognition of the rights and duties pertaining to same-sex couples.). La Cedu ora nota che c’è «conflitto tra la realtà sociale dei ricorrenti, che in Italia per la maggior parte vivono la loro relazione apertamente, e la legge», che non gli garantisce «alcun riconoscimento ufficiale». Secondo la Corte europea, «un obbligo a provvedere al riconoscimento e alla protezione delle unioni dello stesso sesso non comporta nessun onere particolare per lo Stato italiano».
La Corte ha quindi condannato l'Italia o la costringerà a introdurre i matrimoni omosessuali? No.
Come detto invita il legislatore a pensare a una forma di riconoscimento giuridico per coppie che attualmente non sono previste dall'ordinamento. Quale sia questa «struttura legale» per assicurare «una qualche forma di riconoscimento legale» la Corte non lo dice, limitandosi a una precisazione di grande importanza, non a caso taciuta nelle prime frettolose cronache e nelle conseguenti reazioni: la Cedu dichiara infatti «inammissibile» il ricorso nella parte che invoca l’articolo 12 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (diritto al matrimonio) perché esso «non impone un obbligo agli Stati di garantire l’accesso al matrimonio a coppie dello stesso sesso come le ricorrenti». Gli Stati possono legalizzare le nozze per queste coppie (l’hanno fatto 11 Stati aderenti, come ricorda la Cedu) ma la scelta resta a discrezione dei Parlamenti nazionali, secondo una consolidata giurisprudenza della stessa Corte europea su materie delicate come la famiglia e la vita.