domenica 5 luglio 2015

Hildegard e la spiritualità del creato

Raffigurazione di sant'Ildegarda di Bingen

La «profetessa teutonica» appare oggi quanto mai attuale

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVATRENTO

Per lei papa Benedetto XVI aveva speso parole di elogio, dedicandole ben due catechesi del mercoledì (1 e 8 settembre 2010) e, facendosi interprete dei sentimenti dei suoi connazionali l’aveva proclamata santa e dottore della Chiesa nel 2012, la quarta dopo Caterina da Siena, Teresa d’Avila e Thérèse de Lisieux. 

Ma per i tedeschi Hildegard von Bingen era venerata come santa fin dalla morte (avvenuta il 17 settembre 1179), tanto che già nel 1940 si era avuta un’estensione della sua festa a tutte le diocesi della Germania.

«Grande donna che parla con grande attualità anche oggi a noi, con la sua coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi, con il suo amore per il creato, la sua medicina, la sua poesia, la sua musica…» aveva detto Papa Ratzinger indicando come da figure femminili come quella di Hildegard fosse chiaro che anche la teologia potesse «ricevere un contributo peculiare dalle donne, perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità».

E oggi, a distanza di secoli, ma alla luce dell’enciclica di papa Francesco «Laudato si’», la vita, e soprattutto la spiritualità, di questa monaca benedettina («una delle donne più famose del Medioevo» han detto di lei i vescovi tedeschi) appare di straordinaria attualità.

«Proprio ai nostri giorni questa figura di donna sta acquistando sempre più rilievo» scrivono Adelgundis Führkötter (anch’essa benedettina e grande interprete e traduttrice di Hildegard) e Josef Sudbrack (gesuita scomparso nel 2010) in un breve saggio tradotto solo ora in italiano.
 
Nata nel 1098 a Bermersheim nei pressi di Worms nell’Assia renana, minore di dieci figli (di cui quattro scelsero la vita religiosa o ecclesiastica), fin da piccola si accorge di avere il dono delle visioni (che confluiranno nell’opera «Scivias»), nel 1112 entra nel monastero benedettino di Disibodenberg Hunsrück dove diventerà badessa.  

La più antica vita di Hildegard fu composta dal monaco di Disibodenberg, Gottfried fra il 1173 e il 1174. Nel 1148 fonda un convento suo a Rupertsberg che l’imperatore Federico Barbarossa prende sotto la sua protezione e poi un secondo monastero a Eibingen, ancora oggi fiorente. 

«Donna saggia, piena di Dio», si legge nel testo, «a cui si recavano persone da ogni parte in cerca di consiglio per ogni problema». E lei risolve, guarisce, viaggia, predica, indirizza lettere all’imperatore Federico, a nobili, principi, ma anche abati, preti e vescovi cui lancia anche invettive («per la vostra disgustosa ricchezza e avidità, nonché per altre vanità, non istruite più i vostri fedeli»). «Come si potrebbe immaginare il governo della Chiesa senza questo contributo delle donne, che talvolta diventa molto visibile, come quando Heilige Hildegard critica i Vescovi?», dirà nel 2006 papa Benedetto XVI. 

«Donna geniale» la definisce oggi la consorella Adelgundis, non solo monaca e badessa, anche mistica di straordinaria cultura e poi medico, scienziato, naturalista, compositore di musica («la prima ecologa della storia» scrive il salesiano Mario Scudu).

Ma ciò che la rende straordinariamente attuale è la sua spiritualità nei confronti del creato nell’ottica dell’«unità della visione di Dio e del mondo». Nei suoi scritti di scienze naturali e di cosmologia la trasparenza della realtà creata sostiene tutte le considerazioni sul Dio uno e trino e al Dio creatore tutte le creature debbono l’essere e la vita, di cui il colore verde (la viriditas) è la forza che compenetra la realtà creata.

«L’atteggiamento fondamentale di questa donna, insieme umile e coraggiosa, è la costanza della fedeltà alla sequela di Cristo», concludono gli autori e forse il suo profondo amore per la natura, dono di Dio, da cui traeva medicamenti per la salute del corpo e dell’anima alleviando la fatica di vivere a quanti si affidavano a lei, anticipando di novecento anni la denuncia della creazione ferita, diventa un monito per giungere a quella conversione ecologica di cui parliamo oggi.

Celebre la sua visione: «Gli elementi si volsero all’uomo con un urlo selvaggio e gridavano “non riusciamo più a correre e a portare a termine la nostra corsa come disposto dal Maestro. Perché gli uomini con le loro cattive azioni ci rivoltano sottosopra come una macina. Puzziamo già come peste e ci struggiamo di fame di giustizia”».

Adelgundis Führkötter - Josef Sudbrack, «Ildegarda di Bingen. Grandi Mistici», Edb, 2015, pp.80, euro 7.00.