mercoledì 1 luglio 2015

Le donne latine




(Silvina Pérez) Inserto Osservatore Romano/Donne, chiesa, mondo. Dalla politica all’attivismo per la difesa dei diritti umani, dalla scienza all’arte, la storia latinoamericana è popolata da donne che hanno dettato legge e svoltato epoche. Ci sono quelle che hanno dominato la scena politica, reggendo per anni governi e lottando per la conquista del potere. O quelle che il primo fine settimana di ottobre trovano ogni anno la forza evangelizzatrice della pietà popolare ripercorrendo a piedi 67 chilometri nel segno della venerazione alla Madonna di Luján (raffigurata qui a sinistra), patrona dell’Argentina. Ci sono quelle con forti ideali, che hanno combattuto in nome di un diritto, di un principio morale  o dell’uguaglianza civile.
E poi ci sono quelle che marcano un’epoca e che segnano una grande svolta. È il caso di Frida Kahlo, nata nel 1907 in Messico, prima donna pittrice a vendere un dipinto al Louvre e prima artista latinoamericana a presentare i suoi lavori in una galleria parigina. Oppure il caso di Evita Perón che, morta a soli 33 anni, fu la prima in America latina a essere candidata, nel 1951, alla vicepresidenza in Argentina: il suo ingresso in politica segnerà la fine della società tradizionale argentina. La politica per Evita e l’arte per Frida sono la chiave di ingresso in spazi tradizionalmente maschili. Evita farà leva proprio sulla differenza per inserirsi nella scena politica senza mettere in discussione, in un primo momento, la divisione degli spazi maschili e femminili. Frida invece costruirà un percorso che inizia dal riconoscimento delle proprie radici e finisce con il diritto a partecipare e a essere politicamente presente nella comunità. Per entrambe, ciò che era personale era anche politico. È questo il filo rosso che unisce storie e momenti diversi delle donne latinoamericane: la dimensione politica della solidarietà. Che va da Rigoberta Menchú — premio Nobel per la pace (1992) e depositaria della cultura degli indios, una dei pochi indigeni sopravvissuti al genocidio in Guatemala — a Estela Carlotto, inossidabile leader delle abuelas, le coraggiose “nonne” di Plaza de Mayo la cui resistenza non nasce come un movimento politico, bensì da un’elementare risposta umana. Si tratta di donne di diversa estrazione sociale, per lo più modesta, cresciute nel rispetto dell’autorità sociale e familiare, e nel desiderio di una normale vita quotidiana. Arrivano spontaneamente all’azione politica dall’universalità dei valori e dai diritti umani calpestati dal potere. Svolgono dalla fine degli anni Settanta un lavoro politico di incredibile lucidità, concretezza ed efficacia, che sarà il seme su cui si consoliderà l’attuale democrazia dei Paesi dell’America meridionale. A partire degli anni Ottanta sono altre donne quelle che sviluppano strategie di tipo comunitaria, rivolte al rinnovamento di strutture sociali e in grado di condividere i successi altrui, piuttosto che vedere in essi una minaccia al proprio ego e all’affermazione della propria soggettività. Ciò che metodologicamente caratterizza le donne latinoamericane di questi anni è il costante riferimento a fatti sociali, reali e concreti dai quali hanno origine le condizioni di sfruttamento in diversi campi.
L'Osservatore Romano, 1° luglio 2015.