sabato 4 luglio 2015

RnS, l'abbraccio di un popolo ecumenico



di Mimmo Muolo
Oltre 30mila aderenti al Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), sfidando il caldo afoso di questi giorni, affollano lo stadio Olimpico di Roma per la 38ma convocazione nazionale. Provenienti da tutte le regioni italiane, ieri hanno ascoltato le parole di Papa Francesco in piazza san Pietro, il concerto ecumenico con Andrea Bocelli, Noa, Don Moen e Darlene Zschech e le testimonianze di numerosi delegati ecumenici, tra i quali, i cardinali Bagnasco, Sandri e Koch. Con loro esponenti di diverse chiese e denominazioni cristiane, anche orientali. Questa mattina il programma prevede preghiere, testimonianze e il saluto del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino. Nel pomeriggio l’adorazione eucaristica, la relazione finale a cura del presidente del RnS, Salvatore Martinez, e la Messa celebrata dal cardinale Angelo Comastri.

Vibra una nota di profonda commozione nella voce del Papa, quando al termine dell’incontro con il Rinnovamento nello Spirito, afferma: «Andate verso i poveri, i malati, i ciechi, i carcerati, sempre con la Bibbia in mano». Le sue parole si fanno invito, preghiera, quasi supplica: «Lasciatevi guidare dallo Spirito – dice ai 40mila riuniti in piazza San Pietro –, da questa corrente di grazia che sempre ci conduce verso l’unità». C’è invece un tono deciso, quando Francesco ricorda che «non ci sono incarichi a vita nella Chiesa», perché «l’unico insostituibile nella Chiesa è lo Spirito Santo e l’unico Signore è Gesù Cristo». E infine c’è la preoccupazione del padre che mette in guardia i suoi figli, quando dice «il diavolo entra sempre attraverso il portafoglio».

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Sono alcune delle indicazioni principali con Francesco pone il suggello sul primo momento della 38ª Convocazione nazionale che avrà un seguito oggi allo Stadio Olimpico. Ieri pomeriggio, venerdì, in una piazza san Pietro prima bruciata dal sole e poi lavata dalla pioggia scrosciante («Il Signore è buono – scherza il Papa – prima il caldo, poi una bella doccia), Bergoglio sceglie proprio il filo rosso dell’unità per annodare i diversi spunti di riflessione forniti ai membri di quello che, nota, «non è un movimento nel senso sociologico (non ha fondatori, infatti), ma un soffio rinnovato dello Spirito e una sfida per tutti noi».

Unità in senso ecumenico, innanzitutto. Nella preghiera che precede il discorso vero e proprio, Francesco ricorda: «La storia ci ha divisi. Gesù aiutaci ad andare sulla strada dell’unità o di questa diversità riconciliata. Tu che fai sempre quello che hai promesso, donaci l’unità». Quindi nel discorso sviluppa il suo pensiero e sottolinea che «il lavoro per l’unità dei cristiani deve partire dalla preghiera». Insieme. «Ma Padre – chiede usando l’ormai nota forma dialogica dei suoi interventi a braccio – posso pregare con un evangelico, con un ortodosso, un luterano? Non solo puoi, ma devi. Tutti noi – aggiunge – abbiamo ricevuto lo stesso Battesimo. Tu prega, lavora, ama e lo Spirito farà il resto».

L’accento si sposta poi dall’ecumenismo della preghiera a quello del sangue e infine a quello del servizio. «Se il nemico ci unisce nella morte, chi siamo noi per dividerci nella vita?». Le divisioni, anzi, «sono una controtestimonianza». Il Pontefice ricorda i 23 egiziani copti che sono stati sgozzati sulla spiaggia della Libia. «Non vi scandalizzate se dico che sono i nostri martiri», afferma. Perché di fronte al martirio non conta essere cattolici o di un’altra confessione cristiana. Quanto poi all’ecumenismo del servizio, Francesco annota: «Bisogna lavorare insieme per i poveri e i bisognosi, anche per i fratelli emarginati che vivono tante sofferenze». E qui fa riferimento alla testimonianza del 17enne Ugo Esposto (di cui parliamo a parte) che aveva ascoltato con commozione poco prima, insieme con quella del magistrato Vittorio Aliquò.

In un altro passaggio del suo discorso il Papa mette poi in guardia dalla «grande tentazione dei leader, anche se io preferisco il termine servitori – sottolinea –. Una tentazione che viene dal demonio, quella di credersi indispensabili per qualsiasi incarico. Il demonio li porta a voler comandare, così scivolano nel personalismo, nell’autoritarismo e fanno soffrire una comunità, limitano il bene». Perciò, raccomanda, «si deve mettere un tempo limitato agli incarichi, che sono servizi. Tutti i servizi nella Chiesa è conveniente che abbiano dei limiti». Il rischio, altrimenti, è quello di «passare da servitore a padrone», il che «fa cadere nella vanità. Quanti leader – ricorda il Papa – diventano pavoni, credono di poter fare qualsiasi cosa» e magari «scivolano negli affari, perché il diavolo sempre entra per il portafoglio». 

Francesco conclude quindi con una consegna e un appuntamento. «Vi incoraggio ad andare avanti, chiedo il vostro importante contributo in particolare per condividere nella Chiesa il Battesimo che abbiamo ricevuto». L’appuntamento è per la Pentecoste del 2017. «Se il Signore ci dà vita vi aspetto tutti qui in piazza San Pietro per il Giubileo d’oro del Movimento carismatico». C’è anche il tempo per aggiungere brividi di commozione grazie a Bocelli e Noa che cantano Amazing grace e per consegnare al Papa un dono speciale: l’occorrente per la celebrazione eucaristica per i tre Paesi (Bolivia, Ecuador, Paraguay) che visiterà a partire da domani . Tre completi diversi realizzati in ceramica ad opera di ex detenuti. Un modo per realizzare già l’invito ad andare verso i poveri

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RnS, l'abbraccio di un popolo ecumenico
di Luca Liverani
Una grande festa di fede e di ecumenismo. La trentottesima Convocazione del Rinnovamento nello Spirito Santo è partita ieri, nello scenario di piazza San Pietro, per un pomeriggio di preghiera con esponenti delle Chiese ortodosse e delle comunità evangeliche. In un clima gioioso - grazie alla musica di Noa e Andrea Bocelli - culminato con dell’arrivo di papa Francesco. Oggi la Convocazione si trasferisce allo Stadio Olimpico. 

Proprio allo Stadio, a giugno dell’anno scorso, Francesco aveva incontrato il Rinnovamento affidandogli un mandato 'ecumenico', di dialogo tra fratelli uniti dalla fede in Cristo. E il movimento ha voluto ricambiare la visita e mostrare al Papa i frutti di questo impegno, nello scenario del martirio di tantissimi cristiani in Medio Oriente. Ad aprire il raduno, che ha visto oltre 40 mila persone giunte da tutta Italia e dal-l’estero, è il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei.

Poi è la volta delle preghiere, pronunciate in coppia da cristiani di confessioni diverse. 

A cominciare è il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani: «Nella tua sequela molti cristiani vengono perseguitati e uccisi a causa della loro fede. Ti preghiamo di donare loro la forza e il coraggio necessari. E tocca il cuore di quegli uomini che perseguitano altri uomini affinché comprendano i propri torti e si convertano. Nel mondo odierno – sottolinea il cardinale Koch – cristiani vengono perseguitati non perché sono ortodossi, orientali, cattolici o protestanti, ma perché sono cristiani. Ti preghiamo affinché il sangue versato dai martiri di oggi ci faccia riconoscere che nel dono totale di sé ogni elemento di divisione può essere vinto e superato». Poi il saluto del vescovo siro-ortodosso Policarpo Eugenio Aydin: «I grani di incenso sono come i martiri: gettati nel fuoco, emanano il loro profumo proprio come il Signore che mediante la sua morte ha emanato il suo profumo di vita». 

È la volta del vescovo della diocesi copto-ortodossa di San Giorgio a Roma, Barnaba El Soryani: «I santi martiri hanno versato il loro sangue innocente come sacrificio rimanendo fedeli a Te. Il loro sangue è diventato il seme per l’unità dei cristiani. Ti chiediamo o Cristo di difendere la tua pace tra i cristiani sofferenti in tutto il mondo, specialmente in Siria, in Iraq, in Libano, in Egitto e nella Terra santa».

Con lui prega il reverendo anglicano David Moxon, rappresentante dell’arcivescovo di Canterbury presso la santa Sede. «Che il sangue dei tuoi martiri sia seme di nuovi cristiani». E poi ancora il vescovo luterano svedese Jonas Jonson, l’arcivescovo emerito di Baghdad dei Siri, Atanasio Matti Shaba Matoka, il pastore pentecostale Giovanni Traettino della Chiesa evangelica della riconciliazione. A chiudere le testimonianze ecumeniche c'è il cardinale argentino Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali: «L’uomo può trasformare il mondo in un giardino di fraternità o in un cumulo di macerie. Come non avere paura quando vediamo uomini fare a pezzi altri uomini, quando i martiri crescono ogni giorno e il freddo dell’indifferenza ci spinge a disinteressarci dei fratelli? Preghiamo per diventare strumenti della pace di Dio». 

Dopo le preghiere è il momento della musica. Quella di Noa, artista fortemente impegnata per il dialogo tra israeliani e palestinesi, che legge in italiano una lettera: «Caro papa Francesco, raramente il mondo ha visto un leader religioso come te, con le tue parole e azioni dai un significato nuovo all’unica frase che dà un senso alla vita: ama tuo fratello come te stesso. Desidero ringraziarti per l’esempio personale di umiltà, onestà, reali buone intenzioni. Grazie Santo Padre per la luce che diffondi di cui abbiamo disperatamente bisogno nell’oscurità che ci circonda ». Poi le note di «Shalom/Salam» e il duetto con Bocelli, che poi si esibisce nell’Ave Maria di Schubert. 

Dopo l’intervento del presidente del RnS Salvatore Martinez i colori delle bandiere di tutto il mondo sventolate sul sagrato e un volo di palloncini: uno, più grande, è verde e azzurro come il pianeta Terra. Le note dell’Osanna e di Viva Jesus el Senor annunciano l’arrivo di papa Francesco, che fa fermare l’auto per baciare un bambino disabile. E i 40mila del Rinnovamento cantano la loro gioia per essere nel posto giusto al momento giusto.

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Martinez qui c'è l'ecumenismo spirituale

di Alessia Guerrieri
C’è una gioia che il mondo non conosce, una gioia che «è già cielo in terra», «è vita nuova», anche correndo il rischio di essere scambiati «per una scuola di samba». È la gioia «che genera resurrezione, soprattutto tra gli ultimi». Questa è la testimonianza di ecumenismo spirituale che il popolo di Rinnovamento nello Spirito ha voluto portare ieri a papa Francesco in piazza San Pietro. «Una delle poche piazze al mondo – ricorda il presidente Salvatore Martinez nel suo saluto – in cui è ancora possibile confessare pubblicamente la propria fede» senza rischiare conseguenze. Poco prima, infatti, nel breve discorso iniziale aveva proprio ricordato i molti «peccati contro l’unità», le molte «ferite ancora da guarire» e i molti morti per fede «che aggiungono martiri». Per questo Martinez e i 40mila presenti ieri a Roma vedono l’urgenza dell’unità nella preghiera, «l’unità delle tre tradizioni cristiane» come «un’emergenza dinanzi ai drammi del mondo». Nuove vie di unità e pace da costruire cioè, perché la causa dell’ecumenismo del sangue e dell’ecumenismo spirituale «non rimangano inascoltate».


La piazza è calda e non solo per le temperature da record della Capitale in questi giorni. C’è infatti un fuoco che brucia nel cuore dei presenti, «è il fuoco dell’amore» che nemmeno grandi correnti d’acqua possono spegnere. Ad un anno dal primo incontro allo stadio Olimpico tra il pontefice e Rns, Martinez perciò prova a tirare le somme del percorso che il Papa un anno fa esortò ad intraprendere. L’esortazione all’ecumenismo spirituale è dimostrata dai tanti «amici e fratelli e padri presenti», ricorda Martinez, ringraziando i tanti rappresentanti impegnati per l’unità dei cristiani che hanno accettato l’invito. 


E in riferimento al cammino interno al movimento, che lo stesso Francesco aveva esortato, perseverando nel servizio all’annuncio del Vangelo, il presidente di Rns sottolinea l’impegno di tanti gruppi nella formazione e il servizio, «per attestare che la nostra non è una gioia disincarnata, evanescente, ma una gioia che genera resurrezione», soprattutto tra «i bambini della Moldova, le famiglie della Terra Santa, gli immigrati o i detenuti». Il Rinnovamento nello Spirito, infatti, è un popolo che cerca di camminare allo stesso passo «esigente e instancabile» del Papa, aggiunge Martinez, «senza vergogna nel Vangelo, moltiplicando gli sforzi per salvaguardare il bene grande della comunione ecclesiale» a partire dalla conversione pastorale in chiave missionaria sollecitata dal Pontefice. Perciò, in riferimento alla recente enciclica, «anche noi – ha concluso – vogliamo dire Laudato si’ per la Chiesa che si rinnova» e «per tutto il bene che ogni giorno sconfigge il male».

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Bagnasco: "La bellezza della fraternità dei cristiani"

«La sorgente di ogni unità è lo Spirito Santo». E «la nostra preghiera ecumenica sale potente al Cielo nel segno del nostro desiderio per l’unità dei cristiani». È il cardinale Angelo Bagnasco a dare il "La" alla trentottesima convocazione del Rinnovamento nello Spirito. Il movimento l’ha voluta organizzare in piazza San Pietro per ricambiare la visita che lo scorso anno Francesco aveva fatto loro durante l’analogo appuntamento all’Olimpico di Roma. Poco dopo le 16, in una piazza gremita nonostante il sole bollente, il presidente della Cei saluta il popolo del Rinnovamento, che ha portato al Papa le primizie di quel mandato ecumenico ricevuto proprio dal Papa dodici mesi fa.
«Carissimi amici, Gesù è il Signore. E noi abbiamo la gioia di essere qui, nella casa di Pietro, accanto a Papa Francesco – dice il cardinale Bagnasco – perché crediamo innanzitutto alla potenza della preghiera. È Gesù che ce l’assicura: dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sarò con loro, e tutto quello che chiederanno, lo otterranno». Il presidente della Cei afferma anche con forza «la necessità e la bellezza della fraternità dei cristiani. E la nostra preghiera ecumenica, così rafforzata da questa nostra presenza in questo luogo, sale potente al Cielo nel segno del nostro desiderio, della nostra passione per l’unità dei cristiani». Il cardinale Bagnasco sottolinea come «la sorgente di ogni vincolo, di ogni unità, di ogni comunione autentica, di ogni solidarietà cristiana e umana, di ogni amore è l’amore di Dio e l’amore di Cristo, lo Spirito Santo». Al popolo del Rinnovamento ricorda l’importanza di «invocare dallo Spirito Santo la sua forza, il dono della sua grazia, della sua presenza: facciamo nostre le parole del Signore che ci assicura nel santo Vangelo che ci darà qualunque cosa noi chiediamo. Ma innanzitutto ci dona e ci darà sempre il dono del suo Spirito». Uno «Spirito di luce per non perdere la strada della verità e della vita»; uno «Spirito di amore e di comunione, perché la sua presenza e il suo amore possano sciogliere ogni difficoltà, ogni ostacolo, ogni pregiudizio, ogni lontananza. E possa risplendere nel mondo, qui e ovunque – conclude Bagnasco –, la bellezza della comunione e della fraternità».


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Le testimonianze
Come la preghiera ha cambiato le nostre vite
Vittorio Aliquò diresse l’arresto del boss mafioso Riina 
«Preghiera e adorazione le armi più forti contro il male»

Durante l’incontro con il Papa ha portato la sua testimonianza Vittorio Aliquò, palermitano, sposato, padre e nonno. Per 48 anni, dal 1961 al 2009, Aliquò ha prestato servizio in magistratura. Collega e amico di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ha lavorato in «stretto contatto con quel famoso "pool antimafia" che poi fu decimato». «Diressi io, dopo essermi preparato in preghiera con mia moglie – ha continuato – l’arresto del più temuto boss di mafia Totò Riina». Per oltre 20 anni, ha aggiunto, «ho dovuto vivere scortato», un’esperienza che cambia la vita di una famiglia, che costringe a recarsi alla Messa «ogni volta in una chiesa diversa, senza potere fare un cammino comunitario. «Ma la cosa che maggiormente mi addolorava – ha aggiunto Aliquò – era dover rinunciare agli incontri di preghiera del Rinnovamento nello Spirito, a cui appartengo con mia moglie Giovanna fin dal 1975, tra i primissimi in Sicilia insieme all’indimenticabile padre Matteo La Grua. Ho imparato che niente più della preghiera e dell’adorazione combattono il male». Nella testimonianza del magistrato poi il ricordo del sangue innocente versato dai martiri di oggi, i tanti «colleghi magistrati uccisi, gli uomini delle scorte e delle forze dell’ordine, i funzionari, i politici, gli imprenditori, i giornalisti, la maggior parte conosciuti personalmente, e non ultimo, il beato don Pino Puglisi. «Se oggi gran parte delle strutture di mafia sono state fortemente indebolite, lo dobbiamo al loro coraggio e sacrificio». A partire dalla beatitudine "Beati i perseguitati per causa della giustizia" infine il richiamo alla fede in «in Colui che ha il potere di cambiare il lutto in gioia» e il rigraziamento al Papa per il continuo esortare a «combattere il male e a difendere il bene, facendo del comandamento dell’amore e del perdono la nostra vera ragione di vita. Grazie perché con Lei si ritrova la gioia di vivere».


Ugo, 17 anni: Gesù ha ridato speranza alla mia vita
costellata di dolori e abbandoni sin dall’infanzia

Una vita costellata di dolori e abbandoni: la partenza della madre drogata, la crescita affidata alla nonna, l’abbandono del padre e il suicidio del nonno. «Mi sembravano tante condanne che si erano abbattute su di me – racconta Ugo Esposto, 17 anni di Senigallia –. Da quel momento, per l’enorme dolore, scese dentro e fuori di me il silenzio. Mi adattai alla situazione sviluppando una completa sfiducia nelle persone che mi stavano accanto». E da «bambino diffidente» crescendo è diventato «un ragazzo solo». «Mia nonna si era impegnata per farmi ricevere i Sacramenti, che per me, tuttavia, non avevano alcun significato. Trascorrevo alcune ore della giornata in parrocchia per avere un luogo dove stare; non avevo alcuna voglia di studiare. Del resto nessuno mi controllava o si interessava di me», Poi un giorno «sento pregare e cantare ad alta voce ragazzini come me. Erano tanti, membri di un Gruppo del Rinnovamento nello Spirito denominato "Giardinetto di Maria" composto da soli bambini e ragazzi e dalle loro famiglie». Fu il punto di svolta, anche se non immediato. «Mi chiedevo continuamente che cosa avessero mai da sorridere e da star felici tutto quel tempo. Passavano le settimane e più m’incuriosivo. Vengo trascinato in uno di questi incontri, grazie all’insistenza di un giovane vice parroco arrivato da poco. Rimasi colpito dalla loro spontaneità, da come riuscissero a parlare con Dio, e allo stesso tempo mi domandavo come fosse possibile questa preghiera di grandi e piccoli insieme. Per me era inconcepibile». Ma il cammino è proseguito e lo ha coinvolto. «Se Gesù ha ridato speranza alla mia vita – ha concluso Ugo –, allora può donarla a tutti i ragazzi come me! E così non smetto di evangelizzare, a scuola come negli ambienti in cui mi trovo»
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