martedì 4 ottobre 2011

Vita seconda di san Francesco - Parte Prima (Tommaso da Celano)


PROLOGO

NEL NOME DEL SIGNORE NOSTRO GESÙ CRISTO. AMEN

AL MINISTRO GENERALE

DELL’ORDINE DEI FRATI MINORI

1. La venerata assemblea dell’ultimo Capitolo generale e vostra Paternità reverendissima, assistiti da Dio, hanno creduto bene di ordinare a noi, per quanto incapaci, di scrivere i fatti e persino le parole del glorioso nostro padre Francesco, a conforto dei presenti ed a memoria dei posteri. Noi l’abbiamo potuto conoscere meglio degli altri per lunga esperienza, frutto di assidua comunione di vita e di scambievole familiarità. Perciò ci siamo affrettati ad obbedire con umile devozione, perché non possiamo in alcun modo trasgredire questi ordini santi.

Ma, ad un esame più attento delle nostre deboli forze, abbiamo giusto timore che una materia di tanta importanza, se non viene esposta come merita, per colpa nostra, possa dispiacere agli altri. Temiamo infatti che questo cibo gustosissimo diventi insipido per l’incapacità di chi lo prepara, e che il nostro tentativo possa essere imputato più a presunzione che ad obbedienza.

Se fosse soltanto la vostra benevolenza, o beato padre, a giudicare il frutto di un così notevole impegno, e non fosse destinato al pubblico, accoglieremmo con animo gratissimo ogni suggerimento di rettifica oppure la gioia dell’approvazione. Infatti, chi in tanta varietà di parole e di fatti potrebbe soppesare ogni cosa con bilancia di precisione, in modo che risultino tutti concordi sui singoli punti quanti ne vengono a conoscenza?

Ma, poiché desideriamo sinceramente il bene di tutti e di ciascuno, preghiamo i lettori a voler giudicare con benevolenza, e a compatire o a supplire la semplicità di chi riferisce i fatti, in modo che la stima dovuta alla persona di cui parliamo rimanga sempre intatta.

La nostra memoria di persone incolte, resa labile dal correre del tempo, non è in grado di ritrarre esattamente i voli di parole sublimi né le meraviglie delle sue azioni: a fatica le potrebbe afferrare una mente pronta ed esercitata, anche se accadessero in quel momento. Pertanto l’autorità di chi ce lo ha ordinato ripetutamente, valga a scusare presso tutti i difetti dovuti alla nostra incapacità.

2. Questo libro contiene anzitutto alcuni episodi meravigliosi relativi alla conversione di Francesco, che non sono stati inseriti nelle Vite già composte, perché non erano stati portati a conoscenza dell’autore.

Vogliamo inoltre esporre e mettere in luce, con attenzione e precisione, ciò che il santissimo padre Francesco ha voluto per sé ed i suoi – il suo ideale generoso, amabile, perfetto – in ogni esercizio della scienza celeste, e alla ricerca amorosa della più alta perfezione: ciò che fu sempre oggetto delle sue effusioni sante davanti a Dio e dei suoi esempi davanti agli uomini. Abbiamo inserito, qua e là, alcuni miracoli secondo l’opportunità. Infine, scriviamo quanto ci riporta la memoria con stile semplice e dimesso, desiderosi di andare incontro a chi è meno agile di mente, ed anche, se possibile, di piacere ai dotti.

Vi preghiamo dunque, benignissimo padre, di volere consacrare con la vostra benedizione questi doni, piccoli ma non indifferenti, del nostro lavoro, frutto di non poche e laboriose ricerche; come pure di correggere gli errori e togliere il superfluo, in modo che quanto, a vostro autorevole giudizio, sarà riconosciuto esatto, col vostro nome, veramente Crescenzio, cresca ovunque e si moltiplichi in Cristo. Amen.

QUI FINISCE IL PROLOGO


PARTE PRIMA

INCOMINCIA IL

«MEMORIALE NEL DESIDERIO DELL’ANIMA»

DELLE AZIONI E DELLE PAROLE

DEL SANTISSIMO NOSTRO PADRE FRANCESCO

LA SUA CONVERSIONE

CAPITOLO I

PRIMA VIENE CHIAMATO GIOVANNI, POI FRANCESCO.

PROFEZIE DELLA MADRE E PREDIZIONI

DI LUI STESSO A SUO RIGUARDO.

SUA PAZIENZA NELLA PRIGIONIA

3. Il servo e amico dell’Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione. La madre lo aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo dall’acqua e dallo Spirito Santo, da figlio d’ira era divenuto figlio della grazia.

Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico. Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata: «Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio».

In realtà, era questa l’opinione anche di altri, che apprezzavano Francesco, già grandicello, per alcune sue inclinazioni molto buone. Allontanava da sé tutto ciò che potesse suonare offesa a qualcuno e, crescendo con animo gentile, non sembrava figlio di quelli che erano detti suoi genitori.

Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio. Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell’animo un segno di arcana potenza.

Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di Ordini religiosi. È una coincidenza degna di essere sottolineata.

4. Giovanni profetò chiuso ancora nel segreto dell’utero materno, Francesco predisse il futuro da un carcere terreno, ignaro ancora del piano divino.

Si combatteva tra Perugia ed Assisi. In uno scontro sanguinoso Francesco fu fatto prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere. Ma, mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e irride le catene. Afflitti come sono, lo rimproverano di essere pieno di gioia anche nel carcere, e lo giudicano svanito e pazzo. Ma Francesco risponde con tono profetico: «Di cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò venerato come santo in tutto il mondo». In realtà è così: si è avverato completamente ciò che ha predetto.

Vi era tra i compagni di prigionia un cavaliere superbo, un caratteraccio insopportabile. Tutti cercano di emarginarlo, ma la pazienza di Francesco non si spezza: a furia di sopportare quell’intrattabile, ristabilisce la pace fra tutti. Era un animo capace di ogni grazia e, fino da allora, come vaso eletto di virtù, esalava attorno i suoi carismi.

CAPITOLO II

RIVESTE UN CAVALIERE POVERO, ED ANCORA SECOLARE

HA UNA VISIONE RELATIVA ALLA SUA VOCAZIONE

5. Fu liberato dalla prigione poco tempo dopo e divenne più compassionevole con i bisognosi. Propose anzi di non respingere nessun povero, chiunque fosse e gli chiedesse per amor di Dio.

Un giorno incontrò un cavaliere povero e quasi nudo: mosso a compassione, gli cedette generosamente, per amor di Cristo, le proprie vesti ben curate, che indossava.

È stato, forse, da meno il suo gesto di quello del santissimo Martino? Eguali sono stati il fatto e la generosità, solo il modo è diverso: Francesco dona le vesti prima del resto quello invece le dà alla fine, dopo aver rinunciato a tutto. Ambedue sono vissuti poveri ed umili in questo mondo e sono entrati ricchi in cielo. Quello, cavaliere ma povero, rivestì un povero con parte della sua veste, questi, non cavaliere ma ricco, rivestì un cavaliere povero con la sua veste intera. Ambedue, per aver adempiuto il comando di Cristo, hanno meritato di essere, in visione, visitati da Cristo, che lodò l’uno per la perfezione raggiunta e invitò l’altro, con grandissima bontà, a compiere in se stesso quanto ancora gli mancava.

6. Infatti, subito dopo, gli appare in visione uno splendido palazzo, in cui scorge armi di ogni specie ed una bellissima sposa. Nel sonno, Francesco si sente chiamare per nome e lusingare con la promessa di tutti quei beni. Allora, tenta di arruolarsi per la Puglia e fa ricchi preparativi nella speranza di essere presto insignito del grado di cavaliere. Il suo spirito mondano gli suggeriva una interpretazione mondana della visione, mentre ben più nobile era quella nascosta nei tesori della sapienza di Dio.

E infatti un’altra notte, mentre dorme, sente di nuovo una voce, che gli chiede premurosa dove intenda recarsi. Francesco espone il suo proposito, e dice di volersi recare in Puglia per combattere. Ma la voce insiste e gli domanda chi ritiene possa essergli più utile, il servo o il padrone.

«Il padrone», risponde Francesco.

«E allora – riprende la voce – perché cerchi il servo in luogo del padrone?».

E Francesco: «Cosa vuoi che io faccia, o Signore?».

«Ritorna – gli risponde il Signore – alla tua terra natale, perché per opera mia si adempirà spiritualmente la tua visione». Ritornò senza indugio, fatto ormai modello di obbedienza e trasformato col rinnegamento della sua volontà da Saulo in Paolo. Quello venne gettato a terra e sotto i duri colpi disse parole soavi, Francesco invece mutò le armi mondane in quelle spirituali, ed in luogo della gloria militare ricevette una investitura divina. Così a quanti – ed erano molti – si stupivano della sua letizia inconsueta, rispondeva che sarebbe divenuto un gran principe.

CAPITOLO III

UNA COMPAGNIA DI GIOVANI

LO ELEGGE SUO SIGNORE PER UN BANCHETTO.

SUA TRASFORMAZIONE

7. Cominciò a trasformarsi in uomo perfetto, del tutto diverso da quello di prima. Ma, ritornato a casa, i figli di Babilonia ripresero a seguirlo, e sebbene contro sua volontà, lo trascinarono su una strada ben diversa da quella che egli intendeva percorrere. La compagnia dei giovani di Assisi, che un tempo lo avevano avuto guida della loro spensieratezza cominciò di nuovo a invitarlo ai banchetti, nei quali si indulge sempre alla licenza ed alla scurrilità. Lo elessero re della festa, perché sapevano per esperienza che, nella sua generosità, avrebbe saldato le spese per tutti. Si fecero suoi sudditi per sfamarsi ed accettarono di ubbidire, pur di saziarsi. Francesco non rifiutò l’onore offertogli, per non essere bollato come avaro, e pur continuando nelle sue devote meditazioni, non dimenticò la cortesia. Preparò un sontuoso banchetto con abbondanza di cibi squisiti: quando furono pieni sino al vomito, si riversarono nelle piazze della città insudiciandole con le loro canzoni da ubriachi.

Francesco li seguiva, tenendo in mano come signore lo scettro. Ma poiché da tempo con tutto l’animo si era reso completamente sordo a quelle voci e cantava in cuor suo al Signore, se ne distaccò a poco a poco anche col corpo. Allora, come riferì egli stesso, fu inondato di tanta dolcezza divina, da non potersi assolutamente muovere né parlare. Lo pervase un tale sentimento interiore che trascinava il suo spirito alle cose invisibili, facendogli giudicare di nessuna importanza, assolutamente frivola ogni cosa terrena.

Veramente stupenda è la bontà del Signore, che elargisce magnifici doni a chi compie le più umili azioni; che salva e fa progredire, anche nei gorghi dell’inondazione, ciò che gli appartiene. Cristo infatti nutrì con pani e pesci le folle, non rifiutò ai peccatori la sua mensa. Quando lo richiesero come re, fuggì e salì sul monte a pregare.

Sono misteri di Dio questi, che Francesco asseconda ed anche a sua insaputa è portato alla sapienza perfetta.

CAPITOLO IV

VESTITO DA POVERO, MANGIA CON I POVERI

DAVANTI ALLA CHIESA DI SAN PIETRO

E LA SUA OFFERTA

8. Fino da allora dimostrava di amare intensamente i poveri e questi inizi lodevoli lasciavano prevedere cosa sarebbe stato, una volta giunto a perfezione. Spesso si spogliava per rivestire i poveri, ai quali cercava di rendersi simile, se non ancora a fatti almeno con tutto l’animo. Si recò una volta in pellegrinaggio a Roma, e, deposti, per amore di povertà, i suoi abiti fini, si ricoprì con gli stracci di un povero. Si sedette quindi pieno di gioia tra i poveri, che sostavano numerosi nell’atrio, davanti alla chiesa di San Pietro e, ritenendosi uno di essi, mangiò con loro avidamente. Avrebbe ripetuto più e più volte azioni simili, se non gli avessero incusso vergogna i conoscenti. Si accostò poi all’altare del Principe degli Apostoli e, stupito delle misere offerte dei pellegrini, gettò là denaro a piene mani. Voleva, con questo gesto, indicare che tutti devono onorare in particolare modo colui che Dio stesso ha onorato al di sopra degli altri.

Spesso, anche ai sacerdoti poverelli donava arredi sacri e rendeva a tutti, pur di infimo grado, il debito onore. Ed è chiaro: aderendo in modo totale alla fede cattolica e destinato ad assumere la missione apostolica, fu, sin dal principio, pieno di riverenza per i ministeri sacri e i ministri di Dio.

CAPITOLO V

MENTRE È IN PREGHIERA,

IL DEMONIO GLI MOSTRA UNA DONNA

E QUALE FU LA RISPOSTA DEL SIGNORE.

IL SUO COMPORTAMENTO CON I LEBBROSI

9. Così facendo, Francesco, benché ancora in abito secolare, aveva già un animo religioso. Lasciava i luoghi pubblici e frequentati, desideroso della solitudine, e qui, spessissimo era ammaestrato dalla visita dello Spirito Santo. Era infatti strappato via e attratto da quella sovrana dolcezza che lo pervase fin da principio in un modo così pieno, da non lasciarlo più finché visse.

Ma, mentre frequentava luoghi appartati, ritenendoli adatti alla preghiera, il diavolo tentò di allontanarlo con una astuzia maligna. Gli raffigurò nel cuore una donna, sua concittadina, mostruosamente gibbosa: aveva un tale aspetto da suscitare orrore a tutti. E lo minacciò di renderlo uguale se non la piantava coi suoi propositi. Ma, confortato dal Signore, ebbe la gioia di una risposta piena di grazia e di salvezza: «Francesco, – gli disse Dio in spirito – lascia ormai i piaceri mondani e vani per quelli spirituali, preferisci le cose amare alle dolci e disprezza te stesso, se vuoi conoscermi. Perché gusterai ciò che ti dico, anche se l’ordine è capovolto». Subito, si sentì come indotto a seguire il comando del Signore e spinto a farne la prova.

Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma, ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande fastidio e ribrezzo; ma per non venire meno alla fedeltà promessa, come trasgredendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo. E il lebbroso, che gli aveva steso la mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contemporaneamente denaro e un bacio. Subito risalì a cavallo, guardò qua e là - la campagna era aperta e libera tutt’attorno da ostacoli -, ma non vide più il lebbroso. Pieno di gioia e di ammirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la mano e la bocca.

Così preferiva le cose amare alle dolci, e si preparava virilmente a mantenere gli altri propositi.

CAPITOLO VI

UNA IMMAGINE DEL CROCIFISSO GLI PARLA

ED EGLI LE RENDE ONORE

10. Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso – cosa da sempre inaudita!l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra, «Francesco, – gli dice chiamandolo per nome - va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito. Ma, a dir vero, poiché neppure lui riuscì mai ad esprimere la ineffabile trasformazione che percepì in se stesso, conviene anche a noi coprirla con un velo di silenzio.

Da quel momento si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore.

11. Cosa meravigliosa, mai udita! chi non è colpito da meraviglia? E chi, o quando mai ha udito qualcosa di simile? Nessuno potrà dubitare che Francesco, prossimo a tornare alla sua patria, sia apparso realmente crocifisso, visto che con nuovo e incredibile miracolo Cristo gli ha parlato dal legno della Croce, quando – almeno all’esterno – non aveva ancora del tutto rinunciato al mondo! Da quel momento, appena gli giunsero le parole del Diletto il suo animo venne meno. Più tardi, l’amore del cuore si rese palese mediante le piaghe del corpo.

Inoltre, da allora, non riesce più a trattenere le lacrime e piange anche ad alta voce la passione di Cristo, che gli sta sempre davanti agli occhi. Riempie di gemiti le vie, rifiutando di essere consolato al ricordo delle piaghe di Cristo. Incontrò un giorno, un suo intimo amico, ed avendogli manifestato la causa del dolore, subito anche questi proruppe in lacrime amare.

Intanto si prese cura di quella immagine, e si accinse, con ogni diligenza, ad eseguirne il comando. Subito offrì denaro ad un sacerdote, perché provvedesse una lampada e l’olio, e la sacra immagine non rimanesse priva, neppure per un istante, dell’onore, doveroso, di un lume. Poi, si dedicò con impegno al resto, lavorando con intenso zelo a riparare la chiesa. Perché, quantunque il comando del Signore si riferisse alla Chiesa acquistata da Cristo col proprio sangue, non volle di colpo giungere alla perfezione dell’opera, ma passare a grado a grado dalla carne allo spirito.

CAPITOLO VII

LA PERSECUZIONE DEL PADRE E DEL FRATELLO

12. Quando il padre lo vide perseverare nelle opere di bontà, cominciò a perseguitarlo ed a straziarlo, ovunque lo incontrasse, con maledizioni. Allora il servo di Dio chiamò un uomo di umile condizione e semplice assai, e lo pregò che, facendo le veci del padre, quando questi moltiplicava le sue maledizioni egli di rimando lo benedicesse. Così tradusse in pratica e dimostrò con i fatti cosa significhi la parola del Salmista: Essi malediranno e tu benedirai.

Dietro consiglio del vescovo della città, uomo molto pio che non riteneva giusto utilizzare per usi sacri denaro di male acquisto, l’uomo di Dio restituì al padre la somma, che voleva spendere per il restauro della chiesa. E davanti a molti che si erano lì riuniti e in ascolto: «D’ora in poi, – esclamò – potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei nei cieli, non padre Pietro di Bernardone. Ecco, non solo gli restituisco il denaro, ma gli rendo pure tutte le vesti. Così, andrò nudo incontro al Signore».

O anima nobile di un uomo, al quale ormai basta solo Cristo! Si accorsero allora che l’uomo di Dio, sotto le vesti portava il cilizio, gioioso non tanto di apparire quanto di essere virtuoso.

Anche il fratello, seguendo l’esempio del padre, lo investiva con parole velenose. Un mattino, d’inverno, vide Francesco intento a pregare, coperto di poveri cenci e tutto tremante di freddo. E rivolto, quel perverso, ad un concittadino, gli disse: «Di’a Francesco che ti venda un soldo di sudore». «Lo venderò sì, io, a ben caro prezzo al mio Signore», rispose molto allegro e sorridente l’uomo di Dio, che l’aveva udito.

Niente di più vero! Perché ha guadagnato in questo mondo non solo cento, ma mille volte tanto, e nell’altro ha ottenuto per sé e per molti la vita eterna.

CAPITOLO VIII

SUPERA LA VERGOGNA E PROFETIZZA

A RIGUARDO DELLE POVERE VERGINI

13. Da allora si adopera a trasformare il suo tenore di vita, rendendolo, da raffinato austero e a riportare alla bontà naturale il suo corpo un po’infrollito.

Un giorno andava per le vie d’Assisi mendicando olio per le lampade di San Damiano, la chiesa che stava allora riparando. Sul punto di entrare in una casa, vedendo davanti alla porta un gruppo di amici che giocava, rosso di vergogna, si ritirò. Ma, volgendo il suo nobile spirito al cielo si rinfacciò tanta viltà e divenne giudice severo di se stesso. All’istante, ritorna alla casa e, dopo aver esposto con voce sicura a tutti il motivo della sua vergogna, quasi inebriato di spirito, chiede in lingua francese l’olio di cui ha bisogno e l’ottiene.

Animava tutti, con grande zelo, a restaurare quella chiesa, e sempre parlando in francese predisse chiaramente, davanti a tutti, che lì accanto sarebbe sorto un monastero di vergini consacrate a Cristo. Del resto, ogni volta che era pieno dell’ardore dello Spirito Santo, parlava in lingua francese per esprimere il calore esuberante del suo cuore, quasi prevedendo che sarebbe stato venerato da quel popolo con particolare onore e devozione.

CAPITOLO IX

CERCA DI PORTA IN PORTA LA CARITA’

14. Da quando iniziò a servire al Signore di tutti, amò sempre di fare le cose comuni, evitando ovunque la singolarità, sentina di tutti i vizi. Mentre attendeva con grande impegno a riparare la chiesa, come Cristo gli aveva ordinato, era passato da una vita contrassegnata dalla delicatezza ad una di sacrificio e dedita al lavoro. Il sacerdote, che curava la chiesa, vedendolo stremato dall’assidua fatica, commosso, cominciò a passargli ogni giorno qualcosa del suo vitto, anche se non molto saporito, perché era povero. Ma Francesco, pur comprendendo ed apprezzando la delicata bontà del sacerdote disse a se stesso: «Non troverai sempre questo sacerdote che ti somministri tali cibi. Né è bene assuefarti a questo tenore di vita: ritorneresti gradatamente a ciò che hai disprezzato, per finire di nuovo nella mollezza. Levati dunque, presto, e chiedi di porta in porta un po’di companatico». Così, se ne andò per Assisi, chiedendo di porta in porta qualche cibo cotto. Quando vide la scodella piena dei più diversi rimasugli, da prima sentì un brivido di orrore; ma, poi, ricordatosi del Signore, vinse se stesso e mangiò quel guazzabuglio con gaudio dello spirito. Tutto lenisce l’amore e rende assolutamente dolce ciò che è amaro.

CAPITOLO X

FRATE BERNARDO RINUNCIA AI SUOI BENI

15. Bernardo, un cittadino di Assisi, che poi divenne figlio di perfezione, volendo seguire il servo di Dio nel disprezzo totale del mondo, lo scongiurò umilmente di dargli il suo consiglio. Gli espose dunque il suo caso: «Padre, se uno dopo avere a lungo goduto dei beni di qualche signore, non li volesse più tenere, cosa dovrebbe farne, per agire nel modo più perfetto?». Rispose l’uomo di Dio: «Deve restituirli tutti al padrone, da cui li ha ricevuti». E Bernardo: «So che quanto possiedo mi è stato dato da Dio e, se tu me lo consigli, sono pronto a restituirgli tutto». Replicò il Santo: «Se vuoi comprovare coi fatti quanto dici, appena sarà giorno, entriamo in chiesa prendiamo il libro del Vangelo e chiediamo consiglio a Cristo».

Venuto il mattino, entrano in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro. Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole: Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto possiedi e dallo ai poveri. Ripetono il gesto, e si presenta il passo: Non prendete nulla per il viaggio. Ancora una terza volta, e leggono: Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso. Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota. Molti altri, in breve tempo, si liberarono dalle mordacissime cure del mondo e, sotto la guida di Francesco, ritornarono all’infinito bene nella patria vera. Ma sarebbe troppo lungo dire come ciascuno abbia raggiunto il premio della chiamata divina.

CAPITOLO XI

LA PARABOLA CHE EGLI RACCONTÃ’ AL SIGNOR PAPA

16. Quando si presentò con i compagni a papa Innocenzo per chiedergli l’approvazione della sua regola di vita, questi giudicò l’ideale che si era prefisso superiore alle forze umane. Ma, da uomo prudentissimo com’era, gli disse: «Prega, figlio mio, Cristo perché ci manifesti, per mezzo tuo, la sua volontà e, una volta conosciutala, possiamo acconsentire con più sicurezza ai tuoi pii desideri».

Il Santo obbedì al comando del sommo Pastore e ricorse con tutta fiducia a Cristo. Pregò con insistenza ed esortò pure i compagni a supplicare devotamente Dio. In breve, mentre pregava ottenne la risposta e comunicò ai figli novità salutari. Vennero così a sapere che Cristo gli aveva detto familiarmente, in parabola: «Francesco, dirai al Papa così: – Viveva in un deserto una donna povera, ma molto bella. Un re se ne innamorò per il suo incantevole aspetto, strinse relazione con lei gioiosamente e ne ebbe figli bellissimi. Una volta adulti ed educati nobilmente, la madre disse loro: “Non vergognatevi, o miei diletti, per il fatto di essere poveri, perché siete tutti figli di quel grande re. Andate dunque gioiosi alla sua corte e chiedetegli quanto vi occorre”. Meravigliati e lieti a quelle parole, animati dall’assicurazione di essere di stirpe reale e futuri eredi, stimarono ricchezza la loro estrema povertà, e si presentarono al re con fiducia e senza paura, perché nel volto riproducevano il suo volto. Vedendo che gli rassomigliavano, il re chiese, meravigliato di chi fossero figli. Ed avendogli risposto che erano figli di quella donna povera e sola nel deserto, li abbracciò: “Siete figli miei ed eredi; non abbiate timore; perché, se alla mia mensa si nutrono estranei, è certamente più giusto che si nutrano quelli che hanno diritto a tutta l’eredità”. Ordinò poi alla donna di mandare alla sua corte tutti i figli generati da lui, perché vi fossero allevati». Il Santo, traboccante di gioia a motivo della parabola, riferì subito al Papa il solenne oracolo.

17. La donna simboleggia Francesco, non per la mollezza della condotta, ma per i numerosi suoi figli. Il deserto è il mondo, allora incolto e sterile di virtù. L’abbondante e splendida figliolanza è il copioso numero di frati, ricchi di ogni virtù. Il re: il Figlio di Dio e a lui corrispondono nell’aspetto, somiglianti per la santa povertà, quelli, che, messo da parte ogni rossore, si sfamano alla mensa del re: contenti della imitazione di Cristo, vivendo di elemosina, pur attraverso il disprezzo del mondo, sanno che un giorno saranno felici.

Il Papa ascoltò con meraviglia la parabola e riconobbe senza incertezze che Cristo aveva parlato in quell’uomo. Si ricordò di un sogno fatto pochi giorni prima e illuminato dallo Spirito Santo, affermò che si sarebbe realizzato proprio in lui. Aveva sognato infatti che la Basilica del Laterano stava per crollare e che un religioso, piccolo e spregevole, la puntellava con le sue spalle, perché non cadesse. «Ecco, pensò: questi è colui che con l’azione e la parola sosterrà la Chiesa di Cristo».

È questo il motivo, per cui il signor Papa assecondò con tanta facilità la sua domanda e, da quel momento, anima veramente piena di Dio, amò sempre il servo di Cristo con particolare benevolenza. Esaudì subito le richieste, e promise amabilmente che avrebbe aggiunto più importanti concessioni.

Francesco, allora, usando della facoltà concessagli, cominciò a spargere semi di virtù, predicando con maggior fervore tutt’attorno, per città e villaggi.

SANTA MARIA DELLA PORZIUNCOLA

CAPITOLO XII

L’AMORE DEL SANTO

E DELLA BEATA VERGINE PER QUESTO LUOGO.

COME I FRATI VI ABITAVANO

18. Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi una piccola porzione di mondo: altrimenti, senza usare nulla di questo mondo, non avrebbe potuto servire Cristo. E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra.

Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre, che, per la sua particolare umiltà,. meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi. Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e s’innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su fondamento solido, la loro nobile costruzione Il Santo amò questo luogo più di ogni altro, e comandò ai frati di venerarlo con particolare devozione. Volle che fosse sempre custodito come specchio dell’Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone per sé ed i suoi soltanto l’uso.

19. Vi era osservata in tutto una rigidissima disciplina: nel silenzio e nel lavoro, come pure in tutti gli altri ordinamenti della vita regolare. Nessun frate poteva entrarvi liberamente, se non quelli espressamente incaricati: raccolti qui da ogni parte, il Santo li voleva esempio di devozione a Dio e perfetti in tutto. Era assolutamente vietato l’accesso ad ogni secolare. Non voleva che i frati che qui abitavano – in numero ristretto – fossero solleticati dal prurito di notizie mondane e, interrompendo la contemplazione dei beni celesti, fossero trascinati dai cicaloni ad occuparsi delle cose terrene. Non era permesso ad alcuno dire, in questo luogo, parole oziose, né riferire quelle dette da altri. Se uno, a volte, mancava in questo, veniva messo in guardia a non ripeterlo mai più da un castigo salutare. I frati che vi dimoravano, erano impegnati giorno e notte nelle lodi divine, e conducevano una vita angelica, fragrante di soave odore.

E giustamente. Perché il luogo, a detta degli antichi abitanti, era chiamato, con altro nome, Santa Maria degli Angeli. Il Padre diceva di sapere per divina rivelazione che la beata Vergine, fra tutte le chiese innalzate a suo onore, amava quella con particolare predilezione; e perciò il Santo la preferiva a tutte le altre.

CAPITOLO XIII

UNA VISIONE

20. Un santo frate, prima della sua conversione, aveva avuto, a proposito di Santa Maria degli Angeli una visione degna di essere riferita. Stava osservando innumerevoli uomini, che con gli occhi dolorosamente spenti e la faccia rivolta al cielo, erano inginocchiati attorno alla detta chiesa. Tutti, con voce di pianto e le mani protese in alto, gridavano a Dio, chiedendo luce e misericordia. Ed ecco, scese dal cielo uno splendore, che irradiandosi su tutti, donò a ciascuno la luce e la salvezza desiderata.

TENORE DI VITA DI SAN FRANCESCO E DEI FRATI

CAPITOLO XIV

IL RIGORE DELLA DISCIPLINA

21. Il coraggioso soldato di Cristo non aveva mai alcun riguardo per il suo corpo e lo esponeva, come non suo, a tutte le asprezze sia di fatti che di parole. Chi volesse enumerare ciò che ha patito, supererebbe l’elenco dello scritto apostolico, nel quale vengono narrate le sofferenze dei Santi. E, allo stesso modo, anche i suoi primi discepoli, senza eccezione, si sottoponevano a tutti i disagi, cosi da ritenere addirittura peccato l’aspirare ad altro che alle consolazioni spirituali. Indossavano, come fosse un vestito, corsaletti e cinture di ferro, e sarebbero venuti meno, spossati dalle veglie e dai lunghi digiuni, se non avessero attenuato tanto rigore dietro assiduo ammonimento dell’accorto pastore.

CAPITOLO XV

DISCREZIONE DI SAN FRANCESCO

22. Una notte, una di quelle pecorelle, mentre le altre dormivano, si mise a gridare: «Muoio, fratelli, ecco, muoio di fame!». Il saggio pastore si alzò immediatamente e si affrettò a portare l’aiuto opportuno alla pecorella infermiccia. Ordinò di preparare la mensa, anche se con cibi alla buona, dove l’acqua, come il più delle volte, suppliva alla mancanza di vino. Proprio lui cominciò a mangiare per primo ed invitò a quel dovere di carità gli altri frati, perché il poverino non avesse ad arrossire.

Preso il cibo col timore del Signore, affinché fosse completo l’atto di carità, il Padre tenne ai figli un lungo discorso sulla virtù della discrezione. Prescrisse di offrire sempre a Dio un sacrificio condito di prudenza, ammonendoli accortamente di tener conto, nel servizio divino, delle proprie forze. Perché, diceva, è come peccare il sottrarre senza discrezione al corpo il necessario, come pure dargli il superfluo, sotto la spinta della gola. Poi soggiunse: «Carissimi, ciò che ho fatto mangiando, sappiate che è stato fatto non per bramosia, ma per doverosa attenzione e perché me lo ha imposto la carità fraterna. La carità vi sia di esempio, non il cibo, perché questo soddisfa la gola, quella invece lo spirito».

CAPITOLO XVI

LA SUA CONOSCENZA DEL FUTURO

E COME AFFIDÃ’ L’ORDINE ALLA CHIESA ROMANA.

UNA VISIONE

23. Il padre santo progrediva continuamente in meriti e virtù. E poiché la sua prole cresceva ovunque in numero e grazia ed estendeva sino ai confini della terra i suoi tralci, ricchi a meraviglia di frutti ubertosi, cominciò a riflettere sempre più spesso, preoccupato come la giovane pianta potesse conservarsi e crescere stretta nel vincolo della unità.

Vedeva, già allora, che molti, come lupi, infierivano contro il piccolo gregge, – vecchi incalliti nel male –, spinti a nuocere unicamente dalla novità.

Prevedeva pure che tra gli stessi figli potevano sorgere difficoltà a danno della pace e dell’unità, e lo turbava il pensiero che, come spesso avviene tra gli eletti, vi sarebbero stati alcuni inorgogliti nella loro mentalità carnale, pronti alle contese e facili allo scandalo.

24. Mentre rivolgeva questi e simili pensieri nella sua mente, una notte, nel sonno, ebbe questa visione. Vide una gallina piccola e nera, simile ad una colomba domestica, con zampe e piedi rivestiti di piume. Aveva moltissimi pulcini, che per quanto si aggirassero attorno a lei, non riuscivano a raccogliersi tutti sotto le sue ali. Quando si svegliò, l’uomo di Dio, e riprese i suoi pensieri, spiegò personalmente la visione. «La gallina, commentò, sono io, piccolo di statura e di carnagione scura, e debbo unire alla innocenza della vita una semplicità di colomba: virtù, che quanto è più rara nel mondo, tanto più speditamente si alza al cielo. I pulcini sono i frati, cresciuti in numero e grazia, che la forza di Francesco non riesce a proteggere dal turbamento degli uomini e dagli attacchi delle lingue maligne».

«Andrò dunque, e li raccomanderò alla santa Chiesa Romana: in tale modo i malevoli saranno colpiti dalla verga della sua potenza e i figli di Dio, ovunque, godranno di piena libertà, a maggior beneficio della salvezza eterna. Da questo i figli riconosceranno le tenere premure della madre e ne seguiranno, con particolare devozione, le orme venerande. La sua protezione difenderà l’Ordine dagli attacchi dei maligni, e il figlio di Belial non passerà impunemente per la vigna del Signore. Persino lei, che è santa, emulerà la gloria della nostra povertà e non permetterà che il torbido della superbia possa offuscare i grandi pregi dell’umiltà. Conserverà illesi tra di noi i vincoli della carità e della pace, colpendo con rigore e severità chi è causa di discordia.

Alla sua presenza fiorirà sempre la santa osservanza della purezza evangelica e non consentirà che svanisca neppure per un istante il buon odore della vita».

Fu questa la vera e unica intenzione che ebbe il Santo nel volere tale raccomandazione, e questi gli argomenti santissimi della prescienza dell’uomo di Dio riguardo alla necessità di affidarsi alla Chiesa per il tempo futuro.

CAPITOLO XVII

CHIEDE IL SIGNORE D’OSTIA

COME SOSTITUTO DEL PAPA

25. Si portò dunque a Roma, dove il signor papa Onorio e tutti i Cardinali lo accolsero con grande devozione. Ed a ragione, perché si ripercuoteva visibilmente nella sua vita e nelle parole il profumo della sua fama, e non era quindi possibile non venerarlo. Predicò davanti al Papa ed ai Cardinali con animo franco e pieno di ardore, attingendo dalla pienezza del cuore, come gli suggeriva lo Spirito. Alla sua parola si commossero quelle altezze e, traendo profondi sospiri dall’intimo, lavarono con lacrime l’uomo interiore.

Terminato il discorso e dopo qualche istante di cordiale colloquio col Papa, alla fine così espose la sua richiesta: «Non è facile, Signore, come sapete, per gente povera e umile avere accesso a così grande maestà. Avete nelle mani il mondo e gli impegni molto importanti non permettono di dedicarsi alle minuzie. Per questo, Signore, – continuò – chiedo al tenerissimo affetto di vostra Santità di concederci come papa il Signore d’Ostia, qui presente; così, rimanendo sempre intatta la dignità della vostra preminenza, i frati potranno rivolgersi a lui in tempo di necessità, ed essere, con vantaggio, difesi e governati».

Il Papa gradì una richiesta tanto santa, e subito prepose all’Ordine, secondo la domanda dell’uomo di Dio, il Signor Ugolino, allora vescovo d’Ostia. Il santo cardinale accettò con amore il gregge, che gli era stato affidato, lo allevò premurosamente, e ne fu insieme pastore ed alunno sino alla beata fine.

È a questa particolare sottomissione che si deve la prerogativa di amore e la sollecitudine, che, da sempre, la Chiesa Romana non cessa di testimoniare all’Ordine dei minori.

FINE DELLA PARTE PRIMA