venerdì 3 luglio 2015

America Latina, laboratorio di speranza



Il Papa in America latina in un’intervista del segretario di Stato. Il viaggio più lungo

Dalla salvaguardia degli splendidi paesaggi naturali dell’America latina, alla ricerca di una pace e di una giustizia sociale che siano rispettose dei diritti di tutti, soprattutto dei più poveri; dal riconoscimento della dignità di ogni persona, al rispetto dell’identità culturale di ogni Paese contro la tendenza della globalizzazione a uniformare tutto. Saranno questi, secondo il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, i principali temi che Papa Francesco affronterà nel viaggio in Ecuador, Bolivia e Paraguay, il più lungo del pontificato, che inizia domenica 5 luglio. Il porporato — che accompagnerà il Pontefice — ne ha parlato in un’intervista rilasciata al Centro televisivo vaticano alla vigilia della partenza.
Nel rispondere alle domande di Barbara Castelli, il cardinale Parolin ha preso spunto dalle parole pronunciate da Papa Bergoglio in San Pietro il 12 dicembre scorso, nella solennità di Nostra Signora di Guadalupe. Citando la nota espressione del predecessore Giovanni Paolo II, che definiva l’America latina il continente della speranza, Francesco spiegò che da essa «si attendono nuovi modelli di sviluppo che coniughino tradizione cristiana e progresso civile, giustizia e equità con riconciliazione, sviluppo scientifico e tecnologico con saggezza umana, sofferenza feconda con gioia speranzosa». E in questi elementi il segretario di Stato — che è stato nunzio apostolico in Venezuela — ha individuato quella che definisce «la fisionomia dell’America latina» in generale e, in particolare, anche dei tre Paesi che il Papa visita.
L’intervistatrice ha poi chiesto quale ruolo può giocare questa parte del mondo nella Chiesa e quali impulsi può offrire alla politica internazionale. Il porporato ha risposto descrivendo un «continente in movimento», nel quale sono evidenti «trasformazioni a ogni livello: culturale, economico, politico. Durante questi decenni — ha spiegato — esso ha potuto godere di una fase molto positiva, che ha permesso alle persone di emergere dalla povertà estrema, di emanciparsi dalla miseria e di incorporarsi progressivamente nel ceto medio». Ha poi citato «gli accentuati fenomeni di urbanizzazione» che hanno dato vita «alle megalopoli dell’America latina» e «altri fenomeni legati alla globalizzazione, che si percepisce in modo evidente anche in questa parte del mondo». Proprio di fronte a questi nuovi scenari, «che portano anche a una secolarizzazione della società latinoamericana, sebbene in forme che non sono omologabili con il mondo occidentale, la Chiesa ha scelto la via della conversione pastorale, della missionarietà, dell’impegno missionario. E in questo senso può diventare paradigmatica per molte altre parti del mondo». Del resto, lo stesso magistero del Papa affonda le sue radici nel documento di Aparecida, che con i suoi riferimenti al primato della grazia, alla misericordia e al coraggio apostolico viene proposto con Francesco all’intera Chiesa universale. 
Quanto agli aspetti politici, il porporato ha paragonato l’America latina a «un laboratorio dove si stanno sperimentando nuovi modelli di partecipazione e forme più rappresentative», per dare «voce a fasce di popolazione che finora non erano state sufficientemente ascoltate. È la ricerca di una via propria alla democrazia, che tenga conto delle peculiarità di quei Paesi; che sappia coniugare la partecipazione di tutti — quindi il pluralismo — con le libertà fondamentali e il rispetto dei diritti umani».
Approfondendo poi le singole realtà dei tre Paesi, il segretario di Stato ha dapprima ricordato che «in generale la Chiesa continua a esercitare un ruolo profetico di fronte a quelle che il Papa chiama le “colonizzazioni ideologiche”, cioè i tentativi di imporre modelli che non solo non sono adatti all’ethos e alle tradizioni della popolazione, ma tante volte tendono proprio a sovvertirli». E il fronte principale su cui tali colonizzazioni cercano di imporsi è quello «della famiglia e della vita». Ecco perché, ha aggiunto, «la Chiesa dovrà continuare a predicare il Vangelo, che è un buona notizia anche nei confronti della famiglia e della vita, in questa situazione in cui si trova». 
Ciò vale in particolare per la prima tappa del viaggio papale, l’Ecuador, dove nel 2014 i vescovi attraverso una lettera pastorale hanno rilanciato il ruolo della Chiesa nella società cercando — ha detto il cardinale Parolin — «di definire cosa si intende per una sana laicità». La Chiesa infatti chiede «solo la possibilità di esercitare la propria missione di contribuire al dibattito democratico, alla promozione di ogni persona umana e soprattutto dei gruppi più vulnerabili».
Riguardo alla Bolivia, l’intervistatrice ha fatto notare che il Pontefice sarà accolto dal presidente Evo Morales con cui condivide molte preoccupazioni: dai poveri, in un mondo in cui domina la finanza, alla tutela ambientale. Alla domanda se il Papa richiamerà la responsabilità della comunità internazionale su questi temi, il cardinale ha risposto che il Pontefice ha già espresso in molti suoi interventi — e soprattutto nella recente enciclicaLaudato si’ — ripetuti «inviti alla salvaguardia del creato, della casa comune, come la chiama; alla giustizia sociale; a ricercare una pace che sia rispettosa dei diritti di tutti; a una società che sia più inclusiva dei poveri; e alla lotta contro le forme estreme di povertà, perché sia riconosciuta la dignità di ogni persona. E poi anche al rispetto di quella che è l’identità culturale di ogni Paese, contro la tendenza della globalizzazione a uniformare tutto. E a evitare che i rapporti sociali siano commercializzati, economicizzati, ma rimangano con la loro caratteristica di ricchezza di ogni partecipante».
Il cardinale Parolin ha concluso il suo excursus parlando del Paraguay, dove l’episcopato, annunciando la visita, ha evidenziato che il Pontefice arriverà come un pellegrino, un missionario desideroso di accompagnare il popolo nel suo triennio dedicato all’evangelizzazione della famiglia. «Il Papa — ha commentato il porporato — si inserisce nel cammino delle Chiese locali» e in questo caso si mette al fianco di quella paraguayana «nel suo itinerario catechetico e missionario, che in questo triennio sarà centrato sulla famiglia latinoamericana». Essa, ha concluso, rispecchia tanti valori. E in quello che è uno dei Paesi più giovani del mondo, le famiglie sono solide e numerose. Anche per l’impegno a livello costituzionale — sottolineato dal segretario di Stato — per il rispetto della vita dal suo inizio fino alla sua fine. Ma anche qui, ha ammonito, la famiglia deve affrontare alcune sfide «come le famiglie unigenitoriali, dove la mamma porta da sola tutto il peso; o la disoccupazione e la sottoccupazione, che compromettono la stabilità e la vita normale delle famiglie; o la droga che destabilizza». Ecco allora che Francesco «vuole essere presenza di vicinanza soprattutto alle famiglie che soffrono per uno di questi motivi, e di incoraggiamento per andare avanti».
L'Osservatore Romano