venerdì 3 aprile 2015

Garissa University College




Il cordoglio del Santo Padre per la strage di studenti nel Campus universitario a Garissa (Kenya) (traduzione di lavoro)

Sua eminenza Cardinale John Njue
Presidente della Conferenza dei Vescovi cattolici del Kenya
Nairobi
Profondamente addolorato per la perdita immensa e tragica di vite umane causata dal recente attacco al Garissa University College, il Santo Padre invia  la promessa delle sue preghiere e della vicinanza spirituale alle famiglie delle vittime che hanno perduto la vita e a tutti i keniani in questo momento doloroso. Egli elogia le anime dei defunti alla misericordia infinita di Dio Onnipotente, e prega che tutti coloro che li piangono possano essere consolati nella loro perdita.
Unendosi a tutti gli uomini di buona volontà di tutto il mondo, Sua Santità condanna questo atto di brutalità insensata e prega per una conversione del cuore di coloro che hanno commesso questo orribile massacro. Egli invita coloro che hanno autorità di raddoppiare gli sforzi per collaborare con tutti gli uomini e le donne in Kenya affinché si ponga fine a questa violenza e si acceleri così l'alba di una nuova era di fratellanza, giustizia e pace.
Cardinale Pietro Parolin

Segretario di Stato

*

Kenya, il Venerdì Santo degli studenti cristiani massacrati

Strage jihadista al collegio universitario: 147 vittime. Le testimonianze choc: «Cadaveri decapitati»

ANDREA TORNIELLIROMA


Con 24 ore d'anticipo gli studenti cristiani all’Università di Garissa in Kenya hanno vissuto il loro Venerdì Santo. Un commando di Shabaab somali è penetrato nel campus alle 5,30 del mattino, ha ucciso due guardie di sorveglianza e si è diretto verso i dormitori, armato di mitra.  Gli 815 studenti del campus sono stati buttati giù dai loro letti, radunati in gradi aule e separati secondo la fede di appartenenza: i musulmani che sapevano recitare versetti del Corano sono stati liberati, i cristiani che non sapevano farlo sono stati uccisi o presi in ostaggio. Un primo bilancio ufficiale parla di 147 morti accertati. Circa 500 studenti sono stati rintracciati, ma ne mancano all’appello ancora trecento.

Alcuni testimoni hanno raccontato di cadaveri decapitati: «Abbiamo visto molti corpi senza testa mentre fuggivamo, hanno ucciso molte persone», hanno dichiarato ai media africani. Il portavoce degli Shabaab, gli jihadisti somali, Sheikh Ali Mohamud Rage, ha rivendicato l’attacco alle “North-Eastern Garissa University” con una telefonata all’agenzia Afp nella quale ha confermato che «i musulmani sono stati separati dagli altri e lasciati andare», giustificando il blitz con il fatto che «il Kenya è in guerra con la Somalia e dunque la nostra gente ha la missione di uccidere chiunque è contro gli Shabaab». Gli Shabaab appartengono alla rete di Al Qaeda in Africa Orientale.

«Anche oggi – aveva detto mercoledì scorso Papa Francesco aggiungendo alcune parole a braccio durante l'udienza generale – ci sono tanti uomini e donne, veri martiri che offrono la loro vita con Gesù per confessare la fede, soltanto per quel motivo». Questa sera, la Via Crucis al Colosseo, farà memoria anche del loro sacrificio.

*

I Martiri della Croce

di Vito Mancuso
Ci fu un tempo in cui essere cristiani significava stare dalla parte dei vincitori e dei dominatori del mondo. Era l’epoca in cui la croce campeggiava quale emblema di potenza alla testa degli eserciti e delle flotte, e veniva scelta dagli Stati quale simbolo privilegiato per le loro bandiere (per esempio quella inglese e quelle scandinave) e dalle città per i loro stemmi (per esempio Milano, Bologna, Genova). La croce incuteva timore, era il simbolo di un Occidente dominante e signore, che oltre a conquistare il mondo economicamente e militarmente ambiva a farlo suo religiosamente. Durante quei secoli, che grossomodo possono essere collocati dall’inizio delle scoperte geografiche nel 1492 alla fine del colonialismo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, essere cristiani al di fuori dell’Occidente generalmente non comportava pericoli, anzi significava godere di una qualche recondita posizione di privilegio assegnata istintivamente dalle popolazioni alla religione dei vincitori….
Da qualche anno la situazione è completamente mutata: oggi in molte parti del mondo essere cristiani significa rischiare concretamente e quotidianamente la vita. Si può dire che per il cristianesimo stia tornando il tempo delle sue origini, quei primi tre secoli nei quali la fede cristiana veniva spesso perseguitata dal potere, a partire da Nerone che scaricò sui cristiani la responsabilità dell’incendio di Roma, fino alle estese persecuzioni di Decio, Valeriano e Domiziano.
Si attaccano i luoghi più vulnerabili: le chiese, le scuole. Ieri in un college della città di Garissa nel nord del Kenya si è avuta l’ennesima strage di innocenti a opera di un gruppo terrorista di matrice islamica legato ad Al Qaeda. Quello che colpisce è che secondo il portavoce dei terroristi gli ostaggi siano stati selezionati in base alla religione: rilasciati i musulmani, trattenuti i cristiani. Ma si tratta solo dell’ultimo episodio. Non passa settimana infatti in cui in Africa o in Asia non si segnali un grave episodio di intolleranza verso i cristiani, spesso sfociato nella violenza assassina. Per quanto concerne la dimensione quantitativa del fenomeno è difficile giungere a una stima certa, perché le diverse organizzazioni producono cifre non omogenee. In una lettera della Santa Sede alle Nazioni Unite datata 27 maggio 2013 si afferma che sono oltre centomila all’anno i cristiani uccisi per un legame più o meno diretto con la loro fede: il che, se risultasse fondato, significherebbe la media shock di 274 persone ogni giorno! Ma al di là delle cifre, i continui episodi di violenza di cui sono oggetto i cristiani sono sotto gli occhi di tutti: ora in Kenya, pochi giorni fa in Libia, in Siria, in Iraq, in Egitto, in Pakistan… 
Credo che si possano distinguere tre diverse forme di persecuzioni a seconda delle differenti aree geopolitiche: 1) il terrorismo dell’estremismo islamico legato ad Al Qaeda, all’Is, a Boko Haram o ad altre sigle di questo genere; 2) la repressione pianificata da parte degli Stati centrali, come avveniva fino a pochi anni fa nei regimi comunisti europei; 3) una più sottile forma di discriminazione statale, in sé generalmente non violenta ma tale da coprire o persino indurre alla violenza.
Al primo gruppo appartengono gli episodi maggiormente all’onore della cronaca: il Kenya, la fredda esecuzione mediante sgozzamento dei 21 cristiani copti sulle rive libiche del Mediterraneo, la persecuzione dei cristiani in Egitto, le stragi in Nigeria, i missionari uccisi e le missionarie anche violentate. Al secondo gruppo appartengono Stati in cui la libertà religiosa è spesso violata per la natura stessa della loro costituzione: mi riferisco in particolare all’Arabia Saudita, all’Iran, alla Corea del Nord. Vi è infine il terzo gruppo di Stati che di per sé sulla carta garantiscono la libertà religiosa, ma che ciononostante spesso mettono in atto politiche preoccupanti sotto il profilo della libertà religiosa tali da incoraggiare anche l’intolleranza violenta, mi riferisco in particolare alla Cina e all’India. In quest’ultimo Stato, come riporta il sito Vatican Insider citando l’All India Christian Council, nei primi 300 giorni del governo Modi si conterebbero 600 episodi di intolleranza religiosa. Persino la patria del pluralismo religioso oggi produce persecuzione anti-cristiana. Perché? Come spiegare questa infuocata ventata anticristiana oggi nel mondo?
Eccoci alla principale questione critica formulabile in questo modo: chi attacca e uccide i cristiani intende colpire la religione di Gesù oppure la religione dell’Occidente? Non ci sono risposte facili, e io certo non ne ho. È vero che il terrorismo jihadista odia qualsiasi fede che non sia la sua: gli attacchi alle moschee “avversarie” in Iraq ne sono una tragica dimostrazione. Ma è indubbio che oggi punti ad un salto di qualità, parla sempre più spesso alla lotta contro i “crociati occidentali”, annuncia di voler colpire Roma, identificata nella cupola del Vaticano. Queste funeste grida di guerra aumentano il pericolo delle comunità cristiane sparse nel mondo, esponendole al rischio di un nuovo, moderno, martirio. E costringendo noi a porci la drammatica domanda: come non lasciarle sole, indifese, davanti ai fanatici assassini. 
Vito Mancuso, La Repubblica 3 aprile 2015