mercoledì 1 aprile 2015

La Civiltà Cattolica: Intervista al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I (integrale, ITA/ENG)


Intervista al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I 
 La Civiltà Cattolica 

La Civiltà Cattolica in uscita con la data del 4 aprile pubblica una intervista esclusiva del suo direttore, p. Antonio Spadaro S.I., al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I. Nella conversazione emergono i grandi temi della comunione tra la Chiesa Cattolica Romana e la Chiesa Ortodossa, il rapporto tra Primato e Sinodalità, anche in vista del Grande e Santo Sinodo che si terrà a Istanbul nel 2016. Oltre ai temi ecclesiali nelle risposte del Patriarca si coglie il respiro di una visione ampia delle grandi sfide del nostro tempo e del contributo che i cristiani possono dare per il futuro del pianeta: dall'immigrazione al cambiamento climatico, dall'ingiustizia sociale al fondamentalismo. 

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Il patriarca Bartolomeo sui rapporti con i cattolici. 

I grandi temi della comunione fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, il rapporto tra primato e sinodalità, anche in vista del grande concilio panortodosso che si terrà a Istanbul nel 2016, le sfide del nostro tempo e il contributo dei cristiani alla soluzione di problemi complessi come l’immigrazione, il cambiamento climatico, l’ingiustizia sociale, il fondamentalismo: sono gli argomenti affrontati dal patriarca ecumenico Bartolomeo nell’intervista rilasciata a padre Antonio Spadaro, direttore della «Civiltà Cattolica», in uscita il 4 aprile. Pubblichiamo stralci delle risposte nelle quali il patriarca si sofferma sulle questioni teologiche del primato e della collegialità e sulla preparazione del futuro concilio panortodosso.
Le questioni teologiche del primato e della collegialità nella Chiesa occupano naturalmente una posizione centrale e nello stesso tempo critica per quel che riguarda le relazioni tra le nostre due «Chiese sorelle». Questo è da tempo un dibattito spinoso che attraversa i secoli; ed è attualmente all’ordine del giorno del dialogo teologico ufficiale. Ogni volta che tra gli ortodossi si discute sul primato, si pensa subito a quello dell’autorità pontificia, soprattutto alla luce degli abusi in epoca medievale; e ogni volta che tra i cattolici romani si discute della collegialità, si teme immediatamente che l’autorità del Papa sia messa in questione o addirittura che si sorvoli riguardo a essa. Quindi ci vorrà del tempo per discernere le vere preoccupazioni e le intenzioni di ognuno. Tuttavia, nel frattempo, il modo di comportarsi dei leader religiosi avrà un impatto significativo su come viene percepita l’autorità nella Chiesa. Ad esempio, è importante il modo in cui la leadership ortodossa viene vissuta, se essa è davvero un autentico modello per la collegialità e non invece un’occasione o un alibi per una rivalità nazionale o istituzionale. Un’autentica visione della leadership inevitabilmente determinerà la natura veritiera e credibile della nostra visione critica del ministero petrino. Nello stesso tempo, il modo in cui il ministero papale sarà esercitato in umiltà e compassione, anziché come una sorta di imposizione sul resto del collegio episcopale, immancabilmente si definirà come un vero riflesso dell’amore crocifisso del Signore, piuttosto che in termini di potere terreno. La sinodalità ha bisogno di un «primo», del protos: non si intende senza di esso, che è colui che ha il carisma della diakonia al servizio della comunione. Il protos è colui che è alla ricerca del consensus di tutti. E proprio questo è il punto in cui veramente sentiamo che il nostro fratello Francesco ha rivelato una leadership straordinaria. Sin dall’inizio dell’elezione di Papa Francesco abbiamo sentito che c’era qualcosa di speciale in lui: la sua integrità, la sua spontaneità, il suo calore. Questo è il motivo per cui ho deciso di partecipare al suo insediamento o Messa inaugurale nel marzo del 2013; questa è stata la prima volta in assoluto che un Arcivescovo di Costantinopoli è stato presente in tale occasione presso la Chiesa di Roma.
Abbiamo già accennato al nostro impegno per l’unità teologica e sacramentale con la Chiesa cattolica romana. Questo inevitabilmente richiederà molto tempo e intenso lavoro. Tuttavia, c’è molto che possiamo fare insieme a Papa Francesco, al fine di rispondere ai bisogni cruciali del nostro mondo: la sofferenza e la fame che affliggono sempre più le nostre società; il divario ingiustificabile e perverso che sta crescendo tra ricchi e poveri, nonché la crisi urgente causata dal cambiamento climatico, che mette in discussione gli atteggiamenti fondamentali che abbiamo nei confronti delle risorse naturali del mondo. La sofferenza oggi di persone, in ogni angolo del nostro pianeta; l’abuso della religione per scopi politici e secolari; le difficoltà dei cristiani in tutto il mondo, e in particolare nelle zone in cui la Chiesa cristiana è nata e cresciuta, a prescindere dalle identità confessionali; le ingiustizie inflitte ai membri deboli della società contemporanea; e la crisi ecologica allarmante che minaccia l’integrità e la sopravvivenza stessa della creazione di Dio, tutto questo richiama a un’azione comune, e la soluzione dei problemi ancora ci divide. Proprio per questo oggi, ancor più di cinquant’anni fa, vi è un urgente bisogno di riconciliazione, che ha reso gli incontri con il nostro fratello Papa Francesco a Gerusalemme e a Roma eventi di grande importanza e di più ampio impatto.
La Chiesa ortodossa è in grado di dare molto, in termini di testimonianza, al mondo moderno. Il Grande e Santo Sinodo del 2016 sarà un elemento fondamentale per lo sviluppo e la presenza della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo. In un certo senso, i grandi temi, determinanti per la sua convocazione e che nello stesso tempo ne definiranno le deliberazioni, sono due: il primo, i rapporti delle Chiese ortodosse con le altre confessioni cristiane e con le altre religioni; il secondo, i rapporti tra le Chiese ortodosse stesse. Purtroppo, c’è un elemento conservatore in crescita in molte Chiese e ambienti ortodossi, che reagisce alle sfide contemporanee della nostra epoca rinchiudendosi in un’esistenza soffocante ed escludente. Naturalmente, questa non è mai stata la prassi e la promessa della Chiesa cristiana, che «è sempre stata pronta a rispondere a chiunque ci domanda ragione della speranza che è in noi», come leggiamo nella Prima lettera di Pietro, al capitolo 3. Inoltre, per quanto riguarda le relazioni fraterne e collegiali tra le Chiese ortodosse stesse, c’è stata una crescente riduzione, nazionalista e trionfalistica, della natura eucaristica ed ecumenica della Chiesa, che ha sempre condannato il «filetismo» come un’eresia pericolosa, soprattutto in occasione del Consiglio di Costantinopoli nel 1872. Ciò nonostante, l’«etnofiletismo» sembra essere una tentazione perenne di molte delle nostre Chiese più recenti.
La nostra sincera speranza e preghiera è che le Chiese ortodosse autocefale possano riunirsi e discutere liberamente, in uno spirito di onestà e trasparenza, le questioni che veramente sono importanti per la Chiesa e per il mondo, piuttosto che chiudersi nella ricerca esclusiva dei propri interessi di potere e di privilegio. In caso contrario, sarebbe un’occasione persa per affrontare i problemi che davvero contano e affliggono il popolo di Dio e la creazione di Dio.
L'Osservatore Romano