mercoledì 14 settembre 2011

Il Cammino Neocatecumenale alla luce del Concilio Vaticano II


Di seguito presento un articolo del prof. don Maurizio Buioni sul Cammino Neocatecumenale, apparso già su una Rivista specializzata(La Sapienza della Croce, Anno XXIV, nn.1-2, 2009, pp.69-122) e riproposto da:Cammino.info

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Chi sono
Mi chiamo Maurizio Buioni, presbitero della Congregazione della Passione di Gesù Cristo, fondata da S. Paolo della Croce nel XVII secolo, (familiarmente conosciuti come Passionisti). Seguo il Cammino, precisamente a Spoleto (Umbria) nella Parrocchia dei SS. Domenico e Francesco. Ho conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e la Laurea in Filosofia all’Università Statale di Perugia. Ha insegnato presso gli Istituti Teologici di Fermo, Assisi e nella Università Pontificia Antonianum, Pontificia Università Lateranense e al Seminario Diocesano Missionario Redemptoris Mater di Galilea. Inoltre, sono autore di vari articoli pubblicati per le riviste teologiche La Sapienza della Croce, Firmana e Convivium Assisiense e Theotokos. Per la Edizioni Chirico ho pubblicato: Chiamati a libertà nel!’amore e L’irradiazione della bellezza di Dio una rivelazione estetica della Rivelazione. Da un mese sono ritornato in Italia dopo aver vissuto tre anni in Israele nel Redemptoris Mater della Galilea, in qualità di prefetto degli studi e membro dell’equipe formativa. Anni meravigliosi legati all’itineranza e all’evangelizzazione dove il Signore sta pian piano compiendo autentici miracoli tra i fratelli arabi cristiani che hanno accolto la predicazione. In questo momento mi ritrovo in Umbria nella comunità passionista di Madonna della Stella per svolgere il mio servizio pastorale, senza dimenticare ovviamente i miei fratelli di comunità a Spoleto.

L' Irradiazione della bellezza di Dio Buioni, Maurizio


Presentazione dell’articolo

In occasione dell’approvazione degli Statuti del Cammino Neocatecumenale, da parte della Santa Sede, ho pubblicato questo articolo su una rivista specializzata (La Sapienza della Croce, Anno XXIV, nn.1-2, 2009, pp.69-122) per offrire una presentazione chiara e stimolante di questa realtà ecclesiale. Fin da principio, il Camminio fu compreso e accompagnato dalle autorità ecclesiali come un frutto dello Spirito Santo, che attuava quanto annunciava e promuoveva il Concilio Vaticano II. Risulta evidente, nella prassi del Cammino, l’annuncio del kerygma che proclama la lieta notizia della Croce di Cristo che salva perché gloriosa e vincitrice del peccato e della morte. Altre prerogative, dello studio in questione, mostrano l’ecclesialità del Cammino che si attua nella Chiesa locale e nella parrocchia, specialmente nell’esperienza della Chiesa come comunità capace di cogliere e comprendere i segni della fede dell’unità e dell’amore nella dimensione della croce, nel vivere l’importanza della liturgia in quanto strumento di grazia per poi trasmettere la fede ai figli, tenendo in sommo grado l’imprenscindibilità e la dignità della famiglia. Il tutto avendo presente lo scopo primario della Chiesa, del Cammino stesso che è l’evangelizzazione.


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Il Cammino Neocatecumenale alla luce del Concilio Vaticano II

PREMESSA
Il 13 giugno 2008, in una celebrazione di carattere familiare, la Santa Sede ha consegnato gli
Statuti definitivi del Cammino Neocatecumenale, una delle realtà ecclesiali di maggiore crescita,
nata dopo il Concilio Vaticano II. L‟approvazione degli Statuti ha luogo dopo 5 anni dal periodo ad
experimentum.
Al termine della cerimonia, che ha avuto luogo nella sede dell‟organismo vaticano preposto al
Laicato, il Cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, alla presenza
degli iniziatori del Cammino, Kiko Argüello, Carmen Hernández e Don Mario Pezzi, ha spiegato
l‟importanza di questo gesto:
Significa la conferma da parte della Chiesa dell‟autenticità, della genuinità del carisma che sta alla
loro origine nella vita e nella missione della Chiesa.
In modo particolare, questo riguarda il Cammino che ha ormai lunga storia nella Chiesa, più di 40
anni, e porta nella vita della Chiesa tanti frutti, tante vite cambiate in profondità, tante famiglie
ricostruite, tante vocazioni religiose, sacerdotali e tanto impegno a favore della nuova
evangelizzazione.
Quindi – ha aggiunto –, un momento di grande gioia per la Chiesa, un momento di grande gioia per la
realtà ecclesiale che riceve questo riconoscimento.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, gli iniziatori del Cammino hanno offerto nel Centro
Neocatecumenale di Roma la loro prima conferenza stampa per manifestare gratitudine al Santo
Padre, annunciando, poi, come la Santa Sede stia studiando i testi delle catechesi perché possano
essere rese pubbliche e distribuite nelle Diocesi del mondo.
Criterio fondamentale della Chiesa e nella Chiesa per determinare l‟autenticità di un gruppo o
di un movimento è costituito non solo dal discernimento, da parte dell‟autorità, della sua validità ed
ortodossia, ma anche dal legame reale con al tradizione, perché si possano cogliere la continuità e lo
sviluppo storico di un fondamento apostolico. Anche per il Camino neocatecumenale vale lo stesso
criterio. Di fronte ad una società che determina le proprie scelte di vita, la propria economia, i
propri criteri di relazione il Cammino si propone come uno strumento e una sintesi originale di
elementi collaudati storicamente, maturata negli anni del Vaticano II, quando la Chiesa postconciliare registrava, nelle aree tradizionalmente cattoliche, la presenza di grandi masse
sacramentalizzate, ma scarsamente evangelizzate.
Come condurre ad una fede adulta, matura e consapevole coloro, che pur avendo ricevuto il
sacramenti dell‟iniziazione cristiana, non mostrano uno stile cristiano? Come far rivivere i germi di
vita eterna conferiti col battesimo, ma ancora bisognosi di essere formati e rivitalizzati?
Esso si pone come uno strumento che rende chiaro e intelligibile l‟uomo e la sua storia che
comincia a scoprire, pian piano, la propria vita personale e comunitaria ravvivata dall‟esperienza
del testo sacro per riconoscere la presenza di Dio e favorire il servizio, la conversione personale e
comunitaria. È questo una modalità di rendere visibile un nuovo modo di vivere il Vangelo
rimanendo all‟interno delle parrocchie e tenendo presenti le esigenze degli uomini contemporanei.
Attualmente il Cammino Neocatecumenale è diffuso in 107 Paesi del mondo. È presente in 2
20.000 comunità, presenti in 5700 parrocchie. Oltre 600 famiglie sono partite per evangelizzare le
zone più scristianizzate della terra, andando a vivere soprattutto fra i poveri. Inoltre, da questa realtà
ecclesiale sono sorti 72 seminari diocesani missionari Redemptoris Mater, che hanno già dato alle
varie Diocesi oltre 1200 presbiteri.

NEL SOLCO DEL CONCILIO VATICANO II
Il Cammino Neocatecumenale è nato negli anni del Concilio Vaticano II. Il Decreto di
approvazione definitiva degli Statuti così lo descrive:
Il Cammino Neocatecumenale ebbe inizio nel 1964 fra i baraccati di Palomeras Altas, a Madrid, per
opera del Signor Francisco José (Kiko) Gomez Argüello e della Signorina Carmen Hernández. Questo
nuovo itinerario di iniziazione cristiana, nato nel solco del rinnovamento suscitato dal Concilio
Ecumenico Vaticano II, incontrò il vivo interesse dell‟allora arcivescovo di Madrid, Sua Eccellenza
Monsignor Casimiro Morcillo (1904-1971), che incoraggiò gli iniziatori del Cammino a portarlo nelle
parrocchie che lo richiedessero. Esso si diffuse così gradualmente nell‟arcidiocesi di Madrid e in altre
diocesi spagnole. Nel 1968 gli Iniziatori del Cammino Neocatecumenale giunsero a Roma e si
stabilirono nel Borghetto Latino. Con il consenso di Sua Eminenza il cardinale Angelo Dell‟Acqua
(1903-1972), all‟epoca Vicario Generale di Sua Santità per la Città di Roma e Distretto, si cominciò la
prima catechesi nella parrocchia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento e Santi Martiri Canadesi.
A partire da quella data il Cammino si è andato via via diffondendo in diocesi di tutto il mondo 1

Fin dai primi tempi Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno più volte collegato il Cammino
Neocatecumenale al rinnovamento del Concilio Vaticano II. Nella prima udienza ad un gruppo di
circa 500 partecipanti tra presbiteri e membri delle comunità, l‟ 8 Maggio 1974, Paolo VI li salutò
dicendo:
Salutiamo il gruppo di sacerdoti e di laici che rappresentano il movimento delle Comunità
Neocatecumenali. Ecco i primi frutti del Concilio Vaticano II. Quanta gioia e quanta speranza ci date
con la vostra presenza e con la vostra attività! Sappiamo che nelle vostre comunità voi vi adoperate
insieme a comprendere e a sviluppare le ricchezze del vostro Battesimo e le conseguenze della vostra
appartenenza a Cristo. Vivere e promuovere questo risveglio è quanto voi chiamate una forma di “dopo
Battesimo” che potrà rinnovare nelle odierne comunità cristiane quegli effetti di maturità e di
approfondimento, che nella Chiesa primitiva erano realizzati dal periodo di preparazione al Battesimo.
Voi lo portate dopo: il prima o dopo, direi, è secondario. 2

Ricordiamo, inoltre, come a metà del XX secolo, la Chiesa cattolica registrò un aumento delle
conversioni di adulti. Il Concilio Vaticano II esortò dunque al ripristino di tutti i riti del
Catecumenato che erano stati adottati dalla Chiesa primitiva affinché i cristiani adulti potessero
essere istruiti e costantemente nutriti.3
Nacque dunque il Rito per l’Iniziazione Cristiana degli
Adulti (RICA). Esso si compone di tre periodi di preparazione ai Sacramenti dell‟Iniziazione: il
periodo di evangelizzazione e precatecumenato; il periodo di Catecumenato e il periodo di
Purificazione e Illuminazione. Infine, esiste un periodo di Catechesi postbattesimale o Mistagogia.
Ecco gli scopi e i riti principali di questi 4 periodi.

* * *
1
Decreto di approvazione, Dato in Vaticano l‟11 Maggio 2008, Solennità di Pentecoste.
2
PAOLO VI, Udienza agli Iniziatori del Cammino neocatecumenale, 08/05/1974.
3
Cf. Sacrosanctum concilium, nn. 64-70.3

* * *

Il primo periodo, di evangelizzazione e di precatecumenato, è molto importante e non
dovrebbe essere omesso. È un tempo di evangelizzazione: con l‟aiuto e la grazia di Dio avviene una
prima conversione, attraverso la quale una persona si sente allontanare dal peccato e portata verso il
mistero dell‟amore di Dio. Tutto il periodo del precatecumenato è finalizzato a questa
evangelizzazione affinché possa maturare la volontà autentica di seguire Cristo e di ricercare il
Battesimo.4

Il secondo periodo, il Catecumenato, è lungo e inizia con “l‟entrata nell‟ordine dei
catecumeni”. In questo periodo i candidati ricevono una formazione pastorale e una disciplina
adatta. In tal modo, maturano le inclinazioni manifestate al momento dell‟entrata nel
Catecumenato.5

Il terzo periodo, Purificazione e Illuminazione, comincia con “l‟elezione” o “l‟arruolamento
dei nomi”, che si celebra la prima domenica di Quaresima. Inizia così un periodo di più intensa
preparazione spirituale che implica più una riflessione interiore che la catechesi e intende purificare
la mente e il cuore dell‟eletto per illuminarli con una conoscenza più profonda di Cristo, il
Salvatore. Questo periodo coincide abitualmente con la Quaresima. Sia per l‟eletto sia per la
comunità cristiana locale si tratta di un periodo di raccoglimento spirituale in vista della
celebrazione del mistero pasquale. In questo periodo, vengono celebrati solennemente tre scrutini la
domenica.6
I sacramenti del Battesimo, della Confermazione e l‟Eucaristia, integrati nella Veglia
Pasquale rappresentano il momento culminante del RICA, ma è errato pensare che siano anche la
sua conclusione.
Il quarto periodo, la catechesi postbattesimale o mistagogia, è il tempo, in genere pasquale,
che segue la celebrazione dell‟iniziazione, durante il quale gli iniziati sperimentano la propria
appartenenza alla comunità cristiana per mezzo di una adeguata catechesi e in particolare
partecipano con tutti i fedeli alla celebrazione eucaristica domenicale. Il termine mistagogia
(neofiti) suggerisce una comprensione più piena ed efficace dei misteri attraverso il Vangelo che
hanno appreso e soprattutto attraverso l‟esperienza dei Sacramenti che hanno ricevuto. Ne deriva
per loro un nuovo senso della fede, della Chiesa e del mondo.7

La Congregazione del Culto, dopo vari incontri con gli Iniziatori ed un attento esame del
Cammino nella Diocesi di Roma, assieme al saluto del Paolo VI, pubblicò sulla Rivista ufficiale
“Notitiae” la seguente Nota, sempre facendo riferimento al Concilio:
Tutte le riforme, nella Chiesa, hanno apportato nuovi principi e promosso nuove norme, che hanno
tradotto in pratica gli intenti della riforma stessa. Così accadde dopo il Concilio di Trento; né poteva
essere diversamente ai giorni nostri. Il rinnovamento liturgico incide profondamente sulla vita della
Chiesa. C‟è necessità che la spiritualità liturgica germini nuovi fiori di santità e di grazia, nonché di
apostolato cristiano più intenso e di azione spirituale. Un modello eccellente di questo rinnovamento si
trova nelle «Comunità neo-catecumenali» che sorsero a Madrid, nel 1964, per iniziativa di alcuni
giovani laici, con il permesso, l‟incoraggiamento e la benedizione dell‟eccellentissimo Pastore
madrileno, Casimiro Morcillo. Le comunità hanno lo scopo di rendere visibile nelle parrocchie il segno
della Chiesa Missionaria, e si sforzano di aprire la strada all‟evangelizzazione di coloro che hanno quasi
abbandonato la vita cristiana.8

* * *

4
RICA, 1972, nn. 9-10.
5
Ibidem, nn. 14, 19.
6
Ibidem, nn. 22, 25.
7
Ibidem, n. 38. Alcune caratteristiche del RICA sono degne di nota: 1) Si tratta di una crescita della fede sia per i
convertiti adulti sia per chi è già membro della comunità cristiana; partecipando al rito, tutti i membri della Chiesa
ricevono nutrimento e l‟opportunità di crescere. Per questo, il RICA non è qualcosa che accade davanti ai banchi della
chiesa, ma che li include. 2) Il RICA e i suoi riti liturgici dovrebbero essere in sintonia con lo spirito e il ritmo dell‟anno
liturgico della Chiesa; 3) I convertiti adulti affrontano un processo di purificazione con l‟aiuto di riti sacri durante il loro
Catecumenato. Per questo, è necessario prestare cura e attenzione a riti e liturgie ben delineate. Nell‟elaborare
l‟iniziazione cristiana degli adulti la Chiesa ha ripristinato e preparato per noi un meraviglioso sistema di Catecumenato,
in sintonia con il ritmo e la struttura dell‟anno liturgico della Chiesa..
8
SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, «Notitiae», organo di detta Congregazione, n. 95-96 Julio-Augusto 4

* * *

Sua peculiarità e struttura
Con meraviglia fummo testimoni di una parola che, facendosi carne in gente così povera che
l‟accoglieva con gioia, dava luogo alla nascita di una comunità di preghiera a una liturgia sorprendente
come era la risposta di tanti fratelli che, pieni di peccati, benedicevano il Signore che si era ricordato
di loro. Così in un periodo di tre anni, vedemmo apparire davanti ai nostri occhi un vero Cammino di
gestazione alla fede, una specie di catecumenato che andava creando, a poco a poco, una chiesa,
realizzava una comunione fraterna, dava luogo all‟amore in una dimensione che stupiva tutti, perché
era quella della morte per il nemico, la dimensione della croce.9

In queste parole, richiamate dall‟iniziatore del Cammino anche davanti l‟assemblea plenaria
della Congregazione per l‟Evangelizzazione dei popoli, si possono notare chiaramente un fatto
molto importante, i due passaggi in cui si compie e intuirne un terzo.
Il fatto è molto semplice ed evidente: al termine del CN c‟è la nascita, la formazione di una
chiesa; un evento che Kiko ricorda due volte, la prima usando il termine di «comunità di preghiera»,
la seconda parlando di «comunione fraterna» e di «chiesa». Si tratta dello scopo del Cammino che,
espresso in diversi modi, resterà sempre, diventandone come l‟orientamento di fonda, chiamandosi
ora «ricostruzione» della chiesa, ora «rianimazione»; una chiesa al cui centro c‟è la «comunione
fraterna», 1‟«amore», 1‟«Amore nella dimensione della croce» e la «preghiera».10

Più articolato il discorso sull‟evoluzione del Cammino, sui passaggi che esso ha attraversato
nei primi tre anni, dopo i quali ha lasciato Madrid per approdare a Roma. Si tratta di passaggi al cui
interno si possono intravedere delle mediazioni culturali, ma al cui centro resta l‟intensa e semplice
esperienza spirituale di chi ha iniziato il Cammino e delle stesse prime comunità: Dio che ama
gratuitamente ogni uomo e il crocifisso come sua icona, la chiesa come frutto e sacramento di
questo amore e la necessità di un itinerario per scoprirne la presenza nelle acque del proprio
battesimo.
Il primo passaggio è quello fondante; avviene a Madrid nel 1964 tra i baraccati di Palomeras
Altas, fra povera gente tra cui non mancavano ladri e assassini. Ebbene, la parola di Dio
trasformava quelle persone riunendole in una fratellanza, in una «comunione», in una «koinonia»,
in una parola, in una chiesa. Kiko ricorda l‟avvenimento usando espressioni come «meraviglia»,
«stupore», «sorpresa». Sulla scorta di altre fonti non mancano elementi di obiettiva mediazione:
Kiko stesso ricorda l‟esperienza di Charles de Foucauld, alcune espressioni di papa Giovanni XXIII
sulla chiesa dei poveri e descrive anche lo stile con il quale era andato a vivere nelle baracche,
soltanto con una Bibbia e una chitarra. non per insegnare a leggere o a scrivere, né per fare
assistenza sociale e neppure per predicare il vangelo, ma per porsi accanto a Gesù Cristo»; il suo
ideale era la vita nascosta che Gesù aveva vissuto per trent‟anni a Nazaret, senza dire nulla.11

Ma dopo quello che era successo, il centro - lo stile erano ben altri; nulla era stato
preconcepito o preparato, ma tutto era frutto di un‟esperienza vissuta: il fatto che quella gente era
come crollata davanti all‟annuncio del servo di Jahvè, di uno che si era caricato di ogni loro
peccato, che era morto al posto loro e per loro e che per questo Dio aveva risuscitato; per cui «pieni
di peccati benedicevano il Signore». Perché era crollata? perché «erano tanto poveri che non

* * *

1974, p. 229.
9
Cf. F. ARGÜELLO, Le comunità neocatecumenali, in Rivista di vita spirituale, 2 (1975), pp. 185-197. Analoghe
espressioni, con più abbondanza di termini utili per approfondire il pensiero, si possono trovare nell‟Intervento di K.
Argüello alla plenaria della congregazione per l‟evangelizzazione dei popoli nell‟aprile del 1983, in II Cammino
neocatecumenale nei discorsi di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, pro ms., presso il Centro neocatecumenale di
Roma, 1991.
10
II Cammino neocatecumenale, pp. 86-87.
11
Orientamenti alle équipes dei catechisti per la fase di conversione, pro ms., presso il Centro neocatecumenale di
Roma, pp. 7-8.5

* * *

potevano difendersi davanti alla parola di Dio, perché non avevano nulla da difendere; erano così
poveri - racconta Kiko - che credevano a tutto ciò che dicevamo, che credevano al vangelo alla
lettera, perché non erano vaccinati; e poiché credevano al vangelo, lo Spirito operava in loro».12

Un momento, indubbiamente, «fondante», perché in germe c‟è l‟inizio e la fine di quello che
sarà poi il Cammino: la potenza del kerygma, che di «relitti di umanità» fa delle creature nuove, e la
sua dinamica: la formazione, la ricostruzione della chiesa che resterà lo scopo ultimo del Cammino.
Dei poveri e dei peccatori - «gente che all‟apparenza neppure sembravano esseri umani» - in
pochissimo tempo facevano un Cammino enorme, di cui non potevano lodarsi, perché da attribuire
solo all‟intervento liberante di Dio: facevano la chiesa. È il momento del miracolo, davanti al quale
Carmen Hernandez, che sopraggiunge durante quelle primissime esperienze, per poi restare sempre
con Kiko, rimaneva più che stupita, essendo abituata a pensare la comunità in termini ben diversi: di
persone per bene, perfette, che possono stare insieme grazie alle loro qualità e a un forte sforzo
ascetico.
Il secondo passaggio si compie nel giro di tre anni, anche se ciò che lo caratterizza dovrebbe
essere avvenuto poco tempo dopo l‟esperienza nelle baracche, in un lasso di tempo che resta
difficile da precisare. Due fatti ne aprono la strada: il fallimento della predicazione di Kiko
nelle parrocchie di Arguelles dove era stato chiamato dai rispettivi parroci e invitato dallo
stesso vescovo di Madrid, monsignor Casimiro Morcillo, impressionato da quanto era avvenuto
nelle baracche e, soprattutto, l‟intuizione della necessità di un «Cammino di gestazione alla
fede, una specie di catecumenato», perché non si poteva trasportare nelle parrocchie il
metodo
delle baracche»; per uomini «vaccinati» - annota Kiko -, abituati a nascondersi dietro il
perbenismo senza neppure accorgersene e a vivere in «maschera», era necessario un Cammino
di conversione nel quale poter scoprire di essere peccatori, del tutto incapaci di riconciliarsi con
la propria vita e tanto meno di amare il proprio prossimo.13

Per la successiva elaborazione del Cammino questo periodo è molto importante, anche
perché il contatto con la realtà parrocchiale e il fallimento della predicazione quasi
naturalmente portano un po‟ alla volta a galla quelle che si possono considerare le mediazioni
culturali del Cammino, nelle quali si confondono le esperienze precedenti di Kiko (i Cursillos e
la sua conversione) con la preparazione culturale e la vocazione missionaria di Carmen
Hernandez.
Carmen aveva frequentato la facoltà teologica di Valencia, tramite Farnes era stata in
contatto con l‟Istituto di Pastorale Liturgica di Parigi, in particolare con dom Botte e con L.
Bouyer, e, prima di incontrarsi con Kiko, si era iscritta all ‟École Biblique di Gerusalemme,
apprendendo, in particolare, lo stile tipicamente ebraico di vivere liturgicamente la fede.14

È in questo passaggio, dunque, che assume particolare importanza, agli effetti dell‟esito finale
del Cammino, il contributo di Carmen; in modo specifico: l‟aggancio con la chiesa istituzionale che
le veniva dalla formazione di Valencia, la centralità del mistero pasquale per la vita cristiana,
propria del movimento liturgico, lo stile liturgico di matrice ebraica nel vivere tutto il Cammino di
conversione e, soprattutto, l‟apertura universale proveniente dalla sua vocazione missionaria la
quale non poteva attuarsi se non passando attraverso Roma, dove Kiko e Carmen fisseranno la loro
sede a partire dal 1968.
Ma quello che sorprende è che tutte queste precedenti preparazioni culturali o esperienziali,
nel momento in cui nasceva il Cammino, non erano presenti e non si agiva in base ad esse: erano
state come lasciate da parte. Carmen può dire il Cammino non è stato preconcepito; perché tutto
emergeva all‟interno di una nuova esperienza spirituale: la potenza della parola, il fallimento della
predicazione, l‟obbedienza al vescovo di Barcellona che proibiva la celebrazione eucaristica così

* * *

12
Orientamenti alle équipes dei catechisti, pp. 10-11.
13
Ivi, pp. 8-9.
14
Cf. Convivenza d‟inizio corso 1994-95. Catechesi su «Sono rotti i miei legami».6
come andava elaborandosi nel Cammino.

* * *

Dal punto di vista culturale si faceva esperienza che Dio ridona ciò che l‟uomo lascia per suo
amore, cento volte tanto. Soltanto guardando retrospettivamente si possono notare queste lontane
preparazioni: la «cristologia» di Kiko formatasi, sulla scia di Charles de Foucauld, nel privilegiare i
poveri come luogo della manifestazione di Dio e sperimentando, nella propria conversione, la
presenza di Cristo come servo di Jahvè che prende su di sé i peccati degli uomini, morendo al posto
loro e per loro e rinnovandoli profondamente; 1‟ecclesiologia liturgica di Carmen culturalmente
ancorata agli studi di Valencia, ma animatasi nel rinnovamento liturgico impresso alla Chiesa dal
Vaticano II e resa ancor più sensibile dall‟esperienza ebraica che le permetteva di percepire la
novità dell‟eucaristia cristiana senza dimenticare le sue radici ebraiche; un‟ecclesiologia che
diventava poi «cattolica» per il respiro missionario che Carmen custodiva in sé fin da ragazza e che
si era maturato in una profonda kenosi, senza dimenticare la solidità «tridentina» della teologia
insegnata a Valencia.15

Quando Kiko e Carmen lasciarono Madrid, la struttura del Cammino si era sostanzialmente
formata, articolandosi in precatecumenato, catecumenato ed elezione; tre tappe nelle quali le
persone avrebbero lentamente imparato a riconoscersi peccatori, scendendo negli inferi del proprio
essere per scoprirsi incapaci di amare e scoprendo, contestualmente, che proprio là Cristo le stava
aspettando, per trasformarle in creature nuove in grado di riconciliarsi con la propria storia e di
amare il nemico, per diventare chiesa, sacramento dell‟amore di Dio per gli uomini. E tutto questo
reso possibile in piccole comunità, nell‟ascolto della parola di Dio e nutrendosi dei sacramenti della
penitenza e dell‟eucaristia celebrata ogni sabato notte, nuova pasqua del Signore che introduce al
riposo escatologico.
Un vero Cammino di conversione, scandito da precise tappe; da due scrutini in particolare; il
primo nel passaggio dal precatecumenato al catecumenato, il secondo nel passaggio dal
catecumenato all‟elezione, prima che il Cammino si sciolga nella vita comune della chiesa. Due
passaggi salienti nei quali, in modo diverso, si fa esperienza del rinascere e crescere del battesimo
già ricevuto.
Nel primo scrutinio si comincia a vedere la potenza della parola di Dio che libera dagli
idoli e porta i fratelli a mettere Dio al primo posto e a percepirne la presenza nella croce, luogo
privilegiato dell‟incontro con lui; è un‟esperienza decisiva che si continua e si accresce nella
successiva iniziazione alla preghiera, nell‟essere poi inviati nelle case della parrocchia per dare
testimonianza di quanto Dio sta operando nella vita dei fratelli e che si conclude nella consegna
del «Padre nostro». Segue poi il tempo che introduce al secondo scrutinio, quello dell ‟elezione,
nel quale si comincia a gridare «Abbà, Padre», per rifiutare il maligno continuamente
annidantesi nell‟uomo per essere lui padre nella vita. L‟elezione è il tempo della confidenza in
Dio, dell‟abbandono alla sua volontà, in cui si offre il proprio corpo al Padre perché in esso
Cristo continui la sua missione di perdere la vita per gli uomini, amando con esso e come lui i
nemici; un amore - quest‟ultimo - che resta il luogo ermeneutico della più profonda identità
cristiana.
Nella prima parte degli anni Settanta, dopo la pubblicazione del Rito dell’iniziazione
cristiana degli adulti, già precedentemente menzionato, plausibilmente avveniva come una
conferma del Cammino intrapreso e insieme la sua definitiva articolazione, nell ‟idea che le
tappe del Cammino corrispondevano ai diversi momenti della celebrazione del battesimo; un
sacramento già ricevuto e ricevuto nel giro di pochi minuti e che nel Cammino riviveva
gradualmente, portando con sé la luce e la grazia di ogni momento; una luce e una grazia
proporzionata alla situazione in cui si trovava chi ne rinnovava i momenti attraverso una serie di
parole e di gesti che allora venivano fissati per accogliere quelli ricevuti nel primo battesimo.
La rinnovazione delle promesse battesimali, al termine del Cammino nella veglia di Pasqua,
operativamente segnava la fine della sua articolazione che assumeva così una connotazione

* * *

15
Cf. Catechesi su «Sono rotti i miei legami» (1994).7

* * *

liturgica ancor più evidente. Si trattava del terzo e definitivo passaggio, compiuto in
coincidenza dell‟apertura del Cammino a tutte le nazioni.

Le dinamiche del Cammino
Si ripete spesso che nel Cammino nulla è stato preconcepito, in quanto tutto viene da
un‟esperienza o, meglio, da una serie di esperienze nelle quali coloro che sono all‟inizio del
Cammino, Kiko e Carmen in particolare, hanno visto e vedono un intervento di Dio che ancora una
volta libera un popolo, portandolo dalla schiavitù dei propri idoli (denaro, potere, sesso, ecc) alla
libertà dei figli di Dio, alla capacità di morire per il nemico. Un fatto o una serie di tatti che si
vedono nella storia concreta di ogni giorno, là dove è dato abitualmente l‟incontro vivificante con il
Dio di Gesù Cristo. Parola di Dio, sacramenti, chiesa non sono realtà a sé stanti, dei riti magici o dei
precetti, ma sono luce e forza per aiutare a vedere Dio presente nella propria storia, in quella dei
fratelli e nelle vicende del mondo, sapendo cogliere anche in quelle che il mondo chiama
«disgrazie» la presenza di Dio che ama. O la parola di Dio e i sacramenti producono questo o si è
fatto della chiesa non una missione per il mondo, ma un rifugio nel quale tutti possono incontrarsi
con Dio a un livello religioso-naturale, nel quale si finisce per giudicare chi non va a messa o chi si
comporta «male».
In tale contesto il Cammino non è una tecnica, né una teologia, né una morale, ma una
piccola comunità in cui si può gradualmente cominciare a sperimentare l ‟efficacia della Parola
in un clima liturgico, senza per questo essere confermati in grazia. Quattro ci sembrano, così, le
principali dinamiche del Cammino: la comunità, la gradualità, la liturgia, la conversione.
a) La comunità. - Il caso è serio. Si tratta di fare un salto, di rieducare al senso della
chiesa, di farne scoprire il mistero, la ricchezza profonda, spesso nascosta, dal momento ch e la
chiesa, purtroppo, è sempre più identificata come una organizzazione di servizi religiosi e non
come una comunità di fratelli. L‟esperienza in una piccola comunità porterà a far crescere un
po‟ alla volta nel cuore di ogni fratello la chiesa come madre, sorella e figlia. Questa è la meta.
Entra in comunità colui che accoglie nella sua vita il kerygma e desidera fare un Cammino
di conversione. Non vi sono altre condizioni. Uomini e donne, anziani e giovani, sposati o
meno, colti e analfabeti, ricchi e poveri, preti e suore possono far parte della comu nità. Nessuno
è privilegiato. Non si tratta di un gruppo specializzato del quale si fa parte perché si appartiene
allo stesso ambiente di vita o di lavoro.
La comunità, dal punto di vista sociologico, e uno specchio del mondo e uno spaccato di
chiesa. Niente è più lontano dal Cammino che la volontà di concentrarsi su tecniche
psicologiche e sociologiche nella formazione della comunità. La dinamica di gruppo, la
strategia di integrazione personale, la promozione di relazioni credibili, non sono ricercate
direttamente come tali, ma frutta di un‟altra cosa; di un mezzo che nessuno sceglierebbe, che
anzi tutti vorrebbero eliminare per creare le condizioni più idonee al crescere di una comunità: i
limiti, i difetti, i peccati dei fratelli, la vita concreta in tutta la sua realtà bella e brutta. Sono
proprio i peccati e i difetti delle singole persone ad essere un aiuto importante ai fratelli, perché
li costringono quasi a scoprire la propria impotenza ad accogliere l ‟altro così come è;
l‟impossibilità ad assumere dell‟altro quello che distrugge; per cui amare comincia ad apparire
come la distruzione del proprio io, di quanto cioè costituisce la sicurezza di ognuno.16

La tragedia dell‟uomo è il non volere morire, scoprendo però che amare diventa sempre
più un morire; per cui si è ad una svolta: o si continua ad amare «fino ad un certo punto», ma
allora continua la vita di prima, oppure, fidandosi della Parola, si rischia di amare «oltre» e

* * *
16
Cf. R. BLASQUEZ, Le comunità neocatecumenali. Discernimento teologico, Paoline, Milano 1987, pp. 36-51.8

* * *

allora si scopre che nella comunità comincia a nascere un rapporto diverso, f rutto dell‟azione
dello Spirito. Così un po‟ alla volta cominciano a cadere i progetti di comunità che ognuno
porta con sé per lasciare posto alla comunità che va costruendo lo Spirito di Cristo, capace al
termine del Cammino di accogliere il comandamento «Amatevi come io vi ho amato». Così
ogni membro della comunità inizia a sperimentare che il cristiano non è chiamato a farsi amare
ma ad amare; impara a dare i primi segni della fede adulta, a ritenere gli altri superiori a sé, ad
essere sottomesso, a portare i peccati dei fratelli senza giudicarli o mormorare, ad amare
perdendo la vita, ad essere chiesa. Così l‟ecclesialità costitutiva della vita cristiana passa
attraverso la comunità che cresce in ambito parrocchiale e che un po‟ alla volta si scopre parte
di un tutto, dentro una comunità più ampia, sperimentando con forza che non esiste possibilità
di essere cristiani senza la chiesa, incontrata concretamente nella vita dei fratelli più vicini.
b) Gradualità. - Anche qui la meta è grande: si tratta di ricucire un po‟ alla volta la frattura tra
fede e vita, il fatto cioè che, abitualmente, la fede non c‟entri con la vita; che se anche Dio ci fosse,
nulla avrebbe a che fare con la vita.
Dall‟esterno questo è l‟aspetto che più colpisce e che rischia di essere confuso con la
lunghezza del Cammino, mentre si tratta di un vero percorso a tappe, la cui meta è l‟ingresso nella
chiesa, attraverso l‟esperienza graduale di ciò che significa essere cristiani sul piano della dottrina
ma soprattutto su quello esistenziale. Non si va in comunità per imparare qualcosa, ma per vedere
che le parole ricevute di volta in volta, nelle diverse tappe, cominciano a compiersi nella propria
vita, cominciano a trasformare la vita di ognuno, a rendere più semplici i rapporti con se stessi, con
i fratelli e con Dio; un intreccio di rapporti che si realizzano in diversi momenti, in diversi modi, in
diverse profondità, ma il cui esito è sempre il graduale formarsi di una comunità di fratelli che
prendono sempre più coscienza di essere peccatori. Pensavano di essere buoni, si accorgono di
essere schiavi di tanti idoli; è il tempo del precatecumenato. Un tempo in cui alle persone si chiede
solo di apprendere il linguaggio biblico (si imparano le parole: acqua, fuoco, agnello, ecc.) e il
modo di pensare di Dio (attraverso i temi e le figure: alleanza, sacrificio, Abramo, Mosè, ecc.)
lasciandosi giudicare dalla parola di Dio per scoprirsi peccatori perdonati.
Qualcosa di diverso si prospetta nel secondo tempo: il catecumenato. Tempo della
semplificazione dei rapporti con se stessi, con i fratelli e con Dio: quindi il tempo della rinuncia agli
idoli, a ciò che impedisce di essere liberi; al denaro, in modo particolare, con dei gesti eloquenti;
tempo per riconciliarsi con la propria storia incominciando a vedere Dio presente nelle proprie
croci; è il tempo della iniziazione alla preghiera, all‟«ufficio» del cristiano; una iniziazione che si
concluderà con la consegna del «Padre nostro», quando ogni fratello imparerà a vedere chi è
l‟effettivo padre nella sua vita, se il maligno o Dio; tempo del primo ingresso nella vita della chiesa,
nella storia della sua fede attraverso lo studio del «credo», con i primi servizi in parrocchia e,
soprattutto, attraverso la missione, due a due, nelle case della parrocchia, per testimoniare al mondo
che Dio è signore di ogni morte e per vedere le sofferenze della gente, cominciando a portarne i
peccati senza giudicare. Il catecumenato è un tempo di lotta con le tre armi della preghiera,
dell‟elemosina e del digiuno: armi che si devono usare insieme, altrimenti sono inefficaci. Ormai
non è più in gioco solo la lotta contro le proprie passioni, ma anche contro il maligno che vuol
impedire la formazione di una chiesa e quindi la possibilità dell‟evangelizzazione.
Al tempo del catecumenato segue quello della elezione: l‟ultima tappa che termina con un
grande scrutinio, per vedere se, come diceva Giovanni Crisostomo, «la virtù si compie ormai
spontaneamente, senza sforzo», segno di «elezione divina». È un tempo nel quale, come i tre
fanciulli nella fornace, il cristiano non muore là dove gli altri muoiono, non perché lui sia più bravo,
ma perché con lui c‟è un angelo, perché il cristiano è chiamato a «salare» gli altri, ad entrare nel
mondo per dare i segni della fede - quelli che attendono i nuovi pagani, ormai scettici di fronte ad
altre presenze della chiesa e scandalizzati di fronte al dolore -, che sono una solidarietà, un amore
spinto fino a dare la vita; come Cristo che non è un eroe morto per un grande ideale, ma un uomo
morto per della povera gente che nulla meritava. Si tratta di un processo in cui si entra solo se
chiamati da Dio; non quindi reggendosi sulle proprie forze ma sulla potenza di Dio e quindi capaci
di scorgerne l‟opera nella propria vita, in quella dei fratelli e nel mondo.
c) La liturgia. - Anche qui la posta in gioco è grande; compiere la parola: «in ogni tempo
benedite il Signore»; fare della propria vita una lode a Dio. Si tratta del primo lavoro della chiesa e
del cristiano; del loro «ufficio», a somiglianza di Cristo che alla destra del Padre vive in preghiera;
una preghiera che ricade sulla chiesa per tenerla sveglia in attesa dello sposo e per tenere in piedi il
mondo. La comunità diventa luogo della benedizione ascendente.
Strutturalmente tutto nel Cammino avviene in un clima liturgico: nella celebrazione
dell‟eucaristia al sabato; nella celebrazione della parola il mercoledì sera; nelle preparazioni
domestiche; alla domenica nella celebrazione familiare delle lodi. In particolare nelle piccole e
grandi convivenze o in qualsiasi riunione dove una o più comunità vengono riunite: tutto è sempre
preceduto dall‟invocazione allo Spirito, cui seguono il canto delle lodi o del vespro, la catechesi, le
notizie, gli avvisi, le preghiere spontanee, l‟abbraccio di pace e la benedizione finale del presbitero.
Nulla si fa al di fuori di una celebrazione liturgica: in essa si discutono i problemi, si fa la catechesi,
si sentono le esperienze dei fratelli, si danno direttive, si raccolgono aiuti per le diverse necessità.
Liturgia, carità e catechesi, i pilastri su cui si regge la Chiesa, si fondono così insieme,
corrispondendo al tripode del Cammino: parola, eucaristia e vita di comunità. Catechesi e carità
trovano la loro espressione in un contesto liturgico perché solo lo Spirito apre le orecchie e solo lo
Spirito comunica la forza del perdono reciproco e solo lui permette di aiutare chi si trova nel
bisogno senza condizionarsi reciprocamente. La carità non si fa mai direttamente da fratello a
fratello, ma passa tramite la comunità perché vi sia libertà e onore per tutti, davanti al Signore;
come nel primi tempi della chiesa, quando i cristiani si aiutavano per mezzo delle mani del vescovo,
davanti al quale al termine della liturgia i più facoltosi deponevano i loro beni. La celebrazione
liturgica si caratterizza in modo particolare in occasione delle tappe in preparazione della
rinnovazione delle promesse battesimali: in ognuna di esse attraverso l‟Invocazione dello Spirito,
l‟imposizione delle mani e gli esorcismi, il fratello rivive la grazia del battesimo già ricevuta;
un‟acqua la cui rivivificazione totale si compirà nella veglia pasquale di fine Cammino, rinnovando
le promesse battesimali. Si può comprendere, quindi, come la veglia pasquale sia al centro del
Cammino, perché ne conclude il percorso e insieme ne visibilizza lo scopo: la comunità offerta
come corpo alla chiesa, per continuare nel mondo la redenzione di Cristo.
d) Conversione. - Anche qui la sfida è molto importante; mai dare per scontata la propria
conversione; per nessuno. Anche se a una certa tappa del Cammino alcuni peccati sono
difficilmente concepibili, si può sempre contristare lo Spirito. Ogni giorno si è invitati alla
conversione, ricordando che dentro al nostro corpo rimangono come sette bocche che, se non ci
possono uccidere, ci possono mordere, lasciando delle ferite che solo la grazia di Dio, la
connessione sacramentale può curare. Anche la precarietà spirituale non finisce mai. Dice Kiko:
«Mai nessun miracolo che Dio fa con noi ci condiziona, ci aliena, ci impedisce di essere liberi. È
tutto il contrario. Ogni volta siamo più liberi: questa è una educazione alla libertà, alla totale libertà.
Ogni amore umano condiziona; non così l‟amore di Dio; ogni giorno siamo più liberi, ogni giorno
ci si può giocare tutta la fede per un nulla». Da qui l‟appello alla vigilanza quotidiana: alla lettura
(scrutatio) delle Scritture, per incontrarsi quotidianamente con Cristo e ricevere il suo Spirito;
all‟uso delle tre armi: preghiera, digiuno ed elemosina.
Dopo questa prima analisi addentriamoci nel testo degli Statuti definitivamente approvati.

UNA DATA STORICA: 13 GIUGNO 2008
La natura del Cammino neocatecumenale è descritta nell‟articolo 1 dello Statuto approvato:10
§ 1. La natura del Cammino Neocatecumenale viene definita da S.S. Giovanni Paolo II quando scrive:
«Riconosco il Cammino Neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica, valida per la
società e per i tempi odierni».
§ 2. Il Cammino Neocatecumenale è al servizio del Vescovo come una delle modalità di attuazione
diocesana dell‟iniziazione cristiana e dell‟educazione permanente nella fede.
§ 3. Il Cammino Neocatecumenale, dotato di personalità giuridica pubblica.17

consta di un insieme di beni spirituali.18

:
I. il “Neocatecumenato”, o catecumenato post-battesimale, secondo la modalità di cui al Titolo II;
II. l‟educazione permanente della fede, secondo la modalità di cui al Titolo III;
III. il catecumenato, secondo la modalità di cui al Titolo IV;
IV. il servizio della catechesi, di cui al Titolo V, svolto secondo le modalità e dalle persone ivi
indicate.
Con questo primo articolo dello Statuto, la Chiesa conferma definitivamente il Cammino
neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica valido per la società e per i tempi
odierni. È quanto Giovanni Paolo II aveva già scritto nel 1990:
Ogniqualvolta lo Spirito Santo fa germinare nella Chiesa impulsi di una maggiore fedeltà al Vangelo,
fioriscono nuovi carismi che manifestano tali realtà e nuove istituzioni che le mettono in pratica. È stato
così dopo il Concilio di Trento e dopo il Concilio Vaticano II. Tra le realtà generate dallo Spirito ai
nostri giorni figurano le Comunità Neocatecumenali, iniziate dal Signor K. Argüello e dalla Signora C.
Hernández (Madrid, Spagna), la cui efficacia per il rinnovamento della vita cristiana veniva salutata dal
mio predecessore Paolo VI come frutto del Concilio.19

Oltre al riconoscimento dell‟origine divina del Cammino Neocatecumenale per i nostri tempi,
nello Statuto definitivo la Chiesa riconosce una novità rispetto allo Statuto ad experimentum del 29
Giugno 2002: Il Cammino Neocatecumenale è dotato di personalità giuridica pubblica, che getta
luce nuova sull‟insieme di beni spirituali, propri del Camino. Secondo il Codice di Diritto
Canonico:
Can. 116 - § 1. Le persone giuridiche pubbliche sono insiemi di persone o di cose, che vengono
costituite dalla competente autorità ecclesiastica perché, entro i fini ad esse prestabiliti, a nome della
Chiesa compiano, a norma delle disposizioni del diritto, il proprio compito, loro affidato in vista del
bene pubblico; tutte le altre persone giuridiche sono private.
§ 2. Le persone giuridiche pubbliche vengono dotate di tale personalità sia per il diritto stesso sia per
speciale decreto dell‟autorità competente che la concede espressamente.
Juan Ignacio Arrieta, Segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, in alcune
Annotazioni canoniche riguardo al Cammino dotato di personalità giuridica pubblica, commenta:
A differenza del testo del 2002, gli Statuti ora approvati affermano la personalità giuridica pubblica del
Cammino Neocatecumenale (art 1 § 3), erezione che avvenne per iniziativa del Pontificio Consiglio per
i Laici, con Decreto del 28 ottobre del 2004. Il punto è di particolare rilevanza perché ci porta alla vera
novità che, qua e là, emerge dai nuovi Statuti. Quale rilevanza pratica può avere adesso l‟erezione della
personalità giuridica pubblica? A mio modo di vedere, la maggiore conseguenza di questa personalità
pubblica, applicata all‟itinerario di formazione neocatecumenale, riguarda la particolare autorevolezza

* * *

17
Statuto del Cammino Neocatecumenale, Roma 11 maggio 2008.
18
Cf. Can. 115 § 3: fondazione autonoma di beni spirituali.
19
GIOVANNI PAOLO II, Lettera Ogniqualvolta, a Mons. P. J. Cordes, incaricato ad personam per l‟apostolato delle
Comunità Neocatecumenali.

* * *
ecclesiale con la quale, sotto la direzione dei Vescovi diocesani, s‟impartisce finora il Cammino, e nel
particolare impegno che, di conseguenza, si assume perché esso sia proposto – come risultava prima,
ma adesso con rinnovato impegno giuridico – per mezzo di persone particolarmente selezionate e
appositamente formate.
Riguardo al Cammino che consta di beni spirituali, osserva:
Ciò che in questo caso riceve personalità giuridica pubblica nella Chiesa è propriamente l‟itinerario di
formazione cattolica, cioè, il metodo di catecumenato post-battesimale che gli Statuti descrivono… Si
può definire il Cammino come una fondazione di beni spirituali.20

I beni spirituali di cui consta il Cammino Neocatecumenale, come abbiamo visto sopra, sono:
I. il “Neocatecumenato”, o catecumenato post-battesimale. II. l‟educazione permanente della fede.
III. il catecumenato (per pagani) IV. il servizio della catechesi.

ANNUNCIO E NASCITA DELLA COMUNITÀ NELLE DIOCESI E NELLE PARROCCHIE
L‟attuazione del Cammino, secondo l‟Art. 2, si attua nelle Diocesi:
sotto la giurisdizione, la direzione del Vescovo diocesano e con l‟assistenza, la guida dell‟Équipe
Responsabile internazionale del Cammino, o dell‟Équipe responsabile delegata, di cui all‟art. 3, 7º;
secondo «le linee proposte dagli iniziatori», contenute nel presente Statuto e negli Orientamenti alle
Équipes di Catechisti.
Nella Nota a fondo pagina si specifica: «Con le parole direzione e guida si indicano due
funzioni distinte: con il termine direzione si intende la giurisdizione propria dei ministri ordinati;
con il termine guida si intende la conoscenza tecnica del Cammino secondo le linee proposte dagli
iniziatori».21

Abbiamo qui le due componenti essenziali perché il Cammino neocatecumenale possa nascere
e crescere in una Diocesi: il Vescovo, che direttamente e attraverso il Parroco accoglie il Cammino
Neocatecume«nale e ne garantisce l‟ecclesialità e l‟autenticità, e gli Iniziatori (o catechisti da loro
delegati) che garantiscono che il Cammino si svolga secondo le linee degli iniziatori.
All‟interno della Diocesi il Neocatecumenato si attua di norma nella Parrocchia.
Art. 6§ 1. Il Neocatecumenato, in quanto itinerario di riscoperta dell‟iniziazione cristiana, è attuato di
norma nella parrocchia, «ambito ordinario dove si nasce e si cresce nella fede», luogo privilegiato in
cui la Chiesa, madre e maestra, genera nel fonte battesimale i figli di Dio e li “gesta” alla vita nuova.
§ 2. Poiché la pastorale di iniziazione cristiana è vitale per la parrocchia, la realizzazione del Cammino
Neocatecumenale va coordinata con la funzione propria che ha il Parroco in ciascuna comunità
parrocchiale (cfr. can. 519 CIC), esercitando, anche con la collaborazione di altri presbiteri, la cura
pastorale di coloro che lo percorrono.

* * *

20
Codice di Diritto Canonico, Can. 115§ 3. L‟insieme di cose, ossia la fondazione autonoma, consta di beni o di cose,
sia spirituali sia materiali, e lo dirigono, a norma del diritto e degli statuti, sia una o più persone fisiche sia un collegio.
21
Dal testo dello Statuto alla nota n- 8.12

* * *

§ 3. Il Cammino Neocatecumenale mirerà a promuovere nei suoi destinatari un maturo senso di
appartenenza alla parrocchia e a suscitare rapporti di profonda comunione e collaborazione con tutti i
fedeli e con le altre componenti della comunità parrocchiale.
Tra i frutti dell‟itinerario neocatecumenale, descrivendo l‟Educazione permanente della fede
come una via di rinnovamento nella parrocchia al Titolo III, lo Statuto dice:
Art. 23 § 1. In questo modo il Cammino Neocatecumenale contribuisce al rinnovamento parrocchiale
auspicato dal Magistero della Chiesa di promuovere «nuovi metodi e nuove strutture», che evitino
l‟anonimato e la massificazione, e di considerare «la parrocchia come comunità di comunità», che
«decentrano e articolano la comunità parrocchiale».
All‟interno della parrocchia il Neocatecumenato è vissuto in piccola comunità:
Art. 7§ 1. All‟interno della parrocchia, il Neocatecumenato è vissuto in piccola comunità –
denominata comunità neocatecumenale –, dato che la forma completa o comune dell‟iniziazione
cristiana degli adulti è quella comunitaria.
§ 2. Modello della comunità neocatecumenale è la Sacra Famiglia di Nazaret, luogo storico dove il
Verbo di Dio, fatto Uomo, si fa adulto crescendo «in sapienza, età e grazia», stando sottomesso a
Giuseppe e Maria. Nella comunità i neocatecumeni divengono adulti nella fede, crescendo in umiltà,
semplicità e lode, sottomessi alla Chiesa.
Nella Nota a piè di pagina dello Statuto riguardo alla piccola comunità si specifica: «È
importante constatare come Giovanni Paolo II, in Christifideles laici, n. 61, pone la convenienza
delle piccole comunità ecclesiali nel contesto delle parrocchie e non come un movimento parallelo
che assorbe i suoi membri migliori: “All‟interno poi di talune parrocchie… le piccole comunità
ecclesiali presenti possono essere di notevole aiuto nella formazione dei cristiani, potendo rendere
più capillari e incisive la coscienza e l‟esperienza della comunione e della missione ecclesiale».
Le catechesi del Cammino hanno una loro peculiarità soprattutto nel taglio esistenziale che
con evidenza manifestano; se il loro contenuto è biblico e teologico, la natura e il metodo
privilegiano quello vitale, senza per questo sminuire il dato dottrinale. Siamo alla presenza non di
un corso biblico né di un insegnamento astratto, ma di un‟iniziazione mistagogica al Dio della storia
della salvezza del quale si va scoprendo ogni giorno la tenerezza e l‟amore nella vicenda stessa
dell‟esistenza. A tal riguardo lo Statuto ricorda:
Art. 9. Il Neocatecumenato comincia nella parrocchia, su invito del Parroco, con delle catechesi
kerigmatiche, chiamate catechesi iniziali, contenute negli Orientamenti alle Èquipes di Catechisti. Al
fine di sperimentare il Tripode: Parola, Liturgia, Comunità, su cui si basa la vita cristiana, le catechesi
iniziali sono articolate in tre parti:
1. L‟annuncio del kerigma… chiama alla conversione e alla fede, invita a riconoscersi peccatori, ad
accogliere il perdono e l‟amore gratuito di Dio e a mettersi in Cammino verso la propria
trasformazione in Cristo, per la potenza dello Spirito. La conversione è sigillata dalla celebrazione
della Penitenza. Questo sacramento, celebrato periodicamente, sosterrà il Cammino di conversione dei
singoli e della comunità.
2 .Il kerigma preparato da Dio attraverso la storia della salvezza (Abramo, Esodo, ecc.): si danno le
chiavi ermeneutiche necessarie per l‟ascolto e la comprensione della Sacra Scrittura: vedere in Gesù
Cristo il compimento delle Scritture e mettere i fatti della propria storia sotto la luce della Parola.
Quest‟iniziazione alla Scrittura viene sigillata in una celebrazione della Parola, in cui i partecipanti
ricevono la Bibbia dalle mani del Vescovo, garante della sua autentica interpretazione, come segno
che la madre Chiesa d‟ora innanzi lungo il Cammino li nutrirà settimanalmente a questa mensa, fonte
viva della catechesi.
3. Il kerigma nei sacramenti e nella koinonia: le catechesi culminano nella convivenza con la
celebrazione dell‟Eucaristia. Detta celebrazione, preparata da opportune catechesi, aiuta a riscoprire lo
splendore pasquale messo in risalto dal Concilio Vaticano II e a sperimentare la comunione tra i
fratelli. Infatti «non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come
cardine la celebrazione della sacra Eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi
educazione tendente a formare lo spirito di comunità». La celebrazione dell‟Eucaristia accompagnerà
la comunità durante tutto l‟itinerario.

ELEMENTI FONDAMENTALI
Art. 8 § 2. Le catechesi iniziali e l‟itinerario neocatecumenale si basano sui tre elementi fondamentali
(“tripode”) della vita cristiana, messi in rilievo dal Concilio Vaticano II: Parola di Dio, Liturgia e
Comunità.
Questo tripode della vita cristiana, messo in rilievo dal Concilio Vaticano II, corrisponde alle
tre Costituzioni del Concilio: “Dei Verbum”: Parola di Dio, “Sacrosanctum Concilium”: Liturgia,
“Lumen Gentium”: Comunità.
Per quanto riguarda la Costituzione pastorale Gaudium et Spes” il suo contenuto dottrinale è
sotteso ed esplicitato fin dalle Catechesi iniziali in tutto l‟itinerario come pure nella formazione
permanente, soprattutto per quanto riguarda l‟antropologia: persona, famiglia, lavoro e attività
umana, società: sempre avendo come riferimento primo ed ultimo la persona di Gesù Cristo.

La Parola di Dio
L‟aspetto più originale del Cammino è di essere un itinerario celebrativo della Parola di Dio, il
suo primo e fondamentale criterio ermeneutico della Parola di Dio è la dinamica pasquale che esso
privilegia, sia nella celebrazione settimanale della Parola di Dio, che in quella dell‟Eucaristia
domenicale, che nel giorno di “convivenza” mensile. La Parola di Dio non è interpretata in base ad
una spiritualità particolare, ma piuttosto - come avvenne con il popolo d‟Israele e, in seguito, con le
prime comunità cristiane - si tratta di imparare a mettere i passi della propria vita nelle orme di
Cristo: “Lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105), per portare a
compimento in noi il mistero pasquale.22

Art. 11 § 1. Ciascuna comunità neocatecumenale settimanalmente ha una celebrazione della Parola di
Dio, di norma con quattro letture, secondo i temi indicati dagli Orientamenti alle Èquipes di Catechisti
per ogni tappa.
§ 2. Nella celebrazione della Parola di Dio, prima dell‟omelia, il presbitero invita chi lo desidera tra i
presenti ad esprimere brevemente ciò che la Parola proclamata ha detto alla sua vita. Nell‟omelia, che
ha un posto privilegiato nell‟istruzione del Neocatecumenato, il presbitero prolunga la proclamazione
della Parola, interpretandola secondo il Magistero e attualizzandola nell‟oggi del Cammino di fede dei
neocatecumeni.
§ 4. Per approfondire la Scrittura «con l‟intelligenza ed il cuore della Chiesa», i neocatecumeni si
avvalgono soprattutto della lettura degli scritti dei Padri, dei documenti del Magistero, in particolare del

* * *

22
Cf. E. PASOTTI, L’itinerario del Cammino neocatecumenale. La Parola di Dio celebrata, in Rivista Liturgica, 6
(1997) 853-866.14

* * *

Catechismo della Chiesa Cattolica, e di opere di autori spirituali.
La gradualità, propria dell‟iniziazione cristiana, diviene così una vera e propria iniziazione alla
Scrittura. Il Cammino, nelle sue varie tappe verso la rinnovazione delle promesse battesimali, introduce
progressivamente ed esistenzialmente al linguaggio e ai diversi sensi della Scrittura. E in questo modo
si giunge a quella affinità vissuta con ciò di cui parla il testo, condizione esigere dalla Pontificia
Commissione Biblica per ogni conoscenza e attualizzazione propria del testo biblico. Sempre in un
clima celebrativo. Sempre in un itinerario ermeneutico che parte dai cosiddetti libri storici dell‟AT, per
passare attraverso i profeti, gli Atti degli Apostoli, le Lettere, l‟Apocalisse e i Vangeli. Con un ritmo di
4 letture, secondo lo schema già in uso presso la Chiesa siriaca.23

Nella prima fase dell‟iniziazione neocatecumenale: riscoperta del precatecumenato.
Art. 19 § 1. Nella prima tappa, che va dalle catechesi iniziali fino al primo scrutinio, e che dura circa
due anni, i neocatecumeni imparano il linguaggio biblico, celebrando settimanalmente la Parola di Dio,
con temi semplici che percorrono tutta la Scrittura, come: acqua, roccia, agnello, ecc.
§ 2. Nella seconda tappa, di analoga durata, i neocatecumeni celebrano le grandi tappe della storia della
salvezza: Abramo, Esodo, Deserto, Terra promessa, ecc., e viene dato loro un tempo perché provino a
se stessi la sincerità dell‟intenzione di seguire Gesù Cristo, alla luce della sua Parola: «Non potete
servire a Dio e al denaro» (Mt 6,24).
Nella celebrazione conclusiva del secondo scrutinio, rinnovano davanti alla Chiesa la rinuncia
al demonio e manifestano la volontà di servire solo Dio. In seguito studiano e celebrano le principali
figure bibliche: Adamo, Eva, Caino, Abele, Noè, ecc., alla luce di Cristo.
Nella seconda fase dell‟iniziazione neocatecumenale: riscoperta del catecumenato.
Art. 20. I neocatecumeni, scrutando i salmi in piccoli gruppi, sono iniziati alla pratica assidua della
“lectio divina” o “scrutatio scripturæ”, «nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per trasformarsi
in preghiera». Infatti, l‟ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo.24

Nella terza fase: riscoperta dell‟elezione.
I Neocatecumeni studiano e celebrano i singoli brani del Sermone della Montagna. Questa
tappa è particolarmente intensa per catechesi profonde e impegnative per una coerenza di vita, dove
le celebrazioni della Parola e le scrutatio illuminano e guidano i passi personali e comunitari durante
la formazione permanente delle fede. I membri della comunità sono invitati ad esprimere il loro
sacerdozio comune con un culto spirituale, a vivere una spiritualità del ringraziamento.

La Liturgia
Come sappiamo Carmen venne a contatto con il rinnovamento del Concilio, sia per lo studio
della teologia a Valencia, sia più tardi a Barcellona per il contatto con Padre Farnes,25
discepolo di

* * *

23
Ibidem.
24
Cf. S. GIROLAMO, Comm. in Is., Prol; cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Dei Verbum, 25;
Catechismo della Chiesa Cattolica, 133.
25
Padre Farnes Sherer, non solamente ha trasmesso a Carmen, e attraverso di lei a Kiko, e quindi al Cammino, il
rinnovamento liturgico del Concilio, ma ha accompagnato di persona lo sviluppo del Cammino offrendo la sua specifica

* * *

Dom Botte, uno dei padri del rinnovamento liturgico. Così fin dall‟inizio il Cammino poté mettere
al centro il Triduo e la Veglia Pasquale e la riscoperta dell‟Eucaristia con la ricchezza dei segni
promossa dalla riforma liturgica. Infatti:
La liturgia è il vero luogo della Parola di Dio, dove la storia dell‟uomo entra nel progetto di Dio, si fa
storia della salvezza. Ogni liturgia celebra la Pasqua del Signore, questo passaggio che libera e salva.
Ogni liturgia celebra la “trasfigurazione” dell‟uomo, la sua “cristificazione”: Cristo, “typos”, “icona”
del figlio, è questa forma vuota (cf Fil 2,6-8) dove ogni uomo - sciolto come cera dall‟esperienza della
propria debolezza - può essere versato perché si riproduca in lui l‟immagine del figlio, perché possa
essere “secondo l‟icona”, Cristo. La Parola annuncia quest‟opera che la liturgia porta gradualmente a
compimento nella vita del cristiano. È da quest‟opera che nasce l‟uomo nuovo, il cristiano, l‟uomo della
comunione, l‟uomo creato da Dio in Cristo Gesù, come dice S. Paolo, per le opere buone che Dio ha
predisposto perché in esse camminasse (cf Ef 2,10, il testo greco).26

L‟efficacia della Liturgia dipende anche dalla fede. Mentre il Concilio di Trento aveva messo
in luce, nella controversia con i protestanti l’ex opere operato, il Vaticano II ha messo in luce l‟ex
opere operantis. Questo tradotto concretamente vuol dire che i Sacramenti, pur essendo in sé
efficaci per trasmetterci lo Spirito Santo, la vita stessa di Cristo, non possono però comunicarcela se
non trovano in noi la corrispondenza della fede, che lo stesso Spirito suscita in noi ma che non si
può dare senza il nostro libero assenso:
Ora qual è la chiave d‟ingresso nel catecumenato? È la famosa domanda, con cui ancora oggi
incomincia il grande e consueto rito battesimale: «Che cosa vuoi tu, che vieni alla soglia della Chiesa di
Dio?» chiede il ministro del battesimo al neo-battezzando. Risposta: «Chiedo la fede». E il ministro:
«Che cosa ti può dare la fede?»; risposta: «La vita eterna». Nulla di più semplice, e nulla di più
importante di questo fondamentale dialogo: la fede è la chiave d‟ingresso; è la condizione iniziale,
indispensabile, per accedere alla salvezza cristiana. Essere battezzati cioè essere cristiani, esige la fede,
sia soggettiva, risposta personale piena e gioiosa all‟Amore divino, rivelatosi salvifico in Cristo,
sorgente di tutta la nostra vita nuova; sia oggettiva, adesione a una rivelata Parola di Dio, enucleata in
determinate verità, che il carisma docente della Chiesa propone da credere, senza riserve e senza
equivoche interpretazioni.27

Capita nella Chiesa quanto accadeva nel ministero pubblico di Gesù: la potenza che da lui
emanava agiva nella misura della fede di chi lo avvicinava. Ora la stessa potenza che risanava,
liberava dai demoni, risuscitava i morti è presente nella Chiesa e attua soprattutto nei Sacramenti in
forza della Parola e dei segni sacramentali, ma può attuare in noi solo nella misura della nostra fede.
Grazie alla fede che nasce o che si sviluppa poi attraverso un percorso progressivo e graduale,
i Sacramenti vanno comunicando la forza della vita di Gesù Cristo che poco a poco va liberando
dalle schiavitù, donando discernimento e comunicando la vita stessa di Cristo: lo Spirito Santo.
Possiamo dire che più la fede cresce e più la partecipazione alla liturgia è viva e attiva.
Ecco perché dall‟inizio il Cammino ha vissuto con forza e potenza la celebrazione del Mistero
della morte e risurrezione nel triduo Pasquale, soprattutto nella Veglia celebrata con tutta la
ricchezza dei segni voluta dal Concilio: rito della luce, proclamazione della Parola nel quadro della
consulenza soprattutto nel dialogo con la santa Sede. Da anni, nonostante le difficoltà della età, si sposta in vari
Redemptoris Mater per trasmettere ai seminaristi e ai presbiteri il senso vivo dello spirito della liturgia nella Tradizione
della Chiesa e nel rinnovamento del concilio vaticano II. Recentemente ha compendiato lo spirito del rinnovamento
liturgico del Concilio Vaticano II, nel libro: P. FARNES SHERER, Vivir la eucaristia que nos mandò celebrar el Señor,
Ed. STJ, Barcelona 2007.

* * *

26
E. PASOTTI, Op. cit.
27
PAOLO VI, Udienza del Mercoledì, 24 Aprile 1974.16

* * *

Storia della Salvezza, battesimo dei bambini e rinnovo delle promesse battesimali, e canto della
Eucaristia con la comunione al corpo e al sangue di Cristo. In questo modo la Liturgia ha
cominciato ad essere la fonte della nostra vita cristiana.
Art. 12 § 1 Cardine e fonte della vita cristiana è il mistero pasquale, vissuto e celebrato in modo
eminente nel Santo Triduo, il cui fulgore irradia di luce l‟intero anno liturgico. Esso costituisce
pertanto il fulcro del Neocatecumenato, in quanto riscoperta dell‟iniziazione cristiana.
§ 2. «La veglia pasquale, centro della liturgia cristiana, e la sua spiritualità battesimale, sono
ispirazione per tutta la catechesi». È per questo motivo che, durante l‟itinerario, i neocatecumeni sono
iniziati gradualmente ad una più perfetta partecipazione a tutto ciò che la santa notte significa, celebra
e realizza.
§ 3. In questo modo il Neocatecumenato stimolerà la parrocchia ad una celebrazione più ricca della
veglia pasquale.
Il Cammino Neocatecumenale fin dagli inizi nelle baracche di Palomeras (Madrid), grazie a
Carmen, che attraverso Padre Farnes ha comunicato il rinnovamento del Concilio, e grazie a Kiko,
che ha saputo plasmare l‟assemblea e mettere in risalto i segni sacramentali, ha dato grande risalto
alla celebrazione del Triduo Pasquale e al recupero della Veglia Pasquale con tutta la ricchezza di
segni e di Parola durante tutta la notte. È senz‟altro merito del Cammino aver contribuito al
recupero della Veglia Pasquale in molte Parrocchie.
Nella Nota a questo Articolo si legge: «Anche oggi, tanti neocatecumeni provengono dal
mondo e da esperienze fuori della Chiesa ed hanno bisogno di una graduale introduzione ai
sacramenti: una propedeutica sacramentale che Giovanni Paolo II ha definito «laboratorio
sacramentale», nel quale i battezzati, ma non iniziati,28
possono gradualmente scoprire il fulgore del
mistero pasquale.
Per questo affinché il Neocatecumenato possa continuare a servire da stimolo nelle Parrocchie
per una celebrazione più ricca della veglia pasquale si chiede ai pastori che, specialmente durante i
primi anni del Neocatecumenato, permettano alle comunità più giovani di poter vivere e
sperimentare in tutta la sua pienezza la veglia:
Art. 12 § 1. Cardine e fonte della vita cristiana è il mistero pasquale, vissuto e celebrato in modo
eminente nel Santo Triduo, il cui fulgore irradia di luce l‟intero anno liturgico. Esso costituisce
pertanto il fulcro del Neocatecumenato, in quanto riscoperta dell‟iniziazione cristiana.
§ 2. «La veglia pasquale, centro della liturgia cristiana, e la sua spiritualità battesimale, sono
ispirazione per tutta la catechesi».44 È per questo motivo che, durante l‟itinerario, i neocatecumeni
sono iniziati gradualmente ad una più perfetta partecipazione a tutto ciò che la santa notte significa,
celebra e realizza.
§ 3. In questo modo il Neocatecumenato stimolerà la parrocchia ad una celebrazione più ricca della
veglia pasquale.
Assaporando man mano la Parola, calata nella concreta realtà e gustando l‟Eucaristia,
memoriale della passione, morte e risurrezione del Signore, i neocatecumeni scoprono come
l‟amore di Dio ha perdonato i loro peccati, li ha resi figli per l‟eternità, dando loro una nuova
natura, lo stesso spirito di Gesù costituto per l‟umanità Buon Pastore, capace di dare la vita a chi è
morto nel peccato:

28
Cf. KAROL WOJTYLA, Affinché Cristo si serva di noi. Catecumenato del XX secolo: Znak, Cracovia, n. 34, 1952, pp.
402-413.17
Art. 13 § 1. L‟Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale,
vissuto in piccola comunità. L‟Eucaristia infatti completa l‟iniziazione cristiana.
§ 2. I neocatecumeni celebrano l‟Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi vespri
della Domenica. Tale celebrazione ha luogo secondo le disposizioni del Vescovo diocesano. Le
celebrazioni dell‟Eucaristia delle comunità neocatecumenali al sabato sera fanno parte della pastorale
liturgica domenicale della parrocchia e sono aperte anche ad altri fedeli.
§ 3. Nella celebrazione dell‟Eucaristia nelle piccole comunità si seguono i libri liturgici approvati del
Rito Romano, fatta eccezione per le concessioni esplicite della Santa Sede. Per quanto concerne la
distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie, i neocatecumeni la ricevono in piedi,
restando al proprio posto.
Benedetto XVI nella Udienza alle Comunità Neocatecumenali del 12 gennaio 2006 ha
confermato l‟importanza della Eucaristia come via privilegiata e indispensabile per costruire
comunità cristiane vive e perseveranti:
L‟importanza della liturgia e, in particolare, della Santa Messa nell‟evangelizzazione è stata a più
riprese posta in evidenza dai miei Predecessori, e la vostra lunga esperienza può bene confermare come
la centralità del mistero di Cristo celebrato nei riti liturgici costituisce una via privilegiata e
indispensabile per costruire comunità cristiane vive e perseveranti.29

Lo Statuto, come scritto sopra, riconosce ufficialmente che questa celebrazione eucaristica fa
parte della pastorale liturgica della Parrocchia assumendo che il Cammino che nasce in seno alla
Parrocchia è in funzione del bene della parrocchia stessa. Si tratta dunque di una messa
parrocchiale a pieno titolo, il cui scopo è quello di sostenere e rafforzare un itinerario di
iniziazione cristiana, attento soprattutto ai lontani che tornano alla Chiesa.
Comunità e missione
Art. 17 § 1. «La catechesi rende il cristiano idoneo a vivere in comunità e a partecipare attivamente
alla vita e alla missione della Chiesa». I neocatecumeni sono iniziati a «essere presenti da cristiani
nella società» e «a prestare la loro cooperazione nei differenti servizi ecclesiali, secondo la vocazione
di ciascuno».
§ 2. I neocatecumeni collaborano «attivamente all‟evangelizzazione e all‟edificazione della Chiesa»
innanzitutto essendo ciò che sono: il loro proposito di vivere in modo autentico la vocazione cristiana
si traduce in una testimonianza efficace per gli altri, in uno stimolo alla riscoperta di valori cristiani
che potrebbero altrimenti restare quasi nascosti.
Dalla crescita nella fede nell‟itinerario neocatecumenale molte le manifestazioni dello zelo
missionario che ha contribuito a dare forma alla nuova evangelizzazione proclamata da Giovanni
Paolo II: ricordiamo brevemente gli itineranti (coppie, giovani, ragazze, presbiteri e religiosi), le
famiglie e sorelle in missione, i Seminari missionari diocesani Redemptoris Mater, e ultimamente le
“missio ad gentes”, per non parlare delle missioni popolari, l‟annuncio due a due per le strade, la
partecipazione numerosa dei giovani alle Giornate mondiali della gioventù col Papa. Questo
evidenzia come c‟è bisogno di una fede accolta in profondo e ridonata ad altri, perché la Chiesa è
per sua natura e vocazione itinerante verso l‟uomo e non può mai cessare di intraprendere iniziative
creative per edificare la civiltà dell‟amore. Per questo la formazione in ordine alla fede è
fondamentale, gli anni di cammino sono indispensabili, l‟esperienza e la riscoperta dell‟altro, che

* * *

29
BENEDETTO XVI, Udienza Alle Comunità Neocatecumenali, 12 Gennaio 2006.18

* * *
non è altro da te, ma con te nella stessa via verso il Signore, sono necessarie. Ecco la grazia della
riscoperta battesimale quale inserimento vitale in Cristo morto e risorto in vista di una continua
metanoia, che porta a donare la vita a Cristo.
Dall‟ascolto della Parola e dalla Celebrazione Eucaristica (e del sacramento della
Riconciliazione) nasce e cresce la comunione con i fratelli e progressivamente verso tutti i fedeli e
tutti gli uomini:
Art. 15 § 3. La comunità aiuta i neocatecumeni a scoprire il loro bisogno di conversione e di
maturazione nella fede: la diversità, i difetti, le debolezze mettono in evidenza l‟incapacità di amare
l‟altro così com‟è, distruggono i falsi ideali di comunità e fanno sperimentare che la comunione
(koinonia) è opera dello Spirito Santo.
Art. 16 § 1. Nella misura in cui i neocatecumeni crescono nella fede, cominciano a manifestarsi i segni
della koinonia: il non giudicare, la non resistenza al malvagio, il perdono e l‟amore al nemico. La
koinonia si visibilizza anche nel soccorso ai bisognosi, nella sollecitudine per i malati, per i sofferenti
e per gli anziani e nel sostegno, per quanto possibile, di coloro che sono in missione, secondo quanto
indicato negli Orientamenti alle Équipes di Catechisti. I neocatecumeni vengono gradualmente
formati a un sempre più profondo spirito di comunione e di aiuto reciproco”.
§ 2. Il Neocatecumenato forma così progressivamente nella parrocchia un insieme di comunità che
rendono visibili i segni dell‟amore nella dimensione della croce e della perfetta unità, e in tal modo
chiamano alla fede i lontani e preparano i non cristiani a ricevere l‟annuncio del Vangelo.
§ 3. Il Cammino Neocatecumenale è offerto quindi come strumento atto ad aiutare la parrocchia a
compiere sempre più la missione ecclesiale di essere sale, luce e lievito del mondo, e a risplendere
davanti agli uomini come Corpo visibile di Gesù Cristo risorto, sacramento universale di salvezza.

L’ITINERARIO NEOCATECUMENALE COME EDUCAZIONE PERMANENTE DELLA FEDE
Il segreto del Cammino è stata la riscoperta della iniziazione cristiana. Con sguardo
retrospettivo dopo quaranta anni possiamo dire che il segreto del Cammino è stata la riscoperta
della iniziazione cristiana come disse Giovanni Paolo II:
Il Cammino del Battesimo riscoperto… Cammino dell‟uomo nuovo. Fede radicale; “Questo
Cammino, Cammino della fede, Cammino del Battesimo riscoperto, deve essere un Cammino
dell‟uomo nuovo Noi, carissimi, viviamo in un periodo in cui si sente, si fa l‟esperienza di un
confronto radicale- e io lo dico, perché questa è anche la mia esperienza di tanti anni -, di un confronto
radicale che si impone dappertutto. Non ve n‟è un‟unica edizione, ve ne sono diverse nel mondo; fede
e antifede, Vangelo e antivangelo, Chiesa e anti-Chiesa, Dio e antidio. Ecco, noi viviamo questa
esperienza storica, e più che nelle epoche precedenti. In questa nostra epoca abbiamo bisogno di
riscoprire una fede radicale, radicalmente compresa, radicalmente vissuta e radicalmente realizzata.
Noi abbiamo bisogno di una tale fede. lo spero che la vostra esperienza sia nata in tale prospettiva e
possa guidare verso una sana radicalizzazione del nostro cristianesimo, della nostra fede, verso un
autentico radicalismo evangelico.30

Sempre Giovanni Paolo II sottolineando la forza del catecumenato nella Chiesa primitiva
ebbe a dire:
II Battesimo è il sacramento degli inizi e del fondamento e sappiamo bene che un edificio cresce su

* * *

30
GIOVANNI PAOLO II, Discorso alle comunità Neocatecumenali della Parrocchia dei Martiri Canadesi, Roma 2
Novembre 1980.19

* * *

quello che è il suo fondamento. Io vedo così la genesi del neocatecumenato, del suo Cammino: uno -
non so se Kiko o altri - si è interrogato: da dove veniva la forza della Chiesa primitiva? e da dove viene
la debolezza della Chiesa, molto più numerosa, di oggi? E io credo che abbia trovato la risposta nel
catecumenato, in questo Cammino. Ecco è questo quanto io sento vivendo con voi alcuni momenti. Io
vi auguro tutti questi frutti in questa parrocchia, che mi sembra basata sull‟esperienza
Neocatecumenale.31

Questo riscoperta ci dà la misura della freschezza e della vitalità che c‟è nella res (Parola) che
divine Sacramento, meglio ancora, nella Parola che porta a celebrare e gustare il sacramento nella
sua verità essenziale. Siamo alla presenza del segno fontale da cui non si può partire per rigenerare
il tessuto cristiano, che mette il luce la dynamis battesimale:
Io mi domando dove sta il nucleo di questo processo che attraverso il Cammino neocatecumenale,
attraverso diverse persone, attraverso diverse circostanze, produce, suscita, ispira vocazioni sacerdotali,
alla vita consacrata, religiosa. Sono convinto che il punctum saliens, il punto di partenza di tutto questo
è la scoperta della ricchezza, della profondità divina, sacramentale del Battesimo. Qui si capisce il senso
della denominazione: Cammino neocatecumenale. C‟era il catecumenato tradizionale nei primi secoli
della Chiesa e c‟è ancora nei Paesi di missione e fa tanto bene alla Chiesa. Voi siete stati battezzati nella
vostra infanzia, forse nei primi giorni della vostra vita. II catecumenato deve venire dopo per la scoperta
delle ricchezze del santo Battesimo, di queste ricchezze divine e anche umane, che sono tante. Sono
ricchezze divi ne e umane insieme. Una di queste ricchezze è appunto che il Battesimo non è statico. Si
potrebbe andare una volta e basta. Si va in un mo mento della vita, e poi basta. Si registra nei libri
parrocchiali, e basta. In vece no, non è statico, è dinamico: provoca, appunto, un Cammino della vita
cristiana.32

Paolo VI dedicò al Cammino Neocatecumenale l‟allocuzione dell‟Udienza del mercoledì, 12
Gennaio 1977:
II sacramento della rigenerazione cristiana deve ritornare ad essere ciò che era nella coscienza e nel
costume delle prime generazioni del cristianesimo. Il Catecumenato: preparazione al Battesimo. Il
Neocatecumenato “dopo il Battesimo” Questo il segreto della vostra formula… un metodo di
evangelizzazione graduale e intensivo che ricorda e rinnova in certo modo il catecumenato d‟altri
tempi. Chi è stato battezzato ha bisogno di capire, di ripensare, di apprezzare, di assecondare
l‟inestimabile fortuna del Sacramento ricevuto. per mezzo di una evangelizzazione graduale e intensiva.
E noi siamo lieti di vedere che questo bisogno oggi è compreso dalle strutture ecclesiastiche
istituzionali, le parrocchie le Diocesi specialmente, e poi tutte le altre famiglie religiose; e sono
fondamentali in questo campo strutturale, come ho detto, le parrocchie. Tanta gente si polarizza verso
queste comunità neocatecumenali perché vede che lì c‟è una sincerità, c‟è una verità, c‟è qualche cosa
di vivo e di autentico: c‟è Cristo che vive nel mondo. E questo avvenga con la Nostra apostolica
benedizione.
M. Dujarier, uno dei più grandi studiosi del Catecumenato nella Chiesa primitiva, afferma:
Prima di educare la fede, bisogna farla innanzitutto nascere. È la finalità del primo periodo della
iniziazione che lo è chiamato precatecumenato. Questo periodo è particolarmente importante e non
dovrebbe essere omesso, perché è quello che, con l‟aiuto dello Spirito, permette alla fede iniziale di
germogliare in un principio di conversione... Solamente quando la fede è nata si può educare ed

* * *

31
Ibidem, Discorso alle comunità Neocatecumenali della parrocchia di Santa Maria Goretti, 31 Gennaio 1988.
32
Ibidem, Discorso ai giovani del Cammino Neocatecumenale in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù
a Denver, Roma 28 Marzo 1993.20

* * *

alimentare
33
-
L‟immagine della gestazione è la più diffusa perché si fonda sulla nozione tradizionale della
Chiesa Sposa e Madre. La nascita da un bambino non questione di un solo giorno. L‟applicazione di
questa immagine vitale all‟iniziazione catecumenale può comprendersi molto facilmente, dato che il
battesimo è presentato da Gesù come una nuova nascita. L‟entrata nel catecumenato corrisponde al
concepimento, quando la Parola di Dio è seminata nel cuore del convertito ed accolta da lui, è il
principio della vita: la Chiesa concepisce un nuovo cristiano nel suo seno. Durante il tempo del
catecumenato lo nutre coi suoi insegnamenti e con le sue azioni liturgiche, come un embrione che
cresce, il catecumeno si prepara a poco a poco a venire al mondo. Il battesimo è la nascita del fedele
che nasce alla vita di Dio.
L‟interesse di questa immagine consiste nel mostrare che l‟iniziazione cristiana non è
un‟educazione di tipo scolare (dottrinale, nozionistica), ma una crescita vitale e che si realizza in
seno a una comunità cristiana che deve svolgere il ruolo di ambiente vitale per la crescita.34

Il Neocatecumenato è come l‟apprendistato della vita della fede (catecumenato), una volta
terminato con la solenne rinnovazione delle Promesse Battesimali viene l‟esercizio della vita
cristiana, esercizio quotidiano che termina solo con la morte, il “dies natalis” al Cielo. Come
abbiamo ascoltato più volte nelle catechesi, la nostra fede deve essere purificata, come l‟oro al
crogiolo, attraverso tre passaggi che ci attendono: la malattia, la vecchiaia e la morte.
Sarebbe assurdo aver intrapreso un Cammino per giungere a dare i segni dell‟Amore e della
Unità, come viene esposto nelle catechesi iniziali, e poi quando si è giunti dopo tanti anni ad una certa
maturità di fede in cui si comincia a dare una vera e profonda comunione tra i fratelli, e a dare i segni
dell‟amore e della unità che attirano i pagani, queste comunità si dovessero sciogliere.
È chiaro che in una società secolarizzata e pagana come la nostra vivere e perseverare nella fede
di fronte ad un mondo ostile necessita del supporto costante della comunità per essere costantemente
alimentati dalla Parola di Dio, dalla Eucaristia crescendo nell‟amore a Dio e nella comunione
reciproca.
Art. 22 § 1. La comunità Neocatecumenale, dopo aver compiuto l‟itinerario di riscoperta
dell‟iniziazione cristiana, entra nel processo di educazione permanente della fede: perseverando nella
celebrazione settimanale della Parola e dell‟Eucaristia domenicale e nella comunione fraterna,
attivamente inseriti nella pastorale della comunità parrocchiale, per dare i segni dell‟amore e
dell‟unità, che chiamano l‟uomo contemporaneo alla fede:
§ 2. Il Cammino Neocatecumenale è così uno strumento al servizio dei Vescovi per attuare il processo
di educazione permanente della fede richiesto dalla Chiesa: l‟iniziazione cristiana, come ribadisce il
Direttorio generale per la Catechesi, «non è il punto finale nel processo permanente di conversione. La
professione di fede battesimale si pone a fondamento di un edificio spirituale destinato a crescere»;
«l‟adesione a Gesù Cristo, infatti, avvia un processo di conversione permanente, che dura tutta la
vita».
Si realizza così quanto detto da Kiko nel suo intervento il 28 Giugno 2002, giorno della prima
approvazione degli Statuti:
Non possiamo che ringraziare la Santa Vergine Maria che ha ispirato questo Cammino, facendoci fare
comunità come la Santa Famiglia di Nazareth, che vivano in umiltà, semplicità e lode, dove l‟altro è
Cristo. Ecco il passaggio dalla pastorale della cristianità, possiamo dire, del tempio, alla pastorale della

* * *

33
M. DUJARIER, Iniciaciòn Cristiana de Adultos, Desclèe de Brower 1986 (Ottimo testo di commento storico e
pastorale dell‟Ordo Initiationis Christianae Adultorum). Del medesimo autore da segnalare: Breve storia del
catecumenato, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1984.
34
Cf. Ibidem, Iniciación cristiana..., pag 76-77.21
comunità, come corpo di Cristo risorto.

* * *

Modalità del servizio della catechesi
Si parla di “modalità” del servizio alla catechesi. Perché si parla di modalità e non delle persone
che portano avanti il Cammino Neocatecumenale?
Se si fosse parlato delle persone, automaticamente il Cammino Neocatecumenale sarebbe stato
riconosciuto come una associazione o un movimento, portato avanti da persone strutturate con un tipo
di gerarchia, e conseguentemente legati da vincoli come diritti e doveri.
Ma essendo il Cammino Neocatecumenale riconosciuto come una modalità di iniziazione
cristiana, sia le persone implicate nel condurlo che le persone che ne usufruiscono sono
fondamentalmente dei cristiani, sia Presbiteri che laici, e come tali con la configurazione giuridica
propria dei fedeli definita nel Codice di Diritto Canonico.
Nel Titolo V degli Statuti perciò non si parla quindi direttamente delle persone, ma dei ruoli dei
vari soggetti da cui dipende la modalità di attuazione del Cammino Neocatecumenale nella Diocesi e
nella parrocchia.
Il Vescovo
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI invitano i Vescovi ad appoggiare le nuove realtà sorte
attorno al Concilio. Citiamo qui un passaggio della Lettera Ogniqualvolta di Giovanni Paolo II e un
passo dell‟ultimo discorso di Benedetto XVI ai vescovi sui carismi sorti dopo il Concilio,
animandoli a non temerli, ma ad accoglierli e appoggiarli.
Auspico, pertanto, che i Fratelli nell‟Episcopato valorizzino e aiutino - insieme con i loro presbiteri -
quest‟opera per la nuova evangelizzazione, perché essa si realizzi secondo le linee proposte dagli
iniziatori, nello spirito di servizio all‟Ordinario del luogo e di comunione con lui e nel contesto dell‟
unità della Chiesa particolare con la Chiesa universale.35

Ho molto apprezzato che sia stata scelta, come traccia del Seminario, l‟esortazione da me rivolta a un
gruppo di Vescovi tedeschi in visita ad limina, che oggi senz‟altro ripropongo a tutti voi, Pastori di
tante chiese particolari: „Vi chiedo di andare incontro ai movimenti con molto amorè (18 novembre
2006). Potrei quasi dire di non aver altro da aggiungere! La carità è il segno distintivo del Buon Pastore:
essa rende autorevole ed efficace l‟esercizio del ministero che ci è stato affidato. Andare incontro con
molto amore ai movimenti e alle nuove comunità ci spinge a conoscere adeguatamente la loro realtà,
senza impressioni superficiali o giudizi riduttivi. Ci aiuta anche a comprendere che i movimenti
ecclesiali e le nuove comunità non sono un problema o un rischio in più, che si assomma alle nostre già
gravose incombenze. No! Sono un dono del Signore, una risorsa preziosa per arricchire con i loro
carismi tutta la comunità cristiana. Perciò non deve mancare una fiduciosa accoglienza che dia loro
spazi e valorizzi i loro contributi nella vita delle Chiese locali. Difficoltà o incomprensioni su questioni
particolari non autorizzano alla chiusura. Il “molto amore” ispiri prudenza e pazienza.36

Dagli Statuti risulta chiaro, come affermano tutti i documenti della Chiesa, che il Vescovo è il
responsabile del catecumenato e della evangelizzazione nella sua Diocesi, e che in questa missione
fondamentale è coadiuvato dal suo Presbiterio: Parroci e Presbiteri. Anche se la missione e la
responsabilità di evangelizzare e di cooperare al Catecumenato riguarda tutti i fedeli, la comunità

* * *

35
GIOVANNI PAOLO II, Lettera Ogniqualvolta, a Monsignor Paul Josef Cordess, Roma 1990.
36
BENEDETTO XVI, Ai Vescovi partecipanti al Seminario di studi promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici, 17
maggio 2008.22

* * *
cristiana. Fondamentale dunque e sempre da cercare e perseguire con umiltà e amore la comunione
dei Catechisti con il Vescovo Ordinario.
La cura pastorale dei Parroci e Presbiteri
La Santa Sede si è anche preoccupata di precisare negli Statuti il peso da dare alla figura del
parroco, nonché di valorizzare la presenza, nella Comunità neocatecumenale, del presbitero e del suo
compito di governo, di insegnamento e di santificazione; così come di porre l‟accento sul rispetto
dovuto alla vocazione dei chierici e alla disciplina dei religiosi che percorrono il Cammino.37

Del resto perché possa nascere una comunità neocatecumenale e poi possa seguire l‟iter stabilito
fino al rinnovamento solenne delle promesse battesimali, e inaugurare una pastorale di continua
evangelizzazione nella parrocchia, è essenziale almeno l‟assenso ma preferibilmente l‟approvazione e
l‟accoglienza del Cammino non solo da parte del Vescovo, ma anche del parroco o del presbitero da
questi delegato.
Lo sviluppo del Cammino, cioè l‟accoglienza di molti lontani che sono richiamati in seno alla
Chiesa e che possono essere ricostruiti e salvati, dipende fondamentalmente dalla accoglienza del
Cammino da parte del Vescovo e del parroco. Infatti, è a Pietro, e quindi agli appostoli, che Gesù ha
dato il potere di aprire le porte attraverso le quali possano ritornare i lontani all‟ovile di Cristo Buon
Pastore, o di chiuderle impedendo l‟accesso alle più bisognose e disperse.
Va qui sottolineato che, data la centralità della Parola come elemento formativo per la nascita e
la crescita nella fede: ”Essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla
parola di Dio viva ed eterna” (1 Pt. 1, 23), la missione del presbitero che presiede le celebrazioni è
fondamentale.
Infatti dopo il periodo delle prime catechesi, i catechisti lasciano la comunità, per ritornare una
volta all‟anno per delle visite o convivenze o per i passaggi delle diverse tappe del neocatecumenato,
ma durante tutto il resto del tempo dell‟iniziazione cristiana e più ancora nel tempo poi della
formazione permanente, il parroco o presbitero, come Pastore, oltre a confermare e integrare la
predicazione dei catechisti, spiega la Parola di Dio ai fratelli due volte alla settimana. In questo senso i
membri del Cammino sono realmente affidati alla cura pastorale del parroco o del presbitero da lui
delegato, sono questi che con la Parola e i Sacramenti alimentano la vita spirituale della comunità.
In tal modo il parroco e i presbiteri esercitano realmente ed efficacemente il “munus docendi,
sanctificandi et gubernandi” conferito loro dal Sacramento dell‟Ordine, in stretta collaborazione con
il Vescovo.
Ovviamente qui parliamo del parroco e del presbitero in rapporto alle comunità del Cammino
neocatecumenale, supponendo che ogni parroco e presbitero eserciti il suo ministero in funzione del
bene di tutti i fedeli loro affidati, non solo delle Comunità neocatecumenali.
Attraverso la spiegazione della Parola di Dio, normalmente dopo aver ascoltato alcune
risonanze in cui dei fratelli esprimono cosa dice concretamente alla loro vita la Parola proclamata in
quella celebrazione, nella omelia è il presbitero che illumina, con forza profetica, il Cammino di fede
dei fratelli, indicando e manifestando costantemente il messaggio di salvezza che ogni Parola di Dio
racchiude, illuminando, incoraggiando e sostenendo il Cammino dei singoli fratelli e della comunità.
Da qui la necessità di presbiteri immersi nella Parola di Dio, pieni della sapienza che deriva dalla
conoscenza delle Scritture, della Tradizione e dei Padri, della vita dei Santi, del Magistero della
Chiesa.
Il ministero del presbitero all‟interno delle Comunità neocatecumenali è essenziale e di
fondamentale importanza, da lui dipende molto spesso che dei fratelli in crisi siano aiutati a
perseverare o se invece altri se ne vanno dalla Comunità e talora dalla Chiesa.

* * *

37
J. F. CARD. STAFFORD, Discorso agli Iniziatori del Cammino e agli Itineranti, Porto San Giorgio 30 giugno 2002.23

* * *

È chiaro che il presbitero si senta anzitutto fratello tra i fratelli, unito a tutti nel Cammino di
conversione quotidiana, ma come Pastore senta amore e interessamento vero al bene di ogni singolo
fratello.
È il parroco o presbitero che ai fratelli che progredendo nel Cammino e alla luce della Parola e
della forza della Predicazione scoprono sempre più a fondo i propri peccati, dona loro il perdono sia
nelle Celebrazioni Penitenziali, sia comunitarie (con confessioni individuali) che in quelle individuali.
È il parroco o il presbitero che settimanalmente presiede la Celebrazione Eucaristica, quando
possibile in piccola comunità, o con più comunità, facendo presente nel Giorno del Signore il mistero
della Pasqua del Signore, coinvolgendo sempre più i fratelli, l‟assemblea, nella partecipazione alla
Pasqua del Signore.
I catechisti
Nel Cammino neocatecumenale appare una figura nuova rispetto al contesto ecclesiale di oggi,
almeno per i paesi di vecchia Tradizione cristiana: la figura dell‟équipe di catechisti.
L‟équipe dei catechisti nel Cammino neocatecumenale è fondamentale: perché è dalla loro
testimonianza di vita, e dalla loro predicazione che nelle Parrocchie nascono e crescono le comunità
neocatecumenali.
Sono i catechisti che con la costituzione di una comunità in una parrocchia si assumono
l‟impegno, sempre in comunione con il parroco, a seguire e condurre avanti in questo itinerario
graduale e progressivo i fratelli di quella comunità, fino ad una maturazione della fede che permetta
loro di poter rinnovare solennemente le Promesse battesimali davanti al Vescovo o all‟Ordinario della
diocesi.
Tale autorità dei catechisti, sempre sottomessa all‟approvazione e al mandato del Vescovo e del
parroco, è fondamentale perché senza obbedienza non esiste Cammino di fede. Essi trasmettono
gratuitamente quello che a loro volta gratuitamente hanno ricevuto e sono testimoni della potenza
della Parola di Dio e della forza dei sacramenti che nel Cammino di fede loro stessi hanno
sperimentato nella propria vita.
È chiaro che i catechisti pur nella loro povertà sono chiamati a vivere essi stessi il Cammino di
conversione giorno per giorno, per poter essere testimoni credibili dell‟Annuncio di salvezza che
portano. Per questo gli statuti stabiliscono che possano essere catechisti solo coloro che la comunità
nomina, riconoscendo in loro il dono della predicazione e della testimonianza, in accordo con il
parroco e i catechisti della loro comunità, solo dopo il secondo scrutinio, quando cioè hanno già
cominciato ad esperimentare la potenza di Gesù Cristo nel salvare la propria vita.
La loro formazione è poi completata negli incontri al Centro Neocatecumenale, nel partecipare
prima a catechesi o agli scrutini portati avanti dai loro Catechisti per apprendere da loro la tradizione
orale, e poi andando ad evangelizzare confidando nella potenza del Signore che sempre li precede.
In alcune Diocesi si è creato il costume che i catechisti all‟inizio dell‟anno pastorale, sono
inviati alla loro missione dal Vescovo, il quale poi al termine li accoglie per ascoltare le loro
testimonianze sulla evangelizzazione.
La cura dei catechisti, specie da parte delle équipes delle nazioni e dei Centri Neocatecumenali,
deve essere particolare, per correggere deviazioni rispetto alla prassi del Cammino, soprattutto per gli
scrutini, per aiutare le équipes che hanno meno esperienza.
Quando si parla di catechisti negli Statuti (Artt. 28-31), si fa sempre riferimento all‟équipe della
quale normalmente fa parte un presbitero o il parroco stesso: questo è molto importante, perché la
conduzione del Cammino è fatta da tutta l‟équipe e in forma comunitaria: queste due caratteristiche
sono da salvaguardare come fondamentali.
Essendo il Cammino neocatecumenale un itinerario di formazione cattolica, valida per la società
e per i tempi odierni, ha una sua pedagogia ben precisa nel condurre il Cammino di fede in forma
graduale e progressiva mediante gli strumenti di cui abbiamo parlato prima: Celebrazione della
Parola, Liturgia e Comunità attraverso le varie tappe dell‟itinerario neocatecumenale, marcate dai
Passaggi e Scrutini.
Per questo motivo i fratelli che si sentono chiamati a percorrere l‟itinerario del
Neocatecumenato sono invitati ad attenersi alle preparazioni, alle Celebrazioni e ai diversi passaggi,
fiduciosi che in questo modo, in seno alla Chiesa, vengono poco a poco gestati, evidentemente con la
corrispondenza della propria libertà, ad una fede adulta.
Per questo si è creata fin dall‟inizio, sull‟esempio degli iniziatori, la prassi di visitare le
comunità solo in occasione di convivenze annuali per fare risuonare costantemente il kerigma, o per i
diversi passaggi, evitando altri tipi di contatto, come colloqui privati, sia con i singoli che con le
comunità. Questa pedagogia che è confermata dalla tradizione antica della Chiesa, aiuta ciascun
fratello a mettersi poco a poco personalmente davanti a Dio, a lasciarsi interpellare dalla sua Parola, a
ricorrere a lui nella preghiera nei momenti di bisogno o di crisi, in questo modo impara a crescere e a
maturare.

CONCLUDENDO
A conclusione faccio presenti queste parole che disse Giovanni Paolo II rivolgendosi agli
Itineranti del Cammino nel 1997:
So che venite direttamente dal raduno che avete avuto al Monte Sinai e sulle sponde del Mar Rosso.
Avete voluto in questo modo commemorare i trent‟anni di vita del Cammino. Quanta strada avete fatto
con l‟aiuto del Signore! Il Cammino ha visto in questi anni uno sviluppo e una diffusione nella Chiesa
veramente impressionanti. Iniziato tra i baraccati di Madrid, come l‟evangelico granellino di senapa è
diventato, trent‟anni dopo, un grande albero, che s‟estende ormai in più di 100 paesi del mondo, con
presenze significative anche tra i cattolici di Chiese di rito orientale. Come ogni anniversario, anche il
vostro, visto alla luce della fede, si trasforma in occasione di lode e di ringraziamento per l‟abbondanza
dei doni che il Signore ha concesso in questi anni a voi e, per mezzo vostro, a tutta la Chiesa. Per molti
l‟esperienza neocatecumenale è stata un Cammino di conversione e di maturazione nella fede attraverso
la riscoperta del battesimo come vera fonte di vita e dell‟Eucaristia come momento culminante
nell‟esistenza del cristiano: attraverso la riscoperta della parola di Dio che, spezzata nella comunione
fraterna, diventa luce e guida della vita; attraverso la riscoperta della Chiesa come autentica comunità
missionaria. Quanti giovani e ragazze grazie al Cammino hanno pure scoperto la propria vocazione
sacerdotale e religiosa! La vostra odierna visita offre una felice opportunità anche a me per unirmi al
vostro canto di lode e di ringraziamento per le «grandi cose» (magnalia) che Dio va operando
nell‟esperienza del Cammino. La sua storia si iscrive nel contesto di quella fioritura di movimenti e di
aggregazioni ecclesiali che costituisce uno dei frutti più belli del rinnovamento spirituale avviato dal
Concilio Vaticano lI. Tale fioritura è stata ed è tuttora un grande dono dello Spirito Santo ed un
luminoso segno di speranza alla soglia del Terzo Millennio… Il Cammino Neocatecumenale compie
trent‟anni di vita: l‟età direi, di una certa maturità. Il vostro raduno al Sinai ha aperto davanti a voi in un
certo senso una tappa nuova. Opportunamente, pertanto, avete cercato di rivolgere il vostro sguardo con
spirito di fede non solo verso il passato, ma anche verso l‟avvenire, interrogandovi su quale sia il
disegno di Dio nei confronti del Cammino in questo momento storico. Il Signore ha messo nelle vostre
mani un tesoro prezioso. Come viverlo in pienezza? Come svilupparlo? Come condividerlo ancora
meglio con gli altri? Come difenderlo da vari pericoli presenti o futuri? Ecco alcune del le domande che
vi siete posti, come responsabili del Cammino o come itineranti della prima ora. Per rispondere a queste
domande, in un clima di preghiera e di profonda riflessione, avete iniziato al Sinai il processo della
stesura di uno Statuto del Cammino. È un passo molto importante che apre la strada verso il suo
formale riconoscimento giuridico, da parte della Chiesa, dando a voi una ulteriore garanzia
dell‟autenticità del vostro carisma.38

* * *

38
GIOVANNI PAOLO II, Discorso agli itineranti, 24 Gennaio 1997.25

* * *

Non c‟è dubbio che il Cammino suscita entusiasmo, accoglienza, critiche, diffidenze, adesioni
parziali; nei suoi confronti spesso ci sono precomprensioni, ignoranza, indifferenza, si arriva ad
accusarlo di eresia, di creare chiese parallele, di essere staccato dalla realtà, angelista. Critiche sul
piano teologico, pastorale, liturgico, biblico: non c‟è praticamente aspetto su cui non vi siano
riserve. Le difficoltà e le obiezioni ne toccano la struttura, la teologia, la prassi pastorale, in un
intreccio difficilmente districabile.
Potrebbe essere utile ravvisare alcune convergenze tra quanto oggi è ormai acquisito nella
chiesa e alcune intuizioni del Cammino (il suo venire dai «lontani» e tendere ad essi; gli adulti
come scelta pastorale; la necessità di cammini di fede); come l‟individuare alcune ragionevoli
critiche per una più ponderata valutazione (di essere chiesa parallela, staccato dalla realtà, di
rifiutare un approccio storico alle Scritture, di confondere iniziazione cristiana con cammini di fede
o di non aver chiarito teologicamente il rapporto tra il battesimo ricevuto e la sua riscoperta).
I problemi cominciano sui modi concreti con cui il Cammino porta avanti le sue finalità;
quando è in gioco il suo specifico carisma. Per ora ci limitiamo a ricordare un fatto e due criteri:
nella storia della chiesa raramente si spegne direttamente un carisma, più normalmente si cerca di
svuotarlo adattandolo e razionalizzandolo, inserendolo in piani difficilmente armonizzabili con ciò
che di specifico esprime.
Un primo criterio: in ogni carisma è necessario coniugare due cose: la sua destinazione alla
chiesa, ma anche la sua novità, senza il cui rispetto e sviluppo la chiesa non ne avrebbe beneficio,
ma solo un problema in più da risolvere.
Secondo: se in un Cammino ci sono degli aspetti che restano in penombra o sottaciuti, non
significa che siano negati ma solo che non costituiscono il perno della sintesi; nel Cammino c‟è un
carisma, non la somma di carismi. Per cui, più che una «risposta» ai singoli punti, cercherò di dare
alcune chiavi di lettura per meglio comprendere e situare il Cammino e più precisamente le ragioni
e le modalità con le quali in esso si riscopre la fede.
Il punto di partenza è questo: anche il Cammino desidera realizzare il concilio Vaticano II.
Certamente il Cammino nel suo insieme (celebrazioni liturgiche, ruolo dei laici, missionarietà delle
famiglie) è inconcepibile senza il Vaticano II. Come realizzare il concilio? Una risposta potrebbe
essere questa: coniugando l‟orientamento emerso nella prima sessione su indicazioni dei cardinali
Léger, Suenens e Montini, di un concilio ripensato come concilio per il mondo, con la sua ratio
primigenia, di un concilio, cioè, voluto da papa Giovanni come «novella Pentecoste» per la
Chiesa e quindi per l‟intera umanità. In questa linea, mi sembra, si muove il Cammino. Si può
dire che il Cammino legge il Vaticano Il:
a) alla luce dei contraccolpi che il mondo moderno ha riversato all‟interno della Chiesa;
b) ricentrando il Vaticano II sulla ispirazione giovannea: una novella pentecoste;
c) alla luce di un rinnovato rapporto tra Chiesa e mondo. Una lettura che riflette i
cambiamenti avvenuti fuori e dentro la chiesa a partire dalla fine degli anni Sessanta.

a) L‟analisi e il giudizio su questi contraccolpi sono duri e talora possono sorprendere e
irritare. Il mondo si è infiltrato nella chiesa: la chiesa volendo evangelizzarlo è spesso rimasta
pastoralmente come prigioniera - ovviamente in modo inconscio - dei metodi del mondo,
dimenticando che ciò che aliena l‟uomo non è principalmente la realtà socio-economica o quella
psichica (i complessi paterni o materni), ma il peccato, i suoi peccati; per cui serve a ben poco o
a nulla cambiare le strutture se non si cambia il cuore dell ‟uomo. Altrimenti l‟uomo rischia di
essere lasciato in balia delle tentazioni del maligno che, come ad Eva, suggerisce di non fidarsi
di Dio, perché «Dio non ama l‟uomo», perché anche se Dio ci fosse non c‟entra con la vita
concreta dell‟uomo, per cui egli deve provvedere a se stesso, costruirsi la sua città: Dio non
c‟entra con la salute, con il lavoro, con la povertà o la ricchezza, con gli affetti, con la storia
quotidiana.26
Con un‟altra possibile conseguenza: di spingere l‟uomo a rifugiarsi nella religiosità
naturale, nella quale egli è portato a servirsi di Dio più che a servi re Dio, in fondo perché
ancora immerso nella paura di Dio. «Io non ho mai incontrato un cristiano - ripete Kiko - che
dica “mio Padre” riferendosi a Dio». Da qui una crisi di fede diffusa, perché mancano i segni
della fede; perché non ci può essere un cristiano che prima non abbia visto un altro cristiano;
perché il cristianesimo non si dimostra ma si mostra. Se oggi esistono singoli cristiani o
famiglie cristiane o delle comunità cristiane, di solito nelle parrocchie non si trovano comunità
che nel loro insieme e abitualmente (almeno come tensione) diano visibilmente i segni della
fede; comunità, cioè, in cui i cristiani siano adulti nella fede: sottomessi gli uni agli altri,
ritenendosi ciascuno inferiore all‟altro; capaci di portare gli uni i pesi - i peccati, che sono il
peso più grande - degli altri; capaci di perdonare il nemico; di amarsi, insomma, nella dimensione
della croce.39

Questi dati confermano la sensazione che occorre “ri-evangelizzare” la religiosità degli adulti
annunciando loro un Dio dal volto storico, relazionale e comunitario.40

Ciò che caratterizza la Rivelazione cristiana è il fatto che Dio si rivela e si dona in una storia
intessuta di avvenimenti e di parole. Una ricerca di Dio come essere trascendente fuori del tempo
strappa l‟uomo dalla concretezza della sua vicenda storica, lo fa evadere dalla sua avventura umana.
L‟annuncio di un Dio che si fa uomo rinvia l‟uomo dentro la sua ferialità e quotidianità, rendendolo
capace di impegnarsi per la propria umanizzazione e quella del mondo. Contro le alienazioni di ogni
forma di spiritualismo e di ogni fuga dalla storia è urgente che torni a risuonare l‟annuncio di un
Dio che si è fatto uomo e dentro la storia ha tracciato la possibilità di un itinerario umano e fraterno
per tutti. Sta qui un primo compito dell‟annuncio: ancorarlo a quell‟evento storico e metastorico che
è la Pasqua del Signore Gesù. In tal mondo, più che come ricerca dell‟uomo, la fede si presenta
come accoglienza di un‟irruzione di Dio nella storia, che chiede disponibilità.
La ricerca di religioso che si perde in un vago senso dell‟assoluto o che si dissolve nel
movimento senza volto della natura lascia l‟uomo nella sua solitudine. La fede cristiana, nel suo
primo e nel suo definitivo Testamento (la prima e la nuova Alleanza), annuncia il volto di un Dio
che si lega all‟uomo, di un Tu che prende volto umano e sollecita ciascuno a entrare in relazione
libera con Lui. Nella percezione della presenza di questo Tu e nella risposta libera a Lui la persona
nasce a se stessa, impara il proprio nome e scopre il senso della sua vita. Il Dio di Gesù Cristo,
proprio in quanto figlio di Dio fatto umano dentro la storia, pone ciascuno come altro da sé davanti
a sé, chiamando non al mistico naufragio in Lui, fagocitati come una goccia nell‟oceano, ma ad un
rapporto libero e responsabile. È proprio dell‟annuncio evangelico provocare ad una relazione
storica e adulta sottratta sia allo smarrimento nel Tu divino che allo smarrimento del Tu divino.
L‟altra dimensione propria del cristianesimo e idonea a rievangelizzare la ricerca religiosa
contemporanea è quella comunitaria. Il Dio di Gesù Cristo che viene incontro all‟uomo dentro la
storia e ne provoca la libera e responsabile risposta si lascia incontrare dentro la comunità ecclesiale
e crea comunità. La struttura sacramentale della fede cristiana, il suo darsi all‟interno di mediazioni
e in particolare di una comunità che ascolta la Parola, la celebra nei riti della fede e la vive nella
diaconia e nella carità, sono conseguenze dell‟incarnazione, intesa in senso globale di incarnazione
e Pasqua del Signore.

* * *

39
Cf. Orientamenti alle équipes dei catechisti, pp. 36-68. Cf. anche A. LIPPI, La Croce gloriosa nel Cammino
neocatecumenale, in La Sapienza delle Croce. In questo articolo l‟autore presenta il Cammino neocatecumenale come
un carisma e un dono di Dio per la Chiesa del nostro tempo. Il neocatecumenato è fondato sul sacramento del battesimo,
tutto da vivere e da interiorizzare nel suoi vari momenti, e incentrato sulla Parola di Dio, a cui si accede a livello di vita
ecclesiale più che di riflessione teologica. È prospettata una mentalità cristiana, non semplicemente etica in cui la croce
è il criterio di identificazione di ciò che è autenticamente cristiano. La croce non è sottomissione rassegnata al Dio
legislatore, non è morte, ma gloria che fa vedere il volto di Dio.
40
Queste dimensioni dell‟educazione della religiosità emergono soprattutto da un‟analisi attenta del catechismo degli
adulti La Verità vi farà liberi. Si veda anche : E. BIEMMI-G. LAITI, Conoscere il Catechismo degli adulti, ElleDiCi,
Torino-Leumann 1995.27

* * *

Così, di fronte a una religiosità viva ma evanescente, disciogliente e ultimamente soggettiva la
comunità cristiana vede riaprirsi il compito di annunciare all‟uomo postmoderno un Dio che
comunicandosi senza riserve e rimanendo se stesso provoca a un rapporto storico, responsabile e
fraterno.
In questo processo di educazione in senso evangelico della religiosità degli adulti, occorre
rispettare il dinamismo proprio del nascere e del crescere della fede. Lungo tutta la tradizione,
partendo dalla testimonianza biblica, la comunità ecclesiale ha messo a punto e mai abbandonato un
processo di annuncio e di accoglienza della fede che ha espresso nei termini della traditio, receptio
e redditio fidei.
La fede richiede una traditio, come iniziativa di Dio che precede l‟uomo sulle strade del suo
desiderio. La fede nessuno è un dono e suppone una comunità che se ne faccia portatrice e
mediatrice. Il fonte battesimale è considerato nelle catechesi patristiche il grembo materno della
Chiesa che genera la fede. La prima faccia del credere è una passività, intesa come disponibilità ad
accogliere ciò che gratuitamente viene offerto. Il termine traditio può trarre in inganno: fa pensare,
nel linguaggio comune, a usanze che si conservano e si riproducono senza cambiare nulla. Di fatto
il contenuto dell‟atto del trasmettere è un messaggio sempre nuovo, una buona notizia, una parola
che fa vivere.41

La fede suppone una receptio, l‟accoglienza e l‟interiorizzazione libera di quanto viene
offerto. Il termine receptio è l‟espressione attiva della passività della fede. Richiama un
ricevimento, e quindi una festa. L‟accoglienza della Buona Novella suppone un atteggiamento
attivo. Ognuno accoglie a modo suo con tutto ciò che è, con la sua storia, mentalità, lingua, cultura.
La redditio è la fecondità della fede. Evoca la restituzione, la necessità di rispondere
all‟appello di Dio attraverso una fede che opera nella carità. E‟ la fede che prende volto nel
celebrare, nel testimoniare, nel servire.42

La fede è un fatto relazionale, nasce e si sviluppa nella libertà, chiede l‟iniziativa gratuita di
Dio e la vulnerabilità di persone disponibili e recettive. Fuori di questo dinamismo non c‟è fede,
anche se ci può essere istruzione o socializzazione religiosa.
In questo contesto si capisce come il Cammino ponga la necessità di itinerari di fede per
arrivare alla formazione di comunità cristiane capaci di dare questi segni della fede, ritenendoli
segni evangelici ed eloquenti per richiamare alla vita eterna i nuovi pagani, insensibili ad altre voci
del cristianesimo e scandalizzati dal dolore del mondo.
Una scelta che trova conferma nel magistero di Paolo VI che già a partire dal 1972 e, in
particolare, per tutto un mese del 1977 aveva parlato della necessità di «ricostruire» la chiesa,
gioendo di vederne un‟espressione proprio nelle comunità neocatecumenali.43
E ancora più
significativo appare quanto scritto, da Giovanni Paolo II, nella Christifideles laici, dove non solo si
parla della necessità di rifare daccapo il tessuto cristiano delle comunità ecclesiali - come premessa
previa alla nuova evangelizzazione - ma si pone come condizione del rinnovamento della chiesa la
creazione di piccole comunità cristiane.44

b) Il compito della comunità cristiana è quello di essere luogo di «gestazione della fede» fino
alla sua maturità. Una necessità avvertita da Paolo VI, neppure due anni dopo la chiusura del

* * *

41
Cf. Tabor. Encicolopedia dei catechisti, Edizioni Paoline 1995, 116-117.
42
Il movimento della traditio/receptio/redditio è rimasto costante nella vita della Chiesa, anche se a livello catechistico
si è sbiadito con la nascita dei catechismi (a partire dal 1500, ma con accentuazioni notevoli nei secoli successivi, per le
contaminazioni di tipo illuministico e neoscolastico), a favore di un annuncio ritmato sulla domanda e risposta tra
insegnante ed alunno. Può essere utile, a questo proposito, far notare che il procedimento domanda/risposta proprio del
catechismo di Pio X non era che il “residuo” di quel movimento di offerta/accoglienza che in maniera più lucida era
salvaguardato e segnalato, ad esempio, dall‟impianto iniziatico del catecumenato. Il dialogo che avveniva nella notte di
Pasqua, nel fonte battesimale, tra la Chiesa e il catecumeno rappresentava il dinamismo della fede: “Credi in Gesù
Cristo?” – “Credo!”. Così, per uno slittamento inconsapevole ma dalle conseguenze importanti ciò che significava e
favoriva la struttura dialogale del credere, come offerta e accoglienza di una relazione, si è ridotto nel sistema della
domanda/risposta dei catechismi a verificare la corrispondenza tra un contenuto trasmesso e la sua memorizzazione.
43
Cf. Udienza del 12 gennaio 1977.
44
Cf. Christifideles laici nn. 26, 34.28

* * *

concilio, con la proclamazione del «Credo del popolo di Dio» e passando, nel corso degli anni
Settanta, dalla domanda «Chiesa di Gesù Cristo cosa dici di te stessa?», all‟altra: «Chiesa di Gesù
Cristo cosa dici del tuo Dio?». Proprio nello stesso torno di tempo J. Maritain scriveva che la crisi
di fede del periodo modernistico era un colpo di raffreddore in confronto a quella in cui stava
entrando la chiesa del dopo concilio.45
L‟apertura al mondo rischiava di svuotare il messaggio
cristiano.
Il Cammino si muove nella medesima direzione. Anche per esso la riforma della Chiesa non è
fine a se stessa, ma per introdurre nell‟uomo moderno la forza vitale del vangelo: la fede. Qui sta la
«ratio primigenia» del Cammino, la sua domanda di fondo - non tematizzata, ma reale e profonda -:
dove trovare nella chiesa di oggi luoghi per essere iniziati alla fede, alla vita cristiana, alla chiesa
come popolo di Dio e corpo di Cristo? Se nella Chiesa vi sono molti spazi per introdurre alle forme
specifiche dell‟esistenza cristiana, sono insufficienti i luoghi in cui generare alla fede; donde la
necessità di ricreare un catecumentato per giovani e adulti.46
Questo il carisma del Cammino:
percorsi comunitari di gestazione alla fede. Allora nel seno di ogni comunità cristiana si
manifesteranno i carismi, le diverse vocazioni peculiari: matrimonio, verginità, ministero ordinato,
testimonianze evangeliche nei diversi ambiti. Per questo bisogna ritornare dagli ambienti alle
comunità; dalle specializzazioni apostoliche alla loro fonte che è la fede.47

In tale contesto si può vedere il modo diverso di intendere la figura del laico nel Cammino:
mentre di solito si sottolinea la responsabilità secolare del laico, la sua autonomia e il suo ruolo
nella chiesa, questi aspetti nel Cammino non sono negati, ma spostati in un secondo momento,
essendo necessario, prima, un autentico ritorno alla fede. Soltanto dopo quegli aspetti potranno
essere come riscoperti e messi a frutto cristianamente. L‟accento insomma ritorna sulla fede; perché
la chiesa sia nel mondo cristianamente, deve essere fedele.
c) Un rinnovato rapporto della Chiesa con il mondo. La Chiesa non è una luce in più; una
camminatrice in più. Ma la chiesa è la luce, la via: «Voi siete la luce del mondo»; «Andando in tutto
il mondo». Gesù Cristo non è inferiore o superiore a qualche altro profeta, Cristo è l‟unico Salvatore
e la sua unicità, misteriosamente, ricade sulla chiesa. È l‟unità indissolubile tra l‟essere comunità e
mezzo di salvezza che costituisce la Chiesa come sacramento di salvezza; e questo non per
escludere qualcuno dalla salvezza e condannarlo alla perdizione, ma per chiamare ogni uomo.
Tutti sono chiamati ad essere evangelizzati: ad essere «illuminati», ad essere «salati», ad
essere «lievitati»; ma non tutti sono chiamati ad essere «luce», «sale» e «lievito»: solo quelli che il
Signore chiama e che la chiesa, in cammini di iniziazione alla fede, deve discernere per trasmettere
loro la missione di Cristo, per invocare su di loro lo Spirito. Nessuno può seguire Gesù Cristo

* * *

45
J. MARITAIN, Le paysan de la Garonne, Bruges-Paris 1967.
46
I più recenti Documenti della C.E.I. propongono di ispirarsi al paradigma catecumenale anche per realizzare itinerari
di Iniziazione cristiana che tengono conto della nuova situazione, sia della società, sia della famiglia, e di prevedere un
Cammino a tappe, con corrispondenti verifiche: “Al centro di tale rinnovamento [pastorale] va collocata la scelta di
configurare la pastorale secondo il modello della Iniziazione cristiana, che – intessendo tra loro testimonianza e
annuncio, itinerario catecumenale, sostegno permanente della fede mediante la catechesi, vita sacramentale, mistagogia
e testimonianza della carità – permette di dare unità alla vita della Comunità e di aprirsi alle diverse situazioni spirituali
dei non credenti, degli indifferenti, di quanti si accostano o si riaccostano al Vangelo, di coloro che cercano alimento
per il loro impegno cristiano”. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che
cambia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno 2001, n. 59.
47
Si tratta di un processo formativo all‟esperienza di vita cristiana che abbraccia quattro aspetti e momenti, strettamente
legati tra loro e interdipendenti: • il primo annuncio di Cristo, Morto e Risorto, per suscitare la fede, quale adesione a
Lui e al suo Messaggio di salvezza nella sua globalità; è fondamentale che si stabilisca un rapporto con Lui! • la
catechesi propriamente detta, finalizzata all‟approfondimento in forma organica del Messaggio stesso in vista della
conversione, cioè del progressivo cambiamento di mentalità e di stile di vita; in questo entrano anche la formazione
morale e il sacramento della Riconciliazione, come dono da sperimentare; • l’esperienza liturgico-sacramentale, per
educare alla preghiera e realizzare il pieno inserimento nel Mistero pasquale di Cristo e nella vita della Chiesa, anzitutto
attraverso la partecipazione attiva all‟Eucaristia domenicale; •l’impegno della testimonianza e del servizio, per una
partecipazione corresponsabile nella vita della Comunità ecclesiale e nella missione, cf. CONSIGLIO EPISCOPALE
PERMANENTE DELLA CEI, L’iniziazione cristiana. 1. Orientamenti per il catecumenato degli adulti, 30 marzo
1997. Premessa.29

* * *

semplicemente perché lo desidera; perché seguire Gesù Cristo vuol dire seguirlo nella morte a
Gerusalemme, per essere uccisi dal mondo. «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi».
Quindi non solo tutti non entreranno nella chiesa, ma anzi in alcuni fratelli il maligno agisce
con una tale forza che neppure riusciranno ad essere visibilmente illuminati o salati su questa terra;
non perché siano cattivi o ne abbiano una colpa. Nessuno è amato di meno, ma qualcuno ha una
missione in più: quella di Cristo. E chi è chiamato ad essere Cristo, prima o poi avrà uno che lo
tradirà. Ebbene, l‟unico modo che hanno questi fratelli che tradiscono di essere salvati è che la
Chiesa dia il suo sangue per loro; il sangue dei cristiani è il sangue di Cristo. Salva! Ci saranno
dunque delle persone che uccideranno i cristiani e cristiani che daranno il loro sangue per esse;
come fece Stefano per coloro che lo lapidavano e come hanno fatto in questi anni postconciliari
quasi mille missionari. La Chiesa, che è madre, non condanna nessuno all‟inferno, ma dà ogni
giorno la sua vita per tutti coloro che lo Spirito riempie, perché nel mondo possa continuare la vita
di Cristo e in lui l‟amore al nemico: il luogo ermeneutico - su questa terra - della più intima identità
cristiana.
L‟approvazione definitiva degli Statuti, pertanto, è motivo di grande gioia e di conferma da
parte di Pietro per il Cammino. Kerygma, itinerari di fede, piccole comunità sono la caratteristica
del Cammino, il cui approdo è la chiesa. L‟approdo del Cammino è solo e unicamente nella Chiesa;
operativamente nella parrocchia. Indipendentemente da tutto, dai limiti, dai peccati, dalle particolari
prospettive o modelli pastorali, la struttura del Cammino porta alla Chiesa. Questo è il centro del
discorso.
Il rifluire nella parrocchia di un gruppo di persone che, almeno come tensione, danno i segni
della fede, essendosi in essi provati durante un Cammino di conversione molto lungo; lungo perché
si tratta di contribuire a rifare, come scritto nella Christifideles laici, il tessuto ecclesiale delle
comunità cristiane; lungo perché il salto di qualità per essere cristiani è molto più esigente di quello
per essere presbiteri. Se rifluisce vuol dire che il Cammino termina; non dura tutta la vita; per
questo non è una congregazione religiosa e neppure un movimento, ma appunto un percorso di fede
inserito nella parrocchia per contribuire a rigenerare in essa la Chiesa. Un rifluire in umiltà,
semplicità e lode, grati a Dio che continua a scegliersi un popolo nel quale il Figlio suo può
continuare a dare al mondo la vita eterna