mercoledì 21 settembre 2011

Le rughe dello spirito 2






"Non credo che Ratzinger sia un grande filosofo, né un grande teologo, anche se generalmente viene rappresentato come tale". Parola di Umberto Eco, intervistato dal quotidiano tedesco Berliner Zeitung.


Ora, noi non crediamo che Eco sia un grande intellettuale, né un grande scrittore, anche se generalmente viene rappresentato come tale. In ogni caso, quando uno sta per compiere 80 anni, proprio come Eco, dovrebbe almeno conoscere e applicare con impegno la grande regola delle undici p: “Prima pensa poi parla perché parole poco pensate possono portare pentimenti”.

Non si sa a quale titolo Eco Рche ̬ un linguista e un romanziere Рsi sia costituito come commissario unico di una sessione straordinaria di laurea in filosofia, alla quale ̬ stato iscritto (evidentemente a sua insaputa) Joseph Ratzinger. "Le sue polemiche Рdice sempre Eco - la sua lotta contro il relativismo sono, a mio avviso, semplicemente molto grossolane, nemmeno uno studente della scuola dell'obbligo le formulerebbe come lui. La sua formazione filosofica ̬ estremamente debole".

Più che un giudizio, un insulto. C’è da capirlo, povero Eco: il Papa che denuncia il relativismo, la malattia mentale della modernità, sembra Gesù che scaccia i demoni percorrendo la Giudea: essi se ne vanno urlando e insultando. Allo stesso modo, i relativisti sbraitano quando la Chiesa li scopre e li lascia in braghe di tela.


Ma il mondo in cui ci tocca di vivere funziona così: per parlare e dire qualcosa basta avere i polmoni, essendo opzionale il collegamento all’organo preposto, di norma, allo sviluppo del pensiero. Chiunque può dire qualunque cosa, in nome della libertà di espressione. Ma poi questa massima si rivela falsa e bugiarda, perché se Eco avesse detto quello che ha detto riferendosi al Rabbino Capo di Roma, apriti cielo. Siccome invece ha gettato discredito sull’intelligenza del Papa, allora gode dell’immunità extraparlamentare.


Già da molto tempo sapevamo che Eco è, innanzitutto, un errore di stampa, un refuso ortografico: il suo vero nome dovrebbe essere Umberto Ego, come si conviene a una persona indubbiamente colta, arguta, affabulatrice, affascinante, ma ossessionata dal desiderio di ascoltarsi e di essere sempre d’accordo con se stessa. Tolto di mezzo Dio, in mezzo al mondo ci resto io. Come si intuisce anche dall’ultimo libro di uno dei nipotini di Eco, quel Vito Mancuso che sceglie come titolo del suo saggio “Io e Dio”; proprio così, mettendo prima se stesso e solo dopo il Creatore, con una maleducazione che starebbe male anche all’Inferno. Dopo aver ammazzato l’etica, fanno fuori anche l’etichetta. E la grammatica.

Ma dietro a questo Super Eco si nasconde un lato nemmeno tanto oscuro, che spiega questo gratuito, grossolano e inelegante livore antipapale. E’ il lato dolente e angoscioso di un uomo che è cresciuto nell’Azione Cattolica, che l’ha lasciata in polemica con il grande Gedda; un uomo, Eco, che ha studiato – dicono - Tommaso d’Aquino, e che un giorno se n’è uscito dalla Chiesa proclamandosi orgogliosamente ateo, o se si preferisce, agnostico.

E’ questo lato oscuro che sta all’origine delle risate e degli sfottò anticlericali; è questo vuoto dell’anima che fa da movente a un romanzo bello e falso come Il Nome della Rosa, che in materia di Medioevo esprime un’attendibilità storica inferiore ai fumetti di Asterix e Obelix. E’ questa rabbia furibonda che monta quando i riflettori delle Tv si spengono, e quando il grande linguista e romanziere si trova da solo davanti allo specchio, a rivedere il lungo nastro della vita che si avvicina al momento drammatico e solenne in cui essere un uomo colto, famoso e osannato non ti serve più a niente. La morte, ineluttabile. Dieci, venti, forse cinquant’anni, e poi nessuno si ricorderà di Eco. Mica è un Papa.

E questa è la rabbia di Umberto Eco, che con tutta la sua (presunta) filosofia non può dire nemmeno una parola che spieghi il senso di questa esistenza. E’ la rabbia di chi sa che si avvicina un giudizio, un giudizio perfetto e senza appello, nel quale la filosofia e la semiotica non servono a nulla. Conta solo essere o non essere santi. Che Dio lo aiuti a capirlo, prima che sia troppo tardi.
M. Palmaro, da "La Bussola Quotidiana" di oggi 21 settembre