mercoledì 28 settembre 2011

Ricominciamo







L'unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante.

E invece, una dozzina d'anni dopo, chi scriveva questa annotazione nel suo diario alla pagina del 23 novembre 1937 si toglieva la vita in un afoso agosto torinese del 1950. Sto parlando di Cesare Pavese e del suo Il mestiere di vivere, pubblicato postumo nel 1952. Eppure queste due frasi sono di una freschezza e di una vitalità straordinarie e sanno cogliere il midollo stesso del vivere. Sì, perché ogni alba che si schiude è un inizio analogo a quello del giorno in cui siamo usciti dalla notte del grembo materno e ci siamo avviati a percorrere la strada e l'avventura della vita. Io, per primo, devo essere grato al Creatore perché da anni ogni mattina si apre su una giornata quasi mai uguale alla precedente, in una sorta di galleria di sorprese sempre mutevoli. Sono sicuro, però, che - pur nella monotonia del ritmo casa-lavoro - tanti di noi ricominciano le loro giornate con una carica implicita, quella ad esempio dell'amore per la loro famiglia a cui stanno donando il loro tempo e le loro energie. Ma non possiamo ignorare che per molti la vita è come un fuoco spento: forse c'è ancora qualche brace sotto il velo della cenere; ma non c'è più la voglia o la forza di soffiare. Quando si giunge a questa apatia, si è ormai «ombre che passeggiano», per usare una forte espressione del Macbeth di Shakespeare. Senza il desiderio di ricominciare si è già cadaveri ambulanti, per dirla più brutalmente, privi di vigore per pensare, creare, donare. A costoro lascio le parole di Isaia: «Dio dà forza allo stanco, moltiplica il vigore dello spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono. Ma quanti sperano nel Signore mettono ali come aquile e camminano senza stancarsi» (40, 29-31).


Fonte: G. Ravasi, nel Mattutino di "Avvenire" del 28 settembre 2011