lunedì 19 settembre 2011

La vita è bella... nonostante tutto



Alla fine di questa giornata propongo questa bella pagina di Albert Lassus...

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Un fratello chiese a un anziano: "Padre, che devo fare? Non faccio niente di quello che dovrebbe fare un monaco: abbandonandomi alla rilassatezza mangio, bevo, dormo. Per di più sono turbato e ho pensieri vergognosi; passo da un lavoro all'altro, da un pensiero all'altro!". L'anziano rispose: "Tu resta nella cella, fà il possibile senza lasciarti turbare. Quel poco che fai ora equivale alle grandi fatiche del padre Antonio nel deserto. Io credo che chi resta tranquillo nella sua cella per amore di Dio e vigila sulla sua coscienza si troverà nello stesso luogo in cui si trova abba Antonio".
Chi, di quanti hanno già percorso un buon tratto della vita, oserebbe negare la verità confortevole di questo apoftegma? E' per questo forse che io resto così pieno di ammirazione dinanzi a quanti e a quante, per 50 o 60 anni, hanno resistito al loro posto di combattimento. Forse è capitato di tutto durante il viaggio,qualcosa di bene e di male, luci e ombre, abbandoni e rinunce. Ma alla sera della vita, si ritrova se stessi come colui che disse il sì ai primi amori, e di una sola cosa ci si dispiace: non aver amato abbastanza. So che tale perseveranza ha stranamente, almeno per alcuni casi, qualcosa di simile al martirio.
"Per nove anni un fratello fu tormentato dal desiderrio di abbandonare il convento. Ogni giorno preparava il suo mantello come se dovesse partire e, quando giungeva la sera, diceva: "Domani me ne vado". Ma il mattino diceva: "Facciamoci violenza e restiamo qui quest'oggi per il Signore". Fece così giorno dopo giorno per nove anni, e poi il Signore allontanò da lui questa tentazione ed egli ebbe la pace".
Una tale forza d'animo però non è possibile che nella fiducia nell'amore fedele di Dio. Il quale continua a credere in noi, nonostante tutti i nostri fallimenti.
E' vero che avanzando nell'età appare più chiaro il volto di miseria che ciascuno porta in sè: i risultati di sforzi forse continui per diventare migliori sono pressocchè inesistenti o ad ogni modo irrisori; sarebbe tuttavia sciocco lasciarsi assillare , schiacciare da simili costatazioni. La gravità e la serietà che caratterizzano l'età adulta non vanno confusi con la cattiva tristezza, ma devono a poco a poco accompagnarsi alla gioia serena di chi non si prende troppo sul serio o - più esattamente - di chi non manca nè di umiltà nè di humor, gli "innocenti", gli "idioti", i "poveri"...
(...)

Nel corso di ogni esistenza, qualunque sia la nostra vocazione, si dovrebbe disporre di un periodo di sosta per alzare le mani verso Dio e ripetere il proprio consenso alla vita, non quella che abbiamo scoperta nei buoni libri e che durante la nostra giovinezza ci faceva sognare, ma quella che si rivela in questo oggi di Dio, più prosaica senza dubbio ma vera. Allora capiremo ciò che san Benedetto scrisse nel suo magnifico capitolo VII,il capitolo fondamentale della Regola: "Anzichè irritarti, abbraccia la pazienza con tutto il tuo cuore e sopporta tutto senza abbandonare la presa e indietreggiare di un solo passo, perchè la Scrittura dice: Chi persevererà sino alla fine, sarà salvo, e in un altro passo: Il tuo cuore si rinfranchi e speri nel Signore"...
Ogni vita è difficile e Dio più di ogni altro capisce la nostra stanchezza, le nostre dimissioni e anche i nostri tradimenti. Lui è l'unico giudice perchè è l'unico che vede nella parte più profonda del nostro cuore.
Albert Lassus, I nomadi di Dio, Torino 1976, pp. 76.78