mercoledì 16 novembre 2011

Gertrude di Helfta - "Le Rivelazioni" - Volume 3 (Capp. 32-90)

32 - Frequenza di buoni desideri - Sogni molesti

Durante la Messa dei defunti, mentre si cantava il Tratto «Sicut cervus: come il cervo», alle parole «sitivit anima mea: la mia anima ha sete de te, ecc.» essa, per scuotere la sua tiepidezza, disse al Signore: «Ahimè, Signore! Tu sei il vero mio bene, eppure il mio desiderio di possederti è così tiepido che ben raramente posso applicare a me questa parola: sitivit aniam mea ad te!». e il Signore: «Ripetimi, non di rado, ma spesso che la tua anima ha sete di Me, perché il mio misericordioso amore per la salvezza dell’uomo mi costringe a ritenere che, qualunque cosa desiderino i miei eletti, sempre in realtà desiderino Me che sono la fonte di questi beni, o qualche altro bene. Se un uomo desidera per esempio la salute o la scienza o la sapienza o qualche altro bene, Io per accrescere i suoi meriti riferisco a Me, che son la fonte di questi beni, il suo desiderio. A meno che egli deliberatamente mi respinga, come sarebbe se desiderasse la sapienza per vanagloria o la salute per poter commettere il male». E il Signore aggiunse: «Perciò spesso Io visito con l’infermità fisica o con la desolazione spirituale o altre afflizioni i miei eletti: affinché cioè desiderino di conseguire detti beni per un fine spirituale, e il geloso amore del mio Cuore possa ricompensarli secondo il beneplacito della mia liberalità».

Un insegnamento simile ricavò un’altra volta da un’ispirazione divina. Comprese cioè che il Signore «cuius deliciæ filiis hominu,: la cui delizia è di stare con i figli degli uomini» (Pr 8,31), quando non trova nulla in una creatura che la renda degna della sua presenza, le manda delle tribolazioni e delle pene, sia fisiche che spirituali, per avere l’opportunità di rimaner con lei secondo la verace parola della Scrittura: «Juxta est Dominus his qui tribulato sunt corde: il Signore è vicino ai tribolati di cuore» (Sal 33,19), e ancora: «Cum ipso sum in tribulatione: io sono con lui nella tribolazione» (Sal 90,15).

Questa considerazione riempie di affettuosa riconoscenza la creatura che, conscia della sua piccolezza, grida insieme all’Apostolo con tutta la forza del suo amore: «O altitudo divinarum sapientiæ et scientiæ Dei, quam incomprehensibilis sunt judicia ejus, et investigabiles viæ ejus: o insondabile profondità della sapienza e della scienza di Dio, come sono incomprensibili i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie» (Rm 2,33).

Una notte le parve che il Signore la visitasse in sogno con tanta dolcezza da sembrarle di esser saziata dalla sua presenza come dai cibi più squisiti. Svegliatasi, ne ringraziò il Signore dicendo: «Che cosa ho mai meritato, Signore, io indegnissima più degli altri che Tu affliggi spesso con sogni così penosi, che qualche volta spaventano con le loro grida anche i vicini?». Il Signore le rispose: «Se coloro che la mia provvidenza paterna dispone di santificare con la sofferenza cercano durante il giorno tutto ciò che può procurare il loro benessere fisico (privandosi così di molte occasioni di merito) io nella mia paterna misericordia mando loro delle pene nel sonno per dar loro, almeno così occasione di qualche merito». «Ma Signore – essa disse – può forse esser loro imputato a merito ciò che soffrono senza intenzione e anche contro il loro volere?». E il Signore: «Nel mondo ci son delle persone che per adornarsi si servono di perle di vetro e di gioielli di metallo vile; e ce ne sono poi altre che invece si adornano di oro e di gemme preziose. Lo stesso avviene fra le anime.»

Un giorno in cui recitava le Ore canoniche con minore attenzione del solito, s’accorse ad un tratto che le stava vicino l’antico nemico del genere umano che, quasi per deriderla, recitava lui il resto del Salmo: Mirabilia testimonia tua ecc. (Sal 118,128), smozzicando le parole. Quand’ebbe finito disse: «Ha impiegato bene i suoi doni il tuo Creatore, il tuo Salvatore, il tuo Amico, dandoti tanta facilità di parola! Sai sempre fare un bel discorso su qualunque argomento ti piaccia, ma quando parli a Lui te la spicci così in fretta che in questo solo salmo ti sei già mangiata tante lettere, tane sillabe, tante parole». Comprese che se l’astuto nemico si era data pena di contare tutte le lettere e tutte le sillabe saltate, era certamente perché dopo la nostra morte egli intende farsi il grande accusatore di coloro che sogliono recitare in fretta e distrattamente le Ore canoniche.

Un’altra volta, mentre era intenta a filare con alacrità, raccomandando nello stesso tempo con devota intenzione il suo lavoro al Signore, le accadde di buttar via alcuni bioccoli di lana. Vide allora che il diavolo li raccoglieva, quasi a testimonianza della sua negligenza. Essa invocò il Signore ed Egli scacciò il demonio rimproverandolo di aver ardito di ingerirsi in un’opera che era stata offerta a Lui.

Casella di testo: 33 – La fedeltà del Signore nell’assisterci

Una volta, accesa di più ardente amore per il suo Dio, disse al Signore: «O mio Signore, potrei in questo momento pregarti?». Il Signore con bontà le rispose: «Sì, mia Regina e mia Signora, puoi comandarmi, perché Io desidero esaudire le tue volontà e i tuoi desideri con prontezza maggiore di quella che un servo attesta alla sua padrona . Ed essa: «Non sia mai che io dubiti di questa tua parola di piissima degnazione, o dio pieno di bontà. Come mai tuttavia la mia orazione speso non ottiene alcun effetto, mentre Tu ti affermi così pronto ad esaudire la tua indegnissima creatura?». Il Signore le rispose: «Supponi che la Regina, tutta intenta al suo lavoro, dica al servo che sta dietro a lei: Dammi il filo che pende dalla mia spalla sinistra(persuasa che sia così perché non può vedere dietro a sé). Il servo, che vede il filo pendere dalla spalla destra e non dalla sinistra, lo prende tuttavia dove lo trova e lo porge alla sua padrona, e non pensa certo a togliere un filo a sinistra dalla veste della sua padrona per eseguire il comando alla lettera. Così Io, nella mia inscrutabile sapienza, se qualche volta non esaudisco le tue preghiere e i tuoi desideri sempre però ne dispongo nel modo che vedo riuscirti più utile, anche se tu nella tua umana debolezza non sai discernere cosa sia meglio per te».

Casella di testo: 34 –  Come possiamo offrire per noi i meriti del Signore e dei Santi

Essa doveva un giorno ricevere la santa Comunione e, dolendosi di essere insufficientemente preparata, pregò la beata Vergine e tutti i Santi di offrire per lei al Signore quella perfetta disposizione che, durante la loro vita, li aveva preparati a ricevere la grazia. Pregò inoltre il Signore Gesù affinché si degnasse di offrire per lei la perfezione con la quale, al momento della sua Ascensione, si presentò a Dio Padre per essere glorificato.

Cercò, più tardi, di capire quale accrescimento di grazia avesse conseguito con questa preghiera, e il Signore le disse: «Hai conseguito la grazia del cielo rivestita dei loro meriti. E aggiunse ancora: «Perché non credere che Io, tuo Dio onnipotente e misericordioso, possa compiere ciò che può compiere chiunque sulla terra? Chi infatti possiede un ricco abito può con esso o con altro simile rivestire un suo amico, e far sì che egli comparisca agli occhi degli altri con una veste altrettanto splendida della sua».

Si ricordò intanto che aveva promesso ad alcune persone di comunicarsi in quel giorno secondo le loro intenzioni, e pregò devotamente il Signore di voler elargire anche a loro il dono che essa aveva ricevuto. Ebbe questa risposta: «Io lo concedo, ma dipenderà da loro il volersene servire».

Chiese allora in qual modo desiderava che queste anime utilizzassero il suo dono e il Signore aggiunse: «Quando, in qualunque momento, si rivolgeranno a Me con cuore puro e sincera e buona volontà, e invocheranno anche una sola parola o con un sospiro la mia grazia, subito appariranno ai miei occhi rivestite di quei meriti che tu ha impetrato per loro con la tua preghiera».

Casella di testo: 35 – Gli effetti della Comunione

Pregò una volta il Signore di concederle la grazia che nell’ora della morte il suo ultimo cibo fosse il vivifico Sacramento del Corpo di Cristo; ma un’illuminazione soprannaturale le fece comprendere che con questa preghiera non aveva chiesto la cosa migliore. L’effetto di questo Sacramento non è però per nulla intralciato dalle cure che per necessità si prestano al corpo, e tanto meno da quel po’ di cibo che le misere condizioni di un ammalato possono esigere e che egli prende anche contro sua voglia per sostentare la sua vita a gloria di Dio. Anzi, se in virtù dell’unione che si attua fra l’anima e Dio per l’azione sacramentale tutto ciò che è buono nell’uomo prende un valore più grande, tanto più diventerà meritorio nell’ora della morte tutto ciò che si farà con intenzione pura dopo aver ricevuto il SS.mo Sacramento. La paziente sopportazione della sofferenza, la necessità del cibo e della bevanda e simili, tutto diventerà occasione di un esterno cumulo di meriti in virtù dell’unione sacramentale col Corpo di Cristo.

Casella di testo: 36 – L’utilità della Comunione frequente

In un’altra occasione, mentre stava per comunicarsi, disse al Signore: «O Signore, che dono mi accorderai?». «Tutto Me stesso con la mia divina virtù – rispose il Signore – così come mi ha ricevuto la mia Vergine Madre». Ed essa: «Tu ti dai sempre tutto, Signore: che cosa avrò dunque in più di coloro che ieri ti hanno ricevuto e che oggi si astengono dalla Comunione?». «In antico, chi otteneva per la seconda volta il consolato si sentiva più onorato di chi lo aveva ottenuto una volta sola; come potrebbe dunque non godere di una gloria maggiore nel cielo l’anima che più spesso mi ha ricevuto in terra?». Essa allora sospirò: «Ah, di quanto allora mi precederanno nella gloria i sacerdoti, che per il loro ministero si comunicano tutti i gironi?». E il Signore: «Coloro che mi avranno degnamente ricevuto rifulgeranno certo di una grande gloria, ma non bisogna confondere l’amore con cui l’anima mi riceve con la dignità di cui può essere rivestita. La ricompensa di coloro che si accostano alla Comunione con desiderio ed amore sarà quindi diversa da quella di chi mi riceve soltanto con timore e riverenza, e da quella ancora di chi si prepara a comunicarsi con lunghi e frequenti esercizi di pietà. Nessuna di queste tre ricompense riceverà però il sacerdote che celebra i divini misteri per semplice abitudine».

Casella di testo: 37 – Come il Signore riparò le sue negligenze

In una certa festa della beata Vergine, ritornando in sé dopo aver ricevuto mirabili e particolarissimi doni, prese a considerare la sua ingratitudine e negligenza. Le pareva di avere insufficientemente attestato la sua reverenza alla Madre del Signore e agli altri Santi, che avrebbe invece dovuto maggiormente onorare in quel giorno per i favori speciali che in esso aveva conseguito. Il Signore la consolò con la solita bontà, dicendo alla Madre sua e agli altri Santi: «Non avrò forse riparato abbastanza le sue negligenze verso di voi, quando in vostra presenza mi sarò comunicato a lei nelle delizie della mia Divinità?». «La riparazione sorpasserà invero ogni misura», essi risposero. Il Signore si rivolse allora con dolcezza a lei: «E a te basta questa riparazione?». «Mi basterebbe di certo, o Signore mio, se non vi mancasse una cosa: penso infatti che quando avrai riparato le mie negligenze passate io ne aggiungerò subito delle altre. Conosco troppo bene la facilità con cui commetto della mancanze!». E il Signore: «Io mi darò a te in modo tale che riparerò anche le future, a condizione che tu, dopo avermi ricevuto nel sacramento dell’Eucaristia, ti conservi pura da ogni macchia di peccato». «Ahimè Signore – essa rispose – temo di non essere capace neanche di questo, e perciò ti prego di insegnarmi, o benignissimo Maestro, come potrò purificarmi dalle macchie che avrò contratto». Il Signore rispose: «Non permettere che rimangano neppur per un momento sulla tua anima, ma non appena te ne accorgi dì subito devotamente: Abbi pietà di me, o mio Dio; oppure: O unica mia salvezza, Cristo Gesù, concedimi per la tua salvifica morte il perdono di tutti i miei peccati».

Si accostò poi a ricevere il Corpo del Signore, e la sua propria anima le parve allora limpida come un cristallo di abbagliante luce. La Divinità di Cristo splendeva attraverso questo cristallo o compiva nella sua anima operazioni così mirabili e di tale inesprimibile dolcezza da essere oggetto di delizia alla Trinità santissima e a tutti i Santi. Comprese allora quanto sia vero che tutto ciò che si è perduto spiritualmente può essere ricuperato col ricevere in modo degno il Corpo di Cristo. Queste divine operazioni erano fonte di tale gaudio, che tutta la Corte celeste sembrava prendere le sue delizie nell’anima in cui esse si compivano.

Quanto a ciò che sopra si è scritto della promessa del Signore di cancellare anche le sue negligenze future, bisogna intenderlo così: Come ciò che è racchiuso in un prisma di cristallo può esser visto dia guardandolo da una parte come guardandolo dall’altra, così l’operazione divina sarebbe ugualmente visibile in quest’anima sia che essa fosse fedelmente intenta a qualche opera buona, sia che, per umana fragilità, la sua attenzione venisse meno; sempre però a condizione che nessuna nebbia di peccato oscurasse il cristallo. Il peccato solo infatti poteva impedire nella sua anima questa meravigliosa operazione.

Casella di testo: 38 – L’effetto dello sguardo di Dio

La sua grande devozione faceva sì che essa desiderasse spesso di ricevere il Corpo del Signore. Una volta si era preparata con fervore più grande del solito per alcuni giorni, ma poi nella notte precedente la Domenica avvertì una tale prostrazione di forze che le parve impossibile di potersi comunicare. Domandò, com’era solita, al Signore che cosa desiderava che facesse. Il Signore degnò risponderle: «Lo sposo che si è saziato di diversi cibi trova più gradito starsene tranquillo in disparte con la sposa che non continuare a star a tavola con lei. Così questa volta Io gradisco di più che, per discrezione, tu tralasci di comunicarti». Ed essa: «Ma, Signore mio amatissimo, Tu come puoi asserire di esserti saziato?». «Il tuo spirito di silenzio – rispose il Signore – il raccoglimento dei tuoi sensi, i desideri ardenti e le preghiere con le quali ti sei preparata a ricevere il mio Sangue e il mio Corpo Sacratissimo, sono stati per me come altrettanti cibi deliziosi che mi hanno ottimamente saziato».

Nonostante la sua debolezza, intervenne però ugualmente alla Messa col vivo desiderio di ricevere almeno spiritualmente la santa Comunione. Accade che, per caso, ritornasse proprio in quel momento dal villaggio un sacerdote che aveva portato la santa Comunione ad un infermo, ed essa, avvertendo il suono della campana, accesa di santo desiderio disse al Signore: «Oh, quanta gioia, o vita della mia anima, ti riceverei ora almeno spiritualmente ,se avessi il tempo di fare un po’ di preparazione!». Il Signore le rispose: «Il mio sguardo di misericordia ti preparerà convenientemente». In questo istante le parve che il Signore dirigesse il suo sguardo, simile ad un raggio di sole, sulla sua anima dicendo: «Firmabo super te oculos meos: fermerò su di te il mio sguardo» (Sal 31,8). A queste parole essa comprese il triplice effetto che, come i raggi del sole, lo sguardo di Dio opera nell’anima, e anche il triplice modo in cui l’anima deve prepararsi a riceverlo. Anzitutto lo sguardo della misericordia di Dio rende candida l’anima, purificandola da ogni macchia e rendendola più bianca della neve; e a tale effetto ci si prepara con l’umile riconoscimento delle proprie mancanze. In secondo luogo lo sguardo della divina misericordia addolcisce l’anima e la rende atta a ricevere i doni spirituali, così come la cera, riscaldata ai raggi del sole, diventa molle e atta a ricevere l’impronta del sigillo; e quest’effetto l’anima lo consegue disponendovisi con la buona volontà. Infine lo sguardo della divina misericordia feconda l’anima e la fa produrre i fiori delle divine virtù, così come il sole rende la terra fertile e atta a produrre ogni genere di frutti; e tale effetto si ottiene abbandonandosi con fiducia alla infinita misericordia di Dio, che fa cooperare a nostro bene così la prospera come l’avversa fortuna.

Quando poi la comunità ricevette la comunione alle due sante Messe [evidentemente una parte della Comunità si comunicava alla prima e l’altra alla seconda], il Signore degnò apparirle in atto di distribuire Egli stesso a ciascuna religiosa l’Ostia sacrosanta con le sue proprie mani, mentre il sacerdote tracciava semplicemente su ciascuna il segno di croce. Il Signore Gesù poi per ogni Ostia che porgeva alle altre religiose, pareva mandare a lei una particolare benedizione. Tutta stupita essa disse: «Oh, Signore, Tu mi previeni gratuitamente con tutte queste tue divine benedizioni! Come può essere possibile che ricevendoti sacramentalmente altri possa ricevere qualche cosa di più?». Il Signore rispose: «Che te ne pare? È più ricco colui che si orna di tutte le sue pietre preziose e dei suoi monili, o colui che nascostamente possiede un equivalente tesoro di oro puro?». Con queste parole il Signore volle farle comprendere che colui che si comunica sacramentalmente consegue un’abbondanza di grazia il cui effetto si fa sentire così nell’anima come nel corpo; ma chi con intenzione pura, per un atto di obbedienza e di discrezione insieme, si astiene dal ricevere sacramentalmente il Corpo del Signore (pur essendo infiammato dal desiderio di comunicarsi, almeno spiritualmente) merita di ricevere dalla divina bontà la stessa abbondanza di benedizioni che il Signore aveva conferito a lei in detta occasione e consegue così in modo misterioso una grazia più efficace.

Casella di testo: 39 – Quanto sia utile meditare sulla Passione di Cristo

Una volta, meditando sulla propria indegnità, sentì talmente venir meno la fiducia nei suoi propri meriti, che si lasciò per così dire cadere a terra nel suo cammino spirituale verso Dio. Il Signore con misericordiosa bontà si chinò su di lei e le disse: «Per il vincolo che li lega, conviene che il Re si rechi premurosamente a visitare la Regina dovunque essa si fermi durante un viaggio». Essa comprese da queste parole che il Signore nella sua bontà si sente legato all’anima che, secondo le sue capacità, si applica spesso a meditare con amore la sua Passione, come il Re si sente legato alla Regina in virtù del vincolo matrimoniale. Sentì infatti di aver meritato questa visita divina così piena di degnazione perché ogni venerdì si applicava a meditare la Passione del Signore, e comprese che, quand’anche la sua devozione si fosse intiepidita, sempre tuttavia sarebbe stata guardata da Lui con occhi di misericordia se fosse sempre stata fedele a celebrare il ricordo della sua Passione.

Casella di testo: 40 – In qual modo il Figlio di Dio placa il Padre suo

Un’altra volta cercava di capire quale fra i divini doni che la liberale misericordia di Dio le aveva elargito fosse più utile rivelare agli uomini a loro vantaggio spirituale. Il Signore allora, entrando nel suo pensiero e nel suo desiderio, le disse: «Ãˆ opportuno dir loro che ritrarranno un grande profitto dal ricordarsi che Io, il Figlio della Vergine, sempre intercedo davanti al Padre per la salvezza degli uomini, e che quando essi per fragilità macchiano il loro cuore, Io offro al Padre in riparazione il mio Cuore santissimo. Quando peccano con la bocca, Io offro la mia bocca innocente; quando peccano nelle loro opere offro le mia mani trafitte per loro. In qualsivoglia modo infine abbiano peccato, subito la mia innocenza placa il Padre mio in modo tale che, possano facilmente ottenere il perdono. Vorrei che i miei eletti ogni volta che impetrano perdono sempre mi rendessero grazia di averlo così facilmente ottenuto».

Casella di testo: 41 – Uno sguardo al Crocifisso

Un certo venerdì serra, essa guardò una immagine del Crocifisso e poi disse al Signore con amorosa compunzione: «O dolcissimo Signore, quanti dolori hai sopportato oggi per la mia salvezza! E io, infedelissima tua sposa facendone poco conto, ho trascorso la mia giornata così presa dalle mie occupazioni che ho lasciato passare un’ora dopo l’altra senza fermarmi a meditare ciò che hai sofferto per me, o mia Salvezza eterna, e come Tu sia morto per mio amore, Tu che sei la Vita che vivifica ogni cosa!» . Il Signore le rispose dalla croce: «Ho supplito Io alla tua negligenza, poiché Io ho raccolto nel mio Cuore i sentimenti che avrebbero dovuto essere nel tuo, e il mio Cuore ne fu presto così pieno che con grande desiderio aspettavo il momento in cui mi avresti rivolto la preghiera che ora mi hai fatta. Io l’offro al Padre mio insieme a ciò che oggi ho fatto in vece tua, e che non ti sarebbe stato altrettanto salutare se tu non vi avessi unito la tua intenzione». Ben possiamo qui ammirare il fedelissimo amore del Signore per l’uomo: non appena egli, pentito delle sue mancanze, si rivolge a Lui, subito Egli placa il Padre suo e supplisce con tale pienezza a tutte le nostre negligenze, che l’uomo non saprebbe mai lodarlo quanto deve.

In un’altra occasione, contemplando l’immagine di Cristo crocifisso, comprese che se qualcuno guarda con amore il Signore dalla croce, è a sua volta guardato da Lui con tanta bontà e misericordia che la sua anima, simile a un tersissimo specchio, riflette l’immagine contemplata, con grande delizia della corte celeste, E ogni volta che una persona compie con amore e rispetto questo atto, ne ricava grande gloria per il cielo.

A questo proposito ricevette un altro insegnamento. Quando contempliamo il Crocifisso dobbiamo pensare che il Signore ci dica queste parole: «Per amore tuo sono stato inchiodato alla croce, nudo e disprezzato, colpito da una crudele flagellazione, slogato in tutte le sue ossa. Mail mio amore per te è così grande, che sari disposto, se ciò fosse necessario alla tua salvezza, a soffrire per te solo tutti i tremendi dolori che ho sopportato per il mondo intero». Eccitiamo con questi pensieri il nostro cuore alla riconoscenza.

In verità, non accade mai che uno veda un Crocifisso senza una speciale grazia di Dio. E perciò come non è mai senza colpa, per un cristiano, il guardare con ingrata indifferenza il prezzo inestimabile del suo riscatto, così non è mai senza frutto il guardarLo con amore.

Mentre un giorno meditava la Passione del Signore, capì che nessun esercizio di pietà porta maggiori frutti di tale contemplazione. Come non ci si può avvicinare alla farina senza rimanerne imbiancati, così non è possibile pensare alla Passione del Signore, sia pure col minimo sentimento di devozione, e non ricavarne qualche profitto. Anche una semplice lettura su tale argomento prepara l’anima a riceverne i frutti, perché una sola meditazione di chi ha spesso presente la Passione di Cristo è più fruttuosa di molte meditazioni di chi non si cura di pensarci. Sforziamoci dunque di trattenere nel nostro spirito questo sacro ricordo, affinché a poco a poco esso diventi come miele per la nostra bocca, melodia per il nostro orecchio, letizia per il nostro cuore.

Casella di testo: 42 – Un fascetto di mirra

C’era vicino al suo letto un Crocifisso. Una notte, vedendolo tutto inclinato verso di lei e quasi in procinto di cader, lo raddrizzò dicendo affettuosamente: «O mio dolcissimo Gesù, perché sei così inclinato?». Egli rispose subito: «L’amore del mio Cuore divino mi inclina verso di te». essa allora prese fra le mani il Crocifisso e lo strinse dolcemente fra le sue braccia coprendolo di carezze e di baci e dicendo: «Fasciculus myrrhæ Dilectus meus mihi: il mio Diletto è per me come un fascetto di mirra» (Ct 1,12), e il Signore quasi prendendole la parola di bocca continuò: «Inter ubera mea commorabitur: esso rimarrà sempre sul mio petto» (Ct 1,12). Comprese allora che dobbiamo unire alla Passione di Cristo tutte le nostre contrarietà e le nostre pene, disponendole intorno ad essa come si farebbe di un mazzetto di fiori intorno ad un sostegno. Se, ad esempio, oppressi dalle contrarietà, ci sentiamo tentati di impazienza, dobbiamo ricordare l’ammirabile dolcezza del Figlio di Dio che, come mansuetissimo agnello, si lasciò immolare per la nostra salvezza senza aprire la bocca al minimo lamento. Davanti ad un’occasione di vendicarci del male che ci è stato fatto, pensiamo con quanta mansuetudine il nostro amorosissimo Dio non abbia reso male per male né abbia cercato di vendicarsi neppure con una sola parola, ma come anzi abbia ricambiato tutto ciò che ebbe a sopportare col massimo dei beni, redimendo con la sua Passione e morte coloro che l’avevano perseguitato fino a togliergli la vita. E così sull’esempio del Signore, cerchiamo di rendere bene per male, e se sentiamo nascere in noi un movimento di odio verso coloro che ci hanno offeso, ricordiamo l’immensa mansuetudine con la quale il Figlio di Dio, in mezzo agli indicibili strazi della sua Passione e alle ambasce della sua morte, abbia pregato per i suoi crocifissori dicendo: «Pater ignosce illis…: Padre perdona loro…» (Lc 33,34), e, unendoci a quest’amore, cerchiamo a nostra volta di pregare per i nostri nemici.

Il Signore aggiunse: «Chi avrà così unito le sue contrarietà e le sue pene al fascetto di mirra della mia Passione e si sarà confortato nel proposito di imitarmi seguendo i miei esempi, in verità riposerà sempre sul mio petto, poiché Io gli applicherò, in accrescimento dei suoi meriti, tutto ciò che ho sofferto nella mia Passione, e ancora le altre mie virtù».

Essa disse allora: «E come accetti, Signore, l’omaggio della devozione che si dimostra alla tua santa Croce?». «L’accetto con riconoscenza – rispose il Signore – tuttavia coloro che venerano la mia immagine e poi non imitano gli esempi della mia Passione, rassomigliano a una madre che regala alla figlia dei begli abiti semplicemente per seguire la propria inclinazione a far bella figura e non già per soddisfare i suoi desideri, perché rifiuta anzi duramente di accontentarla. Fintanto che la figlia non ottiene ciò che desidera, non le sarà certo grata delle spese che fa per lei, perché pensa ce sua madre le impone quelle vesti per soddisfare la propria vanità e non per l’amore che le porta. Allo stesso modo tutte le testimonianze d’amore, d’onore e di rispetto che si rendono all’immagine della mia croce,m non possono essermi veramente gradite se non si cerca nello stesso tempo di imitare gli esempi della mia Passione».

Casella di testo: 43 – Un’immagine del Crocifisso

Aveva un grande desiderio di procurarsi un Crocifisso onde venerarlo spesso per amore del Signore. Era però trattenuta da uno scrupolo di coscienza, temendo che quest’esercizio potesse impedirle il godimento delle grazie interiori. Il Signore le disse: «Non temere, carissima, non ti sarà di alcun impedimento, poiché Io soltanto sono la causa di questa tua devozione. Ti dirò anzi che essa mi è molto gradita. Un Re non può sempre rimanere con la sposa che teneramente ama e perciò talvolta lascia presso di lei, a rappresentarlo, qualche suo carissimo parente. Ogni attestazione tuttavia di cordialità e di amicizia che la sposa dimostra a questo suo familiare, l o sposo la ritiene come rivolta a sé, perché sa che non proviene da un illecito sentimento verso un estraneo, ma da un casto amore della sposa per lo sposo. Allo stesso modo Io gradisco gli onori resi alla mia croce perché sono un’attestazione di amore per Me. Non bisogna tuttavia accontentarsi di possedere una croce, ma bisogna applicarsi a meditare l’amore e la fedeltà con la quale ho subito per l’uomo l’amarezza della mia Passione, e non soddisfare semplicemente un’inclinazione naturale trascurando di seguire i miei esempi».

Casella di testo: 44 – Come la divina soavità attrae l’anima

Una notte in cui meditava devotamente la Passione del Signore, quasi sconvolta dalla forza dell’emozione, sentì che il suo cuore veniva meno sotto l’impeto di questi santi ardori, e disse al Signore: «O Amico mio dolcissimo, se gli uomini sapessero ciò che provo in questo momento, direbbero che dovrei moderare questo fervore per non perdere la salute. Ma Tu che penetri fin nell’intimo della mia anima, Tu sai bene che tutti i miei sforzi non varrebbero a impedire la potente emozione che provo alla tua visita». Il Signore rispose: «E chi dunque se non un pazzo può ignorare che la potente, infinita dolcezza della mia Divinità sorpassa ogni diletto umano e carnale? Tutte le consolazioni della terra in confronto ai gaudii celesti sono come un a goccia di rugiada di fronte all’immensità dell’oceano. Gli uomini si lasciano attirare dal fascino dei piaceri sensibili fino a mettere qualche volta in pericolo non soltanto la loro salute fisica, ma anche la loro eterna salvezza. Con ben maggior ragione, un cuore tutto penetrato di dolcezza divina si trova nell’impossibilità di resistere a un amore che sa essere per lui fonte di eterna beatitudine».

Essa obiettò: «Gli uomini direbbero forse che, avendo fatto professione in un Ordine cenobitico, dovrei moderare i miei trasporti per essere in grado di poter praticare la Regola in tutto il suo rigore». Il Signore degnò istruirla con questo paragone: «Se davanti alla tavola del Re dovessero stare diversi cortigiani pronti a servirlo con zelo e rispetto, e se il Re, stanco o indebolito dall’età, sentisse il bisogno di appoggiarsi ad un tratto ad uno di essi, non sarebbe forse sconveniente che questo cortigiano lasciasse cadere a terra il suo signore, sotto pretesto che gli è stato ordinato di occuparsi solo del servizio della tavola? Allo stesso modo sarebbe cosa assai deplorevole che un’anima chiamata gratuitamente alle delizie della contemplazione volesse sottrarvisi per seguire in tutto il suo rigore la Regola del suo Ordine. Io sono il Creatore e il Riformatore dell’universo, e mi compiaccio infinitamente di più di un’anima amante che di qualsivoglia esercizio o attività che si compia senza amore e senza purezza di intenzione». Il Signore aggiunse ancora: «Se uno però non si sente con tutta certezza attirato dal mio Spirito al riposo della contemplazione, e nello sforzo di giungervi trascura l’osservanza della Regola, rassomiglia al servitore che vuole assidersi alla tavola del Re mentre non gli è stato ordinato che di tenersi ai piedi accanto ad essa pronto a servirlo. E come un cortigiano che si siede alla mensa del suo signore senza esservi invitato, non solo non riceve alcun onore, ma viene anzi umiliato, così chi trascura la Regola del proprio Ordine per giungere coi suoi propri sforzi alla contemplazione divina (che nessuno può conseguire se non per mio speciale favore), ritrarrà da questo sforzo più danno che profitto, perché da un lato non giungerà alla contemplazione e dall’altro cadrà nella tiepidezza riguardo all’osservanza. Chi poi, avido dei propri comodi, trascura senza necessità l’osservanza della Regola, agisce come il cortigiano che, invitato a prestar servizio alla tavola reale, se ne andasse come l’ultimo dei servi a insudiciarsi occupandosi della stalla».

45 - In quale modo il Signore gradisca l'ossequio dimostrato al Crocifisso

Un certo venerdì, dopo aver passato tutta la notte insonne immersa in preghiere e ardenti desideri, si ricordò di avere una volta tolto i chiodi a un Crocifisso per sostituirli con dei profumati chiodi di garofano, e disse al Signore: «O mio Diletto, che cosa ha i dunque pensato quando per tenerezza ho tolto i chiodi di ferro dalle dolci ferite delle tue mani e dei tuoi piedi per sostituirli con quegli altri chiodi profumati?». Il Signore rispose: «Ho tanto gradito questa tua testimonianza d’amore che ho sparso su tutte le ferite dei tuoi peccati il balsamo preziosissimo della mia Divinità; tutti i Santi si diletteranno in eterno di vedere le tue ferite emanare un così prezioso liquore». «O Signore mio – essa riprese – accorderesti forse lo stesso favore a tutti quelli che facessero altrettanto?». «Non a tutti – rispose il Signore – ma soltanto a quelli che lo facessero con lo stesso amore. Anche se però, eccitati dal tuo esempio, lo facessero soltanto con tutta la devozione possibile, la ricompensa sarebbe ancora molto grande».

A queste parole essa prese il Crocifisso, lo coprì di teneri baci, stringendolo fra le braccia e colmandolo di carezze. Dopo alquanto tempo, sentendo venir meno le sue forze a motivo di quella veglia prolungata, depose il Crocifisso dicendo: «Addio Signore caro, ti auguro una buona notte: adesso lasciami dormire, affinché possa ritrovare le forze che ho perduto nel trattenermi con Te».

Ciò detto si voltò dall’altra parte per dormire. Mentre così riposava le parve che il Signore, staccando il braccio destro della croce come per attirarla a Sé, le sussurrasse all’orecchio: «Ascolta, o mia diletta, le parole del mio canto», e sulla melodia dell’inno Rex Christe factor omnium, le cantasse questa strofa: «Amor meus continuus, tibi languor assiduus, amor tuus suavissimus mihi sapor gratissimus: il mio amore assiduo sia il tuo continuo languore: il tuo amore soavissimo sia la mia gradita dolcezza».

Quando ebbe finito disse: «Ora, invece del Kyrie eleison che si canta dopo ogni strofa, chiedimi le grazie che desideri e te le concederò». Essa espresse allora al Signore alcuni desideri e fu benignamente esaudita. Dopo di che il Signore Gesù ripeté la stessa strofa e di nuovo la invitò a chiedere ciò che desiderava. Ripeterono così parecchie volte, alternandosi, le stesse parole. Il Signore in tal modo le impedì però di dormire: ma a un certo momento le sue forze ormai esaurite la costrinsero al sonno. Così finalmente poté dormire un po’ prima dell’alba. Ed ecco: il Signore Gesù, che non si allontana mai da coloro che Lo amano, le apparve in sogno, e, attirandola a Sé, trasse, per ristorarla, dalla ferita del suo sacro petto una vivanda deliziosa che Egli stesso di sua propria mano la posava sulle labbra. Rifatta così di forze, si svegliò piena di energia e ringraziò devotamente il Signore.

Casella di testo: 46 – Le sette Ore dell’Ufficio della Beata Vergine

Una volta, dopo aver trascorso buona parte della notte ricordando con amore e dolore la Passione del Signore si sentì molto spossata e, non avendo ancora recitato il Mattutino, disse al Signore: «Ah, mio Dio, Tu vedi che la mia umana fragilità non permette di fare ora a meno di un po’ di riposo. Dimmi dunque quale ossequio potrei prestare alla tua beatissima Madre in compenso delle Ore canoniche che avrei dovuto recitare in sua lode». «Lodami all’Ora di Mattutino – rispose il Signore – in unione con il mio stesso dolcissimo Cuore per l’intemerata verginità di Colei che vergine mi concepì, vergine mi diede alla luce e vergine rimase dopo il parto. Lodami per l’innocenza con cui ha imitato me, l’innocenza stessa, che, nell’ora appunto che corrisponde a Mattutino mi son lascito arrestare per la redenzione del mondo, per essere poi legato, schiaffeggiato, colpito senza pietà, colmato di oltraggi e di obbrobri».

Ora, mentre in tal modo lodava il Signore, vide che Egli presentava il suo Cuore divino sotto forma di un aureo calice alla sua Vergine Madre. La Vergine bevve a larghi sorsi questa bevanda più dolce del miele e sembrò esserne come inebriata e penetrata di soavità fin nell’intimo dell’anima. Essa disse allora alla Vergine Madre: «Ti lodo e ti saluto, o Madre beatissima, degnissimo sacrario dello Spirito Santo, attraverso al dolcissimo Cuore di Cristo, Figlio di Dio Padre e Figlio tuo amantissimo. Aiutaci, ti prego, in tutti i nostri bisogni, e soccorrici nell’ora della morte. Così sia.». Comprese allora che se uno loda il Signore nel modo indicato, aggiungendo anche il verso suddetto per glorificare la beata Vergine, è come se presentasse ogni volta alla Madre di Dio il Cuore del suo amantissimo Figlio per inebriarla di questo calice divino. La Vergine Regina accetterebbe volentieri questa offerta e la ricompenserebbe con tutta la liberalità della sua materna tenerezza.

Il Signore aggiunse: «Lodami all’Ora di Prima in unione al mio Cuore dolcissimo per la tranquilla umiltà con la quale la Vergine immacolata si disponeva a ricevermi come Figlio, anticipando l’umiltà che mostrai per la redenzione del genere umano quando, Io, giudice dei vivi e dei morti, ho degnato comparire davanti a d un pagano per essere da lui giudicato».

«Lodami all’Ora di terza per quel desiderio ardente col quale essa attrasse nel suo seno dal seno del Padre il Figlio di Dio; essa anticipò così l’ardente desiderio che Io ebbi della salvezza del mondo, quando, colpito da durissimi flagelli, coronato di spine, mi son degnato, all’ora di Terza di portare con dolcezza e pazienza sulle mie spalle stanche e insanguinate una croce ignominiosa».

«Lodami all’Ora di Sesta per la sicurissima speranza con la quale la Vergine celeste desiderava la mia gloria con perfetta buona volontà e intenzione purissima: essa anticipò così quello che Io feci sospeso sull’albero della croce, quando desiderai con tutte le forze la salvezza del genere umano in mezzo alle amarezze e alle angosce della morte. Quest’ardente desiderio mi fece gridare: Sitio; avevo infatti sete della salvezza degli uomini, tanto che, se fosse stato necessario, avrei sopportato supplizi ancor più aspri per la redenzione dell’uomo».

«A Nona, lodami per l’ardentissimo, reciproco amore che unì il mio Cuore a quello della Vergine Immacolata; per quell’amore che unì inseparabilmente l’eccellenza della Divinità alla debolezza umana nel seno di questa Vergine che agonizzò con me, Vita dei viventi, quando all’Ora di Nona morii sulla croce di amarissima per la redenzione del genere umano».

«A Vespro, lodami per l’indefettibile fedeltà con cui la Beata Vergine, sola, rimase fino alla mia morte immobile ai piedi della croce, mentre gli Apostoli fuggivano e tutti gli altri disperavano,. Essa imitò così la fedeltà con cui dopo la mia morte e deposizione dalla croce andai a cercare l’uomo fin nel fondo degli inferi, per strapparlo con l’onnipotenza della mia misericordia al Limbo e trasportarlo nel gaudio del Paradiso».

«All’Ora di Compieta, lodami per la ammirabile perseveranza con cui la Madre mia dolcissima ha perseverato con fermezza nel bene e nella virtù sino alla fine della sua vita. Essa imitò così la perfezione con la quale Io compii l’opera della redenzione umana, giacché dopo aver ottenuto con la mia amarissima morte il vostro riscatto, ho tuttavia ancora voluto che il mio corpo incorruttibile fosse sepolto secondo il costume consueto, per mostrare che non c’è umiliazione che Io non abbia voluto accettare per la salvezza dell’uomo».

Casella di testo: 47 – L’amicizia del Signore

Le relazioni con le creature spesso la tediavano, come suole accadere a chiunque ama veramente il Signore e non trova che sofferenze e dolore all’infuori di Lui. Perciò spessissimo nel fervore del suo spirito, si recava all’improvviso al suo consueto luogo di preghiera e diceva: «Ecco, Signore, io non trovo che amarezza nelle creature, e solo mi compiaccio di trattenermi e di parlare con te. Mi allontano dunque da loro per occuparmi di te o mio unico bene, solo gaudio del mio cuore e dell’anima mia». Poi, baciando le cinque piaghe del Signore, ripeteva cinque volte questo versetto: «Salve, Gesù sposo dolcissimo, io ti abbraccio con l’amore di tutto l’universo deliziandomi nella tua divinità e bacio la piaga del tuo amore». A queste parole pronunciate sulle piaghe del Signore essa sentiva svanire ogni tedio e si ritrovava inondata dalla dolcezza di una tenera devozione.

Poiché ripeteva spesso questa pratica, un giorno chiese al Signore se gli fosse gradita pur essendo così breve da non richiedere che pochi momenti. Il Signore rispose: «Ogni volta che me la offrirai, Io accetterò da te questa pratica come si accetta l’ospitalità di un amico che si sforza di attestarci la sua gioia con ogni sorta di cortesie e con la sua delicata premura. Un ospite che fosse accolto così si proporrebbe certo di ricambiare la cortesia del suo amico quando venisse a sua volta a visitarlo; allo stesso modo il mio Cuore pensa con amore alle ricompense da darti nella vita eterna per l’affetto che mi ha attestato quaggiù, e che Io ti renderò centuplicato secondo la regale liberalità della mia onnipotenza, della mia sapienza e della mia bontà».

Casella di testo: 48 –  L’effetto della compunzione

La Comunità temeva assai, un giorno, l’avvicinarsi di un esercito nemico che si diceva essere fortemente armato (1). In tal contingenza fu deciso di recitare il Salterio ripetendo alla fine di ogni salmo il versetto O lux beatissima, con l’antifona:Veni Sancte Spiritus. Lo recitò dunque con devozione insieme alle sue consorelle e comprese che per questa preghiera, fatto sotto l’azione dello Spirito Santo, il Signore infondeva la compunzione in alcune anime, così che esse, dopo aver riconosciuto le loro negligenze, ne concepivano pentimento con un fermo proposito di emendarsi e di evitare per quanto possibile il peccato in avvenire.

Mentre le sue consorelle provavano questa compunzione, essa vide levarsi dai loro cuori, tocchi dallo Spirito divino, come una specie di vapore che, spandendosi per tutto il monastero e per i luoghi vicini, teneva a distanza i nemici. Più un cuore era pieno di pentimento e di buona volontà, più il vapore che da esso saliva aveva forza per respingere ogni potenza ostile.

Conobbe allora che per mezzo del timore del nemico il Signore aveva voluto attirare a Sé i cuori di quella eletta Comunità affinché, spezzati dal dolore e purificati da tutte le loro negligenze, si rifugiassero sotto la sua protezione paterna per trovarvi più abbondante il soccorso del divino conforto.

Dopo aver ricevuto questa illuminazione disse al Signore: «Perché mai, o Signore amatissimo, le rivelazioni che per tua gratuita bontà mi accordi sono così diverse da quelle che tu accordi agli altri? Per questa diversità accade infatti spesso che siano conosciute dalla gente, mentre io preferirei tenerle nascoste». Il Signore rispose: «Se una persona colta, interrogata da persone di diversi paesi rispondesse a tutte in un’unica lingua, non soddisferebbe nessuno. Se invece parla a ciascuno nella lingua che le è propria, vale a dire in latino ai latini e in greco ai greci, la sua scienza risulta tanto più grande quanto maggiore è l’abilità a rispondere nella lingua di chi l’interroga. Allo stesso modo, più la diversità con la quale comunico i miei doni è grande, più chiaramente Io manifesto l’insondabile profondità della mia sapienza. Essa risponde a ciascuno nel modo più conveniente alla sua intelligenza e rivela ciò che vuol rivelare adattandosi alla capacità di ciascun’anima. Io parlo ai semplici per mezzo di immagini e di paragoni sensibili, e a quelli la cui intelligenza è più vigorosa per mezzo di simboli più misteriosi e profondi».

(1) Pare che alluda a Re Adolfo che nel 1294 occupò la regione di Eisleben marciando contro i figli di Alberto [nota della edizione latina].

Casella di testo: 49 – Una preghiera gradita al Signore

Un’altra volta, nella stessa contingenza, la Comunità recitò il Salmo: Benedic anima mea Domino, aggiungendo ad ogni versetto un Oremus appropriato. Essa prese devotamente parte a questa preghiera e il Signore le apparve pieno di grazia e di bellezza: a ogni versetto recitato dalla Comunità prosternata a terra per chiedere grazia, Egli sembrava avvicinarsi a lei per farle baciare la piaga dolcissima del suo sacro costato. Essa la baciò molte volte e il Signore dava manifesti segni di gradire questo suo ossequio. Allora disse al Signore: «Signore amatissimo, poiché questa devozione ti è gradita, ti prego di insegnarmi qualche breve orazione che Tu possa accogliere con altrettanta misericordiosa degnazione da chiunque la reciti devotamente». Divinamente ispirata capì allora che il Signore avrebbe gradita, con la stessa compiacenza di una lunga preghiera la recita devota dei tre seguenti versetti, ripetuti cinque volte in onore delle sue cinque piaghe. Si doveva però baciarle ogni volta, aggiungendo qualche preghiera o colletta di propria scelta, e offrire tutto al suo dolcissimo Cuore, organo della SS. Trinità. Ecco i tre versetti: «O Gesù, salvatore del mondo, Tu a cui solo è impossibile il non aver pietà dei miseri, esaudiscici», «Tu che per la tua croce hai riscattato il mondo, o Cristo ascoltaci!, «O Gesù, sposo dolcissimo, salve! Io ti abbraccio con l’affetto del mondo intero, deliziandomi nella tua Divinità, e bacio questa piaga del tuo amore!». e ancora il Salmo 117: «Il Signore è la mia forza e la mia gloria, egli si è fatto mio Salvatore ecc.».

Un’altra volta, mentre si recitava lo stesso Salmo, essa vide che il Signore Gesù raffigurato in un Crocifisso, che si trovava in coro, lasciava sfuggire dalla sue piaghe delle fiamme ardenti che salivano verso Dio Padre per supplicarlo a favore della Comunità, attestando in tal modo il grande amore che il suo Cuore le portava.

Casella di testo: 50 – Come il Signore si compiaceva nella sua anima

Un giorno si sentiva oppressa dalla debolezza a cagione della sua infermità. Nel momento in cui stava per comunicarsi, temendo che la sua devozione potesse risentirne, disse al Signore: «O dolcezza dell’anima mia, so bene quanto sono indegna di ricevere il Sacramento del tuo corpo e del tuo sangue santissimo, e se sapessi ove trovare qualche sollievo e consolazione, mi asterrei oggi dal riceverti nella santa Comunione. Ma poiché dall’oriente all’occidente, dal settentrione al mezzogiorno non trovo nulla che possa, all’infuori di te, sollevare le mie forze fisiche e spirituali, ecco che piena d’amore e assetata di desiderio, vengo a te che sei la sorgente viva della vita». Il Signore accolse queste espressioni con la sua solita bontà è degnò risponderle con altrettanta tenerezza: «Come affermi di non trovar piacere in alcuna creatura all’infuori di Me, così io affermo per la mai vita divina di non voler trovare il mio piacere in alcuna creatura senza di te».

Essa ripensava un giorno a questa parola così piena di bontà e diceva a se stessa che tale disposizione avrebbe forse un giorno potuto cambiare. Il Signore allora, entrando nei suoi pensieri, le disse: «Volere e potere per me sono la stessa cosa, perciò non posso far altro che ciò che voglio». Ed essa: «O Signore amabilissimo, quali delizie puoi trovare in me che sono il rifiuto della creazione?». Il Signore rispose: «L’occhio della mia Divinità si compiace indicibilmente di guardare una creatura che con tanti doni di grazia ho resa accetta al mio cuore. Il mio orecchio divino si diletta come ad una musica soave quando ascolta le tue parole, sia che tu mi preghi con amore per i peccatori o per le anime del purgatorio, sia che tu rimproveri o istruisca gli altri, sia che tu mi lodi in qualsiasi altro modo Gli uomini possono anche non ritrarne vantaggio: tuttavia per la rettitudine della tua intenzione, queste parole rendono al mio orecchio un suono delizioso che commuove le intime profondità del mio sacro Cuore. la speranza poi con la quale aspiri incessantemente a Me, esala un profumo soavissimo che Io respiro con gioia. I tuoi gemiti e i tuoi desideri, a loro volta, sono più dolci al mio palato di una vivanda squisita. Nel tuo amore infine trovo ogni più soave delizia».

In quel tempo, fu presa dal desiderio di vedersi al più presto restituire dal Signore la salute necessaria per seguire con fervore l’intera osservanza dell’Ordine. Il Signore le rispose con bontà: «Vorrebbe forse la mia sposa importunarmi se sapesse che ciò è contrario alla mia volontà?». Ed essa: «Giudichi quindi contrario dalla tua volontà questo desiderio col quale, o Signore, mi sembra di cercare unicamente la tua gloria?». «Stai dicendo una cosa puerile, rispose il Signore, e sarei spiacente se tu volessi insistere». A queste parole essa comprese che è buona cosa desiderare la salute al solo intento di servire Iddio; ma che è molto più perfetto abbandonarsi pienamente alla divina volontà, persuasa che le disposizioni della sua Provvidenza,nell’avversità come nella prosperità, sono per ciascuno di noi la cosa migliore.

Casella di testo: 51 – I battiti del Cuore del Signore Gesù

Un giorno, vedendo le sue consorelle andare alla predica, sene lamentò con N. Signore: «Tu sai, o mio Diletto, quanto sarei lieta di andare a sentire la predica, se non fossi trattenuta da questa malattia». E il Signore: «O mia diletta, vuoi che te la faccia io la predica?». «Ben volentieri», essa rispose. Il Signore l’attirò allora verso di sé facendole accostare il cuore al proprio Cuore divino. Dopo qualche momento di riposo essa sentì il Cuore del Signore pulsare con un doppio battito mirabile e dolcissimo. Il Signore le disse: «Ciascuno di questi battiti opera la salvezza degli uomini in tre modi. Col primo battito – che opera la salvezza dei peccatori – invoco incessantemente Dio Padre, lo placo e lo induco a misericordia. Poi parlo a tutti i miei santi e dopo aver perorato davanti ad essi la causa dei peccatori li eccito a pregare per loro. Infine mi rivolgo al peccatore stresso e lo invito misericordiosamente a penitenza, aspettando poi la sua conversione con un desiderio ineffabile».

«Col secondo battito – che opera la salvezza dei giusti – invito anzitutto Dio Padre a rallegrarsi con me per il sangue che così efficacemente ho sparso per la redenzione degli eletti, nella cui anima prendo ora le mie delizie. In secondo luogo eccito la milizia celeste a celebrare l’ammirabile vita dei giusti e a ringraziarmi per tutti i benefici che ho loro concessi e che ancora concederò. Infine mi rivolgo ai giusti stessi, attestando loro il mio amore ed eccitandoli a progredire di giorno in giorno e di ora in ora nella virtù. E come il battito del cuore umano non si interrompe mai per alcuna azione che si compia, così neppure l’azione della mia Provvidenza che governa il cielo, la terra e l’universo intero, potrà mai sospendere o rallentare per un istante questo doppio battito del mio cuore».

Casella di testo: 52 – Come offrire al Signore l’insonnia

Qualche tempo dopo le accadde di passare quasi un’intera notte senza dormire, e ne fu tanto spossata da rimanere addirittura senza forze. Offrì, com’era solita, la sua sofferenza a eterna lode di Dio e a salvezza del mondo intero. Il Signore allora compatendola con bontà, le insegnò ad invocarLo in questo modo:

«O Dio di misericordia, per la tranquilla dolcezza con la quale riposi da tutta l’eternità nel seno del Padre, per la soavissima dimora che facesti per nove mesi nel seno della Vergine, per il gaudio che provi quando prendi le tue delizie in un’anima amante, degnati ti prego, non per mia soddisfazione ma per tua eterna gloria, di accordare un po’ di riposo alle mie membra stanche perché riprendano le loro forze».

Mentre il Signore pronunciava queste parole le pareva che ciascuna di essere le servisse come di scalino per salire verso Dio. Allora il Signore le mostrò, preparato alla sua destra, un magnifico seggio e le disse: «Vieni, o mia diletta, riposa vicino al mio Cuore e vedi se il mio vigilante amore ti permetta di gustare un po’ di riposo». Essa si chinò allora sul suo Cuore divino e sentendolo battere più forte disse: «O dolcissimo Signore che tanto mi ami, che cosa vogliono dire questi battiti?». Il Signore rispose: «Vogliono dire che, quando uno, spossato dalle veglie e privo di forze mi rivolge la preghiera che ti ho ispirata, per rimettersi in grado di cantare le mie lodi (1), può anche d arsi che Io non lo esaudisca, ma se egli , abbracciando la pazienza, sopporta umilmente la sua debolezza, questo suo atto torna più gradito alla mia divina bontà delle lodi che mi voleva offrire. Un amico è pieno di riconoscenza quando vede il suo amico più intimo, ancora oppresso dal sonno, alzarsi prontamente per intrattenersi con lui e fargli piacere: quest’atto gli è certamente più gradito che se un altro dei suoi amici passasse tutta la notte vegliando, più però per abitudine che per far piacere a lui. Allo stesso modo chi mi offre pazientemente la sua debolezza quando la malattia e le veglie hanno esaurito le sue forze, mi è molto più accetto di un altro al quale la buona salute permette di passare l’intera notte in orazione senza affaticarsi».

(1) Per capire questo discorso bisogna tener presente che S. Gertrude era una monaca benedettina e le monache e i monaci ogni notte interrompevano il sonno a determinate ore notturne per andare in Coro a recitare la Liturgia delle Ore. Oggi le nuove Regole di quasi tutti gli Ordini monastici sono su questo punto meno penitenziali.

Casella di testo: 53 – L’amorosa adesione alla volontà di Dio

Nelle sue infermità le accadeva spesso che dopo una abbondante traspirazione la febbre o salisse o scendesse. Una notte, madida di sudore, si domandava appunto con ansietà se il male sarebbe aumentato o diminuito. Il Signore le apparve nello splendore della sua bellezza, tenendo nella mano destra la salute e nella sinistra la malattia, e le pose entrambe le mani perché scegliesse ciò che preferiva. Essa però, respingendo tutte e due, si slanciò sul suo Cuore dolcissimo che è sorgente di ogni bene, non eleggendo altro che la sua santissima volontà. Il Signore allora la prese dolcemente fra le braccia e la fece riposare sul suo Cuore; ma essa pur restando fra le sue braccia, si voltò in modo da non vederlo e gli disse: «Guarda, Signor: rivolgo la mia faccia da Te per mostrarti che desidero che Tu non tenga alcun conto della mia volontà, ma che Tu compia in me, in ogni cosa, il tuo santissimo beneplacito».

Ci sia lecito far qui rilevare che un’anima fedele dovrebbe affidarsi in tal modo alla Provvidenza di Dio da compiacersi perfino di ignorare i suoi disegni onde compiere più perfettamente la divina volontà.

Il Signore fece allora sgorgare dai due lati del suo Cuore due fili d’acqua che sembravano fluire da una coppa troppo piena, per infonderli nell’anima della sua diletta. E le disse nello stesso tempo: «Io verso in te tutta la dolcezza e la delizia del mio Cuore divino, perché tu mi hai mostrato, nascondendomi il tuo volto, di rinunciare completamente alla tua propria volontà». Essa rispose: «O mio Signore dolcissimo, Tu mi hai già dato tante volte il tuo sacro Cuore: vorrei dunque sapere che frutto ritrarrò da questo nuovo dono che mi viene dalla tua generosità». «La fede cattolica – rispose il Signore – non insegna forse che chi si comunica anche una volta sola mi riceve a sua salvezza eterna e riceve insieme tutti i beni contenuti nei tesori della mia Divinità e della mia Umanità? E tuttavia, più spesso il cristiano si comunica e più cresce il grado della sua eterna beatitudine?».

Casella di testo: 54 – Il diletto sensibile dell’anima in Dio

Molte persone l’avevano consigliata a sospendere la sua contemplazione abituale fino a che avesse recuperato la salute di prima; e poiché era solita preferire al suo il parere degli altri, cedette alle esortazioni, riservandosi però il piacere tutto esteriore di ornare le immagini della croce del Signore. Con questa specie di ricreazione intendeva di distrarsi dalla contemplazione interiore, conservando però nello stesso tempo il dolce ricordo del suo unico Diletto.

Una notte dunque stava pensando di preparare al Signore crocifisso un bel sepolcro ornato di drappi per deporvelo alla sera del venerdì, in memoria della sua Passione. Il Signore che, nella sua bontà, considera piuttosto l’intenzione che l’opera dei suoi amici, intervenne nel suo progetto e le disse: «Delectare in Domino, carissima, et dabit tibi petitiones cordis tui: Metti la tua gioia nel Signore e ti accorderà ciò che il tuo cuore desidera» (Sal 35,4). Comprese allora che quando, per piacere a Dio, cerchiamo qualche sollievo in cose consimili, il Signore prende le sue delizie nel nostro cuore come un padre di famiglia si diletta dell’abilità del menestrello che rallegra lui e i suoi convitati. È questo il «desiderio del cuore» che il Signore esaudisce in chi si diletta innocentemente nelle cose esteriori: il cuore dell’uomo infatti naturalmente desidera che Dio si compiaccia di lui.

Disse allora al Signore: «O amantissimo, e che argomento di gloria puoi ritrarre da questa soddisfazione esteriore che lusinga più i sensi che lo spirito?». Il Signore rispose: «Un avaro non rinuncerebbe certo spontaneamente all’occasione di guadagnare anche un solo denaro, così Io che ho stabilito di prendere in te le mie delizie non permetto che si perda neppur un semplice pensiero o la più piccola azione compiuta per amore mio, ma la faccio invece servire a mia gloria e a tua salvezza eterna». «Se queste piccole azioni – essa riprese – piacciono alla tua immensa bontà, quanto più le sarà allora gradito questo canto (1) che ho composto a tua gloria e con le parole dei tuoi Santi per ricordare la tua Passione!». Il Signore rispose: «Io vi trovo lo stesso diletto che uno troverebbe se fosse condotto da un amico in un giardino amenissimo, dove l’aria è imbalsamata da soavi profumi, dove l’occhio si compiace nella vaghezza dei fiori, l’udito nel suono di una dolce armonia, il gusto nel sapore dei frutti più gustosi. Ti ricompenserò certamente per le delizie che questo canto mi procura e benedirò quelli che lo ripeteranno con devozione, avanzando, per la via stretta che conduce all’eterna vita».

(1) Pare che questo canto sia andato perduto.

Casella di testo: 55 – Languore d’amore

Poco tempo dopo, durante la settima ricaduta della sua malattia, mentre una notte pensava al Signore, Egli degnò di chinarsi su di lei e dirle con immensa tenerezza: «O mia diletta, dimmi dunque che languisci d’amore per me». «E come potrei mai, indegna come sono, presumere di dire che languisco d’amore per Te?». Il Signore riprese: «Chi spontaneamente dispone la sua volontà a soffrire per amor mio qualche pena, ben può gloriarsi e proclamare di languire d’amore per me, purché durante la prova custodisca la pazienza e diriga verso di me l’intenzione del suo cuore». Essa aggiunse: «O Signore amatissimo, e che piacere riceverà da questa mia parola?». «Questa tua parola farà le delizie della mia Divinità; onorerà la mia Umanità: i miei occhi si compiacerebbero di leggerla e le mie orecchie di udirla». E aggiunse ancora: «Chi mi protrasse questo messaggio riceverebbe una grande consolazione. La tenerezza del mio Cuore ne sarebbe così profondamente commossa, da costringermi a sanare color oche hanno il cuore spezzato per la contrizione delle loro colpe e desiderano la grazia del perdono; ad annunciare a quanti son nei ceppi, vale a dire ai peccatori, la misericordia; a concedere ai prigionieri, e cioè alle anime del Purgatorio, la redenzione».

«O Padre misericordioso – domandò dopo qualche tempo – degneresti, dopo questa settima ricaduta, restituirmi la salute?». Il Signore rispose: «Se quando ti sei ammalata Io ti avrei detto che dovevi ricadere sette volte, forse, per umana debolezza, avresti provato qualche timore e saresti caduta nell’impazienza. Allo stesso modo se ti promettessi oggi che questa ricaduta sarà l’ultima, la speranza con cui ti attaccheresti a tale promessa, diminuirebbe il tuo merito. Perciò la mia paterna provvidenza, unita alla mia infinita sapienza, ha disposto di lasciarti ignorare sempre e l’una e l’altra cosa per obbligarti ad aspirare sempre a Me con tutto il tuo cuore, ad abbandonarti a Me in tutte le tue pene esterne ed interne con piena fiducia, sicura che prendo cura di te e che non ti imporrò mai alcuna pena che tu non possa sopportare, ben conoscendo la limitata misura della tua pazienza. Comprenderai meglio queste parole se rifletterai che dopo la prima malattia ti sentivi molto più debole di quanto non ti senta ora dopo la settima. La ragione umana giudicherebbe ciò un controsenso, e tuttavia la cosa è possibile alla mia onnipotenza divina».

Casella di testo: 56 – Indifferenza per la vita o per la morte

Una volta, mentre stava attestando in molti modi al Signore la sua tenerezza, gli chiese donde provenisse che, nonostante il perdurare della sua malattia, non avesse mai desiderato di sapere se sarebbe finita con la guarigione o con la morte e perché le fosse indifferente vivere o morire. Il Signore le rispose: «Quando lo sposo conduce la sposa in un’aiuola di rose per cogliervi dei fiori ed intrecciare una ghirlanda, la sposa prende tale diletto nella conversazione dello sposo che non pensa affatto quale rosa Egli stia per cogliere. Quando sono giunti all’aiuola, essa prende semplicemente, senza riflettere, qualunque fiore il suo sposo le presenti per intrecciarlo nella ghirlanda. Allo stesso modo l’anima fedele che mette il suo gaudio supremo nel compimento della mia volontà, si diletta in essa come in un’aiuola di rose ed accetta con indifferenza che Io le restituisca la salute o la richiami dalla vita presente, perché con piena fiducia si abbandona alla mia paterna volontà».

5 - La rabbia del diavolo per un innocente piacere

Una notte, immersa nella consolazione per le molte grazie che il Signore le aveva concesse visitandola, e affaticata insieme per la tensione spirituale, si trovò in uno stato di estrema debolezza. Prese allora un grappolo d’uva nell’intento di ristorare un po’ il Signore in se stessa. Il Signore lo accettò con grande riconoscenza e disse: «Ecco, questo mi compensa dell’amarezza con cui fui abbeverato sulla croce per amor tuo, poiché gusto in questo momento nel tuo cuore una ineffabile dolcezza. Più tu consideri soltanto la mia gloria quando concedi un sollievo al tuo corpo, e più dolce è il ristoro che Io provo nella tua anima».

Quando poi essa gettò per terra le bucce e i semi dell’uva che aveva raccolto nella mano, satana, il nemico di ogni bene, si presentò e si dispose con zelo a raccoglierli a prova della colpa dell’inferma che, contro la sua Regola, aveva mangiato prima di Mattutino. Ma appena ebbe toccato con due dita una delle bucce, immediatamente scottato come da un fuoco intollerabile, si precipitò fuori della stanza con urla terribili, ponendo tuttavia la massima cura a non posare i piedi sulla minima di quelle bucce, il cui contatto gli cagionava così intollerabile supplizio.

Casella di testo: 58 – L’utilità dei nostri difetti

Un’altra notte, facendo l’esame di coscienza, scoprì in sé il difetto di ripetere spesso: «Dio lo sa!» per semplice abitudine e senza riflettervi. Si rimproverò questa imperfezione e pregò il Signore di correggerla e di concederle la grazia di non pronunziare mai invano il suo nome. Il Signore le rispose con bontà: «E perché vorresti privarmi dell’onore che me ne viene, e privare te stessa della ricompensa che ti assicuri quando, riconoscendo questo o qualsiasi altro difetto, fai il proposito di evitarlo? Ogni volta che un’anima si sforza di vincere per amor mio le sue cattive inclinazioni, essa mi procura tanto onore quanto quando, durante il combattimento, resiste coraggiosamente al nemico per vincerlo e sconfiggerlo col vigore del suo braccio».

Le sembrò poi di riposare dolcemente sul Cuore del Signore e di dirgli, riconoscendo la sua profonda indegnità: «Ecco, Signore amatissimo, ti offro il mio povero cuore perché Tu prenda le tue delizie nei suoi affetti e nei suoi desideri, secondo la pienezza del tuo beneplacito». Il Signore rispose: «Mi riesce più accetto il tuo povero cuore offerto con tanto amore, di un cuore pieno di vigore e di forza: allo stesso modo che un animale del bosco preso alla caccia riesce più accetto di un animale domestico, poiché le sue carni son più tenere e più saporite».

Casella di testo: 59 – Un sollievo preso per amore del Signore

Le sue infermità le impedivano di prendere parte all’Ufficio Divino in Coro, ma andava sovente ad ascoltare la recitazione per impiegare almeno così le sue forze al servizio di Dio. non le pareva però di portarvi tutta la devozione che avrebbe desiderato, e se ne lamentava spesso col Signore tutta scoraggiata: «O amabilissimo Signore – essa diceva – che ossequio ti posso rendere standomene qui seduta con tanta negligenza, senza far niente, per pronunciare soltanto una o due parole o qualche nota del canto?». Un giorno finalmente il Signore le rispose: «Non proveresti tu un grande piacere se unamico ti offrisse di tanto in tanto una sorsata di eccellente idromele capace di ridarti le forze? Ebbene, ogni parola ed ogni nota da te cantata a mia lode fa provare a me una consolazione anche maggiore».

Casella di testo: 60 – Mistico rinnovamento

Un giorno, facendo l’esame di coscienza, scoprì nel suo cuore una colpa di cui avrebbe voluto confessarsi. Ma non potendo avere i l confessore a sua disposizione, si rifugiò come al solito presso il suo unico consolatore, il Signore Gesù Cristo, lamentandosi di questo impedimento. Il Signore le rispose: «E perché ti turbi, o mia diletta? Ogni volta che lo desideri, Io che sono il sommo Sacerdote e il vero Pontefice, s arò a tua disposizione per rinnovare nella tua anima, in una sola volta, la grazia di tutti e sette i Sacramenti, e te li amministrerò meglio di quanto alcun Sacerdote o Pontefice possa fare amministrandoteli uno dopo l’altro. Ti battezzerò nel mio Sangue prezioso; ti confermerò nella fede del mio amore; ti consacrerò nella perfezione della mia vita santissima, spezzerò le catene dei tuoi peccati nella pietà della mia misericordia, e nell’eccesso della mia carità ti ciberò di Me stesso, facendoti a mia volta tutta mia. Poi con la dolcezza del mio Spirito ti penetrerò internamente di un’unzione così efficace che la dolcezza della devozione sembrerà stillare, per così dire, da tutti i tuoi sensi e da tutte le tue azioni, e tu sarai sempre più santificata e resa capace della vita eterna».

Casella di testo: 61 – Gli effetti della carità

In un’altra occasione, benché si sentisse molto debole, si alzò tuttavia per recitare il Mattutino. Quando aveva già finito il primo Notturno, sopraggiunse un’altra inferma ed essa ebbe la carità di ricominciare con lei la recita dell’Ufficio con grande fatica. Alla Messa, mentre era devotamente intenta al Signore, vide la propria anima ornata di gemme preziose che mandavano vividi bagliore. Divinamente ispirata. Comprese di aver meritato questo dono per la carità con la quale aveva umilmente ricominciato con la sua consorella la recita di Mattutino. E notò che tante erano le gemme quante erano le parole che aveva rilette con lei.

Si ricordò poi di alcune negligenze che non aveva ancora confessato in mancanza del confessore e se ne lamentò col Signore. Il Signore rispose: «E perché preoccuparti di queste negligenze, dal momento che sei gloriosamente rivestita della veste della carità, che copre una moltitudine di peccati! (1Pt 4,8)». Essa riprese: «E come posso consolarmi col pensiero che la carità copre le mie colpe dal momento che me ne vedo ancora tutta macchiata?». E il Signore: «La carità non soltanto copre i peccati, ma, come l’ardore del sole, consuma ed annienta tutte le colpe veniali e inoltre colma l’anima di meriti».

Casella di testo: 62 – Il suo zelo per l’osservanza religiosa

Un giorno vide che una consorella trascurava alcune osservanze regolari ed ebbe timore di incorrere in qualche mancanza se non avesse ripreso la colpa che aveva rilevato. Per un certo rispetto umano temeva però nello stesso tempo il giudizio delle consorelle meno rigorose nell’osservanza, che l’avrebbero forse trovata troppo esigente per delle piccole mancanze alla Regola. Come al solito, essa offrì al Signore a su eterna gloria le piccole noie che gliene sarebbero venute. Il Signore mostrò di gradire assai la sua offerta e disse: «Ogni volta che riceverai questo o altro rimprovero per amor mio, Io ti fortificherò e ti circonderò da ogni parte come una città munita di trincee, affinché nessuna preoccupazione possa distrarti e separarti da Me. Aggiungerò inoltre ai tuoi meriti quelli che ciascuna delle tue consorelle avrebbe acquistato se, a mia gloria, si fosse sottomessa umilmente alla tua ammonizione».

Casella di testo: 63 – La fedeltà del Signore

Le ingiurie che vi vengono inflitte da un amico sono più penose a sopportare di quelle di un nemico, come dice la Scrittura: «Quoniam si inimicus meus maledixisset mihi, sustinuissem, utique…: se il mio nemico mi avesse maledetto, l’avrei sopportato, ma…» (Sal 54,13). Essa aveva provato una certa pena venendo a sapere che una persona, della cui anima si era occupata con molto zelo e fedeltà, non solo non rispondeva alle sue cure, ma si sforzava anche, quasi per disprezzo, di fare il contrario di ciò che le suggeriva. Tutta turbata, si rifugiò nel Signore che benevolmente la consolò: «Non rattristarti, figliuola: lo permetto per la tua santificazione. Poiché trovo delle grandi delizie nel trattenermi con te e nel dimorare nell’anima tua, desidero gustare più spesso che sia possibile questa consolazione. Una mamma che ama teneramente il suo piccino vuol sempre vederlo presso di sé; e se egli vuol giocare coi suoi compagni, la mamma mette nelle vicinanze qualche spauracchio e il piccino, spaventato a quella vista, corre subito a rifugiarsi nelle braccia materne. Anch’Io desidero che tu stia sempre con me, e per questo permetto che i tuoi amici ti siano causa di qualche pena: tu allora, non trovando piena soddisfazione in alcuna creatura, corri verso di Me con più ardore, certa di trovare nel mio Cuore una perfetta fedeltà e abbondanza di ogni letizia».

Il Signore la strinse allora a Sé come un piccolo bambino, consolandola in tutti i modi, poi, chinandosi al suo orecchio, mormorò: «Come una mamma cerca di consolare con le carezze la pena del suo bambino, così Io voglio, con dolci parole di affetto, calmare la tua pena e il tuo dispiacere». Dopo che essa ebbe gustato per un momento, accanto al Signore, la dolcezza immensa delle consolazioni divine, Egli le presentò il suo Cuore e le disse: «Considera, o mia diletta, le nascoste profondità di questo Cuore; considera con quanta fedeltà ho riposto in esso tutte le azioni che tu hai fatto per piacere a Me e quanto le abbia arricchite di merito per il maggior profitto dell’anima tua E considera infine se puoi rimproverarmi di averti mai mancato di fedeltà anche con una sola parola». Dopo di ciò vide che il Signore le intrecciava una corona di fiori d’oro di mirabile splendore a compenso della pena che aveva sofferto.

Si ricordò allora di alcune persone che sapeva essere oppresse da gravissime prove, e disse al Signore: «O Padre misericordiosissimo, quanto più belle dovrebbero essere le ricompense e quanto più preziosi i doni che la tua liberalità accorda a queste persone! Esse sopportano pene gravissime e non hanno il sollievo di quelle consolazioni che io, pur così indegna, tanto spesso ricevo! E devo riconoscere per giunta di non soffrire con la dovuta pazienza le diverse contrarietà della vita». Il Signore rispose: «In questo, come in tutte le altre circostanze, ti rivelo la delicatezza del mio amore per te: una madre che ama il suo piccino vorrebbe rivestirlo d’oro e d’argento, ma poiché egli non potrebbe sopportarne il peso, lo adorna invece di fiori che fanno risaltare la sua bellezza senza opprimerlo. Allo stesso modo Io addolcisco le tue pene perché tu non soccomba sotto il loro peso, senza privarti tuttavia del merito della pazienza».

Prese allora a considerare la profondità della misericordia divina verso di lei, e, penetrata di riconoscenza, proruppe in devotissime lodi. Comprese che la corona di fiori leggeri e splendenti donati alla sua anima in ricompensa della pena sofferta, prendeva in qualche modo una certa consistenza quando la gratitudine la spingeva a cantare le lodi di Dio in mezzo alle avversità. E comprese da ciò che la grazia di lodare il Signore nell’afflizione compensa la minor gravità della pena, nella proporzione in cui un vaso di oro puro oltrepasserebbe il valore di un vaso d’argento solamente dorato all’esterno.

Casella di testo: 64 – Il merito della buona volontà

Erano giunti i messi di un potente signore che venivano a domandare ad alcune religiose della Comunità per la fondazione (1) di un altro monastero. Quando essa lo seppe, piena di zelo com’era e sempre pronta a compiere il beneplacito di Dio, benché priva di forze fisiche si prosternò tuttavia con gran fervore davanti al Crocifisso, e si offrì tutta a Dio perché volesse disporre della sua anima e del suo corpo per la sua maggior gloria. Il Signore fu tanto commosso da questa offerta che, a mostrare la sua gioia e il suo amore, staccò un braccio dalla croce per abbracciarla teneramente: e ciò con la stessa gioia con cui un malato ormai privo di speranza si rallegrerebbe alla vista di un rimedio che può rendergli la salute. Stringendola dunque amorosamente contro la ferita adorabile del suo Costato, le disse: «Sii la benvenuta, o mia diletta, tu che lenisci le mie piaghe e addolcisci soavemente ogni mia sofferenza».

Capì da queste parole che l’offerta totale della propria volontà al compimento del beneplacito divino, nonostante le pene che esso comporta, è per il Signore come un dolce lenimento applicato alle sue piaghe durane la Passione.

Al momento poi dell’orazione cominciò a pensare a diverse cose che avrebbero potuto promuovere e sostenere la gloria di Dio e la diffusione della religione, se le fosse toccato di dover partire. Ma ben presto, rientrando in se stessa, si rimproverò di perdere il tempo in fantasticherie inutili che non avrebbero mai potuto avere compimento, poiché la sua salute doveva farle pensare piuttosto alla morte che alla possibilità della partenza. In ogni caso, se avesse dovuto partire avrebbe avuto sempre il tempo di pensare a disporre ogni cosa. Il Signore Gesù le si manifestò allora quasi in mezzo alla sua propria anima, con grande gloria e circondato da rose e da gigli magnifici. «Guarda, le disse, quanta gloria Io ricevo dalle buone disposizioni della tua volontà: è come se tu mi circondassi di splendide stelle e di candelabri d’oro: così Giovanni nell’Apocalisse vide il Figlio dell’Uomo circondato da candelabri d’oro con sette stelle nella mano destra. Gli altri pensieri che ti son venuti in mente, mi hanno d’altra parte procurato un piacere e una dolcezza paragonabile a quelle che proverei in mezzo a rose e a gigli freschissimi».

Essa disse allora: «O Dio del mio cuore, e perché riempi la mia mente di volontà così diverse destinate a restare senza alcun effetto? Pochi giorni fa mi hai indotta a desiderare di ricevere l’Estrema Unzione: e mentre ero occupata in questo pensiero mi hai colmata di gioia e di consolazione. Ora, al contrario, mi dai il desiderio di fondare un monastero in un altro luogo, mentre non ho neppure la forza per compiere qui i doveri del mio stato». Il Signore le rispose: «Ti ho detto, al principio di questo libro (2), che ho disposto di far di te una luce per tutte le genti, vale a dire per illuminare moltissime anime: bisogna dunque che nel tuo libro tutti trovino quanto è necessario per loro ammaestramento e consolazione. Molto spesso gli amici prendono a piacere a parlare insieme di cose che poi in realtà non si realizzeranno: un amico propone anche all’altro cose difficili per provare la sua fedeltà, e per rallegrarsi nello stesso tempo con la testimonianza del suo affetto. Allo stesso modo Io mi compiaccio di proporre ai miei eletti delle difficoltà che poi in realtà non incontreranno, al fine di provare la loro fedeltà e il loro amore. Li compenso allora con un cumulo di meriti che non avrebbero mai potuto acquistare altrimenti, perché considero come compiuti i desideri della loro buona volontà. Ho eccitato nella tua anima il desiderio della morte e per conseguenza quello dell’Estrema Unzione: e la devota preparazione che hai allora fatta con desideri e pie pratiche è nascosta nel mio sacro Cuore e servirà alla tua eterna salvezza. Rifletti a questa parola: «Justus, si morte præoccupatus fuerit, in refrigerio erit: il giusto, quand’anche la morte lo visitasse prematuramente, troverà riposo» (Sap 4,7). Così, se tu sarai sorpresa da morte improvvisa e non potessi ricevere i Sacramenti, o ancora se ricevendoli tu non avessi più la conoscenza (ciò accade spesso ad anime anche molto sante), non ne proveresti alcun detrimento. Infatti le opere che hai compiuto altre volte per prepararti alla morte, in virtù della mia cooperazione continueranno a crescere, a fiorire e a produrre per te frutti di salvezza nella incorruttibile primavera della mia eternità».

(1) Questa fondazione non può essere quella di Hefta fatta da Rodarsdof nel 1253, poiché S. Gertrude a quel tempo non era ancora nata. La richiesta delal fondazione a cui si allude qui deve essere stata presentata dopo il suo 25° anno; ma non se ne trova menzione altrove e non sappiamo se sia stata accolta (Nota dell’edizione latina)

(2) Allude al Prologo, e ciò è una prova che fa parte del libro stesso e che non può esser soppresso dall’Editore. Le parole mostrano anche che il Signore si considera come primo Autore del libro (Nota dell’edizione latina).

Casella di testo: 65 – Come viene esaudita la preghiera fatta in spirito di carità

Un giorno, pregata da una certa persona, essa stava offrendo a Dio per il di lei bene tutto ciò che la divina bontà aveva gratuitamente operato nell’anima sua. All’improvviso detta persona le apparve in piedi davanti al Signore. Egli era seduto sul suo trono di gloria e teneva sul petto una veste mirabilmente ricamata che offrì a quest’anima senza tuttavia rivestirla. Gertrude, molto stupita disse al Signore: «Qualche giorno fa, quando ti feci un’offerta simili in favore di una poveretta, tu subito la innalzasti al gaudio sublime del paradiso. Perché ora, o Signore misericordiosissimo, per il merito delle grazie che mi hai accordate, no n rivesti anche questa persona dell’abito che le mostri e che essa desidera con tanto ardore?». Il Signore le rispose: «Quando per carità mi si offre qualcosa in favore delle anime del purgatorio, Io l’applico subito ad esse concedendo loro la remissione delle colpe, il sollievo della pena e l’aumento della beatitudine secondo l ostato o il merito di ciascuna. Ho infatti pietà dell’abbandono di queste povere anime perché so che non possono in alcun modo aiutarsi da sé, e la mia bontà mi inclina sempre alla misericordia e al perdono. Quando invece mi si offre qualche cosa per i vivi, io lo conservo, sì, per la loro salvezza, ma poiché possono ancora accrescere i loro meriti con opere di giustizia, coi loro buoni desideri e la loro buona volontà, conviene che essi acquistino anche col loro proprio sforzo ciò che desiderano ottenere per i meriti altrui. Pertanto, se la persona per la quale tu preghi desidera aver parte nei meriti che Io ti ho concesso, bisogna che essa si applichi spiritualmente a tre cose: deve anzitutto inchinarsi con umiltà e riconoscenza per ricevere questa veste: deve cioè confessare di aver bisogno dei meriti altrui e rendermi devotamente grazie di aver supplito alla sua indigenza con l’altrui abbondanza. Deve poi prendere questa veste con la sicura speranza di conseguire per questo mezzo un gran beneficio per la salvezza della sua anima. Deve, infine, rivestirsene esercitandosi nella carità e nelle altre virtù.

Chiunque desidera partecipare alle grazie e ai meriti altrui deve comportarsi in questo modo, e potrà allora conseguire grande vantaggio».

Casella di testo: 66 – Una preghiera da essa rivolta al Signore e da Lui gradita

Un po’ prima di una certa Quaresima, al tempo in cui dovette subire un piccolo salasso, le accadde di avere spesso sulle labbra queste parole: «O altissimo Re dei re, o potentissimo Signore», e altre del genere. Una mattina, mentre stava tutta raccolta nell’oratorio, disse al Signore: «O Signore amatissimo, e che cosa vogliono dire queste parole che mi ricorrono così spesso alla mente e sulle labbra?». Il Signore le fece vedere una collana d’oro composta di quattro file di perle che Egli teneva in mano. Essa non comprendeva che cosa volessero significare le quattro parti della collana, ma capì per rivelazione che la prima significava la divinità di Cristo, la seconda l’anima di Cristo, la terza l’anima fedele che Egli ha sposato versando il suo prezioso Sangue, e la quarta infine l’immacolato corpo del Signore. Notò ancora che in questo gioiello l’anima fedele si trovava fra l’anima e il corpo di Cristo, per indicare il vincolo indissolubile d’amore col quale il Signore la unirà al proprio corpo e alla propria anima. Ed ecco che all’improvviso fu rapita in spirito e disse:

«O vita della mia anima, possano gli affetti del mio cuore accesi dalla fiamma del tuo amore unirmi intimamente a Te! Possa la mia anima essere come morta riguardo a tutto ciò che potrebbe cercare all’infuori di Te! Tu sei lo splendore di tutti i colori, la dolcezza di tutti i sapori, la fragranza di tutti i profumi, l’incanto di tutte le melodie, la tenerezza dolcissima dei più intimi amplessi.

«In te si trova ogni delizia, da Te scaturiscono acque copiose di vita, a Te attira un fascino dolcissimo, per Te l’anima si riempie degli affetti più santi.

«Tu sei l’abisso straripante della Divinità, o Re, nobilissimo fra tutti i re, o Sovrano eccelso, o Principe chiarissimo, o Signore mitissimo, o Protettore potentissimo!

«O Gemma nobilissima di vivificante umanità! O Creatore di tutte le meraviglie, o Maestro dolcissimo, o Consigliere sapientissimo, o Soccorritore benignissimo, o Amico fedelissimo!

«Tu unisci in Te tutti gli incanti di un’intima dolcezza. Tu accarezzi con soavità, ami con dolcezza, prediligi con ardore, o Sposo dolcissimo castamente geloso!

«Tu sei un fiore primaverile di pura bellezza, o Fratello mio amabilissiimo, pieno di grazia di forza, o Compagno giocondissimo, Ospite liberale e generosissimo!

«Io ti preferisco ad ogni creatura, per Te rinuncio ad ogni piacere, per Te sopporto ogni avversità, non cercando in ogni cosa che la tua lode.

«Col cuore e con la bocca confesso che sei il Principio di ogni bene. Nella virtù del tuo amore unisco la mia preghiera alla tua preghiera efficace affinché, dopo aver soffocato in me ogni moto ribelle, io sia condotta alla cima della più alta perfezione in una completa unione con Dio».

Ognuna di queste invocazioni sembrava una gemma incastonata in quell’aureo monile.

La domenica seguente, mentre assisteva alla Messa e si preparava a comunicarsi recitando questa preghiera con molta devozione, vide che il Signore sembrava compiacersene assai: «O Signore amatissimo, dal momento che gradisci, voglio consigliare anche ad altre presone di rivolgersi a Te con questa preghiera, offrendotela come un prezioso gioiello». Il Signore rispose: «Nessuno può regalarmi ciò che è mio; ma chiunque reciterà devotamente questa preghiera otterrà la grazia di conoscermi meglio. Egli attirerà nella sua anima, in virtù di queste aspirazioni, lo splendore della mia divinità, così come raccoglie la luce del sole chi tiene esposta ai suoi raggi una lamina d’oro».

Essa provò ben presto l’efficacia di questa preghiera poiché, dopo aver finito di recitare la detta preghiera, al sua anima le apparve come tutta raggiante di luce e gustò come non mai la dolcezza della conoscenza divina.

Crediamo bene aggiungere qui [nei prossimi capitoli] alcune fra le cose più utili che il Signore le rivelò mentre pregava per altre persone.

Casella di testo: 67 – I fiumi di grazia che il Signore concesse per sua intercessione

Il Signore le apparve una volta e le chiese il suo cuore dicendo: «O mia diletta, dammi il tuo cuore». Essa glielo offrì con gioia e le sembrò che il Signore lo applicasse su suo Cuore divino per servirsene come di tramite onde effondere con abbondanza sugli uomini le sue incontenibili misericordie. Le disse infatti: «Ecco: mi compiacerò d’ora innanzi di servirmi del tuo cuore come di un canale per spandere i torrenti di consolazione che sgorgano dal mio cuore dolcissimo su tutti quelli che si disporranno a riceverla, vale a dire su tutti coloro che ricorreranno a te con fiducia e umiltà». Vedremo in seguito qualcuno dei mirabili effetti di queste parole.

Casella di testo: 68 – Come umiliarsi nelle prove

Pregava un giorno per alcune persone che, dopo aver depredato il monastero, continuavano a gravarlo con la loro prepotenza. Il Signore, sempre buono e misericordioso, degnò di apparirle: sembrava aver male ad un braccio. Questo era infatti tutto ripiegato all’indietro, tanto da parere completamente slogato. Il Signore le disse: «Pensa che acerbo dolore mi causerebbe chi mi colpisse con un pugno su questo braccio; questo appunto è il dolore che mi causano coloro che, poco preoccupati del pericolo di eterna dannazione che corrono i vostri persecutori, pubblicano i loro torti e le ingiurie di cui siete vittime, non pensando che anche essi sono annoverati fra le mie membra. Quanti invece, presi da compassione, implorano la mia clemenza perché misericordiosamente li attiri a miglior vita, si comportano come chi applicasse su questo braccio un unguento soavissimo. Coloro poi che coi loro consigli e le loro esortazioni li inducono caritatevolmente ad emendarsi e a riconciliarsi con Me, sono come degli abili medici che maneggiando il mio braccio con delicatezza lo rimettono a posto».

Essa fu presa da ammirazione per l’ineffabile bontà del Signore e disse: «O Dio misericordiosissimo, e che motivo ti induce a chiamare braccio tuo delle persone così indegne?». Il Signore rispose: «Esse appartengono al corpo della Chiesa di cui mi glorio di esser il Capo». «Ma, Signore . essa riprese – sono però separati a motivo delle vessazioni esercitate a danno del nostro monastero» (1). Il Signore riprese: «Essi possono sempre venir riconciliati con la Chiesa per mezzo di una assoluzione, perciò la mia bontà mi obbliga a curarmi di loro e a desiderare con indicibile desiderio che si pentano e ritornino a me».

Essa pregò poi il Signore di difendere la sua Comunità dalle loro insidie, prendendola sotto la sua paterna protezione: «Se vi umiliate sotto la mia mano onnipotente, riconoscendo con tutto il cuore che avete meritato questo castigo a motivo delle vostre negligenze, la mia paterna misericordia vi preserverà da ogni invasione nemica. Se invece per superbia vi adirate contro i vostri persecutori, desiderando ed ingiuriando loro male per male, allora per un giusto decreto della mia giustizia essi prevarranno contro di voi e vi causeranno ulteriori danni».

Casella di testo: 69 – Come accettare la fatica del lavoro manuale

La Comunità si trovava una volta gravata da un ingente debito ed essa pregava devotamente il Signore che, nella sua bontà, degnasse concedere agli amministratori del monastero i mezzi per estinguerlo,. Il Signore le disse con dolcezza: «E che vantaggio me ne verrà se li aiuterò?». Ed essa: «Che noi potremo darci con più zelo e devozione alla preghiera». Il Signore riprese. «E che frutto ne ritrarrò? Io non ho bisogno dei vostri beni! (Sal 15,2). E mi è indifferente vedervi applicate agli esercizi spirituali o date ai lavori esterni, purché la vostra volontà sia liberamente a Me rivolta. Se Io prendessi il mio piacere che nei vostri esercizi spirituali, avrei certamente riformato la natura umana dopo la caduta originaria in modo che non avesse più bisogno né di nutrimento, né di vestito, né delle altre cose che l’uomo cerca di acquistare con la sua industria perché necessarie alla vita. Come un grande del secolo non si contenta di avere nel suo palazzo delle damigelle d’onore belle e ben vestite, ma vi stabilisce anche dei duci e altri ufficiali addetti ai diversi servizi, sempre pronti nelle varie parti del palazzo ad eseguire i suoi ordini, così Io non cerco esclusivamente le mie delizie nell’esercizio interiore della contemplazione, ma tutte le svariate ed utili occupazioni che hanno per fine il mio onore e la mia gloria mi inducono a dimorare tra i figliuoli degli uomini e a prendervi il mio diletto. In tutte queste occupazioni infatti gli uomini trovano più facilmente l’occasione di esercitare la carità, la pazienza, l’umiltà e tutte le altre virtù.

Essa vide in seguito l’amministratore principale del monastero stare davanti al Signore. Sembrava appoggiarsi sul lato sinistro e ogni tanto con grande sforzo si drizzava per porgere al Signore con la mano sinistra su cui prima stava appoggiato, una moneta d’oro in cui era incastonata una gemma preziosa. Il Signore si rivolse allora a lei: «Vedi, se Io vi sollevassi ora dal peso di questo debito, mi priveresti della preziosissima gemma incastonata in questa moneta, e priverei anche lui della ricompensa che gli ho preparata, perché in tal caso egli mi offrirebbe semplicemente moneta d’oro senza alcuna pietra preziosa. Mi presenta infatti una semplice moneta d’oro colui che, senza soffrire alcuna avversità, si sforza di fare in tutte le sue azioni la volontà di Dio; ma colui che è provato nell’opera sua e rimane tuttavia unito alla mia divina volontà, offre a Dio una moneta d’oro impreziosita da una ricchissima gemma».

Gertrude tuttavia non si diede per vinta, ma con maggior insistenza pregò il Signore di venire in soccorso degli amministratori del monastero. «Perché mai – le rispose – ti sembra cosa dura che uno sopporti qualche cosa per amor mio, dal momento che Io sono quel vero amico la cui fedeltà non vien mai meno col tempo? Quando una persona è priva di ogni umano soccorso e consolazione ed è ridotta alla miseria, ispira certamente una grande pena a chi una volta abbia da lei ricevuto attestazioni di bontà che ora non può ricompensare. Ma Io che sono il solo Amico vero, Io accorro sempre verso un’anima desolata e le presento i freschi fiori di tutte le buone opere che ha praticato durante la vita, in parole, pensieri ed azioni. Questi fiori sono sparsi sulla mia veste come fossero rose e gigli. Per la virtù della mia divina presenza, quest’anima sembra rinascere allora alla speranza della vita eterna, ove si vede invitata a ricevere la ricompensa delle sue opere buone. Il gaudio che ne prova la dispone a gustare la gioia dell’eterna beatitudine nel giorno in cui si spezzeranno per lei le catene delal carne. Così essa può esclamare nell’impeto del suo gaudio: «Ecce odor dilecti mei, sicut odor agri pleni: ecco: il profumo del mio Diletto è come il profumo di un campo di ricco di messi» (cf Gen 27,27). Infatti, come il corpo è formato dalla compagine di diverse membra, così si trovano nell’anima diversi affetti che sono il timore, il dolore, il gaudio, l’amore, la speranza, l’odio e il pudore. Quanto più l’uomo si sarà servito dei suoi affetti per accrescere la mia gloria, tanto più troverà in Me quell’ineffabile gioia, quel diletto tranquillo che dispongono l’anima a gustare l’eterna beatitudine. Al momento della resurrezione, quando il suo corpo mortale si rivestirà di incorruttibilità, allora le singole membra riceveranno un premio speciale per le opere che avranno compiute e per le fatiche che avranno sostenute a mia gloria e per mio amore. Ma l’anima otterrà una ricompensa incomparabilmente più sublime sia per la compunzione e l’amore che avrà provato, sia anche per la vita che avrà dato al corpo».

Tuttavia Gertrude, sempre presa da compassione per questo fedele amministratore del monastero, ricominciò a pregare ardentemente il Signore affinché lo ricompensasse delle sue fatiche e delle sue pene. Il Signore le rispose: «Il suo corpo, in quanto si affatica per me in questi affari, mi è come uno scrigno nel quale depongo tante monete d’oro quanti sono i passi che fa per assolvere il suo compito a mia gloria. Il suo cuore è un cofanetto ove depongo con gioia una dramma d’oro tutte le volte che per amor mio egli pensa a provvedere ai bisogni dei suoi amministratori».

«O Signore – essa disse allora tutta stupita – quest’uomo però non mi pare tanto perfetto da voler intraprendere ogni sua azione soltanto per tua gloria. Mi pare che molto spesso anche altri motivi lo spingano, come ad esempio il desiderio del guadagno e del benessere che ne risulta. Come puoi allora, o Dio di purissima dolcezza, prendere le tue delizie, come asserisci, così nella sua anima come nel suo corpo?».

Il Signore degnò risponderle: «La sua volontà è talmente subordinata alla mia, che Io sono sempre la causa principale di tutti i suoi atti, per la qual cosa egli ricava un inestimabile frutto con ogni suo pensiero, ogni sua parola e ogni opera sua. Se si applicasse tuttavia con maggior purezza di intenzione alle singole imprese, le sue opere acquisterebbero tanto maggior merito quanto maggior è il valore dell’oro rispetto a quello dell’argento. Se infine avesse cura di dirigere a Me ogni sua preoccupazione ed ogni sua sollecitudine con una purezza ancora maggiore, esse ne sarebbero di tanto più nobilitate quanto l’oro puro e senza lega è più prezioso dell’oro impuro che col tempo si oscura».

70 - Il merito della pazienza

Accadde una volta che una persona, durante il lavoro, si ferì provandone una grande sofferenza. Essa, compatendola, chiesa al Signore di salvarle questo membro, ferito in un lavoro comandato dall’obbedienza. Il Signore rispose con bontà: «Il membro non corre alcun pericolo e questa persona inoltre, per la grande sofferenza che ha incontrato, acquisterà un premio grandissimo e tutte le sue altre membra che si son sforzate di sollevare il membro ferito otterranno un’eterna ricompensa. Se si immerge una stoffa in un bagno di zafferano, qualsiasi altro oggetto che cada in questo stesso bagno si tinge dello stesso colore; parimenti quando un membro soffre, tutte le altre membra che lo soccorrono ricevono con lui la stessa ricompensa».

«O Signore – disse allora – come mai le membra che si aiutano vicendevolmente otterranno una sì grande ricompensa, dal momento che non agiscono perché la persona ferita soffra con pazienza e amore, ma soltanto al fine di attenuare la sua sofferenza?». Il Signore le diede questa risposta consolante: «La sofferenza che nessun rimedio umano riesce ad addolcire e che l’uomo sopporta per amor mio, viene santificata per quella parola che ho detta al Padre nel momento supremo della mia agonia: «Pater, si fieri potest, transeat a me calicis iste: Padre, se è possibile, passi da me questo calice» (Mt 26,39). Ripetendo questa parola l’uomo acquista un grande merito e un incomparabile premio».

Essa insistette: «Non ti è forse più gradito, o mio Dio, che l’uomo soffra con pazienza tutto ciò che accade, piuttosto che soffrire con pazienza soltanto ciò a cui nessun modo può sfuggire?». Il Signore rispose: «Questo è nascosto nell’abisso dei miei giudizi divini e oltrepassa l’intelligenza umana. Tuttavia, per parlare il linguaggio dell’uomo, ti dirò che fra queste due sofferenze passa la differenza che c’è fra due colori dei quali è difficile giudicare qual sia da preferire». Essa desiderò allora che queste parole, riferite alla persona colpita dall’infortunio suddetto, le portassero grande consolazione. E il Signore: «No. Sappi però che per una segreta disposizione della mia infinita sapienza ti do questo rifiuto perché la sua anima sia più provata, e consegua maggior eccellenza nella virtù della pazienza, della fede e dell’umiltà. Nella pazienza: perché se essa trovasse in queste parole la consolazione che tu senti, la sua sofferenza sarebbe del tutto alleviata e il merito della sua pazienza diminuirebbe. Nella fede: affinché creda più fermamente alla parola altrui che a quanto sperimenta essa stessa, poiché, è S. Gregorio che ve lo ricorda, non ha merito la fede quando l’esperienza umana le offre il suo soccorso. Nell’umiltà infine:affinché creda che altri può sapere per ispirazione divina ciò che essa non merita conoscere».

Casella di testo: 71 – Riconoscimento dei benefici

Un giorno, presa da compassione per una persona che aveva proferito delle parole impazienti contro Dio, mentre pregava domandò al Signore perché le mandasse delle pene che non erano fatte per lei. Il Signore le disse: «Domanda a quella persona quali sarebbero le prove che essa giudica convenirle, e dille che, non potendo andare in cielo senza sofferenza, scelga ora le pene che gradisce e che quando sopravverranno, conservi la pazienza». Comprese allora che è imprudenza pericolosissima il credere di poter essere pazienti in altre circostanze, diverse da quelle che il Signore ora permette; l’uomo deve credere invece fermissimamente che le sofferenze più utili sono quelle che Dio manda, e quando non riesca in queste a conservare la pazienza deve umiliarsene.

Il Signore poi soggiunse con benevolenza: «E tu, che cosa pensi delle tue prove? Quelle che ti mando sono forse sproporzionate alle tue forze?». «Oh, no Signore! – rispose – confesso invece in tutta verità e confesserò fino all’ultimo respiro, che così nelle circostanze avverse come nelle prospere hai disposto ogni cosa nel miglior modo sia per il corpo, sia per la mia anima. Nessuna sapienza creata potrebbe mai uguagliarti, o mio dolcissimo Dio, o sola increata Sapienza, che ti estendi con forza da una estremità all’altra del mondo e tutto governi con soavità: Attingens a fine usque ad finem, fortiter et suaviter disponens omnia: Essa si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa» (Sap 8,1).

Allora il Figlio di Dio la condusse davanti al Padre invitandola a riconoscere anche davanti a Lui il bene ricevuto. «Io ti rendo grazie – essa disse – o Padre santo, per mezzo di Colui che siede alla tua destra, per i doni magnifici di cui mi ha colmato la tua generosità. Riconosco infatti che nessuna potenza umana avrebbe potuto conferirmeli, ma solo la tua potenza divina che con la sua virtù dà vita ad ogni cosa creata». Il Signore la presentò poi allo Spirito Santo, affinché anche a Lui rendesse omaggio per la sua bontà: «Io ti ringrazio – essa disse allora –, o Spirito Santo, o divin Paraclito, per Colui che con la tua cooperazione si è incarnato nel seno della Vergine. Nonostante sia così indegna, mi hai prevenuta con le tue gratuite benedizioni della tua dolcezza, e questo solo per l’infinita tua Bontà, nella quale si nascondono, dalla quale procedono e per la quale si ricevono tutti i beni».

Il Figlio di Dio la strinse allora al suo Cuore e la baciò dicendo: «Dopo questa tua confessione Io ti prendo sotto la mia speciale custodia più che alcun’altra creatura e più di quanto tu ne abbia diritto come anima da me redenta e chiamata con speciale elezione». Essa comprese a queste parole che il Signore accoglie sotto la sua speciale custodia l’anima che loda la divina bontà e si affida con fiducia e gratitudine alla sua Provvidenza, così come un prelato si sente in obbligo di provvedere ai bisogni di colui che per la professione religiosa è diventato suo suddito.

Casella di testo: 72 – Effetti della preghiera

Pregava un’altra volta per parecchie persone che le erano state raccomandate e con particolare affetto per una di esse: «o Signore pieno di bontà – disse -, che il tuo paterno amore mi esaudisca quando ti prego per questa persona». «Io ti esaudisco sovente, quando preghi per lei», il Signore rispose. Ed essa: «Ma perché allude tanto spesso alla sua indegnità e ricorre al mio aiuto come se Tu non le concedessi mai alcuna consolazione?». «Ãˆ un modo delicato per eccitare il mio amore verso di lei che la fa agire così; il suo più bell’ornamento, quello che più mi piace in lei, è appunto il fatto che essa dispiace a se stessa. Questa grazia si accresce quanto tu preghi per lei in modo particolare».

Un giorno pregava di nuovo per questa stessa persona e insieme per altre. Il Signore le disse: «io le ho attirate più vicino a Me; è necessario perciò che siano purificate da qualche prova. Esse sono come una bambina che, epr il tenero affetto che porta alla madre, vuol sedersi vicino a lei sulla sua stessa seggiola. Naturalmente ci sta un poco più scomoda di quanto non stian le sue sorelle che son sedute vicino alla madre ciascuna sulla propria seggiolina, e la mamma inoltre non può con altrettanta facilità rivolgere su di lei, come sulle sorelline che le stanno sedute di fronte, il suo materno affettuoso sguardo».

Casella di testo: 73 – Vantaggi della preghiera

Un giorno, volendo pregare per alcune persone che le si erano raccomandate per diversi motivi, si prosternò devotamente ai piedi del Signore e, dopo averne baciate con fervente amore le piaghe, gli affidò i loro interessi. Nello stesso momento vide come un rivoletto scaturire dal Cuore stesso del Figlio di Dio e riempire tutto il luogo in cu i si trovava. Comprese allora che tutte le sue richieste erano state esaudite, e perciò disse: «Signore mio, ma che vantaggio ne ritrarranno dal momento che non sentono alcun effetto delle mie preghiere? Non crederanno neppure che io le abbia raccomandate». IlSignore rispose con questo paragone: «Quando un re – disse – dopo una lunga guerra conchiude la pace, quelli che abitano lontano non ne hanno notizia fino a tanto che essa venga loro annunziata; allo stesso modo quelli che mi stanno lontano per diffidenza o per altri difetti, non possono sentire che si prega per loro». «Signore – essa riprese -, nel numero delle persone per cui ti ho pregato ce ne sono tuttavia alcune che ti son molto vicine, a quanto so per tua stessa testimonianza». «Ãˆ vero – rispose il Signore –, tuttavia colui al quale il re vuole comunicare personalmente i suoi decreti, deve aspettare che il suo Signore giudichi venuto il momento opportuno. Allo stesso modo mi propongo di manifestare a queste anime l’effetto della tua preghiera al momento giusto».

Pregò in seguito in modo particolare per una certa persona che le aveva una volta procurato delle noie. Ricevette questa risposta: «Come non è possibile che il piede si ferisca senza che il cuore lo senta, così è impossibile alla mia paterna bontà di non considerare con misericordia colui che, spinto da carità, mi supplica per la salvezza del prossimo, pur essendo egli stesso gravato da colpe per le quali però riconosce di aver bisogno del perdono di Dio».

Bisogna spesso pregare per gli infermi. Costei volendo un giorno compiere questo dovere per un infermo, domandò al Signore che cosa doveva chiedere per lui. Il Signore rispose: «Chiedi per lui soltanto due cose con tutta devozione. Primo, chiedimi che tutti i momenti della sua malattia servano a procurare la mia maggior gloria e il maggior bene dell’anima sua, conformemente alla’eterna disposizione della mia paterna carità». E aggiunse: «ogni volta che ripeterai questa preghiera, così il tuo merito come quello dell’infermo si accresceranno, come si accresce lo splendore dei colori quando si ritocca una pittura».

Mentre pregava per alcuni dignitari comprese più di una volta che ciò che il Signore maggiormente gradisce in quelli che son giunti alle più alte cariche, è che essi le esercitino con distacco, vale a dire che si servano del potere loro conferito come se fosse stato loro concesso soltanto per un giorno, anzi per un’ora, tenendosi sempre pronti a rinunciarvi, e applicandosi tuttavia con ogni sollecitudine al compimento delle opere loro ingiunte, a lode sua. Dovrebbero sempre ripetere a se stessi: Su, affrettati a promuovere la gloria di Dio: un giorno deporrai volentieri la tua carica se potrai riconoscere di aver fatto ciò che potevi a servizio di Dio e ad utilità del prossimo.

Una volta ricorse al Signore per una certa persona che, sia direttamente sia per mezzo di altri, si era raccomandata con umiltà e fiducia alle sue preghiere. Essa vide in questa occasione il Signore piegarsi con bontà verso quest’anima, avvolgerla di uno splendore celeste e, in questa luce, comunicarle la sua grazia con tutto ciò che aveva sperato ottenere per mezzo della di lei preghiera. Il Signore diede poi a Gertrude il seguente ammaestramento: «Tutte le volte che una persona si raccomanda alle preghiere di un’altra, fiduciosa di poter così ottenere per i di lei meriti la grazia di Dio, il Signore la ricompensa secondo il suo desiderio, anche se la persona su cui ha contato avesse trascurato di pregare con devozione».

Casella di testo: 74 – Diversi ordini di persone

Pregava un giorno per una persona la cui anima era piena di grandi desideri,k e ricevette questa risposta: «Dille da parte mia che se desidera unirsi a Me col vincolo di un intimo amore, cerchi di fare ai miei piedi il suo nido, fabbricandosi come l’aquila reale con ramoscelli secchi (quelli della propria miseria) e con rami di palma (quelli della propria grandezza). Vi prenda il suo riposo nel ricordo continuo della sua bassezza, poiché l’uomo mortale è per se stesso sempre incline al male e tardo al bene, a meno che sia prevenuto dalla grazia. Mediti anche spesso sulla mia misericordia, ricordando quanto Io sia disposto, nella mia paterna bontà, ad accogliere dopo il peccato colui che ritorna a Me con la penitenza. Quando poi desidera allontanarsi dal nido per cercare il suo cibo, si diriga verso il mio Cuore e lì, con affettuosa gratitudine, ripensi agli immensi benefici che gratuitamente le elargisco nella sovrabbondanza della mia tenerezza. Se poi desidera spingere più lontano il volo del suo desiderio, si innalzi come un’aquila veloce al di sopra di sé con la contemplazione delle cose celesti, si libri sulle ali, e, sostenuta dai Serafini, fissi il mio volto nell’ardore della sua carità, e contempli il Re nello splendore della sua gloria col penetrante sguardo dello spirito».

«Nessuno però, nella vita presente, può rimanere a lungo sulle vette della contemplazione che, secondo S. Bernardo, a mala pena quaggiù si raggiunge rara hora, parva mora: ben di rado e per breve momento. L’anima dovrà dunque spesso ripiegare le ali ricordando la sua miseria, e discendendo nel nido per cercarvi un po’ di riposo. Ritroverà ancora in seguito le sue delizie volando in spirito di riconoscenza verso i campi fioriti dell’amore, per raggiungere bene presto, nell’estasi dello spirito, le cime della contemplazione divina. Con l’alternarsi di questi due movimenti, la considerazione cioè della propria fragilità e lo slancio d’amore che contempla i benefici ricevuti, essa sempre troverà la consolazione del gaudio celeste».

Si ricordò ancora di un’altra persona che le si era devotamente raccomandata. Questa, dopo aver passato nel mondo la sua prima giovinezza, aveva rinunciato al secolo per consacrarsi a Dio nello stato religioso. Gertrude si volse dunque al Signore per presentargli il suo proprio cuore e ricordargli insieme la sua divina promessa, come cioè esso dovesse servire come canale per spandere la grazia delle divine consolazioni nelle anime che le avessero umilmente sollecitate per suo mezzo(1). Ad un tratto i Figlio di Dio le apparve sul trono reale: teneva in mano il cuore della sua eletta e lo stringeva al proprio dolcissimo Cuore. Essa vide anche la persona per la quale pregava avanzarsi verso il trono e piegare devotamente le ginocchia davanti al Signore il quale, stendendo con benevolo gesto la sua mano sinistra verso di lei le disse: «Sì, la riceverò nella mia incomprensibile Onnipotenza, nella mia insondabile Sapienza, e nella mia infinita Bontà». Pronunciando queste parole il Signore stendeva verso questa persona tre dita della sua mano sinistra: l’indice, il medio e l’anulare. A sua volta questa persona sovrapponeva delicatamente le corrispondenti dita della sua mano sinistra su quelle del Signore. Allora il Signore con rapido gesto voltò la sua benedetta mano, così che essa si trovò al disopra e quella della persona al disotto. Con queste tre dita e col gesto ora descritto, Egli voleva far capire i tre modi secondo i quali essa doveva regolare la sua vita.

Anzitutto doveva sottomettersi con umiltà, prima di cominciare qualsiasi azione, all’Onnipotenza divina, considerandosi come un servo inutile che aveva consumato inutilmente il vigore della sua giovinezza nella vanità del secolo, poco curandosi di Dio suo Creatore e Signore; e doveva chiedere alla divina Onnipotenza di concederle forza di agire secondo virtù. In secondo luogo doveva confessare all’insondabile Sapienza di Dio di essere indegna di ricevere le soavi illuminazioni divine, perché dalla sua infanzia non si era applicata allo studio delle cose del cielo, ma si era a preferenza servita delle sue facoltà per soddisfare la sua vanagloria. Doveva ora immergersi nella valle profonda dell’umiltà e poi, libera dalle cose terrene, dedicarsi alla contemplazione, e sforzarsi in seguito (a suo tempo e luogo) di comunicare al prossimo le abbondanti ricchezze che la divina liberalità le avrebbe concesso. Infine doveva prepararsi a ricevere con grandi azioni di grazie la buona volontà, che è dono gratuito concesso dalla Bontà divina per praticare i due consigli precedenti.

Il Signore sembrava portare all’anulare sinistro un anello di vile metallo nel quale era però incastonata una gemma preziosissima che splendeva come il fuoco. Comprese che l’anello raffigurava la vita povera di meriti di questa persona che, rinunciando al mondo, si era consacrata al servizio di Dio. La pietra preziosa significava la liberalità della divina misericordia che inclinava il Signore ad infondere in quest’anima il dono della buona volontà, per il quale tutte le opere diventano perfette davanti a Dio. Per tale ragione la sua voce, vale a dire la sua intenzione, non doveva d’ora innanzi esprimere altro che unacontinua azione di grazie per questo liberalissimo dono della divina bontà. Le fu anche rivelato che, ogniqualvolta questa persona, con l’aiuto di Dio, compisse una buona azione, il Signore se ne farebbe subito un anello prezioso che avrebbe portato nella mano destra per mostrarlo a tutta la milizia celeste, quasi gloriandosi del regalo della sua sposa. Tutti gli abitanti del cielo allora avrebbero provato per questa persona un sentimento analogo a quello che possono provare i principi della corte per la sposa del Re, e le avrebbero attestato la fedeltà e la devozione che spettano di diritto alla sposa del proprio Signore. Inoltre l’avrebbero aiutata in tutti i modi con cui i membri della Chiesa trionfante aiutano coloro che ancora militano sulla terra, ogni volta che il Signore li avesse invitti a farlo ripetendo il gesto che abbiamo descritto.

Mentre pregava per un’altra persona, ricevette a suo riguardo questo insegnamento destinato a regolare la sua vita: che essa stabilisca il suo nido nel cavo della roccia, e cioè nel Cuore santissimo del Signore Gesù, e, riposando in esso, si applichi a gustare il miele che in questa roccia si forma e cioè la dolcezza di questo Cuore divino. Mediti attentamente nelle Scritture l’ammirabile vita di Cristo, e si applichi a seguirne gli esempi specialmente in tre cose: Il Signore trascorreva spesso le notti in preghiera; questa persona in tutte le sue tribolazioni e le sue prove dovrà dunque sempre ricorrere all’aiuto dell’orazione. Il Signore predicava nelle città e nei villaggi; anch’essa dunque dovrà edificare il prossimo non soltanto con le sue parole, ma anche con le sue opere e col suo stesso contegno esteriore. Il Signore spandeva i suoi benefici su tutti quelli che ne avevano bisogno; allo stesso modo essa deve compiere il bene attendendosi alla norma seguente: quando vorrà dire o fare qualcosa, dovrà prima formulare l’intenzione di unirsi alle azioni perfettissime del Signore, affinché sia compiuta secondo la sua santissima volontà e per la salute del mondo intero; e quando poi l’avrà compiuta, dovrà offrirla di nuovo al Signore perché Egli le tolga ogni imperfezione e la presenti a Dio Padre, ad eterna sua lode.

Le fu ancora detto quanto segue: Ogni volta che detta persona vorrà uscir da questo nido dovrà servirsi di tre sostegni. Uno è l’ardente carità con la quale deve sforzarsi di attirare tutti a Dio e di servire tutti a gloria di Dio, in unione con l’amore col quale Gesù Cristo ha operato la salvezza del mondo. Il secondo è l’umile sottomissione con la quale deve assoggettarsi per amore di Dio ad ogni creatura, guardandosi bene dallo scandalizzare con le sue parole ed azioni e superiori ed inferiori. Il terzo è l’attenta vigilanza su se stessa per la quale deve preservare tutti i suoi pensieri, le sue parole ed i suoi atti dalla minima macchia che possa offendere lo sguardo di Dio.

Le fu anche rivelato, durante l’orazione, lo stato di un’altra anima. Questa persona le apparve nell’atto di costruirsi, davanti al trono di Dio, uno splendido trono formato di preziosissime pietre squadrate, cementate insieme con oro puro, sul quale di tanto in tanto si sedeva per poi alzarsi di nuovo e continuare la costruzione. La Nostra comprese che le pietre preziose rappresentavano diverse pene destinate a conservare e perfezionare il dono di Dio in quell’anima; il Signore infatti prepara in questa vita ai suoi eletti un cammino aspro e duro, per timore che le attrattive di una strada comoda e facile facciano loro dimenticare le gioie della patria. Quanto all’oro che cementava le gemme, significava la grazia spirituale di cui doveva servirsi con piena fiducia per unire insieme saldamente tutte le sue pene interne ed esterne per l’edificazione della sua eterna salvezza.

Si riposava poi di tanto in tanto sul trono, per mostrare che godeva talvolta la contemplazione divina, ma sia alzava subito per riprendere la costruzione onde figurare l’alternarsi continuo delle buone opre, che fanno progredire l’anima di giorno in giorno innalzandola alla vette della perfezione.

Le fu anche mostrato, durante la preghiera lo stato di un’altra anima. Vide davanti al trono di Dio un albero magnifico dal tronco e dai rami vigorosi e dalle foglie splendenti come l’oro. La persona per cui pregava stava salendo su quest’albero e, armata di uno strumento, tagliava alcuni rami novelli che cominciavano a seccarsi. Non appena ne aveva tagliato uno, subito dal trono di Dio, che appariva come circondato di fronde verdeggianti, le si offriva un altro ramo per sostituire quello reciso. Non appena esso era innestato, riprendeva tutto il suo vigore e produceva un frutto di color rosso che l’anima raccoglieva per offrirlo al Signore, il quale sembrava compiacersene in modo mirabile.

Quest’albero figurava la famiglia religiosa in cui questa persona era entrata per consacrarsi al servizio di Dio, e le fogli d’oro significavano le buone opere che essa compiva nell’ordine. Per i meriti di un certo suo parente che l’aveva indotta ad entrare, accompagnandola coi suoi devoti desideri e con le sue orazioni, queste superavano in valore altre opere simili di quanto l’oro supera in dignità gli altri metalli. Lo strumento di cui si serviva per tagliare i rami era la considerazione dei propri difetti che essa riconosceva ed eliminava con una degna penitenza. Il ramo che le veniva offerto dal trono di Dio per sostituire il ramo tagliato, figurava la perfetta e santissima vita di N. Signore Gesù Cristo che, per i meriti ed i suffragi del parente a cui abbiamo accennato, era sempre particolarmente pronto a supplire a tutti i suoi difetti. Infine il frutto raccolto ed offerto al Signore significava la buona volontà che metteva nel correggersi dalle sue mancanze,cosa di cui il Signore sommamente di compiace. Gli è infatti più gradita la buona volontà di un cuore sincero che non grandi opere compiute senza purezza d’intenzione.

Una volta pregava per due persone che le erano state devotamente raccomandate. Poiché non conosceva la loro disposizione d’animo, disse al Signore: «Tu, o Signore, che conosci tutti i cuori, degnati rivelare alla tua indegna serva ciò che credi e ciò che può riuscire a loro vantaggio». Il Signore, nella sua bontà, le ricordò allora due rivelazioni che in altro tempo le aveva concesso riguardo a due altre persone, delle quali una era letterata e l’altra no, e che avevano tutte e due rinunciato al mondo. La esortò poi ad applicare quanto allora le aveva detto anche a vantaggio delle due persone di cui si occupava attualmente. Ed aggiunse: «Le cinque rivelazioni precedenti e le due che ti farò, offrono un insegnamento che può essere utile a persone di qualsiasi ordine e stato».

La rivelazione che riguardava la persona letterata era la seguente. Il Signore aveva detto a suo riguardo: «Io l’ho presa coi miei apostoli per farla salire sul monte della trasfigurazione. Essa si applichi a regolare la sua vita e le sue opere secondo il significato del nome degli apostoli che mi hanno accompagnato sul Tabor. Pietro significa agnoscens(2): colui che conosce; che essa proponga dunque in tutte le sue letture di arrivare a conoscersi con serie riflessioni. Quando per esempio il libro parla dio vizi e di virtù, essa esamini se c’è in lei qualcosa di vizioso e quanto progredisca nella virtù. Quando poi avrà acquistato una più perfetta conoscenza di sé, si sforzi, secondo il significato del nome di Giacomo, che vuol dire suppleantator: colui che è vittorioso, di correggere ogni difetto lottando vigorosamente per conquistare la virtù con uno sforzo costante. Il nome di Giovanni significa poi: in quo est gratia, colui che è ripieno di grazia: si applichi dunque al mattino o alla sera, o quando ne abbia l’opportunità, almeno per un’ora a raccogliersi in se stessa e a cercare di conoscere la mia volontà, dopo aver allontanato da sé il pensiero di tutte le cose esteriori. Allora faccia ciò che Io le ispirerò: se le dirò di lodarmi, mi ringrazi per i benefici personali o generali; se l’inviterò a pregare per i peccatori o per le anime del purgatorio, lo faccia con somma devozione e il meglio che può, per il tempo che avrà stabilito».

Ed ecco la rivelazione che riguarda la persona illetterata. Essa aveva pregato per quest’anima che si rammaricava di vedersi impedita nell’orazione dalle diverse cure del suo ufficio. E ricevette questa risposta: «Io non l’ho scelta soltanto per servirmi in una determinata ora del giorno, ma per restare ininterrottamente con Me tutta la giornata; cioè perché offra continuamente a mia gloria ogni singola azione con la stessa intenzione con la quale mi offrirebbe la sua preghiera. Essa potrà aggiungere questa pratica: desiderare cioè che coloro i quali traggano vantaggio dalla sua fatica non solo ne siano ristorati nel corpo, ma progrediscano anche nello spirito e siano confermati in ogni bene. Se farà così ogni volta che si applicherà ad una azione qualunque sarà come se mi ristorasse con cibo squisito».

Vedi Capitolo 47 di questo Libro III

Certo dalla voce ebraica phatar, che significa interpretatus est [interpretato]. Così pure traduce Ludolfo il Certosino nella sua Vita Christi, parte II, capo 3: Petrus, che s’interpreta agnoscens – Nota dell’edizione latina

Casella di testo: 75 – Le membra di Cristo raffigurano la Chiesa

Mentre stava pregando per una certa persona, le apparve il Re della gloria, il Signore Gesù, per mostrarle nel suo proprio corpo fisico il corpo mistico della Chiesa, di cui Egli degna chiamarsi ed essere lo Sposo ed il Capo. Era magnificamente rivestito dal lato destro di abiti regali, mentre il suo lato sinistro era nudo e tutto coperto di piaghe. Essa comprese che la parte destra raffigurava tutte le anime elette che appartengono alla Chiesa, e che sono prevenute dal Signore con le benedizioni della sua dolcezza per uno speciale dono di grazia e per il merito personale delle loro virtù. Il lato sinistro raffigurava gli imperfetti che sono ancora immersi nelle loro debolezze. I ricchi abiti che ornavano il lato destro del Signore, indicavano gli ossequi e i benefici spirituali che certe persone prodigano con particolare devozione a quelli che riconoscono a sé superiori per l’eccellenza della loro virtù e per lo speciale privilegio di familiarità col Signore. Ogni ossequio infatti dimostrato agli eletti di Dio a motivo della grazia ad essi conferita, è come un nuovo ornamento aggiunto alla sua destra. Alcuni si mostrano, sì, per il Signore, generosi coi buoni, ma riprendono con tanta durezza i cattivi e gli imperfetti che per la loro impazienza, li irritano anziché correggerli. Questi sembrano quasi colpire furiosamente col pugno le piaghe del Signore, e il sangue che la loro violenza ne fa scaturire è come se sprizzasse loro in volto sì da rimanere coperti e sfigurati. Il Signore tuttavia, indotto dalla sua pietà, e insieme eccitato dall’amore dei suoi amici coi quali queste persone sono state generose, sembra non farne caso e con le vesti che ornano la sua destra, cioè coi meriti degli eletti, deterge le macchie che deturpano il loro volto.

E il Signore aggiunse: «Oh se volessero, curando le piaghe dei loro amici, imparare a curare anche le piaghe del mio corpo che è la Chiesa, cioè quelle degli imperfetti! Essi dovrebbero dapprima toccar le loro piaghe con precauzione, con dolci ammonimenti fatti di spirito di carità. Se poi con questo mezzo non riuscissero a nulla, dovrebbero allora cercare di guarirli con crescente fermezza. Molti invece non sembrano darsi alcun pensiero delle mie ferite; e son coloro che, conoscendo i difetti del prossimo, lo disprezzano per la sua miseria e non cercano di correggerlo neppure con una sola parola, per timore di incorrere in qualche noia. Adducono con Caino questa vana scusa: Numquid custos fratis mei sum ego?: son forse il custode del mio fratello? (Gen 4,9). Costoro sembrano porre sulle mie piaghe un unguento che, anziché sanarle, le fa piuttosto marcire e coprir di vermi, poiché nascondendo col silenzio i difetti del prossimo anziché correggerli con qualche parola, lasciano che essi mettano radici.

«Vi sono poi alcuni che segnalano al prossimo i suoi difetti, ma se non li vedono immediatamente corretti o castigati come essi vorrebbero, subito si irritano e, indignati, giurano in cuor loro di non far più osservazioni in avvenire, di non correggere più nessuno, dal momento che non si dà peso alle loro parole. Non omettono tuttavia di accusare duramente in cuor loro il prossimo, ma si astengono da ogni parola di ammonimento e di correzione. Costoro è come se mi applicassero sulle piaghe un unguento che internamente le rode come potrebbe fare un ferro arroventato.

«altri ancora si astengono dal correggere il prossimo più per trascuratezza che per malizia; ed è come se mi pestassero le piaghe dei piedi. Altri ancora non pensano che a fare in tutto la loro volontà propria, non curandosi dello scandalo degli altri pur di riuscire a compierla; ed è come se mi prendessero le mani e me le trapassassero con dardi infuocati.

«Vi sono poi di quelli che amano sinceramente i superiori virtuosi e perfetti, e non cessano, come è giusto, di mostrar loro ossequi e reverenza con le parole e con i fatti. Ma giudicano con rigore e disprezzano oltre misura i superiori che non osservano la Regola e son pieni di difetti. In questo caso essi ornano la parte destra del mio capo di gemme e di pietre preziose, ma quanto alla parte sinistra che è ricoperta di piaghe, e che Io avrei voluto appoggiare sulla loro spalla per un po’ di riposo, essi sembrano respingerla e colpirla con pugni senza alcuna pietà.

«Altri applaudiscono le cattive azioni dei prelati e dei superiori per attirarsi la loro benevolenza, ed esser liberi di fare in tutto la loro propria volontà. E questi mi piegano con violenza la testa all’indietro causandomi grandi dolori e, insultando alla mia sofferenza, sembrano quasi compiacersi delle mie piaghe putrefatte».

In questa rivelazione il Signore sembra quasi identificarsi con la sua Chiesa: i buoni sono come la parte destra del suo corpo, e i cattivi la sinistra. Con quanta vigilanza dunque ogni cristiano deve cercare di servire tanto il membro sano quanto il membro malato di Cristo! Sarebbe cosa ben indegna veder qualcuno lacerar con le mani le ferite di un suo amico, o coprire di un unguento avvelenato o respingere violentemente il capo che egli volesse posare sulla sua spalla o, peggio ancora, torceglielo all’indietro. Che ciascuno detesti dunque la sua colpa se, con la sua durezza, ha piuttosto offeso che servito il suo Creatore e Redentore, e cerchi di emendarsi per essere utile a questo fedelissimo Benefattore anziché nuocere alla sua causa. Che egli faccia tutto il bene possibile ai perfetti per eccitarli a progredir nel bene, e circondi di cura gli imperfetti affinché si emendino. Obbedisca con amore quando i superiori comandano ciò che è bene, e sopporti con rispetto i loro difetti. E tuttavia si guardi dall’adularli in ciò che è male, e quanto non può correggere in essi con la parola, si sforzi di correggerlo con l’ardore del desiderio e con la silenziosa preghiera del cuore davanti a Dio.

Casella di testo: 76 – Spirituale comunicazione di meriti

Un’altra persona si era devotamente raccomandata alle sue preghiere. Essa, come al solito, non appena entrò in coro per fare orazione, chiese al Signore di far partecipe quest’anima di tutte le opere buone che Egli l’aiuterebbe a compiere, benché tanto indegna: digiuni, orazioni e altri atti di pietà. Il Signore rispose: «La farò certamente partecipe di tutto il bene che la mia infinita liberalità gratuitamente ti concede e ti concederà di fare fino alla morte». Ed essa: «Dal momento che tutta la tua Santa Chiesa partecipa a tutto ciò che Tu degni operare in me e per me tua serva indegna e anche in tutti gli altri tuoi eletti, che cosa riceverà in più questa perosna dalal tua bontà, quando io, per un affetto speciale, ti prego che essa abbia parte a tutti i benefici che Tu mi accordi?». Il Signore rispose con questo paragone: «Una nobile damigella che sa comporre ccon gemme e pietre preziose degli ornamenti di cui si serve per adornare tanto sé quanto sua sorella, procura in tal modo a suo padre e a sua madre e a tutti quelli di casa un certo lustro. La lode della gente è diretta soprattutto a colei che ha fabbricato questi ornamenti con le sue mani, e anche alla sua sorella prediletta che li ha condivisi, seppure in minor grado, con lei; però si riverserà anche in parte sulle altre sorelle che non hanno ricevuto nulla. Allo stesso modo, benché la Chiesa intera partecipi alle grazie, accordate a ciascuno dei fedeli in particolare, l’anima a cui sono accordati ne trae naturalmente più grande profitto; e per conseguenza ne ricavano speciale vantaggio anche coloro a cui desidera comunicarli per un particolare vincolo di affetto che ad essi la lega».

Ricordò allora al Signore che questa stessa persona aveva sovente mandato dei regali alla prima cantora, Donna Metilde di santa memoria(1), durante la sua malattia; e che si era spesso rammaricata sia di non averla abbastanza assistita, sia di non essersi trattenuta a parlare con lei di cose spirituali per timore di disturbarla o di recarle fastidio. Il Signore rispose: «A motivo della buona volontà e della gioiosa liberalità con cui egli ha beneficato la mia Eletta, col desiderio di fare anche di più se avesse potuto, Io lo considero come uno che presti ogni giorno servizio alla mia mensa, così come un illustre principe serve alla tavola dell’Imperatore suo signore. Mi compiaccio di tutti gli atti di pietà con cui Donna Metilde mi ha devotamente servito, facendo uso delle forze che il suo corpo attingeva nel cibo e in ogni altro ristoro inviato da lui. E non intendo soltanto parlare del ristoro materiale che egli le ha dato, ma anche del conforto che è venuto alla mia Eletta da ogni suo pensiero, parola od azione. Quanto al suo rimpianto di non essersi abbastanza intrattenuto con Donna Metilde, vi supplirò Io stesso. Come uno sposo che ama teneramente la sua sposa e che la vede esitare per estrema delicatezza nel chiedere qualcosa che molto desidera, viene incontro alla sua modestia e le accorda il doppio di quanto essa desiderava, così Io supplirò a ciò che non ha avuto.

«Inoltre, per tutta la gioia che detta persona prova per i benefici di cui ho colmato Donna Metilde , la sua anima riceverà in cielo, insieme a ineffabili delizie, il riflesso di tutte le grazie che Io ho conferito all’anima di questa mia sposa; riflesso che emanerà dall’anima della mia Eletta e sarà l’infinito splendore della luce divina che la illumina. Come il raggio del sole si infrange sulla superficie dell’acqua e si riflette sul muro, così lo splendore dei miei benefici brillerà nelle anime di coloro che sono stati prevenuti in terra dalla particolare dolcezza della mie benedizioni, e si rifletterà eternamente su coloro che hanno goduto al pensiero di questa mia glori. Ci sarà tuttavia questa differenza: che splenderanno non come il muro che è opaco, ma come uno specchio tersissimo che riflette distintamente l’immagine posta davanti ad esso».

Cioè Santa Metilde, morta da poco [Nota dell’edizione latina].

77 - Utilità della tentazione

Gertrude pregava un giorno per una persona assalita dalla tentazione, e il Signore le disse: «Io permetto questa tentazione per farle conoscere e deplorare il suo difetto, essa cercherà di vincerlo, e non riuscendovi si umilierà. Questa umiliazione cancellerà allora quasi interamente ai miei occhi altri difetti che essa ancora non riconosce. Colui che scorge una macchia sulla sua mano, non lava soltanto la macchia, ma anche le mani, e così le purifica anche da ogni traccia di polvere, che egli non avrebbe tolta se questa macchia visibile non gliene avesse dato l’occasione».

Casella di testo: 78 – La Comunione frequente piace a Dio

Una persona, eccitata da zelo di giustizia, giudicava spesso alcune altre persone che trova poco devote e poco preparate a ricevere la Comunione con frequenza. Qualche volta ne faceva anche loro pubblico rimprovero, così che esse, diventate timorose, non osavano più comunicarsi.

Chiese un giorno al Signore se approvava questo suo modo di agire, ed Egli rispose: «Le mie delizie sono di stare coi figlioli degli uomini e Io ho istituito questo Sacramento perché lo si rinnovasse spesso in mia memoria, impegnandomi a restare per esso coi miei fedeli fino alla consumazione dei secoli. Chiunque cerca di allontanare dalla Comunione un’anima che non è in stato di peccato mortale, impedisce e sospende le delizie che Io avrei potuto trovare in essa. Egli assomiglia ad un precettore severo che impedisce al figlio del re di giocare con dei poveri bambini suoi coetanei, nonostante che il giovane principe vi trovi molto piacere, e ciò sotto pretesto che gli conviene di più ricevere gli onori dovuti al su orango che divertirsi sulla piazza a giocare alla palla». Essa allora disse: «Se questa persona fosse ben decisa a non dare più in avvenire tali consigli, le perdoneresti ciò che ha fatto finora?». «Non solo glielo perdonerei – disse il Signore -, ma troverei nel suo buon proposito un piacere simile a quello del figlio del re se il suo precettore, cambiando parere, gli riconducesse spontaneamente i suoi piccoli amici che prima aveva scacciato per eccesso di severità».

Casella di testo: 79 – Vantaggi dello zelo

Pregava un giorno per una certa persona che si rammaricava per il timore di avere offeso Dio: si era infatti irritata di alcune negligenze delle sue consorelle che riteneva funeste per l’osservanza regolare.

Ricevette dal migliore dei maestri questo insegnamento: «Se alcuno desidera che il suo zelo sia per me un accettissimo sacrificio e assicuri nello stesso tempo il suo vantaggio spirituale, deve applicarsi a tre cose. Anzitutto deve mostrare sempre un volto amabile alla persona di cui corregge i difetti – come del resto richiedono la convenienza ed il tatto – e usare sempre parole e atti caritatevoli. In secondo luogo deve avere cura di non divulgare le colpe quando possa sperare la correzione del colpevole oppure quando non possa contare sul prudente riserbo degli astanti. Infine non deve lasciarsi arrestare da alcun rispetto umano quando la coscienza le indica qualche cosa che è degno di riprensione, ma deve cercare con tutta carità l’occasione di correggerlo al solo intento di procurare la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Allora sarà certamente ricompensato in proporzione della fatica e non in proporzione del risultato ottenuto, poiché se anche questo fosse nullo, chi ne porterà la pena sarà soltanto colui che non avrà riconosciuto il proprio torto o che avrà resistito».

Un’altra volta pregava per due persone che stavano discutendo fra loro, e delle quali una era persuasa di difendere la giustizia e l’altra di favorire la carità verso il prossimo. Il Signore le disse: «Quando un buon padre vede che i suoi bambini giocano e si esercitano alla lotta, qualche volta ride o fa finta di non vedere. Se però a un certo momento vede che uno dei contendenti si accanisce contro l’altro, si alza e corregge il colpevole. Allo stesso modo Io che sono il Padre delle misericordie, quando vedo due persone discutere con dolcezza e carità non vi presto particolare attenzione, anche se preferirei vederle in pieno accordo. Ma se una prende a trattare l’altra con durezza, allora non potrà evitare la correzione della mai paterna giustizia».

Casella di testo: 80 – Utilità futura della preghiera

Una persona si lagnava spesso di non sentire alcun vantaggio dalla preghiera che gli altri facevano in suo favore. Essa riferì questa lagnanza al Signore chiedendogliene la ragione. Il Signore rispose: «Domanda a quella persona che cosa troverebbe più vantaggioso per un suo giovane parente a cui desiderasse di veder conferito un beneficio ecclesiastico: che gliene venisse concessa immediatamente la rendita (pur non avendo ancora compiuto i suoi studi) e che lo si lasciasse disporre di essa a suo talento? Il buon senso giudicherebbe più utile concedere al giovanetto soltanto il titolo del beneficio ecclesiastico destinato a procurargli in avvenire grandi rendite; perché se queste gli fossero concesse subito potrebbe dissiparle in spese inutili e trovarsi più tardi povero e misero come prima. La persona per cui preghi abbia dunque fiducia nella mia sapienza e nella mia bontà divina, poiché io sono il padre, il fratello, l’amico dell’anima sia, e veglierò sui suoi interessi spirituali e temporali con più sollecitudine e fedeltà di quella che essa potrebbe impiegare nel curare gli interessi di un suo parente. Sia persuasa che Io serbo per un tempo propizio e determinato il frutto di tutte le preghiere che mi sono state rivolte per lei, e che glielo consegnerò integralmente quando nulla potrà più sminuirlo o renderlo vano. E questo è per lei il meglio, poiché se provasse subito una certa consolazione ad ogni preghiera che si fa per lei, questa gioia spirituale sarebbe forse offuscata dalla vanagloria o resa sterile dall’orgoglio, e se io le concedessi qualche bene temporale, la sua anima potrebbe trovarvi un’occasione di peccato».

Casella di testo: 81 – Vantaggi dell’obbedienza

L’Ebdomadaria(1) stava un giorno recitando il Capitolo di Mattutino a memoria, secondo quanto prescrive la santa Regola(2). Gertrude conobbe per rivelazione che essa lo faceva appunto per conformarsi a questo precetto, e vide che si acquistava in tal modo un merito uguale a quello che avrebbe potuto procurarle la preghiera di tante persone quante erano le parole che il Capitolo conteneva.

Comprese anche il senso delle parole che S. Bernardo(3) suppone dette ad un uomo in punto di morte dalle azioni che egli ha compiuto durante la vita: «Tu ci hai fatto, noi siamo opera tua, non ti abbandoneremo, ma ti seguiremo dovunque e ti accompagneremo al tribunale di Dio». Dio permetterà in quel momento che tutte le azioni compiute in spirito di obbedienza, quasi altrettanti personaggi illustri, consolino colui che ne sarà stato l’autore e intercedano per lui. Ogni opera buona compiuta per obbedienza e resa perfetta dalla purezza d’intenzione, otterrà all’uomo il perdono di qualche negligenza. Quale grande consolazione per chi si trova in agonia!

Colei che era di turno per guidare la Liturgia delle Ore

Regola di S. Benedetto, cap. XII

Meditationes piissime, cap. II, 5. Inter spuria

Casella di testo: 82 – Raccomandazione di una persona deputata per quella settimana alla recita privata del Salterio(1)

Una Ebdomadaria(2) che doveva recitare il Salterio prescritto per la Comunità, chiese una volta l’aiuto delle sue preghiere. Essa acconsentì, e, mentre pregava vide in ispirito il Figlio di Dio prendere con sé questa Ebdomadaria per condurla davanti al trono del Padre suo, onde chiedergli di far partecipare quest’anima all’ardente amore e alla fedeltà coi quali Egli stesso aveva desiderato la gloria del Padre suo e la salvezza del genere umano. Questo soccorso di grazia le avrebbe ottenuto tutto quanto desiderava. Quando il Figlio ebbe fatta questa preghiera, la persona per la quale Egli aveva pregato apparve coperta di vesti simili alle sue. E come leggiamo che il Figlio di Dio sta davanti al Padre per intercedere per la Chiesa, così costei, come un’altra Regina Ester, stava davanti a Dio Padre per pregarlo insieme al Figlio suo per il suo popolo, vale a dire per la sua Comunità. E recitando essa con tale interna disposizione tutto il salterio, il Padre celeste accettava le sue parole in due modi: anzitutto come un signore accetta da qualcuno il pagamento di un debito di cui si era fatto garante; in secondo luogo, come un padrone che riceve dal suo intendente una somma da distribuire ai suoi più cari amici. Essa vedeva ancora il Signore esaudire tutte le preghiere che questa persona gli rivolgeva per la Comunità, e metterla davanti a Sé perché distribuisse alle sue consorelle tutto ciò che essa chiedeva per loro.

(1) Si tratta della recita superogatoria [=straordinaria] del Salterio in uso ad Hefta
come in altri Monasteri, per le intenzioni e i bisogni della Comunità.

(2) Colei che era di turno per guidare la Liturgia delle Ore

Casella di testo: 83 – Utilità della sottomissione

Un giorno pregava il Signore che correggesse il difetto di un certo superiore, e ricevette questa risposta: «Ignori forse che non soltanto questa persona, ma anche tute quelle che sono preposte a questa diletta Congregazione hanno tutte i loro difetti? Nessuno al mondo può esserne esente! Se lo permetto in questo caso, è per l’immensa mia bontà e per la tenerezza con la quale amo questa Congregazione che mi sono scelta, perché per tal via i suoi meriti saranno mirabilmente accresciuti. Ci vuol molta maggior virtù a star soggetti a una persona di cui si conoscono i difetti, che ad un’altra i cui atti sono irreprensibili». Essa rispose: «Sì, Signore, io provo una grande gioia a veder crescere i meriti dei sudditi, ma desidererei tuttavia che i superiori non commettessero la colpa che mi pare essi contraggono per i loro difetti». Il Signore rispose: «Io che conosco tutti i loro difetti, permetto che ne manifestino alcuni nelle diverse incombenze della loro carica, altrimenti non giungerebbero forse mai a possedere una grande umiltà. come il merito dei sudditi può crescere tanto per i difetti che per le qualità dei Superiori, così anche il merito dei Superiori può crescere tanto per i difetti che per la qualità dei sudditi, precisamente come tutte le membra di uno stesso corpo contribuiscono al bene l’uno dell’altro».

Essa comprese allora la bontà e la sapienza infinita del Signore che tutto saviamente dispone per la salvezza dei suoi eletti e sa servirsi anche dei difetti per innalzare a una maggior virtù. E pensò che, anche se la misericordia di Dio non le si fosse mostrata che in quella sola circostanza, tutte le creature insieme non avrebbero mai potuto lodarne abbastanza il Signore.

Casella di testo: 84 – La vera purificazione dell’uomo

Mentre pregava per una persona per una persona afflitta udì questa risposta: «Non temere: io non permetto mai che i miei eletti siano afflitti oltre misura delle loro forze, ma sempre son loro vicino per pesar la loro pena. Una madre che vuol scaldare il suo bambino al fuoco, tiene sempre la sua mano tra il bambino e la fiamma; allo stesso modo, quando credo bene purificare i miei giusti con la tribolazione, il mio intento non è di farli soffrire, ma piuttosto di provarli a loro salvezza».

Pregava un altro giorno per una persona che aveva sorpresa in qualche difetto, e, nell’ardore del suo desiderio, diceva al Signore: «Signore, io che son l’ultima delle tue creature, prego nell’interesse della tua gloria per questa persona; ma Tu, che sei Potenza infinita a cui nulla resiste, perché non mi esaudisci?». Il Signore rispose: «Sì, son la Potenza infinita a cui nulla resiste, ma sono anche l’insondabile Sapienza che tutto dispone per il meglio. Né faccio cosa alcuna che non convenga. Quando un re della terra che può disporre delle forze e dell’obbedienza dei suoi servi vede le sue scuderie non perfettamente tenute, non si abbassa fino a far la pulizia con le sue proprie mani, così Io non ritraggo mai un uomo dal peccato in cui è caduto deliberatamente, se egli non fa violenza a se stesso e non si mostra degno del mio amore cambiando le sue disposizioni».

Casella di testo: 85 – Come il Signore supplisce per la creatura

Gertrude osservava una volta una monaca che si aggirava nel coro durante il Mattutino per esortare le consorelle all’osservanza di alcune regole la cui dimenticanza avrebbe causato una certa confusione nell’Ufficio divino, e domandò al Signore come gradisse questo zelo. Il Signore rispose: «Se uno, con l’intento di glorificarmi, si applica ad evitare ogni negligenza dell’ufficiatura e ad avvertire gli altri allo stesso fine, supplisco Io all’inevitabile imperfezione del suo raccoglimento e della sua pietà».

Casella di testo: 86 – L’offerta della sofferenza

Essa pregava un giorno per una persona afflitta per l’infermità di un’amica che temeva di perdere. Il Signore le diede questo ammaestramento: «Supponi che un uomo abbia perduto un amico diletto nel quale trovava non solo il conforto dell’amicizia, ma anche un consigliere fidato per il suo profitto spirituale. Se egli mi offre, con piena adesione al mio volere, il dolore che sente disposto, pur di conformare la sua volontà alla mia, a rimaner privo dell’amico quand’anche fosse in suo potere trattenerlo, e permane in questa volontà non fosse che per un’ora, sia certo che la mia bontà divina conserverà sempre alla sua offerta tutto il valore che con queste su disposizioni egli le conferisce. Tutto il dolore che, per fragilità umana, anche in seguito continuerà a provare per questa perdita contribuirà alla sua salvezza eterna. più t ardi, forse sfuggiranno al suo cuore spezzato dei lamenti e dei rimpianti al pensiero delle consolazioni, dell’aiuto, del conforto che ha perduto, ma poiché mi ha offerto il suo dolore, la sofferenza di cui questi pensieri son causa disporrà il suo cuore a ricevere la mia divina consolazione. Essa si spanderà nella sua anima in proporzione dell’opprimente sofferenza che dopo questa offerta possa ancora gravare sul suo cuore. La mia bontà naturale mi sforza, per così dire, ad agire in tal modo. L’orefice non è forse obbligato ad inserire nell’oro o nell’argento tante pietre quanti sono i castoni che egli ha preparato per riceverle? Ho paragonato la mia divina consolazione alle pietre preziose, perché la consolazione celeste che l’uomo acquista con la sua passeggera sofferenza possiede appunto, come le gemme, una particolare virtù, e tale da ricompensarlo al centuplo fin da questa vita e poi mille volte tanto nell’eternità».

Casella di testo: 87 – Colpe di fragilità

Stava pregando in un’altra occasione per una certa persona che desiderava ardentemente di avere, davanti al Signore, il merito della verginità, e temeva tuttavia di essere incorsa per fragilità umana in qualche piccola imperfezione. Questa persona le apparve fra le braccia del Signore, ornata di una veste candida come la neve, le cui pieghe erano disposte con grande eleganza. Il Signore le diede questa spiegazione: «Quando per debolezza umana una piccola ombra viene a macchiare la virtù della verginità, causando vero rincrescimento e senso di penitenza, la mia bontà fa sì che queste piccole colpe servano a far risaltare maggiormente la bellezza di tale virtù, allo stesso modo come le pieghe conferiscono grazia alla veste. Vale però sempre quel detto della Scrittura: «Incorruptio, proximum facit esse Deo: la perfetta purezza avvicina l’uomo a Dio (Sap 6,20). Se queste macchie pertanto fossero contratte per peccati molto gravi, impedirebbero la dolcezza dell’unione divina così come la molteplicità delle pieghe nella veste della sposa le riuscirebbe d’impaccio nell’andare verso lo sposo».

Casella di testo: 88 – L’ostacolo dell’attaccamento

Pregava un giorno per un’anima che desiderava conseguire la grazia delle divine consolazioni, e ricevette dal Signore questa risposta: «Ãˆ proprio lei che mette ostacolo all’effusione della mia grazia nella sua anima. Quando infatti attiro i miei eletti col profumo soave del mio amore, colui che si tiene ostinatamente attaccato al proprio giudizio non ne sente la fragranza; così come un uomo che si chiudesse il naso non potrebbe sentire il soave profumo di un’aroma. Colui invece che per amor mio rinuncia al proprio giudizio per seguire piuttosto il giudizio altrui, accresce di tanto il suo merito, quanto maggiore è la violenza che si fa. Egli, infatti, non solo pratica la virtù dell’umiltà, ma anche quella della fortezza che è causa della sua vittoria. E perciò appunto l’Apostolo dice: «Non coronabitur nisi qui legitime certaverit: nessuno sarà coronato se non regolarmente combattuto» (2Tim 2,5).

Casella di testo: 89 – La buona volontà riesce gradita al Signore

Una persona trovava grande difficoltà in un lavoro che le era stato imposto dall’obbedienza. Mentre Gertrude pregava per lei, il Signore l’illuminò con questo paragone: «Supponiamo che un uomo voglia intraprendere per amor mio un’opera nella quale prevede tali difficoltà da fargli temere che riescano di impedimento alla sua devozione. In tal cosa se egli preferisce il compimento della mia volontà al bene della sua propria anima, Io farò tanto conto anche di questa semplice buona intenzione che, purché cominci l’opera, Io già la prendo per un fatto compiuto, anche se dopo averla incominciata non riesca portarla a termine. Egli ne avrà lo stesso merito che se l’avesse compiuta senza incorrere in alcuna negligenza».

Casella di testo: 90 – Non anteporre i beni esteriori a quelli dell’anima

Un giorno pregava per una persona che spesso si trovava afflitta da pene che, in un certo senso, essa stessa si attirava. Il Signore le disse: «Queste pene servono a purificarla dalle macchie che qualche volta ha contratto anteponendo per ragioni umane il vantaggio materiale al profitto spirituale». «Non possiamo tuttavia vivere senza servirci di beni materiali – essa obiettò –, come mai dunque detta persona ha potuto peccare provvedendo a questi beni, come esige la sua carica?». Il Signore rispose: «Per una nobile damigella è certamente un onore ed un abbellimento portare un mantello foderato di una pellicciatigrata; se però lo portasse al rovescio e cioè con la pelliccia al di fuori, anziché di decoroso ornamento le riuscirebbe di confusione e di vergogna. Sua madre certo non sopporterebbe questo camuffamento ridicolo e, se non potesse far di meglio, le getterebbe almeno sulle spalle un altro mantello, per timore che la prendano per una pazza. Così Io, che amo teneramente questa tua figliuola, copro questo suo difetto sotto un mantello, cioè con tutte le noie che conseguono, pur senza colpa, alle sue occupazioni; e inoltre la rivesto ancora dell’ornamento della pazienza. Ho infatti ordinato nel Vangelo di cercare per primo il Regno di Dio e la sua giustizia (Lc 12,31), vale a dire il profitto spirituale. Quanto alle cose esterne ho semplicemente promesso di darle in soprappiù».

Chi desidera l’intima amicizia di Dio, deve pesare con cura l’importanza di questa parola.