giovedì 8 settembre 2011

La vitalità della Parola di Dio: XIX Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa Bose, 8 settembre 2011



XIX Convegno Ecumenico Internazionale
di spiritualità ortodossa

Riporto da "L'Osservatore Romano" di oggi, 8 settembre 2011

Le ermeneutiche della Bibbia elaborate dai padri della Chiesa, con l’esame di problematiche ancora molto attuali (dal significato dei diversi generi letterari al rapporto tra esegesi, prassi ed esperienza spirituale, dal senso ecclesiale della Scrittura alla relazione viva tra fede e Parola); la dimensione ecclesiale della Parola di Dio; la realtà della presenza della Scrittura nelle diverse Chiese, in particolare nell’esperienza dei monaci cristiani.

Sono i tre temi conduttori del XIX Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, che si è aperto oggi, mercoledì 7 settembre, al monastero di Bose, in provincia di Biella. L’incontro, che si concluderà sabato 10, è stato organizzato in collaborazione con le Chiese ortodosse e ha per titolo «La Parola di Dio nella vita spirituale».

Con un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, Benedetto XVI ha inviato il proprio saluto a organizzatori e partecipanti, auspicando che l’evento, «attingendo alla ricchezza della Sacra scrittura, amata tanto in Oriente quanto in Occidente, susciti un rinnovato impegno alla comunione spirituale e alla testimonianza evangelica».

La Conferenza episcopale italiana — attraverso una lettera del segretario generale, monsignor Mariano Crociata, al priore di Bose, Enzo Bianchi — ricorda che «la lettura della Scrittura (che la parola di Dio contiene) nella tradizione orientale è sempre lettura nello Spirito» e che «l’Oriente cristiano, in maniera particolare, vive questo legame profondissimo tra la Scrittura e lo Spirito Santo, che ne è anche il primo principio ermeneutico». E dopo il concilio Vaticano II, «è stato possibile evidenziare la significativa convergenza, pur nella diversità delle tradizioni, su questa realtà pneumatica della Scrittura».

Anche il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha inviato un messaggio nel quale osserva come «lo smarrimento, che talvolta avvertiamo dinanzi alle sfide che la cultura contemporanea pone a noi cristiani», mostri con chiarezza «il bisogno di alimentare la nostra fede alle sorgenti abbondanti della Sacra scrittura». Un incontro, quello con la Parola di Dio vivente, che può avere grande importanza «nell’ambito delle relazioni tra cristiani di diverse Chiese e comunità ecclesiali», poiché «l’impegno per il ristabilimento della piena unità dei cristiani non si configura soltanto come mero confronto dottrinale, ma come il ricomporsi insieme dei credenti nella fede di fronte alla Parola stessa di Dio, viva ed efficace».

Un aspetto ripreso questa mattina da padre Bianchi, all’apertura dei lavori: «Se le nostre comunità cristiane sapranno riconoscere il primato della Parola, anche il faticoso cammino verso l’unità dei cristiani conoscerà nuovo slancio», e «la nostra comune testimonianza ecclesiale sarà il più eloquente e credibile annuncio del Vangelo per gli uomini e le donne del nostro tempo».

Il Patriarca ecumenico, Bartolomeo, ricorda quanto i padri della Chiesa e gli eremiti del deserto fossero «attenti a inserire e incorporare la parola di Dio in ogni aspetto della loro disciplina spirituale e vita quotidiana». Essa «non è soltanto qualcosa di ispiratore o di autorevole, è “lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino” (Salmi 119, 105), è una parola vivente, cui siamo chiamati a prestare ascolto e obbedienza, cui dobbiamo aderire e conformarci nella lotta spirituale e all’interno dell’esp erienza ecclesiale».

Anche il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, Cirillo, sottolinea come la conoscenza della parola di Dio non è racchiusa solo nel suo studio attento e continuo: «I santi padri erano profondamente convinti che la lettura della Sacra scrittura dovesse rinvigorire l’osservanza dei comandamenti del Signore e la sequela di Cristo», scrive, citando le vite di sant’Antonio il Grande, del beato Agostino, di san Filippo di Mosca e di molti altri, che «testimoniano come l’ascolto della Parola di Dio e la sua messa in pratica trasfigurarono le loro esistenze conducendoli alla santità».


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Saluto di
S.Em. Rev.ma Card. ANGELO SODANO, Decano del Collegio Cardinalizio
XIX Convegno Ecumenico Internazionale
di spiritualità ortodossa
Bose, 8 settembre 2011

Bose, 8 settembre 2011


Cari amici sono molto lieto
di essere con voi in questo giorno
il saluto primo certo va al caro fratel Enzo,
Priore di questa comunità come a tutti voi

e sono lieto che questo incontro fraterno avvenga proprio nella festa della Natività di Maria Santissima. Qualche padre della chiesa la chiamò l'Aurora della redenzione che precede il sorgere del sole che è Cristo Gesù. Noi qui latini la invochiamo anche come Stella del mattino, Stella mattutina diciamo noi nelle nostre litanie mariane perchè la stella del mattino precede anche l'arrivo del sole che è Cristo Gesù. Quindi nel nome di Maria oggi è un ecumenismo facile e una spiritualità comune di tutti i cristiani del mondo e nel nome di Maria quindi è una giornata di fraternità.

So che in questi giorni voi state riflettendo sull'importanza della Parola di Dio nella vita spirituale alla luce della grande tradizione ortodossa e da parte mia vorrei farvi una confidenza mentre vi dò un saluto fraterno. Anche per me per la scoperta della Parola di Dio è stato di grande aiuto un padre della chiesa orientale e cioè san Giovanni Crisostomo. A farmi scoprire san Giovanni Crisostomo come importanza nella vita del sacerdote e nella vita del pastore è stato un professore dell'università gregoriana che io frequentavo. Volevo, siamo negli anni cinquanta, io non ho la vostra gioventù, però allora iniziavo ad approfondire alcuni aspetti della dottrina cattolica. Volevo fare una tesi di laurea sulla trinità. Il padre Bouyer mi disse:"ma lei è destinato a una piccola diocesi del Piemonte, dovrà essere parroco, professore in seminario... perchè non studia un padre della chiesa? li torva una fonte per la vita spirituale di oggi, per la pastorale di oggi più di tanti studi teorici... Io girai dai vari padri della gregoriana chi voleva accettare la mia tesi. Finalmente trovai un padre italiano, padre Flick anche di santa memoria che mi disse: "san Giovanni Crisostomo è ancora poco studiato qui in Italia" e incominciai la lettura, tutti i suoi Commenti sui vangeli, i suoi Commenti sulle lettere di san Paolo. Questo professore mi disse:"lei dovrà trattare nella sua vita pastorale il tema della provvidenza di Dio e il tema del male. Perchè Dio permette tanto male in questo mondo? Perchè non castiga subito i cattivi e non premia i buoni? Perchè il tema del dolore? Ed ecco che feci la tesi sul problema del dolore cristiano, soprattutto sul dolore innocente dei piccoli e mi illuminò la lettura di san Gregorio Nazianzeno su questo grande mistero.



Poi dopo aver insegnato teologia alcuni anni teologia in seminario ad Asti, non lontano da qui, il Vescovo voleva che mi formassi ancora nel campo giuridico per alcuni aspetti della vita della diocesi e feci la laurea in diritto canonico all'università del Laterano in Roma. Ho di nuovo scelto san Giovanni Crisostomo. Ho scoperto com'era la vita della chiesa istituzionale, della chiesa a Costantinopoli alla fine del 300 e ho visto che anche allora c'erano i problemi come oggi. Ho visto che c'era una disciplina per i monaci, per i sacerdoti, per i laici. Ho visto che c'era una chiesa sturtturata, certo con tanta enfasi sulla missione del sacerdote, sulla missione del monaco, forse meno ancora che per il laicato, ma anche per il laicato alcune omelie sono meravigliose soprattutto per le opere della carità. Si legge in una lettera che la chiesa di Costantinopoli dava da mangiare ogni giorno a circa tremila persone.

Ci sono poi quelle famose lettere alla diaconessa Olimpia dicendo che, pur in esilio, di non abbandonare i poveri, giungendo anche a quella famosa frase:"Se è necessario si vendano anche i calici delle chiese e tutti i nostri tesori perchè il tesoro più grande non è nella chiesa materiale ma nell'esistenza dei nostri fratelli."

Ogni tanto vado a rileggere qualche omelia di questo grande padre della chiesa orientale, sono a Roma, abito in Vaticano, sovente vado nella basilica di san Pietro e mi fermo alla tomba che c'è li in Vaticano, alle reliquie di san Giovanni Crisostomo e a chiedere che dia anche a me quella sapienza che aveva lui non solo perchè predicasse bene, lo chiamavano "bocca d'oro" ma soprattutto perchè viveva da grande apostolo di Cristo, da grande cantore di Maria, da grande apostolo anche dell'unità con il vescovo di Roma. Questa la mia esperienza.

Voi parlate della spiritualità ortodosssa in san Giovanni Crisostomo e della spiritualità cristiana perchè allora non eravamo divisi ne ortodossi ne cattolici, però io credo che la spiritualità cristiana è una sola ed è quella che ci unisce. Cari amici questa è la testimonianza che volevo darvi: un padre orientale ha ispirato e guidato la mia vita spirituale e questa è la testimonianza che vi lascio.
Grazie!

✠ ANGELO SODANO
Decano del Collegio Cardinalizio

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Riporto da "Avvenire" di ieri 7 settembre 2011

"Ecumenismo, la via della Bibbia"

di Enzo Bianchi

il priore di Bose Enzo Bianchi - © 2007 Bosephotoarchiv


«La Parola di Dio è simile a un grano di senape, sembra ben piccola prima d'essere coltivata. Ma quando è stata coltivata abbraccia il significato di tutti gli esseri»: così Massimo il Confessore applica alla Parola di Dio la similitudine che il Vangelo usa per indicare la realtà dei regno di Dio. È con questa convinzione che la Chiesa indivisa ha saputo cogliere nella Parola di Dio contenuta nelle Scritture sante la fonte viva della vita spirituale del credente, l'autentica vita secondo lo Spirito. Spirito che, entrato nel credente attraverso il battesimo, nutre e fa crescere la vita divina nel cristiano alimentato dalla Parola. Gregorio Magno aveva espresso questa verità spirituale con una formula icastica: Scriptura crescit cum legente, la comprensione della Scrittura si accresce con la maturazione spirituale di colui che la legge e la interpreta. Ma la lettura della Scrittura, soprattutto nella tradizione delle Chiese d'Oriente, è sempre una lettura nello Spirito, e quindi anche nella comunità dei credenti radunata dallo stesso Spirito, in unità vivente tra adempimento dei comandamenti, preghiera e rendimento di grazie nella liturgia. La lectio divina è l'incontro con una persona viva, con Dio stesso che parla, per questo, secondo i padri, presuppone un certo grado di maturità spirituale e non può essere svincolata da una vita di ascesi interamente orientata a Dio: «Qualunque cosa tu faccia, appoggiati sulla testimonianza delle sante Scritture», diceva Antonio, il padre dei monaci.

Se le parole della Scrittura sono "spirito e vita" (Gv 6,63), la conoscenza che scaturisce dalla Scrittura è "insegnamento dello Spirito", è conoscenza rivelata ai piccoli" (cf. Mt 11,25-27) ed è frutto di interpretazione spirituale. La Scrittura stessa rimanda il lettore allo Spirito santo come proprio principio ermeneutico. «È in essa che si comprende lo Spirito», scrive Massimo il Confessore indicando la Scrittura come principio di trasfigurazione, di divinizzazione. Dal canto suo, Gregorio Magno afferma che la Scrittura è interprete di se stessa", riprendendo un adagio caro alla tradizione comune all'Oriente e all'Occidente che Pietro Damasceno ben sintetizza: «Chi cerca il fine della Scrittura, ha come maestro, come dicono il grande Basilio e san Giovanni Crisostomo, la Scrittura stessa». Guglielmo di Saint-Thierry (1075 ca.-1148), monaco d'Occidente abbeverato alle fonti dell'Oriente, fa sua un'esortazione propria di Gerolamo che il concilio Vaticano Il riprenderà nella costituzione dogmatica Dei Verbum: occorre leggere le Scritture con quello Spirito con cui furono scritte, e con il medesimo Spirito occorre anche comprenderle» (cf. DV 12).

Se questo è l'approccio che ogni battezzato è chiamato ad avere nei confronti della Scrittura, vi è anche una indispensabile dimensione ecclesiale della Parola di Dio. Lo Spirito santo, fecondando le Scritture nel grembo della Chiesa, svela il volto del Cristo, guida all'incontro con lui e orienta le esistenze personali e comunitarie a una vita in obbedienza alla Parola emersa dallo "sta scritto". «Per mezzo della Parola di Dio, tutta la santa Chiesa rimane nella fede, è confermata e salvata per l'aiuto di Colui che ha parlato per mezzo dei profeti e degli apostoli», affermava san Tichon di Zadonsk. Del resto è nell'assemblea liturgica e non altrove che la Parola di Dio risuona e giunge alle orecchie e al cuore dei credenti. E lì, dove la Chiesa si ritrova convocata dall'unico Signore che la Parola stessa edifica la comunità, plasmandola secondo il volere di Dio. Ed è perciò determinante adottare come criterio ermeneutico per comprendere la Scrittura la vita concreta della comunità cristiana.

Esegesi in ecclesia significa innanzitutto questo: vivere concretamente la vita comunitaria, ecclesiale. È da questa reale vita in koinonia che possono nascere quell'esperienza umana e spirituale, quella sensibilità e quel discernimento che consentono una penetrazione della vita di cui i testi sono, appunto, i testimoni. La vita comune può così diventare esperienza della Parola, come afferma Giovanni Cassiano in una delle sue Conferenze: «Le Scritture si rivelano a noi più chiaramente e ci aprono il loro cuore e quasi il loro midollo, quando la nostra esperienza non solo ci permette di conoscerle, ma fa sì che ne preveniamo la stessa conoscenza, e il senso delle parole non ci è rivelato da qualche spiegazione, ma dall'esperienza viva che ne abbiamo fatto».

In questo senso la Scrittura è sottratta alla "privata spiegazione" (2Pt 1,20) trovando nella liturgia e nella quotidiana, concreta vita cristiana due "luoghi esegetici" fra loro complementari. Questa ecclesialità costitutiva della Scrittura fa si che tutti i membri della Chiesa, dimore dello Spirito santo, siano chiamati a essere soggetto della sua interpretazione spirituale. La frequentazione assidua delle Scritture, l'immersione quotidiana in esse diviene così per ogni battezzato occasione di rinnovamento dell'immersione battesimale e di consolidamento della propria vocazione cristiana. È il primato della Parola allora che deve trasfigurare il volto della Chesa, rendendolo luminoso come quello del suo Signore. Se le verso l'unità dei cristiani cono nostre comunità cristiane sapranno essere docili al magistero della Parola, anche il faticoso cammino verso l'unità dei cristiani conoscerà nuovo slancio e la nostra comune testimonianza ecclesiale sarà il più eloquente e credibile annuncio del Vangelo per gli uomini e le donne del nostro tempo.

Enzo Bianchi