giovedì 24 aprile 2014

Chi specula sulle telefonate del Papa

Il dramma del divorzio


"Sulla Comunione alcuni preti sono più papisti del Papa"


Francesco telefona a una donna argentina sposata con un divorziato. E le dà un consiglio: "Si rivolga a un'altra parrocchia"

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
«Ci sono preti che sono più papisti del Papa...». Lo avrebbe detto Francesco al telefono con una donna argentina sposata con un uomo divorziato, Jaqueline Lisboa, consigliandole di cambiare parrocchia per ricevere la comunione che le era stata negata. Parole che hanno rilanciato il dibattito sui sacramenti per quanti vivono in situazioni matrimoniali irregolari secondo la dottrina cattolica.

Jaqueline, che vive a San Lorenzo, a nord di Buenos Aires, ha raccontato alla radio «La Red AM910» la sua storia. La donna si è sposata civilmente 19 anni fa con un uomo divorziato e da questa unione sono nate due figlie. Per lei si trattava dunque del primo matrimonio: «io non sono divorziata», ha voluto chiarire, anche se l'unione è stata celebrata soltanto civilmente e non in chiesa. Jaqueline si è riavvicinata alla vita di fede negli ultimi tempi e ha avvertito il desiderio di ricevere la comunione. Ma il prete della sua parrocchia, alla quale si è rivolta, non l'ha voluta confessare perché, le ha detto, una volta a casa sarebbe «tornata a vivere nel peccato». La donna lo scorso luglio ha scritto al Papa descrivendo la sua situazione e manifestando il suo dolore. Soltanto in questi giorni, dopo molti mesi, Francesco l'ha chiamata, consigliandole di rivolgersi a un altro sacerdote in un'altra parrocchia per accostarsi alla comunione, e facendo la battuta sui preti «più papisti del Papa». Tra l'altro, ha riferito la stessa Jaqueline, il prete che le aveva negato la confessione e l'eucaristia, ora ha lasciato l'abito e si è sposato.

La Santa Sede non ha smentito la telefonata ma non ha confermato in alcun modo i contenuti che sono stati riportati, come peraltro sempre avviene per questo tipo di comunicazioni private, nelle quali sono i destinatari a riferire a modo loro le parole attribuite al Pontefice. Non sono peraltro rari  problemi di coscienza simili a quello vissuto dalla donna argentina, che non è divorziata ma vive un'unione stabile con un divorziato dalla quale sono nati dei figli: vengono valutati caso per caso, e capita che il sacerdote o il vescovo consiglino di andare in un'altra parrocchia, lontano da luogo dove si vive, per ricevere la comunione. Solitamente però tutto questo resta confinato nel rapporto con il confessore o con il direttore spirituale. «Anche se adesso - ha dichiarato Jaqueline dopo l'eco del suo racconto - non potrò andare più da nessuna parte».

È alta l'aspettativa per le decisioni che potrebbero scaturire dai Sinodi dei vescovi dell'ottobre 2014 e poi del 2015, interamente dedicati alla pastorale familiare. Francesco nell'esortazione «Evangelii gaudium» aveva parlato dell'eucaristia spiegando che il sacramento «non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». E lo scorso febbraio il Papa ha voluto che tutti i cardinali riuniti in concistoro ne discutessero per due giorni, a partire dalla relazione cautamente aperturista del cardinale Walter Kasper. Il porporato tedesco aveva affermato che la Chiesa «non può mettere in discussione le parole di Gesù sull'indissolubilità del matrimonio» e dunque chi immagina soluzioni «facili» e generalizzate è fuori strada. Ma di fronte alle difficoltà che affrontano oggi le famiglie e alla crescita esponenziale di matrimoni falliti - aveva detto - «possono essere esplorate nuove strade» per rispondere alle esigenze profonde di quei divorziati risposati civilmente che riconoscono il loro fallimento, si convertono, e «dopo un periodo penitenziale» chiedono di essere riammessi ai sacramenti.
La relazione di Kasper, elogiata pubblicamente dal Papa («teologia in ginocchio», l'ha definita) è stata oggetto di alcune contestazioni. Contro la proposta sono scesi in campo il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Gerhard Ludwig Müller e l'arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra.

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Chi specula sulle telefonate del Papa 
 di Riccardo Cascioli
Per capire cosa debba intendersi con l’espressione “effetto Bergoglio” basta guardare a due fatti accaduti in queste settimane in Argentina e rilanciati sui giornali di tutto il mondo: la telefonata di papa Francesco a una donna sposata con un uomo divorziato, che avrebbe avuto il permesso del papa di accostarsi alla Comunione, e il battesimo a Cordoba di una bambina “figlia” di due lesbiche.  In entrambi i casi ciò che il Papa ha detto o pensato è soltanto un pretesto per annunciare che è giunto il momento in cui finalmente la Chiesa abbandona la sua “rigida” dottrina tradizionale riguardo ai sacramenti, per abbracciare una religiosità che non entra in conflitto con il mondo.
Insomma l’«effetto Bergoglio» ha solo marginalmente a che vedere con il Papa Francesco reale, molto invece a che vedere con i desiderata e le aspettative del mondo – e di una parte della Chiesa – riguardo l’attuale pontificato. 
L’ultimo caso è quello della donna argentina che a settembre scorso aveva scritto al Papa spiegando la sua situazione di donna da 19 anni sposata con un uomo divorziato e per questo impedita di accedere alla Comunione. Il papa – ha riferito il marito - le ha telefonato subito dopo Pasqua, scusandosi per il ritardo nella risposta, e dicendole che poteva tranquillamente fare la comunione e che comunque di questo problema ci si stava occupando in Vaticano.
La notizia è ovviamente rimbalzata in tutto il mondo ed è stata interpretata universalmente come la discesa in campo del Papa a favore della Comunione ai divorziati risposati, anche perché la prima versione dava la donna in questa condizione. Una successiva intervista della stessa donna chiariva invece che il divorziato è il marito e che a lei papa Francesco ha consigliato di andare a ricevere la Comunione in un’altra parrocchia, dove non è conosciuta.
In realtà, cosa abbia detto veramente il Papa non lo sappiamo e anche il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, come già in altre occasioni del genere, ha rifiutato qualsiasi commento trattandosi di telefonate private e che, come tali, appartengono soltanto ai protagonisti. Ma a prescindere dall’intervento di padre Lombardi, la notizia aveva già fatto il giro del mondo con tanto di aggiunte varie che rafforzano l’idea di un Papa determinato a cambiare anche la dottrina della Chiesa, e non solo il volto della Curia. Si tratta di una forzatura evidente, peraltro intorno a un episodio che manca della conferma autorevole di papa Francesco, il protagonista principale; ma si sa questi sono dettagli insignificanti davanti all’occasione di poter annunciare la svolta “morale” della Chiesa. 
Nell’altro caso, invece, il Papa non c’entra direttamente; ma siccome si sa che desidera che a nessun bambino venga rifiutato il battesimo, ecco la grande occasione: due lesbiche già regolarmente unite in matrimonio fanno battezzare la propria figlia nella cattedrale di Cordoba lo scorso 5 aprile, con testimone la presidentessa Cristina Kirchner. Anche qui la notizia rimbalza in tutto il mondo, e si attribuisce a papa Francesco il “merito” di questo battesimo, di cui peraltro girano diverse versioni (nella peggiore non solo le “mamme” ma neanche padrino e madrina sono cattolici). A suscitare scalpore non è la notizia in sé del battesimo al bambino, quanto il fatto che tra genitori e padrini e madrine non ci fosse neanche uno a garantire l’educazione nella fede della bambina.
Poi a distanza di giorni l’intento ideologico di questa cerimonia si svela. E’ una delle due “mamme” a spiegarlo al quotidiano La Nacion. «Don Carlos Varas (il parroco della cattedrale che ha somministrato il battesimo, ndr) ci ha detto che era da tempo che aspettava una coppia omosessuale come noi, e ci ha accettato a braccia aperte; davvero siamo di fronte ad un grande cambiamento sociale del cattolicesimo per accettare il fatto di battezzare il figlio di una coppia sposata di lesbiche». E ancora: «Anche se io e mia “moglie” non siamo cattolici noi pensiamo che nostra figlia abbia diritto al battesimo, e abbiamo chiesto alla Presidente di fare da madrina proprio per ringraziarla del fatto che ha contribuito ad approvare la legge del matrimonio omosessuale in Argentina».
L’uso strumentale del pensiero del Papa in un caso e nell’altro appare evidente, è il classico tentativo di arruolare il Pontefice tra coloro che aspettano il Sinodo straordinario sulla famiglia per prendersi la "rivincita" sull’Humanae Vitae (l’enciclica di Paolo VI che ribadiva il no alla contraccezione oltre che all’aborto) e aprire la Chiesa a qualsiasi cosa.