Pornografia in classe: ma cosa insegnano al liceo?
Divampa la polemica dopo che i docenti di un liceo romano hanno fatto leggere agli alunni un brano con scene di sesso esplicito tra uomini: "gravissima violazione del patto di corresponsabilità tra genitori e scuola"
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Un brano con sesso tra uomini proposto dai docenti di un prestigioso liceo romano agli studenti. La conseguente denuncia presentata dai genitori per “pubblicazioni di spettacoli osceni e corruzione di minori”. Dopo esser trascorsa come un fiume carsico sotto la congerie delle notizie principali, la notizia è ora emersa. Ed è divampata la polemica.
Tutto ha avuto inizio quando alcuni professori del Liceo Giulio Cesare, nell’elegante quartiere Trieste, leggono in una classe del Ginnasio un passo del libro di Melania Mazzucco Sei come sei. L’uso delle parole è esplicito, ruba ogni spazio all’immaginazione. Si narra una scena hard omosessuale - con tanto di dettagli da voltastomaco - consumata tra uomini all’interno di uno spogliatoio.
Il passo in questione finisce sotto gli occhi di qualche genitore che, dopo un attimo di comprensibile turbamento, decide di adire le vie legali. Contatta l’Associazione Giuristi per la Vita e l’Associazione Pro Vita Onlus, che immediatamente sporgono denuncia presso la Procura di Roma.
Nella denuncia si afferma che gli allievi in questione “hanno un’età compresa tra i 14 ed i 16 anni”, da qui il reato ipotizzato di corruzione di minore. Inoltre si sottolinea che “la divulgazione di materiale dichiaratamente osceno, non può non urtare la sensibilità dell’uomo medio, specie se si considera che tale divulgazione era diretta ad un pubblico composto da minorenni”.
Per i denuncianti gli allievi del Ginnasio romano sarebbero stati “obbligati a leggere il romanzo a forte impronta omosessualista” sottolineando che “alcuni passi rivelano, in realtà, un chiaro contenuto pornografico”.
La notizia si diffonde tra i media e viene appresa “con sbigottimento” dall’autrice del libro. Lei difende la sua opera, i docenti del Giulio Cesare la scelta di divulgarla tra gli alunni. Una professoressa, intervistata dall’Adnkronos, arriva a sostenere che “il romanzo non è affatto porno”, sfidando così l’indignazione suscitata nei genitori da quel passo in cui la fantasia cede il passo all’oscenità.
“La cosa che più mi ha sconcertato - rileva il presidente dei Giuristi per la Vita, l’avvocato Gianfranco Amato - è che la preside abbia detto che il romanzo è adeguato agli adolescenti perché la protagonista è una bambina di 11 anni...”.
E non è tutto. I docenti del Giulio Cesare che hanno proposto la lettura del testo osceno - stando alle dichiarazioni dell’avv. Amato - avrebbero persino azzardato una strumentalizzazione del Papa. “Mi ha riferito una giornalista - afferma il presidente dei Giuristi per la Vita - che in questo tritacarne hanno provato a inserire anche il Papa”. Sarebbe stato infatti proposto agli alunni di redigere “un saggio breve in cui commentare la frase del Papa ‘chi sono io per giudicare un gay’ nel contesto del romanzo Sei come sei”.
Eppure Papa Francesco, proprio in occasione del discorso pronunciato alla delegazione dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia (Bice), ha ribadito “il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli” e ha manifestato il suo rifiuto verso “ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini”.
Ha inoltre avvertito che gli “orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del ‘pensiero unico’”.
Concetti, quelli del Santo Padre, ripresi da Maria Rita Munizzi, presidente dal Moige (Movimento Genitori), che a proposito dei fatti del Giulio Cesare, ha parlato di “gravissima violazione del patto di corresponsabilità tra genitori e scuola”. Per la Munizzi, “non è ammissibile divulgare a scuola materiale dichiaratamente pornografico, e sottoporlo ai minori abusando della propria autorità di insegnanti”.
Secondo la presidente del Moige, infatti, “argomenti così pieni di valenze culturali, valoriali ed etiche devono competere prima di tutto ai genitori e demandati poi in parte ai docenti solo su esplicito consenso scritto e formale dei primi”.
Il diritto di priorità all’educazione da parte dei genitori rispetto allo Stato “è sancito dall’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, ricorda l’avv. Amato. Il quale sottolinea che “questo principio è stato redatto nel 1948 poiché l’esperienza della guerra aveva dimostrato come devastante e distruttivo sia l’indottrinamento della gioventù da parte del sistema scolastico di regime”. È “triste”, ha aggiunto il legale, che “dopo settant’anni i genitori debbano di nuovo rivendicare questo loro diritto”.
Sulla vicenda è intervenuta anche la senatrice Eugenia Roccella. I progetti educativi sui temi della sessualità, “che vanno dagli opuscoli dell’Unar alle letture in classe appositamente selezionate - ha spiegato - sono finalizzati a introdurre nelle scuole le teorie del gender, con l’obiettivo di distruggere culturalmente la differenza sessuale” e di “mettere in discussione la famiglia”.
Ecco la nuova frontiera, dissoluta e nichilista, di uno “Stato etico” che impone l’ideologia Lgbt.
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Il libro gay della Mazzucco finta libertà educativa
Per decenni la scuola italiana ha dovuto patire i limiti di un bigottismo storiografico della sinistra marxista, incapace di aprire spiragli a un provvidenziale revisionismo e a un imprescindibile contraddittorio. Tomi e tomi che riassumono, con disarmante faziosità e con colpevoli censure, pagine decisive per la comprensione della storia del nostro Paese sono stati propinati a diverse generazioni di studenti, contribuendo in maniera perversa e deformante alla loro formazione. Nessuno per oltre sessant’anni è riuscito a scalfire questa egemonia culturale della sinistra e ha mai osato contraddirla o metterla in discussione nell’ambito degli ordinamenti scolastici, salvo alcuni cattolici coraggiosi, subito etichettati come integralisti, o alcune frange di estrema destra, segnate da un odio invincibile e indisponibili ad un confronto con le diversità.
Ne è venuta fuori una contrapposizione radicale e frontale tra idee e schieramenti, segnata dalla presunzione, invincibile in certa sinistra, di una superiorità morale che tuttavia mai ha trovato riscontro nelle vicende del nostro Paese. La parte più ideologica della sinistra, dunque, da una parte ha imposto e impone tuttora il pensiero unico nei luoghi di formazione, dall’altra predica tolleranza e permissivismo sulle questioni etiche, alimentando un mortale relativismo che sta scardinando i più elementari principi della civiltà giuridica. La vicenda accaduta nei giorni scorsi nel prestigioso liceo classico Giulio Cesare, a Roma, sollevata proprio dal quotidiano La Nuova Bussola Quotidiana, ne è l’ennesima conferma. Due docenti sono stati denunciati per aver fatto leggere agli studenti il romanzo di Melania Mazzucco Sei come sei. Al centro della questione, il tema del sesso tra gay e in particolare il racconto di un rapporto orale consumato in uno spogliatoio. Alcuni genitori non hanno gradito l’iniziativa e hanno contattato le associazioni Giuristi per la vita e Pro vita onlus, che hanno sporto denuncia alla Procura di Roma ipotizzando i reati di corruzione di minorenni poiché «gli allievi in questione hanno un’età compresa tra i 14 ed i 16 anni» e di pubblicazione di materiale osceno.
Nella denuncia si sottolinea che «la divulgazione di materiale dichiaratamente osceno non può non urtare la sensibilità dell’uomo medio, specie se si considera che tale divulgazione era diretta ad un pubblico composto da minorenni». Per quelle associazioni, gli alunni del ginnasio romano sarebbero stati «obbligati a leggere il romanzo a forte impronta omosessualista», alcuni passi del quale «rivelano un chiaro contenuto pornografico». La Mazzucco ha reagito con prevedibile indignazione, parlando di squadrismo fascista: «Trovo del tutto pretestuosa l’accusa di oscenità a un romanzo che parla, semplicemente, di famiglia e d’amore, e ridicola l’accusa rivolta agli insegnanti. Leggere romanzi che parlano di cose reali e di temi anche complessi della nostra vita non ha mai corrotto nessuno. Il compito di un romanzo è anche quello di far riflettere sul mondo che ci circonda. A meno che non si voglia mettere in discussione il diritto di considerare i ragazzi delle persone capaci di intendere e di volere, e di formarsi delle opinioni. Dare loro gli strumenti per capire il mondo e se stessi, anche con un libro: è proprio questo che significa svolgere correttamente il proprio mestiere di insegnanti».
Ma sarebbe sbagliato in questo caso dare la colpa soltanto all’autrice del volume. In realtà, nelle “Strategie nazionali per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, prodotte dall’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale (Unar), ci sono misure che palesemente mirano al rafforzamento dei gruppi Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali e transgender) nella società e alla diffusione delle pratiche omosessuali e che, dunque, legittimano l’invito pressante alla lettura di testi così scurrili, volgari e triviali, che veicolano modelli di vita deviati e perversi, spacciati per esempi di normalità. Che un luogo educativo e formativo come la scuola possa incoraggiare sotto forma di lotta all’omofobia la somministrazione, a minori tra i 14 e i 16 anni, di letture così ripugnanti sul piano etico e così irriguardose nei confronti della famiglia naturale è davvero un attentato al buon senso.
Libri come quello della Mazzucco appiattiscono l’orizzonte degli studenti su una equiparazione disumanizzante tra la civiltà della famiglia naturale, fondata sull’unione di un uomo e una donna, e altri surrogati di unione, contrabbandati per modelli equipollenti. E una scuola che immiserisce la trasmissione del sapere degradandola a fotografia dell’indegno e del moralmente ripugnante è una scuola che educa a una deformante visione della libertà e che svilisce e mortifica la nobiltà dell’uomo e della sua storia.
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Ecco cosa pensano nel mondo di aborto e omosessualità
Il Pew Research Center rileva insofferenza diffusa verso tali pratiche. Human Life International: "Paesi in via di sviluppo attaccati ai valori morali tradizionali; moralità in declino in più nazioni occidentali"
Il pensiero unico su aborto e omosessualità, così radicato in alcuni circoli intellettuali progressisti, fatica ancora ad imporsi nell’opinione pubblica. Almeno questo è ciò che emerge da un sondaggio, dal titolo Global Attitudes 2013, realizzato dal Pew Research Center in 40 Paesi del mondo.
Ebbene, la “attitudine globale”, ad eccezione dell’inospitale e semideserto Antartide, è quella di ritenere moralmente inaccettabili aborto e omosessualità.
La netta maggioranza dei cittadini di 26 Paesi coinvolti dal sondaggio ritiene che l’aborto sia discutibile da un punto di vista morale (13 Paesi con un margine di tre a uno). Nelle Filippine, in Ghana, Indonesia, Uganda e El Salvador si registra la tolleranza più bassa nei confronti dell’interruzione volontaria di gravidanza.
Per quanto concerne all’omosessualità, la situazione è analoga. Per motivi morali, la maggior parte dei cittadini di 22 Paesi ritiene questa tendenza riprovevole per motivi morali. Gli unici Paesi in cui vi è un’opinione indulgente verso l’omosessualità sono gli europei Spagna, Germania e Repubblica Ceca.
Qualcuno, stando all’insistenza con cui alcuni gruppi di pensiero e alcuni politici reclamano sempre maggiori aperture in tema di “diritti civili”, potrebbe rimanere stupito dagli esiti di questo sondaggio. Non lo è Adam Cassandra, responsabile della comunicazione dell’organizzazione Human Life International su LifeSiteNews.com, che dice: “I nostri missionari in tutto il mondo osservano da tempo questa tendenza. I Paesi in via di sviluppo sono ancora attaccati ai valori morali tradizionali, mentre la moralità in più nazioni occidentali è in declino”.
Secondo il 49% degli intervistati negli Stati Uniti, l'aborto è moralmente inaccettabile, mentre secondo il 17% può essere considerato come una scelta etica. Secondo il 23%, l'aborto non va nemmeno considerato come una questione morale.
Talvolta l’opinione dei cittadini è in controtendenza rispetto alla legislazione del proprio Paese. Lo dimostra la Cina, dove l'aborto, pur essendo obbligatorio e imposto dagli ufficiali del controllo demografico, è considerato immorale dal 37% delle persone contro a un 29% che lo ritiene morale e un 20% che non si pone neanche il problema.
La difesa della vita del nascitura non sembra più essere un pensiero degli europei. In Repubblica Ceca si registra il maggior numero di sostenitori dell'aborto su richiesta: secondo il 49% della popolazione, l'aborto può essere considerato una pratica morale legittima, mentre solo il 18% si dichiara contrario. In Francia si ha il dato più basso di oppositori alla procedura (14%), mentre il 38% si dichiara favorevole.
“Senza dubbio la grande importanza che viene data alla pratica dei principi della propria fede e alla formazione di famiglie forti gioca un ruolo fondamentale nella difesa dei valori morali in Africa, Asia e America Latina” afferma Cassandra a LifeSiteNews.
“Per decenni - prosegue -gli abitanti di queste parti del mondo sono stati bersagli di campagne da parte di organizzazioni non governative e agenzie governative, che hanno investito miliardi di dollari per distruggere la famiglia attraverso la contraccezione e l'aborto e per imporre cambiamenti di valori tradizionali, affiancando condizioni immorali allo sviluppo. Ma come si è visto ultimamente in diversi paesi africani, esistono ancora leader politici più interessati a seguire Dio piuttosto che a compromettere i propri valori per ottenere aiuti finanziari ed elogi mediatici".
F. Cenci