mercoledì 23 aprile 2014

Ecco perché Francesco canonizza Giovanni XXIII

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Le ragioni della deroga al secondo miracolo: la vastità del culto liturgico e delle «grazie» attribuite alla sua intercessione, la petizione dei padri conciliari

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
Quali sono le ragioni che hanno spinto Papa Francesco ad accogliere la richiesta della postulazione della causa di Giovanni XXIII per arrivare alla proclamazione della sua santità senza passare attraverso l'accertamento di un secondo miracolo? La decisione dell'attuale Pontefice è maturata già nei primi mesi dopo l'elezione, dato che già il 5 luglio 2013, Francesco aveva promulgato il decreto sul miracolo per intercessione del beato Giovanni approvando contemporaneamente i voti favorevoli espressi dalla sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione delle cause dei santi per la canonizzazione «pro gratia» del beato Giovanni XXIII. Decisione ratificata due mesi dopo, il 30 settembre, dal concistoro.

Si tratta certamente di un gesto significativo e di una procedura eccezionale, dato che com'è noto l'attuale normativa canonica prevede che un beato possa essere iscritto nell'albo dei santi soltanto dopo l’approvazione di un miracolo attribuito alla sua intercessione e avvenuto dopo la beatificazione. Non si tratta per Francesco di una novità senza precedenti, dato che già Giovanni Paolo II nel 2000 dispensò dal secondo miracolo i martiri cinesi Agostino Zhao Rong e i suoi centodiciannove compagni, proclamandoli santi. Tra le ragioni che avevano portato Papa Wojtyla a questa decisione c'era la crescente fama di segni e miracoli a loro attribuita dopo la beatificazione, e l’influsso particolare che la loro memoria aveva esercitato nella perseveranza della fede in contesti difficili.

Le motivazioni che hanno spinto ora Papa Bergoglio a compiere questo stesso passo nei confronti di Giovanni XXIII sono diffusamente argomentate nel libro di Stefania Falasca «Giovanni XXIII, in una carezza la rivoluzione» (Rizzoli, pp. 206, 17 euro), che ieri il postulatore della causa di Roncalli ha citato come volume da leggere per comprendere la canonizzazione di domenica prossima.

«Una canonizzazione pro gratia non rappresenta - scrive Falasca - né una scorciatoia né una semplificazione né una decisione arbitraria». Per poter procedere alla canonizzazione in assenza di un miracolo formalmente riconosciuto, «Bergoglio ha accolto con favore e fatto proprie le motivazioni presentate dalla Congregazione delle cause dei santi su istanza della postulazione della causa di Giovanni XXIII». In questa supplica, riportata nella «Positio super canonizatione», veniva scritto: «La postulazione chiede umilmente e fiduciosamente a Vostra Santità la canonizzazione di questo Sommo Pontefice, che con la sua vita e il suo esempio ha segnato, in modo indelebile, la storia della Chiesa».

Queste le motivazioni: primo, «Il regolare percorso della causa fino alla beatificazione inclusa (approvazione degli scritti, meticolosa ricostruzione della vita, decreti sulle virtù e sul miracolo)». Secondo: «L’eccezionale vastità del culto liturgico (concesso dalla Santa Sede a diverse diocesi del mondo) e della fama sanctitatis et signorum, che accompagna nel popolo di Dio la memoria di Giovanni XXIII». Terzo: «La richiesta di padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte del Papa, auspicarono la sua immediata canonizzazione come atto del Concilio stesso». Quarto: «L’indiscussa attualità della figura e dell’opera di Giovanni XXIII».

«Le ragioni principali della richiesta - commenta Falasca - sono quindi due. La prima è l’eccezionale vastità del culto liturgico già reso al beato, che la Santa Sede ha concesso a diverse diocesi del mondo e che ha pertanto fatto configurare la memoria liturgica di Giovanni XXIII già da adesso come simile a quella di un santo canonizzato. A questo culto si unisce inoltre una crescente fama di segni e miracoli che accompagna nel popolo di Dio la memoria del beato, tanto che a partire dal giorno della sua beatificazione la postulazione ha potuto raccogliere da tutto il mondo numerose segnalazioni di grazie e favori ottenuti per intercessione del beato, spesso accompagnate da documentazione medica».

La seconda importante motivazione è data dalla richiesta di un gruppo di padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte di Roncalli, auspicarono la sua immediata canonizzazione addirittura come atto del Concilio stesso. «Una richiesta condivisa da tanti altri padri conciliari e da moltitudini di fedeli, i quali fin da allora domandavano di non esigere da Giovanni XXIII i miracoli rituali necessari per proclamarlo santo. Nessun candidato alla canonizzazione - conclude Falasca - può oggi vantare una simile eccezionalità».

Nella «Positio» non mancano poi richiami all’opportunità pastorale della canonizzazione, che «potrebbe contribuire a rafforzare i legami del popolo cristiano con la Sede Apostolica, contemplando come il Signore abbia scelto, ancora una volta, un uomo santo; potrebbe contribuire a rinsaldare il versante dei rapporti ecumenici con le Chiese protestanti e con la Chiesa ortodossa, nonché a sviluppare ulteriormente il dialogo con le altre religioni; […] potrebbe sottolineare con maggiore incisività il messaggio della misericordia, della tenerezza e della bontà evangeliche, richiamando la dolcezza del perdono cristiano e il fiducioso abbandono alla volontà del Padre celeste; sarebbe un ulteriore segnale dell’attenzione della Chiesa alla fratellanza tra i popoli, in un ardente anelito alla pace tra le nazioni, alla composizione non violenta dei conflitti, alla più equa distribuzione dei beni della terra. […] Favorirebbe un discorso più equanime sulle forme di religiosità popolare, cui il beato (Giovanni XXIII) attinse e a cui si abbeverò costantemente».

A tutto questo si deve aggiungere che nel dossier per la canonizzazione esaminato dai teologi, dai vescovi e cardinali della Congregazione delle cause dei santi nel luglio 2013 sono presenti circa una ventina di casi di guarigione ritenuti particolarmente interessanti. Nel 2010 è segnalato ad esempio il caso del rettore parroco della Saint Paul Cathedral di Pittsburgh in Pennsylvania, il quale attribuisce all’intercessione del beato la guarigione da cancro al pancreas diagnosticatogli nel 2006. Nel 2007 dagli Stati Uniti giunge alla postulazione la documentazione del diacono Arthur C. Donart di Chicago, che segnala la guarigione da «sindrome mieloblastica iniziale con anemia refrattaria». Il 3 agosto 2008 un ottantasettenne di Sète in Francia racconta la guarigione istantanea da cecità. Nel 2007 dalla famiglia Morocho Sanchez di Lima in Perù perviene alla postulazione la documentazione di una guarigione da «linfoma non Hodgkin di quarto grado».

Certo, nessuno di questi è stato verificato attraverso l’iter canonico. Ma l'alto numero di «asserite guarigioni», di grazie e favori ottenuti per intercessione di Papa Giovanni pervenuti dopo la beatificazione hanno comunque un valore significativo e attestano la continua diffusione della fama di santità. Una caratteristica che da sempre la Chiesa ritiene necessaria per elevare una persona agli altari.

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