di Maria Gloria Riva
È stato un lungo percorso quello fatto dal miracolo eucaristico spagnolo di Alcalà. Un percorso finito misteriosamente nel corso della guerra del 1936.
Dal XV al XVI secolo il volto dell’Europa cattolica andava rapidamente mutando. In Spagna, la dominazione musulmana prima, la cacciata degli ebrei dalla penisola poi e, infine la questione protestante avevano scosso profondamente l’equilibrio nazionale.
Si era negli ultimi anni del regno di Filippo II e precisamente nel 1597.Ad Alcalá de Henares, il 1 maggio, nel collegio gesuita - noto come la parrocchia di Santa Maria - un moro si accostò al confessionale dichiarando a padre Juan Juarez di aver profanato, con alcuni complici, varie chiese sottraendo dal tabernacolo anche delle particole consacrate. L’uomo, pentitosi, era riuscito a salvarne ventiquattro dalla distruzione e le consegnò al gesuita avvolte in un foglio di carta.
Dal XV al XVI secolo il volto dell’Europa cattolica andava rapidamente mutando. In Spagna, la dominazione musulmana prima, la cacciata degli ebrei dalla penisola poi e, infine la questione protestante avevano scosso profondamente l’equilibrio nazionale.
Si era negli ultimi anni del regno di Filippo II e precisamente nel 1597.Ad Alcalá de Henares, il 1 maggio, nel collegio gesuita - noto come la parrocchia di Santa Maria - un moro si accostò al confessionale dichiarando a padre Juan Juarez di aver profanato, con alcuni complici, varie chiese sottraendo dal tabernacolo anche delle particole consacrate. L’uomo, pentitosi, era riuscito a salvarne ventiquattro dalla distruzione e le consegnò al gesuita avvolte in un foglio di carta.
Di fronte a una tal refurtiva, i gesuiti si domandarono come agire.Consumare le particole sarebbe stato pericoloso: non erano pochi i casi di avvelenamento dei sacerdoti e il moro avrebbe potuto fingere di essere un pentito. D’altronde se fossero state realmente consacrate distruggerle sarebbe stato sacrilego. Decisero allora di riporle in una teca d’argento nell’attesa che si deteriorassero da sole. Undici anni più tardi, tuttavia, le particole si conservavano intatte e i gesuiti, che fino a quel momento avevano conservato un grande silenzio sopra il fatto, iniziarono ad interessarsene più seriamente. Decisero di porre, con le ventiquattro ostie incorrotte, altre particole non consacrate e trasferirle in uno scantinato, pensando che l’umidità avrebbe favorito il processo di decomposizione. Alcuni mesi più tardi, in effetti, a seguito di una ricognizione si vide che le particole non consacrate si erano deteriorate, mente le altre erano rimaste perfettamente conservate.
Si attesero altri sei anni e, attestata nuovamente la perfetta conservazione delle ventiquattro particole, padre Luis della Palma, che oltre ad essere uomo di grande virtù era in quegli anni provinciale dell’Ordine, decise di rendere pubblico il miracolo. Si fecero anche altre indagini e stesero una relazione tanto Garcia Carera, che era il medico personale del re, che alcuni teologi. Tutti convennero circa la veridicità del fatto prodigioso. Tant’è che nel 1619 le autorità competenti concessero il permesso ufficiale di culto e l’anno successivo, il 25 aprile del 1620, ci fu una processione cittadina che terminò con la solenne e pubblica adorazione delle ostie miracolose alla quale presenziò lo stesso sovrano, ormai Filippo III, con tutta la famiglia reale.
La presenza di questo evento miracoloso segnò le sorti della cittadina di Alcalà la quale non mancò di implorare l’intervento divino in mille circostanze della vita, appoggiandosi all’intercessione potente di questo miracolo continuo. Alcalà scampò, ad esempio, da una terribile siccità nel 1622 e poi da un’alluvione nel 1626.
Nel 1777, dopo la cacciata dei gesuiti dalla Spagna, Carlo III volle trasferire le sacre particole nella Cattedrale. Collocate nell’altare maggiore, rimasero esposte per oltre un secolo e mezzo, oggetto di adorazione e venerazione tanto da parte di ogni categoria di persone: spagnoli e stranieri, nobili e gente comune. Nemmeno i disordini dovuti alla bufera napoleonica impedirono il culto; davanti alle Sacre particole si inginocchiò anche Giuseppe Bonaparte nel 1810.
Venne però il 1931, quando il governo della Seconda Repubblica vietò ogni forma di processione pubblica. Il culto continuò fra le pareti della cattedrale, ma il clima si deteriorò fino a esplodere nella terribile guerra civile spagnola del 1936.
E fu il 22 luglio di quello stesso anno che le particole sparirono. Poiché furono molte le chiese distrutte o danneggiate, molti gli arredi sacri rubati e più ancora le pissidi profanate si pensò che il prezioso reliquiario avesse subito la stessa sorte. Tuttavia, dopo la guerra, si sostenne che tre sacerdoti, temendo il peggio, decisero di nascondere le miracolose particole. Erano don Pedro García Izcaray, don Eduardo Ardiaca e don Pablo Herrero Zamorano, tutti e tre di lì a poco furono barbaramente uccisi e con essi scomparve per sempre il ricordo del rifugio delle Sacre reliquie.
Molti sperano che, presto o tardi, si possa ritrovare questo mirabile tesoro della fede. Certo è che il giallo delle ostie di Alcalà fa pensare. Forse il Signore aspetta il ritorno alla fede vera di quella che, un tempo, era la cattolicissima Spagna, per manifestarsi di nuovo. Forse le ostie, sepolte nella memoria dei tre zelanti sacerdoti, sono come il lievito nella pasta che proprio nel loro nascondiglio mirano a far lievitare la pasta della cultura spagnola. Forse è proprio il dubbio che le Sacre particole possano essere nascoste in qualche difficile luogo, che continua il miracolo della loro memoria. E dunque, benché scomparse dalla vista, queste ostie brillano ancora nel cuore e nella storia della nazione.