Un regalo per chi ha potuto ammirarla, un mistero per chi la conosce poco: per tutti, in ogni caso, la Sindone rappresenta una reliquia emozionante. Sì, perché comunque la si pensi è impossibile fissare quel sudario o le sue immagini senza sentirsi attraversare al tempo stesso da un brivido e da un dubbio; il brivido di chi scorge l’immagine di uomo crocifisso, passato quindi per chissà quali sofferenze, e il dubbio che quell’uomo, in fondo, possa essere proprio Lui, Gesù di Nazareth. Ma andiamo con ordine e – prima di iniziare una piccola indagine su questa incredibile reliquia – specifichiamo subito un fatto: nessuno, ad oggi, sa dire come si sia formata l’immagine della Sindone.
In passato si sono formulate molte ipotesi senza che nessuna, però, abbia portato alle conclusioni sperate. Si è cioè partiti dalla teoria, ma una volta davanti alla Sindone si è riscontrata l’impossibilità di una spiegazione concreta. C’è anche chi, in questi anni, ha provato a realizzarne una copia, come il dottor Luigi Garlaschelli, chimico e docente di chimica organica all’Università di Pavia, il quale – pur non avendo mai studiato direttamente il celebre sudario – si è reso autore di un manufatto che però ha sollevato molte perplessità, a partire dalla mancata verifica del suo lavoro: sarebbe stato interessante farlo esaminare da altri per vedere, per esempio, se anche l’immagine da lui ricavata, al pari di quella della Sindone, resista a 25 solventi da laboratorio. Al momento, però, pare non siano ammessi controlli “esterni”. Peccato.
Tornando al Sacro Lino, se da un lato non sappiamo come sia stata realizzata, dall’altro possiamo serenamente affermare che è assai inverosimile che sia – come alcuni seguitano a ritenere – un falso medievale. Prima di vedere perché, ricordiamo che è provato come abbia ospitato un cadavere insanguinato. Lo provano le numerosissime ferite, il test positivo dell’emocromo, della bilirubina [1], della cianoemoglobina, dell’albumina, la dimostrazione dell’esistenza di proteine [2] nonché la verifica della fibrinolisi interrotta dopo 36-40 ore [3]. Del sangue rinvenuto abbiamo anche l’identificazione: gruppo AB [4]. Chiunque fosse, l’uomo della Sindone venne quindi torturato. Ragion per cui chi è per la datazione medievale del sudario non può che supporre che il suo autore si sia procurato il cadavere di un uomo crocifisso, impresa tutt’altro che scontata nel Medioevo, oppure che lo abbia crocifisso con le proprie mani.
Inoltre il misterioso uomo medievale – secondo questa teoria - avrebbe dovuto, anticipando l’invenzione del microscopio, aggiungere sul telo svariate decine di elementi invisibili a occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite e altro ancora; avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata la XIX secolo – perché la Sindone è un’immagine in negativo; avrebbe dovuto pure saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita e in altri con sangue post-mortale. Insomma, il falsario della Sindone avrebbe dovuto essere un gigante della scienza, un genio assoluto; un genio del quale, stranamente, non si ha la benché minima traccia storica. Una teoria, converrete, piuttosto curiosa.
Del resto la stessa datazione medievale – la datazione al Carbonio 14 eseguita nel 1988 per la quale il sudario risalirebbe al periodo fra il 1290 e il 1360 – presenta non poche lacune. Al di là di numerose anomalie procedurali che non stiamo qui a ricordare, i “dati grezzi” degli esami, per esempio, vale a dire le cifre di base che sono servite a stilare il rapporto, a dispetto di numerose richieste non sono mai stati resi pubblici. Senza dimenticare quanto affermato dal chimico Raymond N. Rogers, uno dei maggiori esperti a livello internazionale in analisi termica, che ha individuato nella zona in cui è stato prelevato il campione per quella datazione delle inserzioni di rammendo invisibile con filo di cotone, probabilmente questo sì di origine medioevale, arrivando ad dire: «La data emersa dall’esame al radiocarbonio non è da considerarsi valida per determinare la vera età della Sindone».
Ma cosa sappiamo, allora, di questo lino di 4,4 x 1,13 metri? Anzitutto che è un prodotto filato a mano e che mostra le caratteristiche di tessuti antichissimi risalenti I secolo d.C, come la torcitura «Z», tipica dell’area siro-palestinese dell’epoca di Cristo [5]. Grazie alle ricerche di Max Frei Sulzer [6], esperto in microtracce e criminologo di fama internazionale, sappiamo poi che il sudario contiene granuli di polline – come il Zygophyllum dumosum – assenti in Europa e abbondanti nei sedimenti del Lago di Genezareth e del Mar Morto. Dunque certamente la Sindone è stata sui luoghi dove visse Gesù. Sappiamo che il sudario – ne accennavamo poc’anzi – ha certamente avvolto il cadavere di un uomo le cui caratteristiche presentano impressionanti analogie con quella che è la cronaca evangelica della crocifissione e della sepoltura.
Infatti, oltre a presentare le ferite su mani e piedi tipiche dei condannati alla crocifissione (come Gesù), l’uomo della Sindone deve aver subito – stando a quel che “racconta” il sudario – oltre cento colpi di flagello (come Gesù), presentava una ferita al costato (come Gesù: Gv. 19, 34), a giudicare dalle ferite al capo indossava una corona di spine (come Gesù), rimase disidratato (come Gesù: Mt. 27,48; Mc 15,36), e come appurarono gli scienziati americani dello STURP nel 1978 non rimase più di quaranta ore avvolto in quel sudario (come Gesù). E qui inizia un nuovo mistero: come uscì il cadavere dalla Sindone? Come venne estratto? Non vi sono segni di trascinamento, come se fosse scomparso, imploso, dissolto. Un mistero, questo, che rimarrebbe tale anche nell’ipotesi – piuttosto incerta, abbiamo visto – di una effettiva datazione medievale della reliquia.
Mistero che non può – sommato alle numerose analogie che abbiamo ricordato fra Sindone e cronaca evangelica – che portare anche lo scettico ad ammettere che «quando gli indizi si moltiplicano, concordano fra loro e confluiscono verso una conclusione, si fa strada una ragionevole certezza» [7]. Anche perché, allo stato, l’ipotesi che pare più accettabile per spiegare la formazione dell’immagine della Sindone è quella, impensabile nell’antichità, della radiazione ultravioletta (UV), la sola – ha spiegato il prof. Di Lazzaro dirigente presso il Centro Ricerche Enea di Frascati – in grado di colorare un tessuto di lino in modo similsindonico. Fermo restando, comunque, che un’immagine come quella della Sindone, specificano gli studiosi dell’Enea, rimane «ad oggi impossibile» da «ottenere in laboratorio» [8].
Per concludere, sappiamo che la Chiesa non si è mai pronunciata sull’autenticità della Sindone – anche se Papa Ratti (1857-1938), ad esempio, si disse persuaso «dell’autenticità» [9] - e quindi a nessuno, nemmeno fra i cattolici, è chiesto di venerarla. Tuttavia ciò nulla toglie, soprattutto alla luce delle cose sopra ricordate e che fra l’altro rappresentano solo una parte delle curiosità della Sindone, al fascino di questa reliquia misteriosa. Misteriosa perché non sappiamo precisamente da dove venga. Perché non sappiamo chi, se non Gesù, possa aver avvolto. Misteriosa perché, per le caratteristiche che presenta, non dovrebbe neppure esistere. Lo studioso J.Jackson ha detto: «Sulla base dei processi fisico-chimici fino a oggi conosciuti, avremmo motivo di dire che l’immagine sindonica non può esistere, ma essa è reale» [10]. Come reale, e concreto, è il nostro stupore per quel volto sofferente. Che non parla, eppure ci dice tutto.
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Note:[1] Cfr.Adler A. Aspetti fisico chimici delle immagini sindoniche in Sindone, cento anni di ricerca, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, Roma 1998, pp. 165-184; [2] Cfr. Esame di Heller ed Adler, 1978; [3] Cfr. Esame di Brillante – Baima Bollone, 1982; [4] Cfr. Baima Bollone, Indagini identificative su fili della Sindone – Giornale dell’Accademia di Medicina di Torino, n. 1-12, 1982, pp. 228 – 239; [5] Cfr. Marinelli E. La Sindone. Il mistero di un’immagine, I Quaderni del Timone, Edizioni Art 2007, p. 15; [6] Cfr. Frei M. in La Sindone, Scienza e Fede. Atti del II Convegno Nazionale di Sindonologia, Bologna 1981, Clueb, pp. 277-281; [7] Moroni M. – Barbesino F. Apologia di un falsario, Maurizio Minchella, Milano 1997, p. 5; [8] Di Lazzaro P. – Murra D. – Santoni A. – Nichelatti E. – Baldacchini G. Riassunto dei risultati ottenuti presso il Centro ENEA di Frascati negli anni 2005 – 2010, RT/2011/14/ENEA; [9] Ratti A. cit in Fossati M. Pio XI e la Santa Sindone cit. in. Cappi M. Tutto sulla Sindone, Edizioni Messaggero Padova 1997, p. 319; [10] Jackson J. in «Famiglia Cristiana», 6/11/1983, n. 44.