sabato 26 aprile 2014

«Papa Giovanni patrono dell’unità di tutti i cristiani»



La grande venerazione del mondo ortodosso verso Giovanni XXIII si espresse già all’indomani della sua morte, tanto da considerarlo un Prepadovnie, un santo e un patrono dell’ecumenismo. Il patriarca Atenagora fu il primo ad applicare alla sua persona il passo evangelico: «Venne un uomo, mandato da Dio, il cui nome era Giovanni». «Noi possiamo farci ispirare dal suo esempio, affinché si continui il difficile e faticoso cammino per ritrovare l’unità dei cristiani», afferma oggi, in questa intervista, il successore di Atenagora, Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli. Bartolomeo è il primo patriarca nella storia delle Chiese sorelle ad aver assistito all’insediamento di un Papa e a partire dalla canonizzazione di Giovanni XXIII delinea anche il significato della prossima visita a Gerusalemme, che compirà insieme con papa Francesco.

Papa Giovanni XXIII aveva suscitato anche nei fratelli ortodossi una autentica venerazione. Che cosa significa oggi per Lei, e per i cristiani ortodossi, il riconoscimento pieno della sua santità?
Il compianto Papa Giovanni XXIII è stato davvero una grande figura spirituale nella storia della Chiesa Cattolica e del cristianesimo. Il mio beato predecessore, il Patriarca Ecumenico Atenagora, riconobbe pubblicamente la grande personalità di questo Papa, riservando proprio a lui le espressioni evangeliche che lo accostano a Giovanni Battista
Pròdromos, precursore di nostro Signore. Difatti, Giovanni XXIII fece realizzare un passo decisivo nel cammino della Chiesa, grazie alla sua importante e coraggiosa decisione di convocare il Concilio Vaticano II, che tra l’altro, con le sue indicazioni, ha aperto la strada per la partecipazione della Chiesa cattolica al movimento ecumenico, in vista del ripristino dell’unità dei cristiani e con effetti particolarmente rilevanti nei rapporti tra cattolici e ortodossi. Tale evento, insieme alle virtù di dolcezza, bontà e amore che adornavano il carattere e la vita di quel grande uomo della Chiesa, giustifica pienamente l’onore della canonizzazione riservato a lui dalla Chiesa cattolica.

Quanto ha influito sulla sensibilità ecumenica di Roncalli il lungo periodo da lui trascorso come rappresentante della Santa Sede in Grecia, Bulgaria e Turchia?

La lunga esperienza di Angelo Giuseppe Roncalli come rappresentante della Santa Sede presso Paesi come la Grecia, la Bulgaria e la Turchia – dove è la sede del patriarcato ecumenico di Costantinopoli – offrì a lui l’opportunità di conoscere da vicino e amare i popoli ortodossi e di associarsi con legami particolari al patriarcato ecumenico. Il ricordo del suo soggiorno in questa città di Istanbul rimane tuttora vivo, perché la sua familiarità con gli ortodossi in questo contesto lasciò un’impronta indelebile nella sua personalità e contribuì non poco a suscitare lo spirito di apertura nei confronti dell’Ortodossia che lo animava.

Negli anni del Concilio alcuni esponenti delle Chiese orientali avevano persino proposto Giovanni XXIII come 'patrono' dell’unità dei cristiani. È una prospettiva che può essere ripresa nell’attuale cammino ecumenico?

Potremmo affermare che Giovanni XXIII fu il promotore del cammino della Chiesa cattolica verso l’unità dei cristiani e in questo senso ne rimane tutt’ora un patrono sia per il presente che per il futuro. Noi possiamo farci ispirare dal suo esempio, affinché si continui il difficile e faticoso cammino per ritrovare l’unità dei cristiani.

Lei ha incontrato il vescovo di Roma Francesco già nel giorno del suo inizio di pontificato. A poco più di un anno dalla sua elezione che impressione prevale tra i fedeli ortodossi e tra i capi delle Chiese di Oriente riguardo al suo modo di esercitare il ministero di Vescovo di Roma?

Finora dalla diaconia pubblica del Papa Francesco sono rimasti impressionati persino i non cristiani. L’ethos di semplicità e di affetto nei confronti di ogni persona umana, soprattutto verso i sofferenti e i poveri, che distingue la predicazione e il modo di vivere del Papa Francesco, corrisponde allo spirito evangelico e quindi alle esigenze del tempo presente, e facilita enormemente il dialogo ecumenico. Gli ortodossi non percepiscono ora nell’istituzione papale nessun tratto di prepotenza, quella che in passato aveva molto ostacolato i rapporti tra cattolici e ortodossi. Pertanto, l’esempio di Papa Francesco pone su basi nuove l’intero cammino del dialogo ecumenico.

Presto Lei, Santità, e Papa Francesco compirete insieme un pellegrinaggio comune in Terra Santa, la terra di Gesù. Che cosa suggerisce alla Chiesa Universale il fatto che questo vostro vostro incontro si svolga a Gerusalemme? Sarà solo la commemorazione di un evento passato?

Attribuisco un gran rilievo all’incontro con Papa Francesco a Gerusalemme, che, peraltro, avevo personalmente proposto, nel nostro primo colloquio il giorno dell’inizio del suo pontificato. Il carattere di questo incontro sarà, innanzitutto, celebrativo, in quanto coincide con il 50° anniversario dello storico incontro tra il Papa Paolo VI e il mio compianto predecessore Atenagora, nella città di Gerusalemme nel 1964. Non dobbiamo sottovalutare questo carattere celebrativo dell’incontro. La storia non deve essere dimenticata, perché può diventare maestra nel presente. Quell’incontro, allora, richiedeva non poca ispirazione e coraggio, e ciò va riconosciuto con gratitudine da noi successori. Alquanto significativa è la forza anche simbolica del luogo nel quale si realizzò quel incontro, che avvenne proprio lì dove il Nostro Signore pregò il Padre Suo per l’unità di tutti coloro che credono in Lui. La preghiera e il comandamento del Signore «che tutti siano una sola cosa», ci interroga sempre e ci ricorda un dovere che, purtroppo, spesso dimentichiamo. Pertanto, l’incontro del prossimo maggio darà un rinnovato impulso ai rapporti delle due Chiese, alla luce dei nuovi dati storici.Oggi il mondo affronta problemi, la cui soluzione impone la collaborazione fraterna e l’azione comune tra tutti i cristiani, sulla via verso la piena comunione, secondo la volontà di Nostro Signore.

Per papa Giovanni, il fatto di guardare insieme al Vangelo rendeva possibile anche la speranza di veder riaffiorare all’orizzonte la piena unità ecclesiale e sacramentale tra ortodossi e cattolici. È così anche oggi?
Di fatto, più ritorniamo alla fonte comune del Vangelo, più riscopriamo le nostre sorgenti comuni. Per i cattolici e gli ortodossi ciò rimanda anche al modo in cui fu compreso ed interpretato il Vangelo dai Padri della Chiesa. Non dimentichiamo che, per mille anni, la comprensione comune del Vangelo in Oriente e Occidente si esprimeva anche nella piena comunione sacramentale tra cattolici e ortodossi.

In che modo la crisi che attraversa il mondo interpella anche il cammino verso l’unità dei cristiani?

La situazione odierna del mondo rende sempre più necessaria l’unità dei cristiani. La pressione oggi esercitata sui cristiani è duplice: da un lato, essa si manifesta nei territori in cui i cristiani subiscono persecuzioni e sono costretti ad abbandonare la terra dei loro padri; dall’altro lato, essa si esprime anche in ambiti sociali segnati da lunga tradizione cristiana, dove pure lo spirito secolarizzante tende a 'corrodere' le fondamenta della Chiesa. Davanti a tali problemi occorre che la solidarietà tra tutti i cristiani ispiri da parte loro una risposta comune.

Alla recente Sinaxis è stata finalmente fissata per il 2016 la celebrazione del Grande Concilio delle Chiese ortodosse. Potrà essere l’equivalente ortodosso del Concilio Vaticano II? E verranno invitati i rappresentanti delle Chiese sorelle, a partire da quella cattolica?

È vero che nell’ultima sinassi dei Capi delle Chiese ortodosse è stata presa la storica decisione che si realizzi, se Dio vuole, il Santo e Grande Sinodo Panortodosso nell’anno 2016. Tale Sinodo si occuperà, principalmente, di argomenti riguardanti la vita interna della Chiesa ortodossa e, sotto questo aspetto, sarà diverso del Concilio Vaticano II, che aveva incluso nei suoi lavori temi pertinenti alla fede e alla dottrina. Non mancherà, tuttavia, nell’orizzonte degli argomenti trattati dal Sinodo anche la questione dei rapporti dell’Ortodossia con i cristiani non appartenenti alla Chiesa ortodossa e con il mondo in generale. La questione della presenza al Sinodo di osservatori di altre Chiese e confessioni rimane aperta. Sarà certo affrontata con metodo sinodale e le decisioni in merito verranno certo prese con sollecitudine.
(Si ringrazia per la collaborazione il Dr. Dimitrios Keramidas) 

Stefania Falasca (Avvenire)