mercoledì 30 aprile 2014

Come una guerra mondiale




Il patriarca Bartolomeo sui danni inferti all’ambiente naturale. 


È come se, silenziosamente, fosse scoppiata la terza guerra mondiale. Una guerra senza frontiere e forse solo apparentemente meno cruenta delle due che hanno segnato in modo così indelebile il secolo passato. È la guerra che, irresponsabilmente, l’umanità — singoli, società, nazioni — ormai da decenni va conducendo contro l’ambiente naturale, lasciando sul terreno macerie e distruzione.

A lanciare in questi termini l’allarme è il patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, intervenuto nei giorni scorsi nei Paesi Bassi all’ottava edizione della Quasimodo lecture, manifestazione promossa dalla Chiesa vetero-cattolica di Utrecht, che annualmente esplora i temi della fede nella società contemporanea. Quest’anno, appunto, quello del rapporto tra la religione e la difesa del creato, argomento, come è noto, assai caro al leader ortodosso, che dalla stampa internazionale viene definito il “patriarca verde” e, nel 2008, è stato inserito da «Time Magazine» tra le cento personalità più influenti del pianeta per il fatto di ritenere l’ambientalismo come una «responsabilità spirituale». Convinto che un animo religioso non possa distinguere tra «la preoccupazione per il benessere umano e la preoccupazione per la conservazione dell’ambiente».
In tale orizzonte si è sviluppata la lezione che Bartolomeo ha tenuto nella città olandese: «Una prospettiva cristiana ortodossa sull’ambiente naturale deriva dalla convinzione fondamentale che il mondo è stato creato da un Dio amorevole», ha detto citando un noto passo della Genesi (2, 15) in cui si insegna che «tutta la creazione è stata concessa da Dio all’umanità come un dono, con il comando di “servire e conservare la terra”». Ne discende una chiara responsabilità: «Se la terra è sacra, il nostro rapporto con l’ambiente naturale è sacramentale; vale a dire, esso contiene il seme e la traccia di Dio. In molti modi il “peccato di Adamo” è appunto il suo rifiuto a ricevere il mondo come un dono della comunione con Dio e con il resto della creazione».
In tal senso, il pensiero del patriarca ecumenico mette in luce il legame tra la fede cristiana e il concetto di sostenibilità globale. «La teologia ortodossa riconosce la creazione naturale come inseparabile dall’identità e dal destino dell’umanità, perché ogni azione umana lascia un’impronta duratura sul corpo della terra». E «in gioco non c’è solo la nostra capacità di vivere in modo sostenibile, ma la nostra stessa sopravvivenza». Tanto più che «gli scienziati stimano che coloro che più di tutti pagheranno negli anni le conseguenze del riscaldamento globale saranno coloro che meno possono permetterselo». Pertanto, «il problema dell’inquinamento ecologico è inevitabilmente collegato al problema sociale della povertà; e così, tutte le attività ecologiche sono, infine, misurate e giudicate correttamente dal loro impatto e dal loro effetto sui poveri».
È per questo, ribadisce l’arcivescovo di Costantinopoli, che solo una cooperazione effettiva tra tutte le forze in campo (leader religiosi, scienziati, autorità politiche e realtà economiche) potrà affrontare in modo adeguato una questione tanto importante per il presente e il futuro dell’umanità. Ed è sempre per questo che nel 1989 il patriarca ecumenico Demetrio indicò nel 1° settembre di ogni anno una Giornata da dedicare alla preghiera per la protezione e la conservazione dell’ambiente naturale. Infatti, ha concluso Bartolomeo, se «il ventesimo secolo è stato definito come il secolo più violento della storia», alcuni «hanno detto che, dopo due guerre mondiali estremamente sanguinose, la terza guerra mondiale è attualmente in corso contro l’ambiente naturale». Il paradosso è che, «anche se capiamo benissimo le conseguenze provocate dalla continua distruzione dell’ambiente che minaccia la sopravvivenza della specie umana e della vita sul nostro pianeta, continuiamo ad agire come se non ci rendessimo conto di questa minaccia». È dunque «necessario un cambiamento radicale di mentalità, una trasformazione spirituale, dall’irresponsabile atteggiamento possessivo a un’etica della condivisione e della responsabilità».
L'Osservatore Romano