"Oggi per la prima volta durante la preghiera eucaristica ho nominato Giovanni Paolo II come Santo e mi ha fatto una grande impressione. La mia voce ha cominciato a tremare. E' stata una grande gioia per me. Un momento che abbiamo atteso tutti, non solo dalla morte di S. Giovanni Paolo II, ma anche fin da quando era in vita. Durante il mio lavoro con Papa Wojtyla ho potuto sperimentare la sua santità che oggi ha trovato conferma ufficiale della Chiesa. E questo mi rende veramente felice". Sono le emozioni e le riflessioni di don Pawel Ptasnik, della sezione polacca della Segreteria di Stato vaticana, già collaboratore di Giovanni Paolo II, all'indomani della cerimonia di Canonizzazione del 27 aprile. "Karol Wojtyla era molto umano, ha costruito su questa base tutta la sua spiritualità. Era semplice e buono, aperto, sensibile e attento alle altre persone. E aveva una grande capacità di ascolto che si prolungava in un'attenzione continua durante la preghiera. Dopo mesi, anni, era capace di tornare a pensare a una persona o a un problema e domandarsi se fosse stato risolto. Aveva poi una profondissima unione con Dio. Era in preghiera in molti momenti della giornata in modo profondo ma semplice. Era capace di rendere mistiche anche forme di preghiera popolari come i canti e le litanie della tradizione polacca. E poi pregava sempre per gli altri e noi avevamo spesso la conferma dell'efficacia delle sue preghiere. E pregava per la Chiesa nel mondo: ogni giorno sceglieva un pezzo del popolo di Dio per cui pregare, cercando di ricordarsi delle loro gioie e dei loro problemi. Amava la Chiesa e il mondo, voleva far vedere l'azione dello Spirito di Cristo Risorto nella storia passata, presente e futura della Chiesa". "Il ricordo più intenso che mi porto nel cuore è lo sguardo di Papa Francesco quando gli ho consegnato la reliquia di Papa Giovanni XXIII. L'ha baciata e me l'ha restituita guardandomi fisso negli occhi. Quasi a dirmi che si trattava di un tesoro prezioso che affidava attraverso di me alla fondazione, alla diocesi e alla Chiesa tutta". Così, don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Giovanni XXIII di Bergamo, ricorda per noi la cerimonia di canonizzazione di domenica 27 aprile. "Papa Francesco ha detto che Roncalli e Wojtyla hanno 'collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria'. Ancora una volta Francesco ha colto nel segno intuendo la profonda sintonia tra questi due papi santi proprio sul tema del Concilio. Roncalli l'ha voluto, preparato e aperto. Wojtyla vi ha partecipato e l'ha messo in pratica prima nella sua diocesi di Cracovia e poi nella Chiesa universale. Presentandoci questi due santi il Papa ci dice che i frutti del Concilio sono tutt'altro che esauriti". (a cura di Fabio Colagrande, Radio Vaticana)
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L'Unità
Colpivano ieri le immagini di quella grande folla multilingue e multicolore che ha animato la cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II. Due Papi proclamati santi nello stesso giorno. Due Papi «recenti», di cui molti hanno memoria diretta. Si è (...)
Canonizzazioni, il giorno dopo a San Pietro ancora migliaia di fedeli per la messa di ringraziamento (Repubblica.it)*
Riconoscenza dei fedeli polacchi. L’audacia di Wojtyla
La sua «vita è stata una continua obbedienza al Vangelo di Gesù: per questo è stato amato». Con commozione il cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica vaticana, ha ricordato stamane, lunedì 28, san Giovanni Paolo II durante la messa di ringraziamento per la canonizzazione. Davanti alle migliaia di fedeli, soprattutto polacchi, che hanno affollato piazza San Pietro, il porporato ha presieduto l’eucaristia rievocando, all’omelia, i grandi momenti del pontificato di Karol Wojtyla. Dapprima ha indicato alcuni insegnamenti che scaturiscono dalla santità di Giovanni Paolo II.
In particolare, il suo coraggio di «dire apertamente la fede in Gesù in un’epoca di “apostasia silenziosa da parte dell’uomo sazio, che vive come se Dio non esistesse”», così come la sua audacia nel «difendere la famiglia, che è un progetto di Dio scritto a chiare note nel libro della vita». Un impegno, quest’ultimo, portato avanti mentre si stava propagando «confusione e pubblica aggressione verso la famiglia, nel tentativo folle di scrivere una anti-genesi, un controprogetto del Creatore».
Papa Wojtyla, ha aggiunto il porporato, ha avuto anche il coraggio di difendere «la vita umana — e tutta la vita umana — in un’epoca in cui si sta diffondendo la cultura dello scarto, come più volte si è espresso Papa Francesco». La passione per la difesa della vita, ha ricordato, «divenne un autentico urlo nella valle dei Templi, presso Agrigento».
Quindi il cardinale arciprete ha sottolineato l’intrepida opera del Pontefice polacco nel promuovere la pace «mentre soffiavano cupi venti di guerra»: in particolare nel 1991 e nel 2003, quando tentò con tutte le sue forze di impedire le due guerre del Golfo. Egli inoltre è andato incontro ai giovani «per liberarli dalla cultura del vuoto e dell’effimero e per invitarli ad accogliere Cristo, unica luce della vita e unico capace di dare pienezza di gioia al cuore umano». Per questo i giovani di tutto il mondo «hanno riconosciuto in Giovanni Paolo II un padre vero, una guida autentica, un educatore leale».
Nella difficile stagione della crisi di vocazioni sacerdotali, infine, Giovanni Paolo II «ha avuto il coraggio di vivere davanti al mondo la gioia di essere prete, la gioia di appartenere a Cristo e di spendersi totalmente per la causa del suo regno». Ha affrontato anche “l’inverno mariano”, che caratterizzò la prima fase post-conciliare; ma — ha evidenziato il porporato — «ripropose con forza e con convinzione la devozione a Maria: una devozione che è parte irrinunciabile dell’Evangelo, cioè dell’opera di salvezza così come è stata e viene compiuta da Dio in Cristo Gesù».
Della devozione di Karol Wojtyla a Maria ha parlato anche il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, il quale ha ringraziato Papa Francesco per la canonizzazione dei due Pontefici. Dei Papi Roncalli e Wojtyla ha richiamato in particolare l’amore e il servizio reso alla Chiesa e al mondo. Insieme con i due porporati hanno concelebrato i cardinali Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, Agostino Vallini, vicario generale per la diocesi di Roma, e Salvatore De Giorgi; gli arcivescovi Mieczyslaw Mokrzycki e Piero Marini, un centinaio di presuli e circa duecento sacerdoti.
L'Osservatore Romano
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Papa Wojtyla, ha aggiunto il porporato, ha avuto anche il coraggio di difendere «la vita umana — e tutta la vita umana — in un’epoca in cui si sta diffondendo la cultura dello scarto, come più volte si è espresso Papa Francesco». La passione per la difesa della vita, ha ricordato, «divenne un autentico urlo nella valle dei Templi, presso Agrigento».
Quindi il cardinale arciprete ha sottolineato l’intrepida opera del Pontefice polacco nel promuovere la pace «mentre soffiavano cupi venti di guerra»: in particolare nel 1991 e nel 2003, quando tentò con tutte le sue forze di impedire le due guerre del Golfo. Egli inoltre è andato incontro ai giovani «per liberarli dalla cultura del vuoto e dell’effimero e per invitarli ad accogliere Cristo, unica luce della vita e unico capace di dare pienezza di gioia al cuore umano». Per questo i giovani di tutto il mondo «hanno riconosciuto in Giovanni Paolo II un padre vero, una guida autentica, un educatore leale».
Nella difficile stagione della crisi di vocazioni sacerdotali, infine, Giovanni Paolo II «ha avuto il coraggio di vivere davanti al mondo la gioia di essere prete, la gioia di appartenere a Cristo e di spendersi totalmente per la causa del suo regno». Ha affrontato anche “l’inverno mariano”, che caratterizzò la prima fase post-conciliare; ma — ha evidenziato il porporato — «ripropose con forza e con convinzione la devozione a Maria: una devozione che è parte irrinunciabile dell’Evangelo, cioè dell’opera di salvezza così come è stata e viene compiuta da Dio in Cristo Gesù».
Della devozione di Karol Wojtyla a Maria ha parlato anche il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, il quale ha ringraziato Papa Francesco per la canonizzazione dei due Pontefici. Dei Papi Roncalli e Wojtyla ha richiamato in particolare l’amore e il servizio reso alla Chiesa e al mondo. Insieme con i due porporati hanno concelebrato i cardinali Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, Agostino Vallini, vicario generale per la diocesi di Roma, e Salvatore De Giorgi; gli arcivescovi Mieczyslaw Mokrzycki e Piero Marini, un centinaio di presuli e circa duecento sacerdoti.
L'Osservatore Romano
Messa a San Carlo al Corso. Cardinale D. Tettamanzi: L’eredità di Roncalli
Nella chiesa romana dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso — dove Angelo Giuseppe Roncalli fu ordinato vescovo nel 1925 — è stata celebrata la messa di ringraziamento per la sua canonizzazione. A presiederla lunedì mattina, 28 aprile, il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito di Milano. Hanno concelebrato l’arcivescovo Gabriele Caccia, nunzio apostolico in Libano, e Francesco Beschi, vescovo di Bergamo.
Momento centrale della celebrazione, la lettura da parte di monsignor Beschi della lettera scritta a Papa Francesco in segno di riconoscenza per la decisione di proclamare santi il Pontefice bergamasco e quello polacco. «Benediciamo il Signore — ha detto il presule — per il dono della santità di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II. La proclamazione di questo dono davanti alla Chiesa e al mondo alimenta la speranza che scaturisce dal Vangelo e da coloro che lo testimoniano in modo luminoso». Allo stesso tempo, ha aggiunto, «ci sprona a ricercare, appassionatamente e con intima gioia, di raccogliere la seminagione del Vangelo che avviene attraverso i suoi testimoni e di coltivare quanto è stato seminato nella vita di ciascuno di noi, nella sua specifica vocazione e missione e nella vita di tutte le nostre comunità».
Il vescovo ha poi sottolineato come Papa Francesco, con le sue parole e i suoi gesti, abbia fatto «brillare ai nostri occhi in modo ancor più luminoso il grande esempio e la preziosa eredità del Papa, nato, cresciuto, vissuto nella nostra terra e nella nostra Chiesa diocesana che ha tanto amato». Ricordando la lettera scritta dal Pontefice ai fedeli bergamaschi in occasione della canonizzazione il presule ne ha riproposto le tre raccomandazioni centrali: «custodire la memoria del terreno» nel quale è germinata la santità di Roncalli, «accogliere il cambiamento e le provocazioni che comporta per chi vuol essere fedele al Vangelo» e «continuare a camminare con convinzione lungo la strada tracciata dal concilio».
In definitiva, ha concluso monsignor Beschi, il Papa ha invitato tutta la società bergamasca a «perseguire i valori della fraternità e della solidarietà, che in maniera profonda e forte ne hanno disegnato una fisionomia che possiamo continuamente rigenerare se li poniamo come tratti indiscutibili e impegnativi della nostra convivenza civile».
Successivamente, nella basilica vaticana, all’altare di san Girolamo — dove sono conservate le spoglie mortali di Giovanni XXIII — i pellegrini di Sotto il Monte hanno partecipato alla prima messa in onore del nuovo santo. A presiederla monsignor Maurizio Malvestiti, sotto-segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.
L'Osservatore Romano, 29 aprile 2014.
Il vescovo ha poi sottolineato come Papa Francesco, con le sue parole e i suoi gesti, abbia fatto «brillare ai nostri occhi in modo ancor più luminoso il grande esempio e la preziosa eredità del Papa, nato, cresciuto, vissuto nella nostra terra e nella nostra Chiesa diocesana che ha tanto amato». Ricordando la lettera scritta dal Pontefice ai fedeli bergamaschi in occasione della canonizzazione il presule ne ha riproposto le tre raccomandazioni centrali: «custodire la memoria del terreno» nel quale è germinata la santità di Roncalli, «accogliere il cambiamento e le provocazioni che comporta per chi vuol essere fedele al Vangelo» e «continuare a camminare con convinzione lungo la strada tracciata dal concilio».
In definitiva, ha concluso monsignor Beschi, il Papa ha invitato tutta la società bergamasca a «perseguire i valori della fraternità e della solidarietà, che in maniera profonda e forte ne hanno disegnato una fisionomia che possiamo continuamente rigenerare se li poniamo come tratti indiscutibili e impegnativi della nostra convivenza civile».
Successivamente, nella basilica vaticana, all’altare di san Girolamo — dove sono conservate le spoglie mortali di Giovanni XXIII — i pellegrini di Sotto il Monte hanno partecipato alla prima messa in onore del nuovo santo. A presiederla monsignor Maurizio Malvestiti, sotto-segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.
L'Osservatore Romano, 29 aprile 2014.