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Il ricordo che l'arcivescovo di Buenos Aires scrisse dopo la morte di Giovanni Paolo II
JORGE MARIO BERGOGLIO*BUENOS AIRESSe non ricordo male era il 1985. Una sera andai a recitare il Rosario che guidava il Santo Padre. Lui stava davanti a tutti, in ginocchio. Il gruppo era numeroso; vedevo il Santo Padre di spalle e, a poco a poco, mi immersi nella preghiera. Non ero solo: pregavo in mezzo al popolo di Dio al quale appartenevamo io e tutti coloro che erano lì, guidati dal nostro Pastore.
Nel mezzo della preghiera mi distrassi, guardando la figura del Papa: la sua pietà, la sua devozione erano una testimonianza. E il tempo sfumò, e cominciai a immaginarmi il giovane sacerdote, il seminarista, il poeta, l'operaio, il bambino di Wadowice... nella stessa posizione in cui si trovava in quel momento, pregando Ave Maria dopo Ave Maria. La sua testimonianza mi colpì. Sentii che quell'uomo, scelto per guidare la Chiesa, ripercorreva un cammino fino alla sua Madre del cielo, un cammino iniziato con la sua infanzia. E mi resi conto della densità che avevano le parole della Madre di Guadalupe a san Juan Diego: «Non temere, non sono forse tua madre?». Compresi la presenza di Maria nella vita del Papa.
La testimonianza non si è persa in un istante. Da quella volta recito ogni giorno i quindici misteri del Rosario.
*Questo ricordo fu scritto dall'allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires per il numero del mensile «30Giorni» dedicato alla morte di Papa Wojtyla (n. 4, aprile 2005, p. 43).
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