venerdì 4 aprile 2014

Il segreto di Giovanni Paolo II.



Parla il cardinale Stanislaw Dziwisz.  Gli è stato vicino per 39 anni e oggi racconta la santità del grande papa polacco nella vita di tutti i giorni   

(Stefania Careddu)  Parla con molta pacatezza e mentre si racconta è come se rivivesse ogni  istante di una vita trascorsa accanto ad un Santo. Per quasi  quarant’anni il cardinale Stanislaw Dziwisz, attuale arcivescovo di  Cracovia, è stato segretario particolare di Karol Wojtyla, prima in  Polonia e poi a Roma. Alla vigilia della canonizzazione di Giovanni  Paolo II e nei giorni in cui si ricorda il nono anniversario della  morte, lo storico segretario – testimone fedele ed attento - riavvolge  il nastro della memoria per svelare il segreto della santità di un uomo  venuto da lontano che, con il suo carisma e la sua fede, è riuscito a  cambiare il corso della storia.
Eminenza, quale è il primo ricordo che ha di Giovanni Paolo II?
Il primo incontro avvenne quando ero seminarista, studente del primo  anno. Lui era professore, ancora  non vescovo, e insegnava introduzione  alla filosofia e alla teologia. Abbiamo visto un uomo di Dio: questa  immagine di uomo unito al Signore rimane nella mia memoria per sempre.
In concreto, quando finiva le lezioni o all’intervallo, stava sempre  davanti al Signore nella Cappella e noi ragazzi lo spiavamo, volevamo  vedere come pregava. L’impressione era che per lui non esistesse niente  se non il Signore con cui parlava, era profondamente concentrato in  preghiera. Quando poi tornava in aula, appariva cambiato, molto tranquillo: sembrava tornato da un incontro per lui molto impegnativo.
Se oggi vogliamo parlare di lui oggi, alla vigilia della canonizzazione,  dobbiamo ricordare la sua preghiera, la sua santità, la sua  contemplazione del Signore. Lui non divideva il tempo del lavoro da  quello della preghiera, tutto quello che faceva passava per la  preghiera.
Non doveva cambiare niente della sua vita: da giovane, da vescovo e poi da Papa, tutto maturava dentro di lui, ma questo amore per il Signore si  vedeva dall’inizio, dagli anni della sua gioventù.
Sono certamente tanti gli aneddoti che potrebbe raccontare: ce n’è uno  a cui è più legato?
Da un parte la sua santità era basata sulla contemplazione e la  preghiera, dall’altra parte c’era il rispetto della persona. Non ho mai  visto sgridare qualcuno, non è poco. Sono stato con lui 39 anni e non  l’ho mai visto alzare la voce. Per lui era importante l’argomento, non  la forza della voce.
C’è qualche altra curiosità?
In tema di cucina, non aveva preferenze. Penso che non sapesse nemmeno bene cosa mangiava. Due cose certamente apprezzava molto: il caffè e il  dolce. Gli piaceva scherzare, ma mai di una persona, era attento a non dispiacere nessuno. E poi amava cantare, cantava al Signore da solo.
Il giorno del funerale in piazza san Pietro in molti gridavano: “Santo subito” e il 27 aprile Giovanni Paolo II salirà all’onore degli altari. Durante il pontificato, lei aveva già avvertito questa fama di santità?
Uno dei segreti di Giovanni Paolo II era la capacità di ascoltare. Chi  andava da lui veniva sempre ascoltato. Questo non significava che il  Papa condividesse sempre l’opinione che gli veniva proposta, ma lui  ascoltava, lasciava che l’uomo si aprisse. Lungo questi anni ho visto  tante persone che lo incontravano e che alla fine mostravano grande  tranquillità interiore, soddisfazione. E gioia. C’era anche chi ne  traeva un beneficio fisico, come un monsignore che soffriva di mal di  testa e spesso si sentiva male ma quando incontrava il Papa tutto  passava.
Quella di Papa Wojtyla era dunque una santità che aveva a che fare con  la quotidianità…  Era un uomo che trattava tutto con il Signore. Questo contatto gli dava  tranquillità e sicurezza. Un cardinale mi raccontò di aver confidato al  Papa di avere grossi problemi, per i quali non vedeva soluzione. Wojtyla  gli rispose: anche io non ho soluzione perché non abbiamo pregato  sufficientemente.
È noto che il Papa ha compiuto in vita diversi miracoli. Lei ne è stato  testimone silenzioso…  

Quando qualcuno parlava al Papa di un miracolo, lui subito rispondeva: l’uomo non fa miracoli, noi possiamo solo chiedere al Signore pregando,  ma è lui che fa i miracoli. Sappiamo che la sua preghiera era molto  efficace. Durante la vita ha compiuto tanti miracoli, la sua  intercessione risultava utile, soprattutto in caso di matrimonio senza  figli. Era per la vita, per la famiglia, ed era molto attaccato a queste  tematiche. I problemi dei giovani e delle coppie gli stavano molto a  cuore.
Secondo lei, cosa è rimasto nel cuore dei polacchi e dei fedeli del  mondo intero?
Si può constatare che la sua memoria è ancora molto forte. La gente non  lo ha dimenticato, anzi vuole conoscerlo ancora di più come persona, non  solo a livello di dottrina. Anche se ha lasciato una grande eredità, è  la sua persona ad essere attraente.
Quale è il segreto della santità di Papa Wojtyla?
La sua unione con Dio e il grande amore per l’uomo. La gente cerca  sempre tutto ciò che è vero, autentico, sincero e bello. In lui trovano  questo.


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Un Centro per conoscere meglio Wojtyla
Nella zona dell’ex fabbrica chimica Solvay, dove il giovane Karol  lavorò per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in  Germania, oggi sorge il Centro “Non abbiate paura” dedicato proprio a  Giovanni Paolo II. La costruzione, voluta dal cardinale Stanislaw  Dziwisz, si erge non lontano il Santuario della Divina Misericordia, ben  conosciuto da Wojtyla che, al termine del lavoro, era solito andare a  pregare sulla tomba di suor Faustina Kowalska, grande mistica polacca.
L’orientamento dell’edifico è altamente simbolico: il Papa polacco ci  indica il cammino verso la Divina Misericordia. Il Centro, spiega il  cardinale, “non è un monumento, ma un importante luogo di incontro con  il personaggio di Giovanni Paolo II, con la sua mente, il suo spirito,  la sua santità”. Far conoscere e diffondere gli insegnamenti di Papa  Wojtyla è infatti l’obiettivo del Centro che svolgerà un ruolo chiave in  occasione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, in programma  a Cracovia dal 26 al 31 luglio 2016.

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Il ricordo di un amico
“Allo skipass facevamo la fila insieme agli altri, senza usare alcuna  corsia preferenziale. Poi mentre sciavamo, lui si fermava a contemplare  la natura: le nubi, il sole, le cime”. Marcello Bedeschi, presidente  della Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù e organizzatore di  moltissimi eventi papali, torna con la mente a quelle giornate trascorse  sulle montagne innevate con Giovanni Paolo II. “Portavamo con noi il  pranzo al sacco e il Papa amava prepararsi da solo i panini”, racconta.
“Un giorno – sorride Bedeschi – sulla pista ci raggiunsero dei  ragazzini. Ci guardarono incuriositi, poi uno di loro disse: ‘che  strano, quello mi sembra tanto il Papa!’”.
Bedeschi ricorda anche le “numerose coppie di sposi accompagnate dal  Papa perché non riuscivano ad avere figli”. “Dopo qualche tempo  dall’incontro con Giovanni Paolo II - conferma – quelle stesse famiglie  venivano allietate dall’arrivo di un bimbo”.
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