lunedì 7 aprile 2014

Quei “detective” sulle tracce di Dio.




Viaggio nell’Ufficio miracoli che esamina le guarigioni prodigiose   

(Fabrizio d’Esposito e Carlo Tecce) Il primo miracolo di Gesù causò una sbornia generale. Racconta Giovanni l’evangelista: “Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: ‘Non hanno più vino’”.
Il Messia diede una risposta dura a Maria. Chiamandola donna: “E Gesù rispose: ‘Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora’. La madre dice ai servi: ‘Fate quello che vi dirà’”. Venne così il momento: “Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: ‘Riempite d’acqua le giare’; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: ‘Ora attingete e portatene al maestro di tavola’. Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola (...) chiamò lo sposo e gli disse: ‘Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono’”.
Ufficio eventi soprannaturali: le verifiche scientifiche e teologiche
Quel che la ragione non riesce a spiegare è un miracolo. E sant’Agostino, che non fu mai privo di ragione critica, n’era convinto: “Non sarei cristiano senza miracoli”. La Chiesa cattolica per conservare se stessa deve accertare i miracoli, afflati di presenza divina, segni di onnipotenza del creatore, ma non deve raggirare la scienza. In Vaticano, in piazza Pio XII, c’è l’ufficio miracoli che lambisce la basilica di san Pietro. L’ultima correzione fu impressa più di trent’anni fa con la Divinus perfectionis magister: è la costituzione apostolica che accerta i miracoli. In piazza Pio XII ha sede la Congregazione per le Cause dei Santi, composta da 36 componenti fra cardinali, arcivescovi e vescovi supportati dai collegi di consultori, teologici e storici. Il prefetto è il porporato Angelo Amato, salesiano di Molfetta. In trent’anni le “istanze miracolose” sono circa state 500. Attraversato il sentiero lugubre del Medioevo, il Vaticano ha costruito un meccanismo per non confondere la mano divina con la mano di un impostore. Quando un fedele, o anche un ateo convertito, rivela di aver ricevuto una guarigione con l’intercessione di un uomo o una donna in odore di santità, che parrebbe al cospetto di Dio e così potrebbe intervenire per alleviare le pene ai sofferenti, la pratica non viene subito trasferita al palazzo in Vaticano. La procedura prevede una serie lunghissima, e complessa, di verifiche intermedie, teologiche certo, ma soprattutto scientifiche.
Apparizioni e stimmate a indagare è l’ex Sant’Uffizio
Non c’entrano nulla, per restringere il campo, i fenomeni mistici di apparizioni di Madonne o di statuette che piangono, come accadde a Civitavecchia qualche anno. O come l’apparizione a Palermo, nel quartiere popolare di Capo, di un’ombra sul campanile della chiesa di Santa Maria della Mercede (chiusa da anni) che i fedeli giuravano fosse l’adorata Santa Rita da Cascia o la Madonna Addolorata. Su questi fenomeni, che includono anche le stimmate, pensiamo a san Francesco d’Assisi o san Pio da Pietrelcina, indaga invece la Congregazione per la Dottrina della Fede, l’ex Sant’Uffizio. Proprio padre Pio, negli anni venti del secolo scorso, non venne creduto dal severo organismo vaticano. Padre Agostino Gemelli lo definì “un imbroglione”. Successivamente, le stimmate sono entrate pure nel processo di canonizzazione. Altro caso clamoroso sono le apparizioni della Madonna a Medjugorje. L’ex Sant’Uffizio continua a investigare con una speciale commissione d’inchiesta presieduta dal cardinale Camillo Ruini.
Il potere taumaturgico del fondatore dell’Opus Dei
I miracoli per eccellenza sono le guarigioni. Nel ’98, una donna indiana sconfisse il tumore dopo aver pregato una suora di origini albanese, madre Teresa di Calcutta. Nel ‘61, un italiano, malato di fegato, rimosse la malattia dopo aver pregato con un’immagine di Nicola Stenone, vescovo danese, sotto il cuscino. E nel 2005, una suora francese non ebbe più i sintomi del Parkinson dopo aver invocato l’aiuto di Giovanni Paolo II, appena scomparso. Non ci sono corsie preferenziali per i pontefici, tutti si devono sottoporre all’itinerario contemplato dalla Congregazione. Anche uno dei santi più discussi, Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, vanta una guarigione miracolosa. Nel 1993 si ebbe notizia della guarigione “rapida, completa e duratura, scientificamente inspiegabile” del dottor Manuel Ne-vado Rey. La sua malattia era “cancerizzazione di radiotermite cronica grave al 3° stadio, in fase d’irreversibilità”.
Processo per diventare santi: il rischio dell’intromissione diabolica
Per conquistare la santità, ci sono tre protagonisti essenziali: l’attore, il postulatore e il vescovo che controlla. L’attore propone una causa di canonizzazione, il postulatore, che deve risiedere a Roma, la sostiene in Congregazione e il vescovo conferisce la procura. La presunta guarigione miracolosa viene esaminata da una commissione di cinque medici più due periti, che possono essere anche atei o appartenenti a un’altra religione. Vengono ascoltati dei testimoni, vengono sottoscritti verbali e vengono anche incrociate le prove. Quando i medici non riscontrano dinamiche scientifiche, il fascicolo – sì, sono davvero faldoni di documenti – viene trasferito ai teologici, che devono scongiurare qualsiasi intromissione di satana, uno spirito del male che può superare le leggi naturali.
Giovanni Paolo II, un miracolo per l’avvocato Carlo Taormina
Non è necessario per un santo aver compiuto un miracolo perché il pontefice, esercitando i suoi poteri di capo supremo della Chiesa, può ricorrere alla “canonizzazione equipollente”. Questo tipo di accertamento, dunque non classico, presuppone tre caratteristiche: il possesso antico di culti, virtù del martirio, ininterrotta fama di prodigi. Giovanni Paolo II ha utilizzato soltanto una volta la “canonizzazione equipollente”, così come il successore Benedetto XVI, mentre Francesco lo farà per la terza occasione, il 27 aprile, quando proclamerà santo Angelo Roncalli, Giovanni XXIII. Insieme al “papa buono” sarà santo anche Karol Wojtyla. Tra i miracoli del pontefice che distrusse il comunismo (altro evento soprannaturale?) compare il volto noto di Carlo Taormina, ex legale berlusconiano. Prima di essere sottoposto a un delicato intervento chirurgico durato dieci ore, la moglie gli disse di aver sognato Wojtyla e che si sarebbe salvato. Taormina si è salvato. E da quel giorno va a messa.
Il santuario di Lourdes e i cinque gradi di guarigione
Un luogo di miracoli continui, almeno secondo i suoi pellegrini, è il Santuario di Lourdes, in Francia, dove non manca mai un dottore all’U fficio delle Constatazioni Mediche. Sette anni fa, per evitare di scadere nel “miracolificio”, a Lourdes hanno reso più rigorosa l’inchiesta medica. Cinque tappe per arrivare al miracolo. Prima, guarigione constatata: una sorta di autocertificazione, il malato si dichiara ex malato, all’improvviso, ma oltre la situazione fisica, va esaminata la situazione psicofisica. Seconda, guarigione confermata: scatta l’indagine scientifica e teologica. Terza, guarigione ratificata: cessano i dubbi sull'avvenuto miracolo. Quarta, guarigione certificata. Quinta, guarigione proclamata dal vescovo diocesano.
La gamba ricresciuta a un contadino “El milagro de los milagros”
Un incredibile miracolo “mariano”, attribuito cioè alla Madonna, in questo caso la Vergine del Pilar, avvenne nel 1640 nel villaggio spagnolo di Calanda, in Aragona. Non a caso è definito “El milagro de los milagros”. Il miracolo dei miracoli. Vittorio Messori ci ha dedicato un libro, anni fa. Nel luglio del 1637, un contadino analfabeta, Miguel Juan Pellicer, cadde dal mulo e finì sotto un carro. Gamba destra amputata a Saragozza e sepolta nel cimitero dell’ospedale della città. Nella notte del 29 marzo 1640, a Miguel ricrebbe la gamba, nel sonno. C’è anche la cicatrice dell’amputazione, quattro dita sotto il ginocchio.

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Il seminario sulla teologia del miracolo
Si concluderà a metà Aprile il seminario Studium organizzato a Città del Vaticano dalla Congregazione delle cause dei santi. Lo Studium, istituito da un’udienza pontificia del 1984, ha per obiettivo la formazione di postulatori e collaboratori del Dicastero, nonché delle figure di Delegato episcopale e Notaio nei tribunali specifici che trattano le cause dei santi. Il seminario, a pagamento, prevede la ripartizione degli insegnamenti in tre parti, a carattere teologico, storico-agiografico e giuridico. Nelle 76 ore di lezione svolte presso la Pontificia Università Urbaniana si affrontano diversi temi che ai non adepti possono sembrare singolari: alcune lezioni riguardano segni necessari e contingenti della santità, fama di martirio e teologia dei miracoli, altre il culto delle reliquie. Nella parte giuridica invece ben otto ore sono dedicate alla procedura per identificare i miracoli effettivi e raccogliere le diverse prove.

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Gli italiani credono nelle apparizioni e nei miracoli
Secondo un Rapporto dell’Osservatorio del Nord Ovest, il 64% della popolazione ci crede (+16,4%). Al Sud si raggiunge il 72% mentre al Nord il 58%.
Crolla la percentuale di chi si fida degli oroscopi (-70%) o crede nel malocchio (-44,3%), nella comunicazione con l'aldilà (-31,6%) o nella possessione demoniaca (-6,1%).

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Il teologo
Mancuso: “Prodigi nati dall’energia della mente”
di Alessio Schiesari


La scienza non può capire tutto. Sempre più medici e scienziati se ne rendono conto”. Vito Mancuso, teologo e intellettuale cattolico, cerca di ricucire lo strappo tra ragione e fede, tra natura e intervento divino.
Qual è il suo rapporto con i miracoli?
Non ne ho mai visto uno, ma ho avuto a che fare con persone miracolate da Padre Pio. Si dice che i miracoli siano eventi prodigiosi che non riescono a trovare spiegazione nelle leggi naturali e che quindi vengono dal divino. Non li nego, ma credo in una spiegazione diversa: sorgono dal basso, dall’energia della mente umana, che non dominiamo del tutto e che la scienza non è in grado di spiegare. Non è qualcosa appannaggio esclusivo della fede cattolica: nel santuario greco di Esculapio, il dio delle medicina, sono stati ritrovati degli ex voto uguali a quelli di oggi. La stessa cosa avveniva in Egitto e oggi in India.
Si può essere buoni cristiani senza credere ai miracoli?
Certo, Gesù Cristo non ha mai legato la fede al miracolistico. Il cristianesimo consiste nell'amore per dio e per il prossimo ipostatizzato dalla figura di Dio. Se uno ama queste cose ma non riesce a fare spazio nella sua mente per i miracoli, pazienza. La dimensione cristiana della vita è qualcosa di più concreto.
Cosa direbbe a una donna sterile che, invece di andare dal ginecologo, va a sedersi sul trono della santa della fertilità?
Di fare l’una e l’altra cosa. I benefici della medicina sono sotto gli occhi di tutti, ma anche i suoi limiti. L’uomo non è solo un corpo: una carezza, una parola dolce hanno lo stesso potere curativo di un farmaco.
C’è spazio nel mondo moderno per questo tipo di fede?
Una certa ideologia che pensava di poter ridurre tutto a scienza e politica è in declino, per questo oggi parliamo di post modernità. Io sono convinto che certi fenomeni riguardino la scienza subatomica: anche lo spirito con cui si pensa alla malattia conta. Ci sono persone cui si dice che moriranno in poche settimane e poi questo avviene. Altre volte no. La scienza non può capire tutto, lo diceva anche l’Amleto: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”.
Qual è la forza che attira la gente, da secoli, verso questa dimensione paranormale della fede?
Le stesse forze descritte nei vangeli: la disperazione per una malattia, la volontà di non essere schiacciati in una società che ti valuta per quanto spendi, la speranza. Poi ognuno con la sua sensibilità declina le cose a modo suo. Quando Gesù moltiplica i pani e pesci e la gente resta lì. Quando inizia a predicare la maggior parte se ne va. Sono passati duemila anni, ma non è cambiato niente.
Come si sente ad Assisi, a San Giovanni Rotondo, nelle vie piene di gadget “sacri”?
Anche Roma ormai è così, c’è Papa Francesco perfino sui lecca lecca. Sarebbe sbagliato non scandalizzarsi, ma anche scandalizzarsi troppo. Le persone vogliono avere un ricordo, un oggetto. L’uomo è fatto così.

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Il Nobel
Fo: “I miracoli esistono, sono dentro la natura”
di Al. Sc.


Un miracolo? Hai presente i latterini, quei pesci piccolini che, di fronte a un predatore, si dispongono fino a creare l’immagine di un pesce grande e feroce? Ecco, per me questo è qualcosa di straordinario, come dire un miracolo”. Dario Fo, premio Nobel e drammaturgo è capace di stupire sempre. Il 14 aprile riporterà al teatro Arcimboldi di Milano “Lu Santo Jullare Francesco”, per questo di miracoli ha parlato spesso. E qualche volta si è anche arrabbiato.
Esiste una declinazione atea dei miracoli?
Gli eventi capaci di sorprendere la fantasia: lì c’è la presenza di uno spirito superiore capace di mettere in piedi cose straordinarie.
Cioè?
La storia dei pesci latterini. Gli scienziati rimangono sbalorditi, non riescono a capacitarsi di quest’organizzazione fantastica. Ogni pesciolino ha un numero e uno spazio dentro il mosaico, ma non c'è un regista a organizzare il tutto. Sono animaletti nati dieci giorni prima e riescono a realizzare una cosa fuori da ogni logica, impossibile. I miracoli, la magia: tutto esiste, ma dentro la natura. Lo sai che ci sono fiori che si trasformano, si mascherano da calabroni? Così gli insetti maschi credono di andare ad accoppiarsi, e invece il fiore lascia il proprio polline e, quando l’insetto se ne va, feconda altri fiori.
Cosa pensa dei miracoli della chiesa? Padre Pio, ad esempio.
Non l’ho mai seguito con attenzione. Però c’è qualcosa di straordinario: è cresciuto fuori dalla chiesa, perfino contro la chiesa in alcuni momenti.
Non è l’unica volta in cui è successo.
Assolutamente. Sa qual è la cosa che faceva arrabbiare San Francesco? Si adirava quando i fedeli raccontavano che aveva compiuti dei miracoli e non era vero. Ci teneva a dire “non sono santo, non faccio miracoli. Sono un semplice uomo che segue il vangelo”. Il più grande santo italiano non accettava si parlasse di miracoli e diceva anche che persino Gesù spesso si rifiutava di farne perché non voleva che la gente credesse in lui solo per questi gesti prodigiosi. Ne ha resuscitato solo uno: Lazzaro. Nessun altro, perché non voleva attirare l’attenzione della gente attraverso le magie. Avevo un altro strumento più potente: le storie di aldilà e di gioia. Gesù prometteva un mondo diverso, per questo la gente lo amava.
C’è una fede che ha bisogno di prove tangibili e un’altra più spontanea, gratuita.
Anni fa ho condotto un’analisi sulla pittura di Assisi: è saltato fuori che Giotto non ha mai dipinto la parte superiore della basilica. Le opere a lui attribuite erano di altri autori, Pietro Cavallini per esempio. Sono andato dai francescani a proporre uno spettacolo che lo spiegasse ai fedeli: loro erano d’accordo, ma il vescovo ha fermato tutto. Mi ha detto che, se la gente si è abituata a una cosa, non c’è ragione di cambiarla. Con i miracoli di San Francesco è accaduta la stessa cosa: alcune storie prodigiose rappresentate in tre dipinti sono inventate. La chiesa ha deciso che non poteva essere il santo più importante d’Italia senza miracoli. Poi la sua biografia non andava: la ribellione, il carcere, tutto doveva essere cancellato. Allora gli hanno appioppato i miracoli di altri santi, perché l’amore, la pietà e la carità verso i più poveri non bastavano.

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Qualcuno che ci aiuti
La crisi alimenta l’industria della speranza
di Emiliano Liuzzi


E' un destino quello di correre dietro ai francesi. Sono i cugini nemici, da tempi immemorabili. Per buttarla sul profano, come direbbe Paolo Conte, si incazzavano, loro, i francesi, al passare di Gino Bartali prima e Fausto Coppi dopo. Non c'era storia. Se vogliamo parlare di sacro, e il dato sembra impossibile, siamo noi di qua dalle Alpi a dover correre dietro a loro: secondo i dati in possesso del Governo il turismo religioso in Europa occidentale si aggira intorno ai 10 miliardi di euro. L’Italia attrae il 40% di questo segmento. Non uno scherzo. “Ma è seconda”, spiega la ricerca, “dietro alla Francia. Si tratta di un dato sorprendente considerando il numero di mete rilevanti per pellegrini e turisti religiosi presenti in Italia”.
AD OGNI MODO tra i tour operator del settore la guida non può che essere a Roma: per gli spostamenti religiosi, dei devoti al miracolo, a padroneggiare è infatti l'Opera romana dei pellegrinaggi, l'Orp, organo della Santa Sede, alle dirette dipendenze del cardinale vicario del Papa. Una realtà che ha convenzioni con 2500 agenzie e una rete con migliaia di referenti sul territorio. E le mete più ambite sono quelle destinate ai miracoli, più o meno divise (in Italia) tra Roma, San Giovanni Rotondo, Orvieto, Assisi. Questa è l'industria ufficiale. Ma i numeri, sarebbero molto più alti. Secondo l'indagine Trademark, nel 2010, la Chiesa cattolica controlla ogni anno un traffico di 40 milioni di presenze, 19 milioni di pernottamenti, 250 mila posti letto in quasi 4 mila strutture. Il volume d'affari supera i 5 miliardi di euro all'anno, il triplo del fatturato della Alpitour, primo tour operator italiano. Oltre alle mete nostrane ci sono poi quelle estere: Fatima, Lourdes. La spesa di ogni singolo turista è calcolata in 104 euro al giorno, molto più dei turisti mordi e fuggi, e dei normali vacanzieri. E qui parliamo di quello che, per difetto, è calcolabile e che risponde ai crismi dell'ufficialità e del legale. Quello che invece ruota attorno alla vendita dei santini, per intenderci, è molto difficile. L'oggettistica religiosa, dai rosari alle madonnine con l'acqua spacciata per acqua benedetta, dalla stampa delle statuette ai crocifissi. In questo caso è assolutamente incalcolabile il giro d'affari. Centinaia di milioni di euro, solo a Roma. Sempre a calcolare quello che è il turismo ufficiale e assolutamente legato a luoghi di culto e miracoli, ai primissimi posti ci sono il Santuario della Santa Casa, a Loreto, San Giovanni Rotondo, la Beata Vergine del Rosario, a Pompei, Sant'Antonio, dove secondo stime recenti della Segreteria pellegrinaggi italiani (Spi), arrivano ogni anno quattro milioni di visitatori per ognuna delle località. Tre milioni di persone, invece, arrivano ogni anno alla Basilica di San Francesco, Assisi, al santuario della Porziuncola, Santa Maria degli Angeli e per la Sacra Sindone, a Torino. Ma anche in questo caso le fonti non sono verificabili, seppur timbrate dalla Spi. Sempre secondo la ricerca, un terzo delle persone arriva con gruppi organizzati, e in questo l'affare è gestito ancora dall'Opera romana pellegrinaggi. E' interessante notare, e qui emerge l'aspetto legato al miracolo e alla grazia divina, che molti dei visitatori sono repeater, cioè persone che tornano nello stesso luogo di culto più di una volta, il 30,22 per cento. Moltissimi sono alla seconda visita, molti altri, almeno un decimo di quelli calcolati, almeno alla sesta. Un discorso assolutamente a parte lo merita Lourdes, la meta più desiderata con il suo santuario costruito là dove nel 1858 la Madonna apparì per la prima volta a Bernadette Soubirous.
Tutt'oggi i pellegrini che si dirigono a Lourdes, oltre che per raccogliersi in preghiera, lo fanno nella speranza di godere degli effetti miracolosi dell'acqua santa. A differenza delle mete religiose italiane, i turisti vi arrivano (l'86 per cento) attraverso i viaggi organizzati e oltre la metà dei visitatori si ferma almeno tre notti. Anche il mezzo di trasporto è diverso: il 55 per cento arriva in aereo e, non a caso, l’Orp, attraverso un accordo, ha salvato la compagnia aerea Meridiana grazie all'esclusiva dei viaggi organizzati verso i vari luoghi di culto.
E LA CRISI? Negli ultimi dieci anni il business non ha subito alcun calo. Anzi. A confermarlo sono i dati dell'Istat: “Tra il 2004 e il 2010 i viaggi religiosi sono aumentati del 99,6 per cento”. Rilievi ulteriori non ce ne sono stati nel frattempo. Il calo, secondo don Piero Sabatini, parroco dell'Isolotto, a Firenze, ma anche responsabile della Turishav, l’agenzia dei viaggi religiosi della diocesi di Firenze, “c'è stato, soprattutto in Italia. Funziona Medjugore, assolutamente e sempre, meno i viaggi in Italia, ma non sappiamo calcolare la percentuale. E sicuramente il calo è sensibile rispetto alla crescita che c'è stata negli anni scorsi che è molto alta”.

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La Scala santa
Quei 28 gradini in ginocchio per l’indulgenza
di Alessio Schiesari


“Non esiste luogo più santo al mondo”, dice con orgoglio frate Marcello. Sta traducendo dal latino e mentre parla indica con la mano la scritta scolpita nel marmo bianco che campeggia sopra l’affresco di Cristo in croce: “Non est in toto sanctior orbe locus”. Siamo a Roma, anche se questo è territorio pontificio. Accanto alla chiesa più antica del mondo, San Giovanni Laterano, c’è il santuario che per lunghi secoli è stato usato come cappella privata dai papi. I fedeli di tutto il mondo lo visitano perché ospita la reliquia più importante di Roma, la Scala Pilati, meglio conosciuta come Scala Santa: 28 gradini di marmo su cui Gesù Cristo avrebbe passeggiato più volte il giorno della sua condanna a morte. Percorrendoli in ginocchio durante i venerdì di quaresima si ottiene l’indulgenza plenaria, negli altri giorni dell’anno l’indulgenza parziale. Frate Marcello spiega di cosa si tratta con una metafora: “Il peccato è un chiodo nel muro. La confessione toglie il chiodo. L’indulgenza è lo stucco è ripara il buco”.
Il luogo sarà anche il più santo al mondo, ma chi trascorre qui le sue giornate è costretto ad occupazioni profane. “Signora, stia attenta alla borsa perché qui è pieno di ladri”, avverte Michela, la ragazza che lavora in biglietteria. Frate Marcello intanto raccoglie le cartacce che i turisti infilano in ogni intercapedine del pesante cancello in metallo.
Fa un certo effetto vedere tante persone in ginocchio che lentamente, ognuno con il suo ritmo, si avvicinano all’immagine di Cristo risalendo il marmo bianco della Scala. Qualcuno ha in mano una piccolo libretto: “La Scala Santa, storia e devozione”. Costa due euro, si vende in biglietteria ed è un misto tra una guida turistica e un breviario: dentro ci si trovano sia informazioni storico-artistiche che una raccolta di versetti del Vangelo. Ognuno racconta un momento degli ultimi giorni di Cristo, dal bacio di Giuda alla risurrezione. Una signora di mezz’età lo tiene nella mano destra mentre nella sinistra stringe un rosario. Il ragazzo accanto a lei, che avrà al massimo 25 anni, sfila lo smartphone dalla tasca e gli dà una rapida occhiata. Poi lo rimette nei pantaloni e sale un gradino.
Il luogo è meraviglioso ma, almeno nei week end primaverili, l’atmosfera difficilmente si potrebbe definire mistica: nella sala c’è troppo rumore e dagli altoparlanti una voce è costretta a richiamare lo sciame di turisti misti al silenzio. C’è gente da ogni parte del mondo: cinesi, giapponesi e coreani fanno foto; i russi vengono a visitare le icone conservate in un’altra ala del santuario, però non rinunciano quasi mai a salire la scala. Ci sono anche due fedeli che vengono ogni giorno, un anziano di Roma e una bella ragazza dell’est Europa. “Sono persone che soffrono molto, caratteri difficili. Nel risalire la Scala trovano un po’ di pace”, spiega Marcello, evidentemente un po’ imbarazzato. Michela racconta che ultimamente c’è un nuovo tipo di visitatori, quelli che fanno il tour dei set de La grande bellezza. Nella scena finale appare un’ala del Santuario: in molti arrivano e non hanno idea della reliquia che vi è custodita. Ma non è sempre così: “Accadono anche cose straordinarie: ho visto musulmani e protestanti piangere dopo avere risalito la Scala con il rosario in mano. Questo, per me, è un vero miracolo”.
fonte: Spogli