Discorso del Papa ai Rappresentanti dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani
Papa Francesco ha ricevuto oggi alle ore 12.30 in Udienza i Rappresentanti dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).
Nell’occasione, il Santo Padre ha tenuto il seguente discorso.
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Ringrazio il Signor Sindaco di Torino per le sue parole a nome di tutti voi. Lo ringrazio di aver nominato il Cardinale Pellegrino, al quale io sono tanto grato: nel dopoguerra è stato lui ad aiutare la mia famiglia a trovare lavoro. E’ un bel gesto, il suo. Far ricordare questi uomini di Chiesa, questi uomini e queste donne di Chiesa – parroci, suore, laici – che sapevano camminare con il loro popolo, all’interno del popolo e con il popolo. E un po’ l’identità del sindaco è questa! Lei ha incominciato il suo discorso dicendo: "Questo si rivolge al sindaco, questi si rivolgono al sindaco…". Con tutti quelli che si rivolgono al sindaco, povero sindaco, finisce accasciato da tante cose… Ma questo è il lavoro del sindaco, e io dirò la vostra spiritualità. Io la penso un po’ alla fine della giornata, e vi parlerei della stanchezza del sindaco, quando dopo una giornata torna a casa con tante cose che non sono state risolte. Alcune sì, ma tante no.
Il sindaco, in mezzo alla gente. Non si capisce un sindaco che non sia lì, perché lui è un mediatore, un mediatore in mezzo ai bisogni della gente. E il pericolo è diventare un sindaco non mediatore, ma intermediario. E qual è la differenza? E’ che l’intermediario sfrutta le necessità delle parti e prende una parte per sé, come quello che ha un negozio piccolo e uno che gli fornisce e prende di qua e prende di là; e quel sindaco, se esiste – lo dico come possibilità – quel sindaco non sa cosa è fare il sindaco. Invece mediatore è quello che lui, lui stesso è colui che paga con la sua vita per l’unità del suo popolo, per il benessere del suo popolo, per portare avanti le diverse soluzioni dei bisogni del suo popolo. Dopo il tempo dedicato a fare il sindaco, quest’uomo, questa donna finiscono stanco, stanca, con la voglia di riposarsi un po’, ma con il cuore pieno d’amore perché ha fatto il mediatore. E questo vi auguro: che voi siate mediatori. In mezzo al popolo, per fare l’unità, per fare la pace, per risolvere i problemi e anche risolvere i bisogni del popolo.
Penso a Gesù: non era sindaco, ma forse l’icona ci serve. Penso a Gesù in un momento della sua vita, quando era in mezzo alla folla: la folla lo spingeva al punto – dice il Vangelo – da non poter quasi respirare. Così dev’essere il sindaco, con la sua gente, con lui, con lei, perché questo significa che il popolo, come con Gesù, lo cerca perché lui sa rispondere. Vi auguro questo. Stanchezza, in mezzo al vostro popolo, e che la gente vi cerchi perché sa che voi sempre rispondete bene.
Grazie per quello che fate, e pregate per me!
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I sindaci d'Italia incontrano il Papa: le riflessioni del cardinale Piovanelli, il saluto di P. Fassino e il dono per il Santo Padre
Il cardinale Piovanelli ricorda l’attualità di Giorgio La Pira. Dalla parte della povera gente. «A Firenze Giorgio La Pira viene chiamato il “sindaco santo”. E a voi, sindaci d’Italia, proprio questo aspetto interessa». In attesa dell’incontro con Papa Francesco nella Sala Clementina, il cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze, ha riproposto agli amministratori le linee fondamentali dell’impegno politico di La Pira. Mettendo in evidenza che il servizio di questo indimenticato politico cristiano, che fu a lungo sindaco di Firenze, non è stato qualcosa di stravagante o appartenente al passato. È invece una attualissima lezione che ha tantissimo da dire ancora oggi a quanti hanno scelto di svolgere il servizio di amministratori pubblici.
Ricordando la testimonianza di Fioretta Mazzei, che fu stretta collaboratrice di La Pira nell’amministrazione cittadina, il cardinale Piovanelli ha subito spiegato che «La Pira amò tanto essere sindaco di Firenze, e soltanto di essa, vivendolo come una consacrazione, come un fatto definitivo; quasi una missione ricevuta dal suo popolo, come i re d’Israele ricevevano l’unzione dei profeti; e qualunque fosse l’alternanza degli avvenimenti il fatto restava sempre; il suo destino era scritto nel destino di Firenze stessa; sapeva di esprimerne l’anima». Fino a dire di aver capito «che il cristianesimo è storia e geografia».
La Pira, ha proseguito il cardinale, «amava definirisi venditore ambulante di speranza». Eletto nel 1946 deputato alla Costituente, «contribuirà a dare precisa definizione a quei pilastri essenziali dell’ordine sociale che sono gli enti sociali originari entro i quali è organicamente inserita e ordinariamente si sviluppa, nel suo cammino ascensivo verso i supremi valori interiori, la persona umana». Per lui, dunque, il valore della persona viene prima di tutto. E poi sul suo impegno politico è molto chiaro, fino a scrivere che il suo stile va «preso com’è: il Signore lo sa, egli mi ha sempre posto in condizioni che non alterino la fisionomia essenzialmente orante e contemplativa della mia vita».
Da sottosegretario al ministero del lavoro si impegna in prima linea contro la disoccupazione. Una battaglia proseguita poi da sindaco di Firenze. Infatti, ha rilevato il cardinale Piovanelli, nella concezione di La Pira l’amministrazione era l’organo competente «a soddisfare i bisogni più urgenti degli umili, avviando a soluzione i problemi dei più poveri della città, a potenziare l’attività industriale, agricola, commerciale e finanziaria, a far diventare Firenze un centro di valori universali». Così era divenuto normale, ha detto il porporato, che i poveri e i disoccupati si rivolgessero sicuri e fiduciosi al sindaco. Ma «la sua amministrazione non era un’opera assistenziale», perché il suo scopo era restituire ai cittadini «il sapore perduto della comunità». Con competenza in politica e in economia, La Pira partiva dall’occupazione, dall’uomo e non dal denaro. E non aveva obiettivi personali o di parte.
Ma cosa dice oggi il sindaco La Pira ai sindaci d’Italia? Li invita anzitutto, ha spiegato il cardinale, a «custodire il sogno di aiutare la crescita di una città in cui le persone si aiutano a risolvere i problemi di tutti i giorni». Ricorda, poi, che «occorre cominciare dagli ultimi e rispondere all’attesa della povera gente», con uno sguardo alle periferie, alle questioni della casa e del lavoro.
La Pira dice inoltre di non perdere la speranza: non a caso aveva scelto come proprio motto l’espressione di san Paolo In spem contra spem. E dice anche la verità che «il cristiano è un uomo libero« e «risponde solamente al Vangelo». Ebbe infatti ad affermare: «Il Vangelo parla chiaro. Nella scelta fra i ricchi e i poveri; fra i potenti e i deboli; fra gli oppressori e gli oppressi; fra gli occupati e i licenziati; fra coloro che ridono e coloro che piangono; la nostra scelta non ha dubbi: siamo decisamente per i secondi». E ai sindaci di oggi, ha concluso il cardinale, La Pira dice pure che l’unica «strada per l’umanità è il sentiero della pace indicato del profeta Isaia: le spade diventino aratri».
Nel saluto del presidente Fassino. A lezione da Michele Pellegrino
«La Pira è un sindaco al quale dobbiamo ispirarci perché ha saputo risolvere, in momenti difficili, i problemi della città e della povera gente». Lo ha detto al Papa, all’inizio dell’udienza, il sindaco di Torino Piero Fassino, presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani. «Le problematiche che ha affrontato il sindaco La Pira, uomo di cultura e di dialogo, nel periodo post bellico non sono uguali ma simili a quelle che attualmente devono affrontare molti sindaci» ha ricordato Fassino. E ha anche fatto proprio l’insegnamento del cardinale Pellegrino, che fu arcivescovo di Torino: «Camminare insieme è la manifestazione della più grande fraternità».
Proprio questo, ha aggiunto, è l’impegno dei sindaci: dare speranza e fiducia stando accanto alle persone, soprattutto a quelle che vivono in solitudine e nelle difficoltà. Oggi, ha detto ancora al Pontefice, «viviamo una crisi economica profonda, che ha travolto le sicurezze economiche di molti Paesi, costringendoli a modificare le loro prospettive di sviluppo e a ridisegnare i contorni del loro futuro». E così «i comuni, presidii più prossimi ai cittadini e millenarie roccaforti di una coesione urbana e sociale fondamentale per la vita aggregata, si trovano a operare, in uno scenario segnato contemporaneamente da riduzione di risorse pubbliche e crescente domanda, tanto più grande, di sostegno e assistenza».
I comuni, ha affermato Fassino, si presentano dunque come «i naturali destinatari di ogni richiesta, ansia, speranza dei cittadini». Ai sindaci «si rivolgono i genitori per gli asili nido, scuole materne e primarie. Si rivolgono le famiglie che hanno in casa una persona anziana. Si rivolgono coloro che vogliono vivere in un ambiente sano, sicuri dell’aria che respirano e dell’acqua che bevono. Si rivolgono i lavoratori per chiedere di non essere lasciati soli di fronte alle tante precarietà del mercato del lavoro».
«In questo loro impegno quotidiano — ha proseguito — i sindaci sono chiamati a sfide nuove, quali i flussi migratori crescenti. Così come le tensioni internazionali spingono le persone a fuggire in cerca di un futuro possibile e ci pongono la questione della vita». Il presidente ha quindi sottolineato il ruolo dell’associazionismo cattolico e delle parrocchie, dove «risiede la capacità di ascoltare, accogliere e includere». Parlando, infine, della sua città di Torino, «patria di grandi santi sociali» a cominciare da don Bosco, Fassino ha anche ricordato la prossima ostensione della sindone. E ha concluso riaffermando l’impegno degli amministratori per dare voce a quanti non ce l’hanno e per rappresentare chi non ha titolo, contrastando la crisi e restituendo così soprattutto ai giovani «speranza di lavoro, di progresso e di futuro».
Un dono per il Baby hospital di Betlemme
In previsione del viaggio in Terra Santa, l’Anci ha donato a Papa Francesco un contributo per l’acquisto di un’attrezzatura medica al Baby Hospital di Betlemme. Lo ha annunciato al Pontefice il presidente Fassino. Il Baby Hospital, sostenuto dalle Caritas italiana e svizzera e anche da alcune diocesi tedesche, svolge un sempre più efficace servizio di assistenza per i bambini e le loro mamme. Dispone oggi di ottanta posti letto e accoglie circa tremilacinquecento pazienti ogni anno, proponendosi così un punto di riferimento sanitario di prim’ordine nella regione.
L'Osservatore Romano