venerdì 18 aprile 2014

I nuovi crocifissi



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  1. KairosLetture per il Venerdi e il Sabato Santo

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    06/apr/2012 - Kairos ... Propongo di seguito qualche pagina di lettura e di meditazione per la ... Traggo da "E' la Pasqua del Signore", di Arturo Elberti s.j. ...
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A colloquio con l’arcivescovo Bregantini sulle meditazioni della Via crucis al Colosseo.

(Nicola Gori) Gli innocenti che muoiono per l’inquinamento nella Terra dei fuochi; gli immigrati che affogano quando sono ormai in vista della sponda della speranza; i bambini, le donne, i nuovi schiavi vittime della tratta degli esseri umani; quanti cercano nella morte la salvezza dalla disperazione di non poter portare il pane a casa; i cristiani perseguitati e torturati per la loro fede; i detenuti nelle carceri superaffollate; i malati terminali sulla cui pelle spesso altri speculano. «Sono loro i nuovi Crocifissi — dice convinto monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, autore delle meditazioni per la Via crucis presieduta dal Papa questa sera, 18 marzo, Venerdì santo, al Colosseo — loro i protagonisti della vere meditazioni della Via crucis proposte da Papa Francesco nel suo ministero quotidiano». L’arcivescovo ne ha parlato in questa intervista al nostro giornale.
È questa la chiave lettura che possiamo dare alle meditazioni?
Ho cercato di mettere in evidenza il volto di Cristo e il volto dell’uomo. Di far risaltare, cioè, la dignità della persona ferita dal peccato, dal dolore e dalla morte, illuminata però dal volto di Gesù. Ogni stazione, infatti, è concentrata attorno a una ferita del mondo di oggi. Ho descritto proprio alcune situazioni concrete. Alla luce delle singole stazioni possiamo trarre una forza grande per affrontare in maniera piena le varie difficoltà e attingervi coraggio e speranza per il futuro.
Temi particolari?
Sono tutti temi tratti dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium. È il filo conduttore di tutto il cammino. In effetti, la vera meditazione della Via crucis la fa Papa Francesco con la sua catechesi quotidiana, con i suoi interventi e con i suoi gesti. Ho cercato di farmi interprete di alcuni problemi di oggi, vissuti alla luce della fragilità umana: il peso della crisi, gli immigrati, i malati, specialmente quelli terminali e quanti muoiono per l’inquinamento della Terra dei fuochi. Ma anche l’esperienza del carcere, della tortura, della solitudine. Realtà di ogni giorno redente però dalla croce portata da Gesù.
L’uomo crocifisso oggi si riflette nel Cristo Crocifisso?
Ci sono alcune situazioni in cui l’uomo contemporaneo è nuovamente crocifisso. Nelle meditazioni proposte ho cercato proprio alcune similitudini. In particolare ho messo in evidenza i grandi momenti nei quali Gesù ha avuto sostegno e conforto: l’aiuto, simboleggiato dal cireneo, la femminilità che risana in gratuità, nell’esempio della Veronica, la presenza delle donne che confortano Gesù, con Maria che lo prende tra le braccia sotto la croce. Ho cercato di far risaltare il fatto che oltre ai drammi c’è la speranza pronta a cambiare la nostra storia e a renderla storia di fiducia.
Quanto si riflette la sua esperienza pastorale in questa Via crucis?
In maniera indiretta possiamo trovarvi riferimenti molto delicati. In particolare, alla realtà del carcere ho dedicato una stazione intera. Ho affrontato questo problema attraverso la presenza del cireneo, che prende la croce e la porta insieme agli altri. È indirettamente un grazie vivissimo a chi fa volontariato in carcere, a chi sostiene quanti portano la croce.
Qual è il messaggio che vuole trasmettere la Via crucis?
La Via crucis è una catechesi vivente intorno a un volto sfigurato per amore. È questa la sua bellezza. E questo volto è eloquente e parla ai ragazzi come ai nonni. È il volto della vita, della storia, del dolore, ma anche della sapienza. Il volto di Cristo, infatti, illumina il volto dell’uomo. Questi due volti si incrociano stazione per stazione, declinandosi secondo situazioni sempre nuove.
La Via crucis diventa quindi catechesi?
Ve n’è un’altra per la quale nutro un grande amore. Si tratta della pia pratica che si faceva un tempo il Venerdì santo, cioè la meditazione delle sette parole di Gesù sulla croce. Credo che quelle meditazioni vadano recuperate, perché sono una catechesi vivente e progressiva davanti al dolore. Sono un capolavoro dell’itinerario di speranza. A esse è dedicata la dodicesima stazione, quando Gesù prima di morire pronuncia le sette parole.
E come le ha riproposte?

Ho ritoccato un po’ l’ordine. Sono partito dalla quarta: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?». Poi sono passato al «Donna ecco tuo figlio», dove il dolore diventa redento. Quindi, al ricordo del passato quando Gesù dice: «Tutto è compiuto» e la proiezione al futuro: «Ho sete». Si passa poi al mistero del perdono: «Padre perdona loro» per sfociare infine nell’esperienza grandissima: «Nelle tue mani, Padre, affido il mio spirito». Questa pia pratica si faceva nelle ore del pomeriggio del Venerdì santo, quasi accompagnando parola per parola quelle strazianti tre ore di agonia. La si faceva spesso con l’accompagnamento musicale, perché si veniva coinvolti ancor di più in questo mistero di dolore crescente verso la luce. Si parte, infatti, dalla disperazione per arrivare al mistero dolcissimo della fiducia: «Nelle tue mani affido il mio spirito».
L'Osservatore Romano

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Nel Venerdì Santo, la Colletta per la Terra Santa. Padre Pizzaballa: aiutare i cristiani a non andare via


Com’è tradizione del Venerdì Santo, la Chiesa è impegnata oggi nella “Colletta per la Terra Santa”, raccolta che mantiene forte il legame tra i cristiani del mondo e i Luoghi Santi: le offerte delle parrocchie vengono trasmesse alla Custodia di Terra Santa, che le impiega poi per il mantenimento dei Luoghi stessi e per i cristiani locali. Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella lettera inviata ai pastori della Chiesa universale, ha sottolineato come “ancora oggi” la Colletta sia “fonte principale per il sostentamento” dei cristiani di Terra Santa, secondo la volontà dei Papi che “hanno sempre esortato a gesti di autentica carità fraterna”. Sul significato della Colletta, alla vigilia del viaggio di Papa Francesco a maggio in Giordania, Territori palestinesi e Israele, padre Pierbattista Pizzaballa:

R. – Un significato, rafforzato dalla visita del Papa, è quello del sostegno alla presenza cristiana in Terra Santa, che si esprime in due modi: per i luoghi di culto e soprattutto i Luoghi Santi, che sono testimonianza della storia della Rivelazione; e per la presenza cristiana, che il Papa con la sua visita verrà ad incoraggiare e a sostenere, anche fisicamente.

D. – Di fatto, la Colletta come viene impiegata?

R. – Un terzo della colletta va per la manutenzione dei Luoghi Santi: ricordiamo infatti che l’iniziativa si chiama “Colletta dei Luoghi Santi”. Gran parte, comunque la maggioranza - quasi due terzi – della Colletta va poi a sostenere progetti di supporto alla presenza cristiana: la creazione di posti di lavoro; il restauro di case vecchie, antiche, dei cristiani soprattutto a Gerusalemme, o scuole, principalmente nella zona di Betlemme e di Gerico. E una parte va anche per i cristiani di Siria.

D. – Quindi, in un certo senso, aiuta anche i cristiani locali a lottare contro un esodo che continua…

R. – Sì, uno dei problemi della presenza cristiana, in tutto il Medio Oriente e in particolare in Terra Santa, è proprio quello dell’emigrazione di queste persone, che preferiscono trovare condizioni di vita migliori, soprattutto in Occidente. La Colletta serve proprio a creare condizioni dignitose, perché i cristiani possano restare qui.

D. – Il Papa nella tappa in Giordania incontrerà anche i piccoli profughi siriani. Lei ha detto che una parte della Colletta è a sostentamento anche dei cristiani di Siria...

R. – Sì, una parte - soprattutto adesso che c’è la guerra - sempre più consistente viene inviata alle comunità parrocchiali di Siria, di Damasco, di Aleppo, di Latakia, in alcuni villaggi vicino alla Turchia. Questo serve proprio per cercare di aiutarli nel momento attuale, in cui non hanno grande possibilità di vita e non possono neanche emigrare.

D. – Che Pasqua è questa, proprio in preparazione alla visita del Papa?

R. – Qui a Gerusalemme, in modo particolare, la Pasqua ha i suoi ritmi. Quest’anno il calendario ortodosso e il calendario ‘occidentale’ coincidono. Quindi ci saranno tutte le celebrazioni negli stessi luoghi, per le diverse Chiese. Questo rende tutto, dal punto di vista spirituale e religioso, molto bello, ma anche più complicato da gestire. Inoltre siamo nella settimana della Pasqua ebraica, per cui Gerusalemme quest’anno è molto piena di pellegrini, di tutti i colori e di tutte le provenienze. Ciò rende tutto confusionario, ma anche bello e con un clima di festa. Il flusso dei pellegrini poi è ripreso, pure se è cambiata la provenienza. In passato erano prevalentemente occidentali, ma quest’anno gli occidentali sono molto meno rispetto agli anni precedenti. Sono aumentati i pellegrini dall’America Latina, dalla Russia e anche dall’Asia.

D. – A Pasqua, Papa Francesco chiede di accogliere la grazia della misericordia di Dio, lasciando che la potenza del suo amore trasformi l’odio in amore, appunto, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Che significato ha in Terra Santa, che pace tra israeliani e palestinesi ancora non conosce? 

R. – Queste parole, che sono forti per chiunque, qui in Terra Santa acquistano un significato molto concreto, molto tangibile. “Misericordia”, “perdono”, “dialogo” qui riportano subito alla situazione politica, di tensione tra israeliani e palestinesi, di una pace che da molto tempo è negoziata ma mai raggiunta. E indicano anche una situazione di grande sofferenza in tantissime famiglie, soprattutto quelle palestinesi. E’ un richiamo per noi cristiani a rendere concreti e tangibili, con la nostra testimonianza, questi valori che sono prioritari per la nostra vita.
 Radio Vaticana