mercoledì 16 aprile 2014

La «freschezza del Vangelo» e le «nuove vie» per la Famiglia

Nella Chiesa si riflette sulla famiglia

Lo sguardo di una teologa sul tema del prossimo Sinodo a partire dall'esortazione "Evangelii gaudium"

FEDERICA ROSY ROMERSA*ROMA
All’inizio dell’Esortazione Apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale: l’”Evangelii gaudium” (n. 11), Papa Francesco, citando alcuni significativi passi biblici, esclama: “Cristo è il «Vangelo eterno» (Ap 14,6), ed è «lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8), ma la sua ricchezza e la sua bellezza sono inesauribili. Egli è sempre giovane e fonte costante di novità. La Chiesa non cessa di stupirsi per «la profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio» (Rm 11,33). Ogni volta - commenta il Papa - che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale”.

Alla luce di queste espressioni, ci si può chieder come si può interpretare la scelta di Papa Francesco di convocare il Sinodo dei Vescovi secondo un itinerario di lavoro in due tappe (l’Assemblea Straordinaria dal 5 al 19 ottobre del 2014 e l’Assemblea Ordinaria nel 2015) sul tema: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Concordo pienamente con quanto dichiara Papa Francesco e anzi le sue affermazioni sono a mio parere utilissime e di fondamentale importanza per due ragioni:
I per ribadire l’identità della Chiesa stessa;
II per entrare pienamente nello spirito che anima la proposta di lavoro del Sinodo dei Vescovi, ben definita nel Tema: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”.

La sollecitudine evangelica a servizio delle problematiche familiari

Innanzitutto la Chiesa esiste per evangelizzare. Fu Paolo VI a dichiararlo in quella sua profetica
Esortazione Apostolica “Evangelii Nuntiandi”, alla quale Papa Francesco si è sempre ispirato nel suo ministero episcopale ed ora pontificio. Al numero 14 leggiamo: “Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella Santa Messa, che è il memoriale della sua Morte e della sua gloriosa Risurrezione”.

Secondo Paolo VI evangelizzare, per la Chiesa, significa più profondamente portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità, e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa: «Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). “Ma non c'è nuova umanità - esclamava Papa Montini - se prima non ci sono uomini nuovi, della novità del Battesimo (cf. Rm 5,4) e della vita secondo il Vangelo (cf. Ef 4,23-24)”. Inoltre “per la Chiesa non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza” (EN 18-19).

In perfetta sintonia con Paolo VI, dopo trentotto anni, Papa Francesco mette nelle nostre mani la sua Esortazione Apostolica “Evangelium Gaudium”, dichiarando che essa ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti. Egli spera che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Attualmente non serve una «semplice amministrazione» [V Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano e dei Caraibi, Documento di Aparecida, (31 maggio 2007), 201]
Ed ecco il suo appello accorato e il suo sogno: “Costituiamoci in tutte le regioni della terra in un «stato permanente di missione». [Ibid., 551]… Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”(EG 25; 27).

In secondo luogo, ritornando al Tema del Sinodo, occorre comprendere bene che si tratta di sfide, così come sono elencate nel Documento preparatorio e concretizzate nelle domande del Questionario. Pertanto non basta sapere quali sono, ovvero intercettarle individuandone le cause e le conseguenze, ma anche come affrontarle.

Ce lo indica il Papa stesso, quando nell’”Evangelium Gaudium” dichiara: “Le sfide esistono per essere superate. Siamo realisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la dedizione piena di speranza!” (EG 109). Pertanto con il cuore del Buon Pastore e del Buon Samaritano, la prima e unica preoccupazione è occuparsi della persona bisognosa di aiuto, smarrita o sofferente per ascoltarla, lenire le ferite, illuminarla con la Luce del Vangelo e indicarle la via della Salvezza.

Si tratta dunque di affrontare queste sfide con inalterato ottimismo e con una rinnovata speranza, certi che sarà la “freschezza originale del Vangelo ad aprire nuove strade” (cf. EG 11).
“Non lasciamoci rubare la speranza! Non lasciamoci rubare la forza missionaria!” (cf. EG 86; 109).

Le novità del Sinodo alla luce dell’Evangelii Gaudium

Ci possiamo domandare quale influsso può avere nella Chiesa universale intesa come Popolo di Dio in cammino, sia nei suoi Pastori sia in tutti i suoi fedeli, la nuova modalità di procedere nell’organizzazione del Sinodo dei Vescovi. Come si legge nel Documento preparatorio, la Famiglia viene abbracciata in due Assemblee Sinodali. Nella prima, l’Assemblea Generale Straordinaria del 2014, lo scopo è di precisare lo “status quaestionis” e di raccogliere testimonianze e proposte dei Vescovi per annunciare e vivere credibilmente il Vangelo per la famiglia. Nella seconda, l’Assemblea Generale Ordinaria del 2015, la finalità è quella di cercare linee operative per la pastorale della persona umana e della famiglia.

Lo stesso Documento preparatorio è una novità sul piano metodologico, come segnala padre Salvini s.j. nella Civiltà Cattolica, in quanto sostituendo i “Lineamenta”, preferisce disegnare lo sfondo sociale nel quale si svolge il Sinodo piuttosto che fornire linee guida che incanalino la discussione su sentieri pre-segnati. Inoltre il Questionario ha affrontato argomenti inediti di consultazione e di partecipazione diretta del popolo di Dio ed ha avuto oltre l’84% delle risposte dalla Conferenze Episcopali e oltre il 70% dei soggetti aventi diritto, come disse il segretario generale del Sinodo il cardinal Baldisseri; a Maggio poi uscirà l’”Instrumentum Laboris”.

In tutto ciò emerge innanzitutto con chiarezza quella visione di Chiesa tanto auspicata dal Concilio Ecumenico Vaticano II, una Chiesa cioè in dialogo con il mondo contemporaneo (cf. GS 40-45). Nello stesso tempo tale scelta pastorale è anche una risposta concreta all’appello della Nuova Evangelizzazione, proclamato dal beato Giovanni Paolo II fin dall’inizio del suo pontificato nel 1979 a Nova Huta in Polonia. Il 9 marzo 1983 a Port-au-Prince (Haiti), durante il Discorso alla XIX Assemblea Ordinaria del CELAM (Conferenza episcopale dell’America Latina), ne specificò le caratteristiche: un’Evangelizzazione Nuova nell’ardore, nei metodi e nell’espressione (Cf. AAS 75 (1983) 771-779; Insegnamenti VI, 1(1983), 696-699).

È proprio in questo luminoso orizzonte della Nuova Evangelizzazione che “il Matrimonio e la Famiglia” sono riconosciuti come uno dei beni più preziosi dell’umanità (Familiaris Consortio, 1).
Pertanto la Chiesa con questo Sinodo è ancor più fortemente interpellata ad assicurare alle Famiglie un’evangelizzazione che le renda consapevoli dei doni che hanno ricevuto e delle risorse di cui lo Spirito Santo le arricchisce quotidianamente: “Famiglia diventa ciò che sei e credi in ciò che sei, allora scoprirai di essere in te stessa una lieta notizia per il mondo” (Beato Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 17 e Discorso alle Famiglie 2001).

Tuttavia oggi si profilano problematiche sul Matrimonio e sulla Famiglia inedite fino a pochi anni fa, come vengono dettagliatamente elencate nel Documento preparatorio. Pertanto si comprende quanto sia urgente che l’attenzione dell’Episcopato mondiale “cum et sub Petro” si rivolga a queste sfide.

Ora credo che tutto questo lavoro potrà influire molto positivamente su tutto il Popolo di Dio se lo accoglierà nello spirito dell’”Evangelii Gaudium”. Tale Esortazione Apostolica mi ha particolarmente illuminata, al punto che l’ho letta e studiata tutta quanta con particolare attenzione in due notti!
Già la scelta delle questioni trattate dal Santo Padre all’interno dei cinque capitoli è eloquente:
a) La riforma della Chiesa in uscita missionaria.
b) Le tentazioni degli operatori pastorali.
c) La Chiesa intesa come la totalità del Popolo di Dio che evangelizza.
d) L’omelia e la sua preparazione.
e) L’inclusione sociale dei poveri.
f) La pace e il dialogo sociale.
g) Le motivazioni spirituali per l’impegno missionario.

Lo stile molto comunicativo e i contenuti particolarmente profondi proposti da Papa Francesco non possono non suscitare una forte attrazione per un nuovo progresso umano, cristiano e specifico in ordine all’Evangelizzazione, intesa sia come primo annuncio sia come permanente orientamento di tutta l’azione pastorale della Chiesa ed anche della stessa Teologia. Egli, infatti, afferma: «La Chiesa, impegnata nell’evangelizzazione, apprezza e incoraggia il carisma dei teologi e il loro sforzo nell’investigazione teologica, che promuove il dialogo con il mondo della cultura e della scienza. Faccio appello ai teologi affinché compiano questo servizio come parte della missione salvifica della Chiesa. Ma è necessario che, per tale scopo, abbiano a cuore la finalità evangelizzatrice della Chiesa e della stessa teologia e non si accontentino di una teologia da tavolino» (EG 133).

La Chiesa una “Madre dal cuore aperto”

Mi sono chiesta, tra le diverse immagini di Chiesa proposte da Papa Francesco, qual è quella che risalta maggiormente. Per una Chiesa in permanente stato di missione, mi pare che emerga quella di “una Madre dal cuore aperto”. Osserva Papa Bergoglio: «La Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà» (EG 46).

Dichiarando poi che la Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre, sottolinea: «Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa. Ma ci sono altre porte che neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». Qui il Papa cita in una nota due affermazioni di sant’Ambrogio, che scrive: «Devo riceverlo sempre, perché sempre perdoni i miei peccati. Se pecco continuamente, devo avere sempre un rimedio» (cf. “De Sacramentis”, IV, vi, 28: PL 16, 464). Ed ancora: «Colui che mangiò la manna, morì; colui che mangia di questo corpo, otterrà il perdono dei suoi peccati» (Ibid., IV, v, 24: PL 16, 463). Si ricordano anche questi interrogativi di san Cirillo di Alessandria: «Mi sono esaminato e mi sono riconosciuto indegno. A coloro che parlano così dico: e quando sarete degni? Quando vi presenterete allora davanti a Cristo? E se i vostri peccati vi impediscono di avvicinarvi e se non smettete mai di cadere – chi conosce i suoi delitti?, dice il salmo– voi rimarrete senza prender parte della santificazione che vivifica per l’eternità?» (In Joh. Evang. IV, 2: PG 73, 584-585). Queste convinzioni - osserva il Santo Padre - hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa (cf. EG 47).

In seguito il Papa domanda: “Se la Chiesa intera assume questo dinamismo missionario deve arrivare a tutti, senza eccezioni. Però chi dovrebbe privilegiare? Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, «coloro che non hanno da ricambiarti» (Lc 14,14). Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo», [Benedetto XVI, Discorso in occasione dell’incontro con i Vescovi del Brasile presso la Chiesa Cattedrale di San Paolo (11 maggio 2007), 3: AAS 99 (2007), 428] e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli” (EG 48).

Ecco dunque l’esortazione conclusiva del Santo Padre: “Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37)” (EG 49).

Sì alle relazioni nuove generate da Cristo

Presentando alcune sfide culturali odierne, Papa Francesco osserva: “La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli.

Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia. Come insegnano i Vescovi francesi, non nasce «dal sentimento amoroso, effimero per definizione, ma dalla profondità dell’impegno assunto dagli sposi che accettano di entrare in una comunione di vita totale» [Conférence des Évêques de France. Conseil Famille et Société, Élargir le mariage aux personnes de même sexe? Ouvrons le débat! (28 septiembre 2012)]” (EG 66).

Di fronte all’individualismo postmoderno e globalizzato Papa Bergoglio fa notare che esso favorisce uno stile di vita tale da indebolire lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e inoltre snatura i vincoli familiari.

“L’azione pastorale - esorta il Papa - deve mostrare ancora meglio che la relazione con il nostro Padre esige e incoraggia una comunione che guarisca, promuova e rafforzi i legami interpersonali. Mentre nel mondo, specialmente in alcuni Paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di riconoscere l’altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, stringere relazioni e aiutarci «a portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2). D’altra parte, oggi nascono molte forme di associazione per la difesa di diritti e per il raggiungimento di nobili obiettivi. In tal modo si manifesta una sete di partecipazione di numerosi cittadini che vogliono essere costruttori del progresso sociale e culturale” (EG 67, i corsivi sono nostri).

Questa acuta analisi del Papa sul Matrimonio e sulla Famiglia suscita profonde riflessioni. Se su di essi pesa una crisi culturale tale da indebolire le relazioni interpersonali e da snaturare i vincoli familiari, occorre una forte rievangelizzazione sull’Amore Misericordioso del Padre che guarisce e fortifica la comunione tra le persone.

Mi pare di vedere qui il cuore di tutta la missione evangelizzatrice di Papa Francesco ed anche il segreto del successo della sua predicazione, dove ogni parola è avvalorata dall’esempio della vita.
Nella Chiesa delle origini ciò che ha rapidamente incrementato la diffusione e l’accoglienza del Vangelo è stato il fascino dell’amore fraterno tra i cristiani (cf. At 2,42-47).

Vogliamo dunque ribadire come il Santo Padre declina per noi oggi l’alfabeto dell’amore cristiano, particolarmente fondamentale per garantire la solidità dei vincoli familiari: riconoscere l’altro, sanare le ferite, costruire ponti, aiutarci «a portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2).
Pertanto Egli ci insegna a escludere “la mondanità spirituale e la guerra tra di noi”, per “non lasciarci rubare il Vangelo, neppure la comunità e l’ideale dell’amore fraterno” (cf. EG 93-101).
Sì, invece, alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo! (cf. EG 87).

La rivoluzione della tenerezza e della prossimità

È il Vangelo ad invitarci sempre - afferma Papa Francesco - a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri. Il Figlio di Dio, nella sua Incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza (cf. EG 87).

Guardare alla grandezza sacra del prossimo, scoprire Dio in ogni essere umano, sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’Amore di Dio, aprire il cuore all’Amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono: qui sta la vera guarigione delle relazioni. È una fraternità mistica, contemplativa che realmente ci risana invece di farci ammalare (cf. EG 92).

Secondo Papa Bergoglio anche la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. In questo mondo i ministri ordinati e gli altri operatori pastorali possono rendere presente la fragranza della Presenza vicina di Gesù ed il suo sguardo personale. La Chiesa inoltre dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – all’“arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5). Infine il Papa invita a dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana (cf. EG 169).

Laddove si è prodotta una “desertificazione” spirituale, frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio o che distruggono le loro radici cristiane, noi siamo chiamati ad essere persone-anfore per dare da bere agli altri (EG 86).

In conclusione vorrei proporre di accompagnare tutto il lavoro del Sinodo dei Vescovi, sia in questa fase preparatoria, sia durante lo svolgimento delle Assemblee, con l’Adorazione Eucaristica Perpetua ormai diffusa in molte nazioni del mondo, per la “trasfigurazione” di tutta l’umanità nella sfolgorante Luce di Cristo Risorto, che incessantemente ci dona il suo Spirito d’Amore!

* Dottoressa in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense di Roma. Per un quinquennio ha collaborato con la CEI per la sperimentazione del “Progetto Parrocchia-Famiglia”. È membro della Commissione Promotori dell’Organismo Internazionale di Servizio delle Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione, approvato dal Pontificio Consiglio per i Laici nel 2009. Da oltre un ventennio si dedica a tempo pieno alla Progettualità pastorale specie per il rinnovamento delle Parrocchie, alla diffusione dell’Adorazione Eucaristica, agli Insegnamenti sulla Divina Misericordia e alla Nuova Evangelizzazione nelle sue molteplici forme.