mercoledì 16 aprile 2014

Papa Francesco visto dall'Iran

Cristiani in Iran

Il Papa visto dall'Iran: «Una guida religiosa che crede nel dialogo»

Intervista con l'ambasciatore di Teheran presso la Santa Sede, Mohammad Taher Rabbani: «La sua attenzione agli esclusi trasmette una vicinanza sincera»

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
«Una delle caratteristiche rilevanti del Pontefice è l’umiltà e l’amore che prova per la gente». Così l’ambasciatore della Repubblica Islamica dell'Iran presso la Santa Sede,  Mohammad Taher Rabbani, uno dei primi diplomatici a presentare l'anno scorso le credenziali al nuovo Papa, commenta con Vatican Insider il primo anno di pontificato di Francesco e parla del prossimo viaggio in Terra Santa.


Signor ambasciatore, qual è la sua opinione sul primo anno di pontificato di Francesco?

«Papa Francesco è il primo papa che viene eletto dall’America latina per guidare la Chiesa universale. Io a mia volta vorrei congratularmi per questa degna scelta sia con il Santo Padre che con tutti i cattolici del mondo. Una delle caratteristiche rilevanti del Pontefice è l’umiltà e l’amore che prova per la gente. Egli è cresciuto in una famiglia del ceto medio e ha vissuto tra la gente comune e questo ha fatto sì che potesse conoscere bene il dolore, la sofferenza e l’emarginazione delle persone. Anche i suoi studi hanno contribuito molto a formare il suo pensiero religioso e politico. Oltre ai suoi vasti specifici studi religiosi e teologici come pure quelli nell'ambito letterario, filosofico, psicologico, c'è la sua appartenenza alla Compagnia di Gesù la quale considera in modo particolare l’acquisizione della sapienza, nonché l’importanza dell’educazione e della purificazione dell’anima: tutto ciò ha contribuito a formare una personalità con una visione inclusiva e un pensiero profondo».


Che cosa può dire sulle novità riguardanti lo stile del Papa?

«Un'altra peculiarità del Papa è che, nonostante la sua speciale posizione, egli ignora del tutto ogni formalità superflua, che possa impedire la sua presenza in mezzo alla gente e tra vari strati sociali. Egli presta particolare attenzione alle persone vulnerabili e agli esclusi, al concetto dell’educazione e al rafforzamento dell’istituzione famigliare e questa sua condotta, insieme alle sue parole, trasmette una vicinanza sincera. Come hanno detto i messaggeri divini, le guide religiose come papa Francesco sono "medici dell’anima" che attuando gli insegnamenti celesti, grazie alla loro spiritualità, liberano la gente dai problemi spirituali e sociali donando la serenità».


Com'è considerato dal punto di vista della Repubblica dell'Iran?

«Dal punto di vista della Repubblica Islamica dell’Iran il Pontefice è una guida dal pensiero profondo, di ampie vedute e un uomo di grande fede che vorrebbe la giustizia, la pace e una vita dignitosa per la gente di qualsiasi razza in modo che tutti possano godere dei doni divini. Il Santo Padre crede fermamente nel dialogo tra le religioni e le confessioni».


Lo scorso settembre il Papa ha celebrato una veglia di digiuno e preghiera per la pace in Siria. Molte persone nel mondo hanno risposto, non soltanto cristiani. Qual è il suo giudizio?

«Una delle iniziative preziose di Papa Francesco, che rimarrà nella storia, è stata proprio l'azione positiva di indire la giornata di preghiera e digiuno a favore della pace per fermare la violenza in Siria, l’anno scorso. I popoli del mondo hanno dimostrato il loro sostegno alla pace, all’amicizia e la loro consonanza con il Papa. La gente detesta i massacri, la violenza e il caos creati dai terroristi e dai gruppi takfiri.
Ormai sono passati già più di tre anni da quando è iniziata la crisi devastante della guerra civile in Siria a causa della quale non solo hanno già perso la vita 140mila persone, ma sono rimasti distrutti o colpiti numerosi siti archeologici e luoghi di culto. Il popolo siriano sofferente subisce lo sfollamento e le conseguenze amare dell’insicurezza e della violenza. Mi chiedo: le istituzioni internazionali cosa hanno fatto finora per fermare queste violenze? Non è ancora arrivato il tempo che i paesi potenti invece di avviare un'altra guerra nella penisola Crimea e nell’Ucraina, guardino alle condizioni drammatiche del popolo siriano nel Medio Oriente? Forse stanno pensando a scatenare un’altra guerra nel Mar Nero? Auspico che Papa Francesco, appellandosi ancora una volta alle grandi potenze, le inviti a fermare le violenze e questa guerra senza esito in Siria».


Il mese prossimo Francesco visiterà la Terra Santa, in un veloce viaggio (tre giorni per tre Paesi, Giordania, Territori Palestinesi e Israele). Quanto è importante questa visita per la pace e per il dialogo tra cristiani e musulmani?

«Il dialogo interreligioso tra sapienti musulmani e cristiani è in corso ormai da anni. Ad esempio, il nono ciclo di incontri per il dialogo tra l’Iran e la Santa sede si svolgerà quest’anno a Teheran. Come dimostrano gli ultimi decenni della storia della Chiesa, i papi fin dai tempi di Giovanni Paolo II nel 2000, hanno messo il viaggio ufficiale in Terra Santa nella loro agenda. Cosi Papa Benedetto XVI nel 2009 si recò per una visita ufficiale nei Paesi del Medio Oriente e nei territori occupati. Senza dubbio la missione delle guide religiose rende indispensabile che esse ascoltino da vicino la voce della gente e siano a conoscenza dei dolori e delle sofferenze degli uomini. Queste visite si fanno con lo scopo di promuovere e portare la pace e la serenità in Medio Oriente e quindi di per sé è un impegno positivo, a patto che le autorità e i capi degli Stati nella regione non approfittino di queste visite, della posizione della Santa Sede e del Papa a proprio favore, per legittimare le proprie azioni discutibili. Se con queste intenzioni si mira a trarre vantaggi politici dai viaggi, essi non gioveranno al benessere dei popoli e alla realizzazione di una vera pace. Vorrei sottolineare che la Repubblica Islamica dell’Iran da sempre è disposta a collaborare con la Santa Sede per il ritorno della serenità nella regione attraverso un piano che preveda il rientro di tutti i palestinesi alla loro madre patria nei territori occupati e lo svolgimento di un referendum con la partecipazione di tutti i palestinesi, siano essi musulmani, cristiani o ebrei, per decidere il loro futuro sistema di governo».


he cosa può dire sulle relazioni tra la Repubblica Islamica dell'Iran e la Santa Sede? Perché è importante per il suo Paese mantenere relazioni diplomatiche con il Vaticano e perché - secondo lei - è importante per il Vaticano mantenere le relazioni diplomatiche con il suo Paese?

«La Santa Sede da tempi lontani ha una posizione di rilevante importanza nella politica estera iraniana. Le relazioni bilaterali risalgono a un lungo passato storico e, al di là delle considerazioni politiche, sono fondate sui valori religiosi comuni. La Santa Sede e la Repubblica Islamica dell’Iran rappresentano due ordinamenti religiosi ispirati agli insegnamenti spirituali comuni delle religioni monoteistiche. Su questa base possono creare il terreno necessario alla cooperazione e a dare impulso alle relazioni bilaterali. La posizione della Santa Sede in confronto a quella dei Paesi occidentali nei riguardi dell’Iran, è stata finora relativamente equilibrata e in alcuni casi conforme alle posizioni di principio del nostro Paese. I principali fattori che incidono sulla politica estera della Santa sede riguardo all'Iran sono i seguenti: la moderazione e l’atteggiamento tollerante della Repubblica Islamica dell’Iran per quanto concerne il rispetto delle minoranze religiose, soprattutto i cristiani; il giovamento tratto dall’influenza dell’Iran nella regione per il mantenimento della stabilità e della sicurezza regionale a tutela dei diritti dei cristiani; la promozione dell’impegno per la pace di Papa Francesco che si interseca con la nuova diplomazia iraniana, vale a dire il rafforzamento dell’alleanza mondiale contro la violenza e l’estremismo; l’avvicinamento ulteriore tra l’Islam e il Cristianesimo attraverso l’intensificazione del dialogo con l’Islam Sciita: una delle più importanti confessioni del mondo islamico».


Quale ruolo possono giocare nei nostri giorni il Papa e la diplomazia della Santa Sede in favore della pace?

«La Santa sede con la sua organizzazione religiosa diretta al governo della Chiesa cattolica universale che comprende più di un miliardo di seguaci nel mondo dispone di una valenza spirituale e sociale elevata per influire sulla opinione pubblica mondiale. La Santa Sede ha relazioni diplomatiche con più di 181 paesi ed è presente presso 33 organizzazioni internazionali e regionali. Grazie a questa posizione la Santa Sede gode di una buona influenza politica e diplomatica nella comunità internazionale e soprattutto presso i paesi a maggioranza cristiana. Il Pontefice come capo della Chiesa universale cattolica è dotato di grande influenza spirituale e grazie a questa sua forte influenza nello scenario mondiale, può creare mutamenti e trasformazioni importanti. L’aspirazione alla pace e alla giustizia sono parte integrante del suo messaggio. Egli cerca di usare tutte le potenzialità e l’influenza delle Chiese, dei luoghi di culto e delle personalità religiose e politiche più influenti per la instaurazione della pace nel mondo e per il superamento delle indigenze, degli effetti della povertà e del conseguente turbamento nelle comunità umane. In questo momento in cui alcune regioni del mondo come il Medio oriente, l’Africa, l’America Latina, la regione del Mar Nero sono afflitte da crisi, convulsioni sociali e politiche, auspico che il Pontefice continui a svolgere un ruolo centrale come nel caso della crisi siriana».

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Scozia, effetto/esempio Francesco.


Un vescovo scozzese da poco nominato ha scelto di risiedere in una casa parrocchiale in una zona abitativa popolare, piuttosto che nella residenza episcopale, certamente più elegante e appariscente.
Un vescovo scozzese da poco nominato ha scelto di risiedere in una casa parrocchiale in una zona abitativa popolare, piuttosto che nella residenza episcopale, certamente più elegante e appariscente. John Keenan, nominato vescovo di Paisley, ha spiegato così la sua decisione: “Papa Francesca sogna, e così io, una Chiesa con graffiata, sofferente e sporca perché è stata per strada e che non si aggrappa alla sua sicurezza”, ha detto in un’intervista al“The Herald”. “Non vuole, e non lo voglio neanche io, una Chiesa con una psicologia tombale che trasformi i cristiani in mummie in un museo. Quando la gente vede una Chiesa che non solo da’ ai poveri e agli esclusi, ma è in mezzo a loro e vive con loro gioiosamente, comincerà a credere che c’è una strada per uscire dal vizioso circolo del vivere per te stesso nella tua piccola bolla”.  
Marco Tosatti (La Stampa)