di Sara Nevoso
Cara Costanza (Miriano, n.d.r.),
ti scrivo perchè ti sento vicina. Sarà perché ho sempre desiderato scrivere, sarà perché ho tre bimbi, oppure perché sono cattolica e cerco di seguire Santa Romana Chiesa, magari per tutti questi motivi insieme.In realtà approfitto di questa lettera per fare chiarezza, prima di tutto a me stessa.
Prima che arrivasse T.P. lavoravo come segretaria (la laurea in filsofia era rimasta nel cassetto): tempo pieno, un contratto di apprendistato con ottime probabilità di trasformarsi nell’agognato tempo indeterminato. Dopo la nascita del meraviglioso bimbetto che oggi ha quasi sei anni, provai a chiedere una mezza giornata, mi risposero che non ero certo nella posizione di dettare condizioni. Dopo i canonici nove mesi di maternità non riuscii a tornare.
Prima di decidere sentii molte campane, tutte contrarie alla pazzia che vagheggiavo di portare a compimento. Mio marito però era con me. Forti di una convinzione ed entusiasti all’idea di crescere il nostro piccolo “non conformandoci alla mentalità del nostro secolo” io mi licenziai.
Poi arrivò G. e poi arrivò F.G..
Qualche volta le difficoltà sono tante, qualche volta i giudizi fanno male. Non sono una persona particolarmente forte e non mi riesce così semplice difendere le mie idee a spada tratta. Quando all’asilo la maestra di mio figlio mi dice che il bambino frequenta poco, ha problemi di socializzazione, dovrebbe restare al pomeriggio, incasso e vacillo.
Quando i miei bimbi, rispetto agli altri, mi sembrano più fragili, troppo educati, poco inclini a farsi spazio tra gli altri, rifletto e penso che forse ho sbagliato tutto. Quando facciamo i conti e una spesa improvvisa sconquassa il bilancio, mi fermo e credo che dovrei tornare sui miei passi.
Mio marito però mi sostiene, raccoglie le mie insicurezze, le butta via, e così riparto, lancia in resta.Io sono sottomessa, ma lui muore per me. Siamo fortunati.
E così in questa lettera spero di ritrovare il senso della mia scelta. Anzi, l’ho trovato.
Sono a casa con i bimbi: T.P. disegna, G. costruisce, F.G. dorme. Quando mi ricapita? Un’occasione del genere intendo.
Stare con i miei bimbi non mi ricapiterà, succede oggi. Scrivere, chissà, ho tanti fogli pieni nei cassetti (soprattutto il mio romanzo per ragazzi) magari un giorno!
Lavorare, perché no, forse un giorno le cose andranno meglio e un part time non sarà un miraggio!
Se la vita qui è un’avventura sono felice di viverla così, di aver avuto il privilegio di scegliere quella che, per me, era la cosa giusta. E nemmeno ai miei bimbi ricapiterà di essere piccoli, spensierati, a spasso con il sole, sotto le coperte a leggere con la pioggia.
Non gli ricapiterà di sentirsi dire come salutare, come mangiare, come usare il congiuntivo, come perdonare il fratello che ha fatto cadere l’enorme torre di costruzioni. Se, con il mio aiuto, fanno loro il presente, forse non gli sfuggirà di mano il futuro.
Questo è quello che spero.
Grazie.
Sara Nevoso