giovedì 10 aprile 2014

Sviluppo sostenibile



Energia e giustizia secondo la dottrina sociale della Chiesa.

Il libro. Anticipiamo parte dell’intervento che il vescovo segretario del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace tiene l’11 aprile a Roma per la presentazione del libro Energia, Giustizia e Pace (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2013, pagine 152, euro 14) pubblicato a cura dallo stesso dicastero.
(Mario Toso) Data la complessità della questione energetica, la Dottrina sociale della Chiesa reputa che essa possa essere adeguatamente affrontata, interpretata e risolta sulla base di una sintesi di saperi, ossia di un approccio interdisciplinare: scientifico, economico, ambientale, geopolitico, sociale, religioso. La produzione, la distribuzione, l’accesso e il consumo dell’energia a livello individuale e collettivo, locale e globale, sono, infatti, caratterizzati da problemi tecnici, strutturali e istituzionali, nonché culturali.
Detto altrimenti, sono dipendenti e condizionati dal modello di sviluppo dei Paesi, dagli squilibri territoriali, da diseguaglianze sul piano tecnologico, dalle aspre competizioni e dalle forti conflittualità per il controllo delle stesse risorse, da scambi commerciali non sempre equi, da speculazioni finanziarie onnivore, da deficienze nelle infrastrutture, nelle risorse monetarie, nell’innovazione, e da fenomeni di corruzione e cattiva governance, sul piano nazionale ed internazionale. La questione dell’energia è, peraltro, interconnessa e interdipendente con altre questioni non meno rilevanti e decisive per la vita e la sua qualità, come: la salvaguardia dell’ambiente, la sostenibilità delle città, la sicurezza alimentare, l’uso del nucleare civile o pacifico, i modelli di sviluppo economico, la pace.
Secondo la Dottrina sociale della Chiesa, in vista della realizzazione della pace, comprensiva di tanti altri beni, è necessario che l’energia sia pensata, prodotta, distribuita, usata secondo un nuovo paradigma. Un paradigma che ne valuti la particolare densità antropologica e la consideri bene a destinazione universale, per la realizzazione del bene comune mondiale, ossia del bene dei popoli, implicante solidarietà, sostenibilità dello sviluppo e inclusività per tutti.
Il paradigma dell’energia come bene a destinazione universale, che dev’essere accessibile a tutti e fruibile secondo la regola della giustizia e della connessa carità, comanda nuovi comportamenti da parte di tutti, basati sulla responsabilità, sulla solidarietà, sulla sussidiarietà, sullo sviluppo integrale dei popoli. In particolare, il mondo della politica dovrebbe agire di concerto con quello della scienza e della ricerca, e con il sostegno delle virtù civiche.
Purtroppo queste sono poco riconosciute e valorizzate dalle élite dominanti. E così, i rappresentanti dei cittadini e le classi dirigenti spesso non sanno rinunciare a interessi economici immediati o a utilizzi senza controlli, che finiscono per umiliare la dignità dei più deboli.
Va superata la prospettiva nefasta del feticismo del denaro, di un’economia dell’esclusione, incentrata sulla cultura dell’avere e dello scarto, per assumere, invece, quella di un’economia dell’inclusione, specie dei più poveri, guidata dalla logica del dono e dal principio della gratuità.
Si tratta di riordinare e ristrutturare eticamente l’attuale economia che in molti suoi ambiti è guidata dall’ideologia dell’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria. Dal superamento di simili paradigmi culturali non potranno che esserci benefiche ripercussioni nel campo della gestione dell’energia.
In primo luogo, l’attenzione ai più svantaggiati rispetto all’accesso all’energia indispensabile al loro sviluppo integrale. In secondo luogo, l’attenzione ai mutamenti che ciò comporta per le società, per lo sviluppo economico, per gli accordi commerciali, per le priorità nella ricerca. Un nuovo paradigma dell’energia postula un nuovo paradigma culturale, sociale e politico.
Nell’attuale contesto di un mondo globalizzato e sempre più interdipendente non va dimenticata l’esigenza di nuove istituzioni sul piano internazionale. Per la Dottrina sociale della Chiesa una tale proposta va necessariamente modulata secondo termini di sussidiarietà. E, comunque, la governance internazionale deve essere in grado di agire laddove le complesse problematiche transfrontaliere o la limitatezza di un singolo Stato rendono particolarmente difficile il perseguimento di uno sviluppo sostenibile per l’ambiente e la famiglia umana.
Tale governance dovrà essere creata e sostenuta dalla volontà politica dei vari Governi, dotata di mezzi adeguati per lo svolgimento del loro compito, e pensata in modo da poter cooperare agilmente con altre strutture internazionali sulle attività connesse all’energia.
Gli obiettivi connessi alla questione energetica possono essere raggiunti mediante una grande opera di educazione alla responsabilità ecologica. Le religioni, promovendo l’apertura alla trascendenza, vi contribuiranno inculcando il rispetto per la natura e il senso della giustizia.

L'Osservatore Romano